Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20706 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20706 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7204/2023 R.G.
proposto da
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege – ricorrente – contro
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dall ‘ avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege
– controricorrenti –
e contro
NOME COGNOME
– intimata –
avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Campobasso n. 38 del 2/2/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
lette le memorie delle parti;
RILEVATO CHE
–NOME COGNOME (al quale succedevano gli eredi: NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) proponeva opposizione di terzo, ex art. 619 c.p.c., all ‘ esecuzione immobiliare promossa da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME innanzi al Tribunale di Larino;
-nelle more del giudizio di merito, il creditore procedente rinunciava agli atti dell ‘ esecuzione;
-il Tribunale di Larino, con la sentenza n. 408 del 23/8/2017, così provvedeva: «1. Dichiara cessata la materia del contendere; 2. Condanna gli opponenti in solido al pagamento, in favore dei convenuti resistenti, delle spese e competenze del presente giudizio che liquida in complessivi € 2.100,00 cadauno per compensi professionali, oltre oneri ed accessori di legge e rimborso forfetario nella misura del 15%.»;
-proponevano impugnazione NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali chiedevano «1) escludersi la cessazione della materia del contendere nel rapporto tra gli eredi di COGNOME NOME, odierni appellanti, e la COGNOME NOME; 2) accertare e dichiarare che essi appellanti sono comproprietari, secondo le quote ereditarie ad ognuno di essi spettanti, degli immobili così come identificati in atti; 3) condannarsi COGNOME NOME e la RAGIONE_SOCIALE, in solido, al ristoro delle spese del doppio grado di giudizio.»;
-la Corte d ‘ appello di Campobasso, con la sentenza n. 38 del 2/2/2023, così provvedeva: «1) Accoglie l ‘ appello e, per l ‘ effetto, dichiara COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, nella qualità di eredi di COGNOME NOME, proprietari dell ‘ immobile sito in Campomarino (CB) alla c.da Arcora, in Catasto al Foglio 10, p.lla n. 208 sub 16, cat. A/2 di vani 2,5, e foglio 10, p.lla 208, sub. 9, cat. C/6, mq.21; 2) Ordina al Conservatore dei
RR.II. competente di provvedere alle trascrizioni di legge, esonerandolo da ogni e qualsiasi responsabilità; 3) condanna NOME al pagamento, in favore degli appellanti, delle spese del doppio grado di giudizio …»;
-avverso la predetta sentenza NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, basato su quattro articolati motivi;
-resistevano con controricorso NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-non svolgeva difese nel giudizio di legittimità l ‘ intimata NOME COGNOME;
-le parti depositavano memorie ex art. 380bis .1, comma 1, c.p.c. (la ricorrente il 27/2/2025 e il 30/5/2025; i controricorrenti il 30/5/2025);
-l ‘ adunanza camerale del 12/3/2025 veniva rinviata ex officio alla data odierna;
-all ‘ esito della camera di consiglio del 12/6/2025, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
-preliminarmente, si osserva che, analogamente a quanto statuito da Cass. Sez. 2, 31/08/2020, n. 18127, Rv. 658962-01 («L ‘ art. 380bis .1 c.p.c. consente alle parti di depositare le loro memorie non oltre dieci giorni prima dell ‘ adunanza in camera di consiglio, sicché non può intendersi preclusa alla medesima parte, nel rispetto dell ‘ anzidetto termine, la presentazione di più memorie, senza che il deposito di una prima memoria implichi la consumazione del potere di difesa scritta»), il deposito di due memorie da parte della controricorrente non è impedito dal rito in caso di rinvio d ‘ ufficio della prima adunanza, ferma restando la valutazione (ai sensi dell ‘ art. 92 c.p.c.) dell ‘ utilità o della superfluità di tale duplicata attività ai fini della decisione sulle spese;
-col primo motivo la ricorrente deduce: «A1) violazione e falsa applicazione art. 12 preleggi cc in relazione all ‘ art. 360 n. 3 cpc», in quanto «Invero il Tribunale di Larino non ha dichiarato la cessazione della materia del contendere anche nei rapporti tra terzo opponente e debitore ma si è motivatamente pronunciato sul diritto dedotto dal terzo rigettando l ‘infondata rivendicata usucapione. … La Corte di Appello ha violato i principi dettati dall ‘ art. 12 preleggi cc non rispettando la regula iuris che impone di interpretare il comando oggettivato nella sentenza attraverso l ‘ integrazione del dispositivo con la motivazione che lo sostiene alla luce delle risultanze degli atti processuali»; «A2) Vizio di motivazione (contraddittorietà) in relazione all ‘ art. 360 n. 5 cpc nella parte in cui la Corte attesta che il giudizio doveva proseguire per l ‘ accertamento del diritto e, in pari tempo, giudica erronea la decisione nel merito.», poiché «La Corte nell ‘ accogliere il primo motivo di gravame ha addotto che il giudizio di I grado doveva proseguire ai fini dell ‘ accertamento del diritto dedotto dal terzo ma contestualmente ha pure attestato che il I Giudice ha errato nel ritenere non concretizzato il possesso ad usucapionem in capo all ‘ opponente. Trattasi di motivazione palesemente contraddittoria.»;
-in relazione al primo profilo (A1), si rileva l ‘ inammissibilità della censura, svolta muovendo dall ‘ erroneo presupposto secondo cui «Invero il Tribunale di Larino non ha dichiarato la cessazione della materia del contendere anche nei rapporti tra terzo opponente e debitore»;
-infatti, contrariamente a tale asserzione della ricorrente, il Tribunale di Larino aveva reputato il venir meno dell’ interesse alla lite per tutte le parti coinvolte (creditore, opponente, esecutato) e il primo motivo dell ‘ appello degli odierni controricorrenti – poi accolto nella sentenza impugnata – riguardava proprio tale questione;
-inammissibile è anche il secondo profilo di censura (A2), perché non coglie la ratio della decisione della Corte d ‘ appello, la quale non è incorsa in alcuna contraddizione: è stata reputata erronea la declaratoria di cessazione della materia del contendere e da tale statuizione è conseguito l ‘ accertamento sul merito della domanda di accertamento dell ‘ usucapione; poi, conseguentemente, sono state confutate le argomentazioni che il primo giudice aveva impiegato per configurare la soccombenza virtuale dell ‘ opponente, riconosciuto, invece, come vittorioso e non solo ai fini della regolazione delle spese, ma in relazione alla domanda petitoria;
-col secondo motivo si deduce «B) Violazione e falsa applicazione artt. 1362 – 1363 e seg. cc in relazione all ‘ art. 360 n. 5 per omessa valutazione di fatti decisivi per il giudizio.»; ad avviso della ricorrente, il giudice di secondo grado, nell ‘ affermare che tra le parti era stata conclusa una compravendita (anziché un semplice preliminare), «non si pronuncia entro i limiti del ragionevole e del plausibile ma, omettendo la doverosa ricerca della effettiva intenzione delle parti, non prende in considerazione decisivi elementi testua li … Infatti la Corte di Appello, a mezzo di parziale interpretazione trascura di considerare elementi decisivi quali la previsione di termine finale e la previsione di penale, nonostante trattasi di manifesti indici rivelatori della volontà dei contraenti di stipulare un preliminare di vendita.»;
-anche a prescindere dall ‘ erronea riconduzione della censura al n. 5 dell ‘ art. 360 c.p.c., il motivo è inammissibile;
-la Corte d ‘ appello ha, infatti, espressamente considerato gli elementi del contratto menzionati dalla ricorrente e ha ritenuto che gli stessi non fossero dirimenti al fine di individuare nel negozio un preliminare, anziché – come ritenuto nella sentenza impugnata – un definitivo con riserva di rogito notarile; è inammissibile, nel giudizio di legittimità, la mera contrapposizione di una propria interpretazione
contrattuale a quella (tutt ‘ altro che implausibile nel caso de quo ) data dal giudice di merito;
-il terzo motivo si articola in due censure o profili;
-con la prima si deduce: «C1) Violazione e falsa applicazione art. 293 cpc nonché artt. 2712-2719 cc e artt. 214-215-216 cpc in relazione all ‘ art. 360 n. 3 in presenza di tempestivo disconoscimento della scrittura privata del 29.01.90 – Omessa valutazione di fatto decisivo (disconoscimento) in relazione all ‘ art. 360 n. 5 cpc» (primo profilo), perché, ad avviso della ricorrente, la Corte d ‘ appello ha erroneamente statuito che nella comparsa di costituzione del 15/05/2013 «non si riscontra nessun formale disconoscimento della scrittura in questione, anzi la COGNOME ivi afferma che tale scrittura aveva funzione di garanzia per un debito contratto dal proprio genitore, NOME, nei confronti di COGNOME NOME» e «Nemmeno le dichiarazioni rese dalla convenuta attraverso l ‘ interrogatorio formale, alla stessa udienza del 15/5/2013 (data della costituzione in giudizio) possono ritenersi formale disconoscimento della scrittura in questione, in quanto palesemente contraddittorie. …»; si sostiene, invece, che «in detta comparsa la COGNOME contesta tutto quanto dedotto e documentato dagli attori evidenziando che inter partes era stata sottoscritta esclusivamente una scrittura privata atta a garantire una somma concessa a mutuo dal dante causa NOME NOME al genitore NOME (cfr. comparsa del 15/05/13)» e che «sempre all ‘ udienza del 15.5.2013 la COGNOME in sede di interpello ribadisce tale assunto e dichiara: ‘ la scrittura che mi viene visionata in fotocopia non la conosco ….. quella che ricordo di aver firmato è una scrittura privata negli anni 1994 in poi e comunque ben dopo il 1990 ‘ . Risulta, quindi, agli atti del giudizio che la COGNOME alla prima utile difesa ha tempestivamente disconosciuto la irrituale avversa produzione.»;
-con la seconda si deduce: «C2) Violazione e falsa applicazione art. 293 cpc e art. 183 cpc in relazione all ‘ art. 360 n. 3 stante la
mancata acquisizione della produzione documentale offerta dalla COGNOME -Omessa valutazione di fatto decisivo (produzione documentale) in relazione all ‘ art. 360 n. 5 cpc»;
-il primo profilo della censura (C1) è inammissibile, perché si risolve in un ‘ apodittica contrapposizione alle argomentazioni della sentenza della tesi sostenuta dalla ricorrente, la quale non illustra in alcun modo le ragioni per le quali quanto dichiarato nella comparsa costitutiva di primo grado e in sede di interrogatorio formale costituisse, a suo avviso, disconoscimento della scrittura;
-peraltro, proprio perché «Il convincimento del giudice del merito circa l ‘ inidoneità di una determinata deduzione difensiva ad integrare gli estremi del disconoscimento della scrittura privata costituisce giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità» (Cass. Sez. 3, 01/02/2002, n. 1300, Rv. 552012-01; è conforme Cass. Sez. 2, 14/11/2002, n. 16021, Rv. 558475-01), la ricorrente avrebbe dovuto adeguatamente spiegare la pretesa fallacia della motivazione del giudice d ‘ appello;
-anche il secondo profilo della censura (C2) è inammissibile;
-la ricorrente denuncia, in sede di legittimità, l ‘ omessa valutazione delle prove documentali, dichiarate inammissibili perché erroneamente considerate prodotte tardivamente, nonostante la loro formazione successiva alla scadenza dei termini per le istanze istruttorie; tuttavia, in violazione dell ‘ art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., si omette di trascrivere o di illustrare nel ricorso per cassazione il testo integrale dei documenti (o, quantomeno, la loro parte significativa) al fine di consentire il vaglio della loro decisività e, inoltre, la ricorrente non specifica argomenti, deduzioni e istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, erano state formulate nel giudizio di merito;
-non è sufficiente a prospettare la rilevanza (e potenziale decisività) ai fini della decisione la mera elencazione dei citati documenti («3) Avviso di accertamento n.349/01 del 19.12.2012 4)
Annullamento avviso di accertamento del 20.02.2013 7) Avvisi liquidazione ICI del 14.10.2013 e n. 8 ricevute (rate 2013 e 2014) 7) Comunicazione Comune di Campomarino del 7/6/13 (pagamento tasse locali) 12) Verbale consegna chiavi del 9.05.2015 12) Verbale immissione in possesso del 12.5.2015 13) Atto di querela del 9.05.2015 14) Ricevute pagamento Consorzio di Bonifica Trigno e Biferno dell ‘ 11.03.2015 15) Ricevute pagamento IMU 2014 e 2015), seguita dalle apodittiche affermazioni secondo cui «Trattasi di documentazione che manifesta la totale infondatezza dell ‘ incompatibile possesso ad usucapionem ex adverso rivendicato. Trattasi di fatti decisivi ignorati dal Giudice di merito che attestano in modo inequivocabile : – che l ‘ immobile è sprovvisto di licenza di abitabilità che l ‘ immobile risulta da sempre privo di utenze – che l ‘ immobile non è mai stato abitato (non assoggettabile a tassa rifiuti) – che i tributi al Comune di Campomarino sono corrisposti da NOME – che i tributi al Consorzio di Bonifica sono corrisposti da NOME che il Giudice dell ‘ Esecuzione dispone la restituzione dell ‘ immobile (già oggetto di pignoramento) alla NOME con consegna alla stessa delle chiavi»;
-infatti, in alcun modo si spiega come dai citati documenti possa trarsi la dimostrazione delle circostanze indicate e, soprattutto, come le stesse (ad esempio, il pagamento delle imposte locali sugli immobili) siano idonee ad inficiare una situazione di fatto come il possesso, asseritamente esercitato dal COGNOME;
-manifestamente inammissibile è la riconduzione della mancata considerazione della prova documentale al vizio di cui l ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ( ex multis , Cass. Sez. U., n. 8053 del 2014);
-col quarto motivo si lamenta «D) Violazione e falsa applicazione art. 1141 II comma cc e art. 1164 cc in relazione all ‘ art. 360 n. 5 cpc per omesso esame della interversione del possesso ovvero di punto/fatto decisivo per la definizione del giudizio»: «Il ragionamento
della Corte di Appello è viziato da totale carenza motivazionale atteso che nella sentenza manca ogni considerazione in ordine alla presunta interversione nel possesso ovvero alla enucleazione di atti idonei e concreti opposti o almeno tollerati dal titolare del diritto dominicale»;
-il motivo si incentra su una motivazione addotta dalla Corte d ‘ appello ad abundantiam : dopo aver ravvisato nella scrittura privata del 29/1/1990 un contratto di compravendita (come tale idoneo a trasferire non solo la materiale detenzione del bene, ma anche il suo possesso animo domini), il giudice di secondo grado ha aggiunto che, in ogni caso, dalla data del 20/1/1991 (individuata come termine finale per la stipula del rogito notarile), il Menadeo aveva – «dopo tale data, e ciò anche alla luce delle risultanze delle prove testimoniali raccolte» – esercitato il possesso ad usucapionem ;
-la censura non incide la principale ratio decidendi della sentenza (non scalfita da questa impugnazione e di per sé sola idonea a giustificare la conclusione) e, dunque, è inammissibile per difetto di rilevanza;
-in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile;
-consegue alla dichiarata inammissibilità la condanna della ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo;
-va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 6.600,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, qualora dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione