Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 241 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 241 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12825/2019 R.G. proposto da NOME COGNOME titolare dell ‘ omonima impresa individuale, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME (indirizzo p.e.c. indicato nel ricorso: EMAIL
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall ‘ avv. NOME COGNOME (indirizzo p.e.c. indicato nel controricorso: EMAIL) e dall ‘ avv. NOME COGNOME (indirizzo p.e.c. indicato nel controricorso: EMAIL
– controricorrenti – avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO DI CATANZARO n. 1832/2018 pubblicata il 23 ottobre 2018
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME titolare dell ‘om onima impresa edile, chiedeva e otteneva dal Tribunale di Lamezia Terme l ‘emissione nei confronti dei germani NOME NOME e NOME COGNOME nella qualità di eredi del defunto padre NOME COGNOME, di un decreto ingiuntivo di pagamento della somma di 74.305,85 euro, oltre accessori, asseritamente dovutagli a titolo di corrispettivo dei lavori eseguiti in adempimento dell ‘incarico conferitogli dal de cuius con scrittura privata del 17 giugno 1983.
L ‘opposizione proposta dagli intimati veniv a parzialmente accolta dallo stesso Tribunale, che con sentenza n. 1720/2012 del 4 dicembre 2012 revocava il decreto opposto e condannava gli opponenti al pagamento in favore della controparte della minor somma di 17.011,67 euro, oltre agli interessi legali.
La decisione veniva impugnata in via principale dal COGNOME il quale si doleva del mancato riconoscimento, da parte del primo giudice, della rivalutazione monetaria del credito azionato, e in via incidentale dai COGNOME, che invece insistevano per l ‘accoglimento della spiegata opposizione.
Con sentenza n. 1832/2018 del 23 ottobre 2018 l ‘adìta Corte d ‘Appello di Catanzaro accoglieva il gravame incidentale, dichiarando assorbito quello principale; per l ‘effetto, i n riforma della pronuncia di primo grado, rigettava integralmente la domanda avanzata dal COGNOME, condannandolo alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.
Rilevava il giudice distrettuale: -che non poteva ritenersi dimostrata l ‘autenticità della menzionata scrittura privata del 17 giugno 1983, prodotta in atti in copia fotostatica, avendo gli opponenti contestato la sua provenienza dal de cuius e non essendosi il COGNOME premurato di depositarne l ‘originale ; – che non era utilizzabile come scrittura di comparazione la missiva in pari data a firma di NOME COGNOME in quanto anch ‘essa disconosciuta dai suoi eredi; – che non poteva trovare ingresso la
prova testimoniale articolata in primo grado dall ‘appellante principale, perchè non specificamente riproposta in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio d ‘appello.
Contro questa sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, con il quale vengono lamentate la violazione delle norme e dei princìpi di diritto regolanti il procedimento di verificazione di scrittura privata disconosciuta e la mancata ammissione da parte della Corte d ‘ Appello della prova testimoniale da lui articolata in primo grado e disattesa dal Tribunale.
I germani COGNOME hanno resistito con controricorso all ‘ avversa impugnazione.
In data 9 marzo 2023 il Presidente di Sezione ha formulato proposta di definizione del giudizio ex art. 380bis , comma 1, c.p.c., ritualmente comunicata ai difensori delle parti.
A sèguito di tale comunicazione, la parte ricorrente, a mezzo del suo difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione.
La Corte ha, quindi, proceduto ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 c.p.c., fissando l ‘ odierna adunanza in camera di consiglio.
Nel termine previsto il solo COGNOME ha depositato memoria illustrativa, insistendo per l ‘ accoglimento del ricorso.
La proposta di definizione del giudizio formulata dal Presidente di Sezione ai sensi dell ‘ art. 380bis , comma 1, c.p.c. è del seguente tenore:
«( … ) rilevato che, con l’unico motivo di ricorso articolato, il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 , c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 2721, 2724 c.c. e 216 e 245 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto, in ordine all’espletato sub -procedimento di verificazione, che non fosse stata raggiunta la prova dell’autenticità della sottoscrizione della scrittura privata del 17 giugno 1983; e ciò perché il Tribunale aveva ritenuto
tale autenticità sulla base di scrittura di comparazione consistente in missiva di pari data, anch’essa espressamente disconosciuta dagli opponenti ed anch’ess a prodotta in copia fotostatica, non essendovi altresì in atti alcun documento sottoscritto non disconosciuto che potesse essere utilizzato quale scrittura di comparazione; senza tenere nel debito conto -ad avviso dell’ista nte -della circostanza che il COGNOME aveva formulato richiesta di prova testimoniale -rigettata dal Tribunale, perché vertente su fatti di rilevanza negoziale e comunque desumibili dai documenti prodotti (pertanto ritenuta superflua) -finalizzata alla dimo strazione dell’autenticità della scrittura, da cui si sarebbe potuta desumere la formulaz ione di un’implicita istanza di verificazione della scrittura privata disconosciuta;
atteso che, sotto altro profilo, il ricorrente, con la medesima doglianza, censura la sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale ritenuto che la prova per testimoni richiesta in primo grado, e non ammessa dal Tribunale, fosse stata riproposta dalla parte opposta in sede di precisazione delle conclusioni solo per documentazione probatoria in atti a fondamento del credito del Sig.
l’ipotesi in c ui il Tribunale non avesse reputa to ‘sufficiente la COGNOME ‘ e, comunque, che la relativa istanza di ammissione non fosse stata riproposta nel giudizio di appello, circostanza che, unitamente alla mancata esibizione degli originali delle scritture, avrebbe impedito alla Corte di verificare l’autenticità o meno della scrittura; senonché, secondo l’istante, il COGNOME non avrebbe avuto alcun motivo di reiterare, in sede di appello -da lui promosso solo per il quantum debeatur -la richiesta di prova testimoniale, poiché il Tribunale aveva comunque riconosciuto la validità della scrittura privata sulla base della documentazione in atti ed a prescindere dalla prova testimoniale;
sostenuto, infine, che il ricorrente, sempre con il medesimo motivo, ripropone la critica avverso la sentenza di primo grado in ordine al
mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria, unico motivo dell’appello principale promosso, rimasto assorbito dalla pronuncia di accoglimento dell’appello incident ale;
posto, quanto al primo profilo, che la Corte d’appe llo si è uniformata all’orientamento espresso da questa Corte, per il quale, in caso di disconoscimento dell’autenticità della sottoscrizione, il giudice non è tenuto a disporre necessariamente una consulenza tecnica grafologica per accertare l’autenticità della scrittura, qualora possa desumere la veridicità del documento attraverso la comparazione di esso con altre scritture incontestabilmente provenienti dalla medesima parte (ex plurimis Cass. n. 25508/2021); sicché, allo stesso modo, può escludere l’au tenticità della sottoscrizione disconosciuta, allorché le scritture di comparazione non riportino, in modo incontestabile, la sottoscrizione autentica della parte che ha richiesto la verificazione; osservato, altresì, che il disconoscimento, ai sensi dell’ art. 215, secondo comma, c.p.c., dell’autenticità della sottoscrizione di una scrittura privata è ammissibile anche quando essa sia prodotta in copia fotostatica, comportando che la parte che intende avvalersene deve produrre l’originale, necessario per la procedura di verificazione, salvo il caso che deduca di non esserne in possesso (ex plurimis Cass. n. 29884/2020; Cass. n. 9202/2004);
precisato, altresì, quanto al s econdo profilo, che la Corte d’a ppello, nella parte in cui ha evidenziato che l’istanza d i ammissione di prova testimoniale non era stata riproposta in appello, ha adottato una decisione conforme all’indirizzo espresso da questa Corte, per il quale le istanze istruttorie rigettate dal giudice del merito devono essere riproposte con la precisazione delle conclusioni in modo specifico e non soltanto con il generico richiamo agli atti difensivi precedenti, dovendosi, in difetto, ritenere abbandonate e non riproponibili con l’impugnazione; tale presunzione può, tuttavia, ritenersi superata qualora emerga una volontà inequivoca di
insistere nella richiesta istruttoria in base ad una valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione tra la richiesta probatoria non esplicitamente riproposta con le conclusioni e la linea difensiva adottata nel processo (Cass. n. 10767/2022);
prospettato, quindi, che -in ossequio al detto principio di diritto -si può reputare che il ricorrente, in primo grado, abbia manifestato la volontà inequivoca, in sede di precisazione delle conclusioni, di insistere nelle richieste istruttorie, ma non abbia fatto altrettanto in appello, procedimento nel quale, per sua stessa ammissione, non ha riproposto l’istanz a di ammissione di prova testimoniale, ritenendo di non esservi tenuto in virtù delle statuizioni del giudice di prime cure e nonostante l’appell o incidentale contestasse espressamente le dette statuizioni (richieste istruttorie non formulate in replica alla spiegata impugnazione incidentale);
considerato, infine, che la produzione ad opera del ricorrente in questa sede, per avvenuto rinvenimento dell’originale della missiva del 17 giugno 1983, missiva utilizzata solo in copia fotostatica quale scrittura di comparazione dal Tribunale, deve ritenersi inammissibile, essendo detta produzione avvenuta in spregio delle prescrizioni di cui all’art. 372 c.p.c.;
esposto, infine, che -per i suddetti motivi -il terzo profilo della censura (in ordine al mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria) rimane assorbito;
atteso, quindi, che il ricorso si profila inammissibile o comunque manifestamente infondato;
propone la definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.» .
Il Collegio condivide il contenuto della proposta che precede; né la memoria illustrativa depositata dal COGNOME ai sensi dell ‘ art. 380bis .1, comma 1, c.p.c. offre argomenti ulteriori rispetto a quelli già sviluppati nel ricorso, tali da poter indurre a un diverso esito del surriferito vaglio dell ‘unico motivo di gravame.
Giova, in ogni caso, precisare:
-che nell ‘àmbito del subprocedimento di verificazione di cui agli artt. 216 e seguenti c.p.c. l ‘ idoneità di una scrittura alla funzione di comparazione richiede non già il dato negativo della mancanza di un formale disconoscimento nei tempi e nei modi previsti dagli artt. 214 e 215 del medesimo codice, bensì quello positivo del riconoscimento, espresso ovvero tacito (per non essere, cioè, mai stata contestata l ‘ autenticità della scrittura), atteso che, dovendo essere utilizzata come fonte di prova della verità di altro documento, è indispensabile che sia certa la sua provenienza da colui al quale si intende attribuire il documento da verificare (cfr. Cass. n. 6460/2019, Cass. n. 1282/2003, Cass. n. 129/2001);
-che la scrittura di comparazione prodotta in giudizio dal COGNOME, consistente in una missiva del 17 giugno 1983 a firma di NOME COGNOME non era stata riconosciuta espressamente o tacitamente dagli opponenti, i quali, anzi, ne avevano contestato la provenienza dal loro dante causa, disconoscendo la sottoscrizione da questi apparentemente apposta in calce ad essa (pag. 6 della sentenza impugnata, ultimo periodo);
-che, pertanto, tale scrittura non poteva essere utilizzata per dimostrare l ‘ autenticità del documento oggetto di verificazione;
-che, sebbene al tempo della proposizione dell ‘ appello principale l ‘ odierno ricorrente non avesse un concreto interesse ad insistere per l ‘ ammissione della prova testimoniale articolata in prime cure, considerato che il gravame da lui proposto era unicamente volto a contestare il mancato riconoscimento da parte del Tribunale della rivalutazione monetaria del credito dedotto in giudizio, un simile interesse era indubbiamente sorto a sèguito dell ‘ appello incidentale spiegato dai germani COGNOME con il quale veniva rimesso in discussione l ‘ an debeatur .
Per il resto, deve confermarsi:
-che, a sèguito del disconoscimento della fotocopia di una scrittura
privata, la parte che intenda avvalersene è tenuta a produrre l ‘ originale (o a indicare le ragioni per cui non ne sia in possesso) e, in caso di ulteriore disconoscimento, a chiederne la verificazione, in quanto esclusivamente con l ‘ originale si realizzano la diretta correlazione e l ‘ immanenza della personalità dell ‘ autore della sottoscrizione, che giustificano la fede privilegiata assegnata al documento medesimo, così da fondare una presunzione legale superabile dall ‘ apparente sottoscrittore solo con l ‘ esito favorevole della querela di falso (cfr. Cass. n. 31166/2021, Cass. n. 9859/2020, Cass. n. 33769/2019, Cass. n. 16551/2015, Cass. 7267/2014);
-che le richieste istruttorie ribadite in primo grado dal COGNOME al momento del passaggio in decisione della causa non potevano considerarsi sic et simpliciter riproposte nel successivo giudizio d ‘appello , a tal fine occorrendo che le stesse fossero specificamente reiterate in quel giudizio, al più tardi entro l ‘u dienza di precisazione delle conclusioni (cfr. Cass. n. 9559/2005, secondo cui le istanze istruttorie rigettate in primo grado possono essere riproposte in appello, purché prima che la causa sia riservata a sentenza, onde il limite massimo è segnato dall ‘ udienza di precisazione delle conclusioni; sull ‘ argomento vedasi pure Cass. n. 16573/2002);
-che risultava, pertanto, tardiva la richiesta di ammissione della prova testimoniale formulata dall ‘odierno ricorrente nella comparsa conclusionale depositata in secondo grado.
Per le ragioni esposte, il ricorso va respinto.
Le spese del presente grado di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Poichè il giudizio è stato definito in conformità alla proposta formulata ai sensi del comma 1 dell ‘ art. 380bis c.p.c., vanno applicati -secondo quanto previsto dal comma 3 dello stesso articolo, contemplante un ‘ipotesi normativa di abuso del
processo (cfr. Cass. Sez. Un. n. 27433/2023)- i commi 3 e 4 dell ‘ art. 96 c.p.c..
Ne consegue la condanna della parte soccombente al pagamento: (a)di una somma equitativamente determinata a favore della controparte; (b)di un ‘ ulteriore somma di denaro, stabilita nel rispetto dei limiti di legge, in favore della cassa delle ammende.
Per la quantificazione degli importi di cui sopra si rimanda al dispositivo.
Stante l’esito del l ‘ impugnazione, viene infine resa nei confronti del ricorrente l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , D.P .R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento a favore della controparte delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 4.200 euro (di cui 200 per esborsi), oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge, nonchè dell ‘ ulteriore somma di 4.000 euro, a norma dell ‘ art. 96, comma 3, c.p.c.; condanna, inoltre, il ricorrente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di 2.000 euro, ex art. 96, comma 4, c.p.c..
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P .R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda