Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2723 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2723 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32040/2020 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la RAGIONE_SOCIALE della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
contro
ricorrente -ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 2724/2020 depositata il 16/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Ritenuto che:
1. – Con sentenza nr 2724/2020 la Corte di appello di Bologna rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la decisione del Tribunale di Forlì con la quale era stata rigettata la domanda di risarcimento danni ex art. 2049 c.c. proposta dall’appellante nei confronti della Banca Fideuram s.p.a. in relazione ad investimenti finanziari eseguiti per il tramite di COGNOME NOME, promotore finanziario.
La Corte di appello rilevava che le ragioni del gravame erano incentrate sulla decisione del Tribunale di escludere la natura apocrifa delle sottoscrizioni apposte su operazioni di conversione degli investimenti. Sul punto osservava la Corte che il disconoscimento operato dalla COGNOME non era stato rituale e neppure tempestivo.
Sotto il primo profilo condivideva la valutazione espressa dal Tribunale circa la genericità dell’atto di citazione e la mancanza di qualsiasi prova in ordine ai fatti costitutivi della pretesa.
Osservava poi, quanto al secondo aspetto, che il disconoscimento ex art. 214 c.p.c. avrebbe dovuto essere effettuato con atto processuale immediatamente successivo alla produzione in giudizio dei documenti di cui si contestava l’autenticità e quindi non oltre la prima udienza, giacché i documenti in oggetto erano stati prodotti dalla Banca con la comparsa di risposta.
Sosteneva pertanto che le censure dell’appellante, una volta esclusa la natura apocrifa delle sottoscrizioni, non potevano che essere rigettate in assenza di riscontro sia nell’ an che nel quantum .
– Avverso tale decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a 4 motivi cui ha resistito con controricorso e ricorso incidentale condizionato basato su 4 motivi Fideuram-Intesa S. Paolo Banking s.p.a.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ritenuto che:
3. – Con il primo motivo si deduce ai sensi dell’art 360 primo comma nr 3 c.p.c. la violazione degli articoli 214 e 115 c.p.c. per avere la Corte di appello ritenuto non rituale il disconoscimento operato dall’attrice malgrado nell’atto introduttivo la stessa aveva affermato di aver sottoscritto unicamente gli atti iniziali di investimento e non anche quelli successivi sicché non sarebbe stato necessario formulare alcuna contestazione ricorrendo una ipotesi di c.d. contestazione implicita.
Si sostiene inoltre che la Corte non avrebbe rilevato che la Banca in sede di costituzione non avrebbe operato alcuna contestazione in rapporto al disconoscimento effettuato dall’attrice sulle firme presenti nei documenti allegati alla citazione.
Con un secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 360 nr 5 c.p.c. per omesso esame di fatti decisivi.
Si sostiene che le deduzioni contenute nell’atto introduttivo e nell’atto di appello in merito ai documenti prodotti da COGNOME con l’atto di citazione costituirebbero un disconoscimento di fatto con la conseguenza che la Corte di appello non avrebbe potuto, così come il Tribunale, ritenere generico il disconoscimento operato dall’attrice.
Con il terzo motivo si denuncia la nullità della sentenza ai sensi dell’art 360 primo comma nr 4 c.p.c. per avere la Corte di appello reso in merito alla valutazione espressa relativamente al disconoscimento una motivazione perplessa ed obbiettivamente incomprensibile senza indicare la ragione per la quale la contestazione dovesse considerarsi generica
Con il quarto motivo si deduce la violazione dell’art 115 c.p.c. in relazione all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c. per avere la Corte di appello ritenuto non tempestivo il disconoscimento.
4. – Il ricorso è inammissibile.
4.1. – I primi tre motivi che ruotano intorno alla questione sulla ritualità ed idoneità del contestato disconoscimento meritano un vaglio congiunto.
Ebbene, pur prescindendo dalla marcata carenza strutturale del ricorso sul piano dell’assolvimento dell’onere di cui all’art. 366 n. 3 cod. proc. civ. – invero, al di là della assai vaga descrizione dei fatti posti a fondamento dell’atto introduttivo (già rilevata dalle pronunce di merito) e del contenuto stesso delle domande, nulla è detto circa: le difese e/o eccezioni svolte dai convenuti nel giudizio di primo grado; le ragioni poste a fondamento della decisione di primo grado; i motivi che erano stati proposti a fondamento dell’appello; le difese in appello svolte dalle controparti; le motivazioni della sentenza d’appello (fatta eccezione per un ampio stralcio di essa che viene trascritto nella illustrazione del terzo motivo di ricorso) -tutte le esposte censure si appalesano inammissibili.
Gli argomenti che corredano i motivi di ricorso non si confrontano con la motivazione della sentenza d’appello e con le ragioni addotte a fondamento dell’irritualità del disconoscimento.
La Corte di appello richiamando l’orientamento consolidato di questa Suprema Corte, secondo cui « il disconoscimento di una scrittura privata, ai sensi dell’art. 214 c.p.c., pur non richiedendo formule sacramentali o vincolate, deve, comunque, rivestire i caratteri della specificità e della determinatezza e non risolversi in espressioni di stile con la conseguenza che colui il quale vuole negare l’autenticità della propria sottoscrizione è tenuto a
specificare, ove più siano i documenti prodotti, se siffatta negazione si riferisca a tutti o ad alcuni soltanto di essi (cfr., ad es., Cass. n. 24456/2011 e Cass. n. 12448/2012) » (così, Cass. Sez. 2, 22/01/2018 n. 1537, punto 5 in motivazione), ha spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto generica la contestazione dell’attrice riferita « a tutte le disposizioni dell’investimento senza indicare in maniera precisa quali fossero fra i numerosi documenti prodotti quale doc 1, quelli con le firme asseritamente apocrife ».
Orbene, a fronte del puntuale accertamento di tale fatto processuale (relativo, cioè, alla inidoneità della condotta in giudizio dell’odierna ricorrente relativa al non corretto e formale disconoscimento) la ricorrente contrappone l’apodittica considerazione che le allegazioni riportate nell’atto introduttivo e ribadite in quelle del gravame avrebbero soddisfatto l’onere formale integrando quantomeno una c.d. contestazione implicita.
Con riguardo poi al principio della non contestazione va in primo luogo ricordato che in tema di ricorso per cassazione, qualora il motivo di impugnazione si fondi sul rilievo che la controparte avrebbe tenuto condotte processuali di non contestazione, per consentire alla Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, il ricorso, ai sensi dell’art. 366, 1° co., n. 6, cod. proc. civ., deve sia indicare la sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese, sia contenere la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi (Cass. 9.8.2016, n. 16655; 16.3.2012, n. 4220).
Principi questi cui il mezzo in disamina (primo motivo) non si è affatto conformato difettando di autosufficienza.
Va comunque rilevato che l’eventuale mancanza di contestazione non esonerava l’attrice dall’assolvimento dei suoi oneri formali di specificità nell’operare il disconoscimento.
Relativamente alla prospettata violazione dell’omesso fatto decisivo con particolare riguardo al secondo motivo, poi, va evidenziato che
esso trova una ulteriore ragione di inammissibilità nella preclusione di cui all’art. 348ter , ultimo comma, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis (ma la disposizione ha trovato continuità normativa nel nuovo art. 360, quarto comma, cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n.149 del 2022), la quale esclude la possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del numero 5 dell’art. 360 dello stesso codice, nell’ipotesi in cui la sentenza di appello impugnata rechi l’integrale conferma della decisione di primo grado (c.d. « doppia conforme »); in proposito, questa Corte ha da tempo chiarito che la predetta esclusione si applica, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e che il presupposto di applicabilità della norma risiede nella c.d. « doppia conforme » in facto , sicché il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., ha l’onere – nella specie non assolto – di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 06/08/2019, n. 20994).
Il vizio peraltro concerne non già l’omesso esame di un fatto storico decisivo e discusso, bensì l’argomentazione di merito.
La censura di violazione dell’art. 360, 1 comma, n. 5 cod. proc. civ. va disattesa, perché detta disposizione del codice di rito riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso
rispetto delle previsioni degli artt. 366,1 comma, n. 6, e 369,2 comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il « fatto storico », il cui esame sia stato omesso, il « dato », testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il « come » e il « quando » tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua « decisività » (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053). Si evidenzia, altresì, che costituisce un « fatto », agli effetti dell’art. 360,1 comma, n. 5, cod. proc. civ., non una « questione » o un « punto », ma un vero e proprio «atto», in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. 6/09/2019, n. 22397; Cass. 8/09/2016, n. 17761; Cass., Sez. Un., 23/03/2015, n. 5745; Cass. 4/04/2014, n. 7983; Cass. 5/03/2014, n. 5133). Non costituiscono, viceversa, « fatti », il cui omesso esame possa cagionare il vizio di cui alla richiamata norma del codice di rito le argomentazioni, supposizioni o deduzioni difensive (Cass. 18/10/2018, n. 26305; Cass. 14/06/2017, n. 14802); gli elementi istruttori (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053); una moltitudine di fatti e circostanze, o il «vario insieme dei materiali di causa» (Cass. 21/10/2015, n. 21439; Cass. 29/10/2018, n. 27415), sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a 25/07/2023, n. 22273).
4.2. – Il quarto motivo è inammissibile perché non si confronta e non contrasta la statuizione che il disconoscimento effettuato dalla ricorrente in primo grado è stato tardivo, perché non avvenuto in occasione della prima udienza successiva alla produzione da parte della Banca dei documenti contenenti le sottoscrizioni di cui è contestata all’autenticità ma solo con la seconda memoria ex art 183 c.p.c.
La conclusione raggiunta dalla giudice di merito è coerente con i principi affermati da questa Corte che in caso di disconoscimento dell’autenticità di scrittura o sottoscrizione lo stesso deve avvenire nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione, bensì in udienza posteriore, stante l’inosservanza del termine decadenziale di cui all’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2. (Cass. Sez. 2, ordinanza n. 4053 del 20/02/2018; Sez. 6-1, Sentenza n. 13425 del 13/06/2014; Sez. 3, Sentenza n. 4476 del 25/02/2009; Sez. 1, Sentenza n. 23174 del 27/10/2006; Sez. 2, Sentenza n. 10423 del 08/08/2000).
5. – L’inammissibilità del ricorso principale esime il Collegio dal vaglio del questioni veicolate attraverso il ricorso incidentale condizionato volto a contestare solo in via subordinata la tempestività dell’atto di gravame e l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo per mancata impugnativa di un capo autonomo della decisione di primo grado.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
La corte dichiara inammissibile il ricorso;
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità in favore di Fideuram Intesa S.Paolo Banking s.p.a. spese che si liquidano in complessive € 7000,00 oltre 200,00 per esborsi ed al 15% per spese generali ed altri accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma 29.1.2025