Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3021 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3021 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24925/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Roma n. 1518/2021, depositata il 26 febbraio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con atto di citazione notificato il 2 ottobre 2010 la RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 010932/2010 emesso il 19 maggio 2010 con il quale il Tribunale di Roma le aveva ingiunto di pagare alla ricorrente RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 172.111,85 (oltre IVA, interessi e spese) quale saldo del corrispettivo di appalto, deducendo che in realtà il corrispettivo della fornitura inter partes era stato stimato in euro 427.800,00, oltre IVA; di avere corrisposto alla opposta già la somma di euro 326.149,48; che la stessa si era resa inadempiente, per cui spiegava domanda riconvenzionale per euro 164.476,82; che l’ammontare delle forniture era pari a euro 350.987,58.
Si costituiva in giudizio l’opposta chiedendo il rigetto dell’opposizione e in subordine (qualora fosse stata accertato che i prezzi unitari concordati fossero quelli riportati nell’or dine di acquisto n. 52/bis/fg/PTZ) chiedeva la condanna dell’opponente al pagamento della minor somma di euro 101.651,32 oltre IVA. L’opposta spiegava altresì domanda riconvenzionale per i danni subiti a causa del mancato pagamento delle somme ingiunte.
Con sentenza n. 2918/2017, pubblicata il 14 febbraio 2017, il Tribunale di Roma accoglieva parzialmente l’opposizione e, per l’effetto, revocava il decreto ingiuntivo , condannando la parte opponente al pagamento, in favore della Curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE, di euro 145.317,31, oltre IVA e interessi nella misura legale dalla domanda al soddisfo. Con la stessa sentenza rigettava la domanda riconvenzionale dell’opposta, dichiarava improcedibile la domanda riconvenzionale dell’opponente e compensava le spese di causa.
-Con atto di citazione in appello l’odierna ricorrente impugnava la sentenza di primo grado nella parte contenente la condanna al pagamento della somma di euro 145.317,31 oltre IVA.
Si costituiva in giudizio l’appellata curatela RAGIONE_SOCIALE con comparsa di costituzione e risposta.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 1518/2021, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’appello di RAGIONE_SOCIALE e riduceva la somma da pagare alla curatela, condannando l’appellante al pagamento di euro 131.273,31 (oltre IVA ed interessi come indicato nella sentenza appellata) e confermava nel resto la decisione di prime cure, compensando integralmente le spese del giudizio.
-Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Il fallimento RAGIONE_SOCIALE si è costituito con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto: per avere violato l’art. 2697 cod. civ. e gli artt. 1326 e ss. cod. civ . in relazione all’art. 1325 n. 1 cod. civ. (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) per avere affermato la Corte che ‘il documento indicato come ordine di acquisto n. 53 – pur non sottoscritto formalmente dalla appellata RAGIONE_SOCIALE risultava essere divenuto il testo dell’accordo contrattuale in virtù del tacito riconoscimento di volersi avvalere di quel documento dandovi concreta attuazione (considerando che i prezzi indicati risultavano quelli proposti dalla committente appellante tramite i suoi incaricati/delegati)’. L’affermazione della Corte sarebbe illegittima perché si fonda sulla erronea applicazione delle regole codicistiche in
tema di ‘accettazione’ della ‘proposta’. Per contro, si evidenzia che n essun accordo si è mai formato sulla ‘proposta’ costituita dalla scrittura denominata ‘Ordine di Acquisto n. 53’. Nessuna prova sarebbe mai stata offerta dalla attrice RAGIONE_SOCIALE La motivazione della Corte sul punto sarebbe illogica, contradditoria e illegittima. La Corte, nonostante le sollecitazioni specifiche dell’appellante, non ha saputo spiegare come mai si dovesse dare prevalenza al documento formato unilateralmente da parte della pretesa creditrice RAGIONE_SOCIALE piuttosto che a tutti gli altri documenti costituiti da identiche fatture emessa dalla stessa RAGIONE_SOCIALE nel corso dell’esecuzione del contratto che si riferivano all’ordine di acquisto n. 52/bis. La contestata esistenza della sottoscrizione della RAGIONE_SOCIALE, mai dedotta dalla RAGIONE_SOCIALE, non troverebbe conferma nel documento denominato Ordine di Acquisto n. 52 bis e la Corte avrebbe omesso di delibare la specifica doglianza sollevata nell’atto di appello in ordine alla provenienza delle sottoscrizioni presenti su tali documenti, riferibili soltanto alla proponente RAGIONE_SOCIALE e non anche alla RAGIONE_SOCIALE Al contrario, agli atti vi sarebbe documentazione che dimostrerebbe che l’esecuzione del contratto di appalto era avvenut a sulla base dell’accordo relativo alla proposta n. 52/bis e del suo contenuto (estratto conto del 2.12.2008 che il Tribunale e la Corte hanno ritenuto opponibile alla società RAGIONE_SOCIALE che, richiamando i prezzi ‘proposti’ da ‘Ricostruzione’ con l’Ordine sostitutivo n. 52/bis, dimostrerebbe che l’unico accordo su cui si è formato il consenso attraverso il meccanismo “proposta’ “accettazione mediante esecuzione’ è quello contenuto nella “Proposta’ n. 52/Bis ). Vi era, quindi, prova documentale contraria alla affermazione della Corte circa la volontà della RAGIONE_SOCIALE di voler applicare i prezzi indicati dalla “committente/appellante’ nell’ordine/proposta n. 53 poiché tutti i documenti, si riferivano ai prezzi conte nuti nell’ordine/proposta n. 52bis
Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e/o falsa interpretazione ed applicazione degli artt. 214 e 216 cod. proc. civ. in relazione all’art. 2702 cod. civ. e degli artt. 1328 e 1326 cod. civ. e ss. (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) per avere la Corte violato i principi in tema di individuazione della ‘scrittura privata’, di formazione del contratto e di revoca della proposta. La Corte d’appello ha ritenuto che l’opponente avesse omesso la prova della accettazione della revoca della proposta/ordine n. 53 e della nuova proposta/ordine n. 52 bis quale fonte della disciplina del contratto di appalto inter partes . La ricorrente evidenzia la manifesta violazione e/o erronea interpretazione della disposizione contenuta negli artt. 214 e 216 cod. proc. civ. nella parte in cui richiede che sia onere della parte che non abbia sottoscritto la scrittura privata disconoscerla negando la propria sottoscrizione e che sia onere della parte che intende valersi di tale scrittura instare per la verificazione allorché l a scrittura ‘disconosciuta’ non sia mai stata sottoscritta dalla parte che l’ha disconosciuta. L’Ordine di Acquisto n. 52 bis è una scrittura privata sottoscritta soltanto dalla parte proponente e solo ad essa opponibile: essa, quindi, difetterebbe dei presupposti richiesti dall’art. 214 cod. proc. civ. per procedere al disconoscimento da parte di Piramide essendo ad essa estranea e, fino alla prova della accettazione, totalmente inefficace. La Corte d’appello avrebbe omesso di decidere sulla specifica doglianza relativa all’utilizzabilità dell’Ordine n. 52bis in relazione all’assenza di sottoscrizione della RAGIONE_SOCIALE e quindi di valutare l’inammissibilità e/o irrilevanza della dichiarazione del disconoscimento della inesistente sottoscrizione dello stesso Ordine n.52bis. Nello stesso modo sarebbe inapplicabile la disposizione dell’art. 216, cod. proc. civ., posto che l’istanza di verificazione è volta ad accertare la paternità della scrittura privata disconosciuta dalla parte contro la quale è stata prodotta in giudizio: essa costituisce un onere da adempiere per avvalersi della scrittura o della
sottoscrizione disconosciuta. Ne conseguirebbe che nessun effetto aveva il disconoscimento della sottoscrizione e del contenuto ed illegittima è stata la motivazione e la decisione della Corte di non tener conto della proposta/ordine n. 52bis.
1.1. -Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono inammissibili.
In tema di disconoscimento della scrittura privata, la mancata proposizione dell’istanza di verificazione equivale, secondo la presunzione legale, ad una dichiarazione di non volersi avvalere della scrittura stessa come mezzo di prova, con la conseguenza che il giudice non deve tenerne conto – essendogli precluso l’accertamento dell’autenticità in base ad elementi estrinseci alla scrittura medesima o ad argomenti logici – e che la parte che ha disconosciuto la scrittura non può trarre dalla mancata proposizione dell’istanza di verificazione elementi di prova a sé favorevoli (Cass., Sez. II, 8 febbraio 2024, n. 3602).
Dalla lettura della motivazione si evince che sia il Tribunale sia la Corte d’appello, in maniera conforme, hanno ritenuto che l’ordine 52bis sia stato sottoscritto dalla parte opposta e che quest’ultima l’abbia tempestivamente disconosciuto sia riguardo al contenuto sia con riferimento alla sottoscrizione, mentre la parte opponente ha omesso di chiederne la verificazione. Sulla base di tale apprezzamento di fatto, compiuto concordemente in sede di merito, non sussiste alcuna violazione di legge nei termini formulati e alcun sindacato da parte di questa Corte di legittimità. Il disconoscimento di una scrittura privata, pur non richiedendo, ai sensi dell’art. 214 c.p.c., una forma vincolata, deve avere i caratteri della specificità e della determinatezza, e non può costituire una mera espressione di stile, risolvendosi la relativa valutazione in un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato (Cass., Sez. I, 8 luglio 2024, n. 18491).
Parte ricorrente tende invero a contestare l’apprezzamento da parte del giudice di merito dei fatti così come emersi in sede istruttoria -la cui rivalutazione in sede di legittimità non è consentita -ove è stato accertato che a fronte dell’invio dell’ordine di acquisto 53, l’appaltatrice vi ha dato esecuzione.
2. -Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la nullità della sentenza per omesso esame del motivo principale di appello (art. 360 n. 4 cod. proc. civ.). I documenti non esaminati (le fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE ed estratto conto trasmesso dalla stessa società) fornirebbero la prova di circostanze decisive che invalidano l’erronea motivazione assunta dal giudice d’appello . La verifica del contenuto dei documenti di cui l’appellante aveva specificatamente sollecitato l’esame con l’atto di appello avrebbe consentito al Giudice d’appello di accertare che: – la RAGIONE_SOCIALE aveva accettato la proposta/ordine n. 52bis (con l’emissione delle fatture); – i prezzi unitari riportati nell’Estratto conto del 2 dicembre 2008 erano gli stessi riportati nell’ordine n. 52bis; – l’ammontare complessivo del corrispettivo richiesto dalla RAGIONE_SOCIALE era pari a euro 373.518,94 e non quello erroneamente quantificato dai giudici di merito.
Con il quarto motivo di ricorso si prospetta l’omesso esame di un fatto-documento decisivo che ha determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo oggetto di discussione tra le parti ed espressamente sottoposto al Giudice di merito (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.). La Corte d’appello ha confermato la decisione del Tribunale relativa alla quantificazione delle forniture come rappresentata dalla stessa RAGIONE_SOCIALE nel proprio estratto conto del 2 dicembre 2008. Tuttavia, tale estratto conto conteneva non solo le quantità delle forniture, ma anche la quantificazione del relativo corrispettivo esplicitando puntualmente i corrispondenti prezzi. La Corte d’appello , come il Tribunale, ha omesso di considerare il documento nella sua interezza, ritenendolo giustificativo solo delle
quantità e non anche delle quantificazioni del corrispettivo. La verifica e la valutazione di tale documento nella sua interezza avrebbe consentito al Giudice di merito di pervenire ad una diversa decisione posto che avrebbe accertato che i prezzi unitari (e l’ammontare complessivo della fornitura), riportati nel predetto estratto conto del 2 dicembre 2008, corrispondevano a quelli dell’ordine n. 52bis.
2.1. -Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono inammissibili.
La Corte d’appello, in conformità alla pronuncia del Tribunale ha determinato la quantificazione delle forniture come rappresentata nell’estratto conto del 2 dicembre 2018, redatto su carta intestata della RAGIONE_SOCIALE ricevuto dalla controparte nella medesima data e che non è stato oggetto di contestazione, applicando i prezzi unitari di cui all’ordine 53.
A fronte di tale concorde valutazione (Cass., Sez. III, 28 febbraio 2023, n. 5947; Cass., Sez. I, 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass., Sez. II, 10 marzo 2014, n. 5528) che si discosta soltanto sull’entità dell’importo riconosciuto in ragione della mancata prova della variazione dei vetri e della inidoneità al montaggio di 12 porte di acciaio, entrambe le doglianze difettano di specificità riguardo al contenuto dei documenti che i giudici di merito avrebbero omesso di considerare, intendendo invero la parte conseguire una non consentita rivalutazione delle risultanze istruttorie.
3. -Il ricorso va dunque respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 7.600,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi e rimborso spese generali (15%) ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione