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Disconoscimento registrazione audio: il valore probatorio

Un ospedale ha licenziato un dipendente sulla base di una presunta dichiarazione diffamatoria in una registrazione radiofonica. Il lavoratore ha sempre negato di essere la persona nella registrazione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, stabilendo che in caso di disconoscimento della registrazione audio, questa perde la sua piena efficacia probatoria. Di conseguenza, non è possibile disporre una perizia tecnica per identificare la voce, rendendo il licenziamento illegittimo.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Disconoscimento registrazione audio: cosa succede se l’accusato nega la sua voce?

Il licenziamento di un lavoratore è uno degli atti più delicati nel diritto del lavoro, e la prova a suo fondamento deve essere solida. Ma cosa accade se la prova principale è una registrazione e il dipendente nega di essere la persona che parla? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti probatori in caso di disconoscimento di una registrazione audio, confermando che la semplice negazione da parte dell’interessato è sufficiente a depotenziare la prova, rendendo il licenziamento illegittimo.

I fatti del caso: licenziamento basato su una registrazione radiofonica

Una struttura ospedaliera privata contestava a un suo dipendente di aver rilasciato dichiarazioni diffamatorie durante una trasmissione radiofonica. Secondo l’azienda, il lavoratore avrebbe parlato di un presunto caso di coronavirus gestito in violazione dei protocolli sanitari, affermando che il paziente era stato trattato solo perché “amico di un amico”. Sulla base di questa registrazione, acquisita dall’emittente, l’azienda procedeva al licenziamento per giusta causa del dipendente.

Il percorso giudiziario: la decisione della Corte d’Appello

Il lavoratore impugnava il licenziamento, negando fermamente di essere l’autore delle dichiarazioni registrate. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello gli davano ragione, dichiarando il licenziamento illegittimo e ordinando la reintegra. I giudici di merito sottolineavano che:

1. L’accusato non aveva mai ammesso l’addebito.
2. Non era possibile stabilire con certezza l’appartenenza della voce registrata al dipendente.
3. Gli indizi portati dall’azienda non erano sufficientemente gravi e concordanti per provare l’accusa.

Di fronte al rigetto in appello, l’azienda decideva di ricorrere alla Corte di Cassazione.

I motivi del ricorso e il disconoscimento della registrazione audio

L’azienda datrice di lavoro basava il suo ricorso su diversi motivi, tutti incentrati sulla valutazione della prova. In particolare, lamentava la violazione dell’art. 2712 del codice civile, che disciplina le cosiddette “riproduzioni meccaniche” (come le registrazioni audio). Sosteneva che i giudici avessero errato nel non considerare il comportamento del lavoratore e nel non ammettere altre prove, come testimonianze o una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) sulla voce.

L’efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche

Il punto centrale della questione riguarda proprio l’efficacia probatoria di una registrazione. L’art. 2712 c.c. stabilisce che tali riproduzioni formano piena prova dei fatti, ma a una condizione fondamentale: che la parte contro cui sono prodotte non ne contesti la conformità ai fatti stessi. Questo atto di contestazione è definito “disconoscimento”.

Il rifiuto delle prove testimoniali e della CTU

L’azienda aveva chiesto di far sentire dei testimoni per il riconoscimento della voce e di disporre una CTU fonica per comparare la voce registrata con quella del dipendente. Tuttavia, il lavoratore si era rifiutato di fornire un campione vocale. I giudici di merito avevano rigettato queste richieste, ritenendo che una testimonianza non avrebbe raggiunto il grado di certezza necessario e che, una volta avvenuto il disconoscimento, non fosse possibile procedere con una CTU per accertare d’ufficio l’autenticità della registrazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso dell’azienda, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: l’efficacia di prova legale di una registrazione audio è subordinata alla non contestazione della parte contro cui è prodotta.

Se avviene un disconoscimento registrazione audio in modo chiaro, circostanziato ed esplicito – come nel caso di specie – la registrazione perde la sua qualità di prova piena. Di conseguenza, non è possibile superare tale disconoscimento attraverso una CTU, poiché questa servirebbe a verificare l’autenticità di una prova che, per legge, è già stata privata della sua efficacia. I giudici hanno specificato che il disconoscimento previsto dall’art. 2712 c.c. non è soggetto alle rigide formalità dell’art. 214 c.p.c. (previsto per la scrittura privata), ma deve essere comunque inequivocabile. La ferma negazione del lavoratore durante tutto il processo è stata ritenuta sufficiente a integrare un valido disconoscimento.

Le conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

Questa pronuncia offre un’importante lezione per i datori di lavoro e per chiunque intenda utilizzare registrazioni audio o video come prova in un contenzioso. La sentenza chiarisce che il disconoscimento registrazione audio da parte dell’interessato è un ostacolo processuale difficilmente superabile. Non basta produrre un file audio per provare un fatto; se l’autenticità della voce viene contestata, la prova perde gran parte del suo valore e il giudice non può ricorrere a una perizia tecnica per verificarla. Pertanto, un licenziamento disciplinare fondato unicamente su una registrazione disconosciuta è destinato a essere dichiarato illegittimo, con tutte le conseguenze reintegratorie e risarcitorie del caso.

Che valore ha una registrazione audio in un processo se la persona a cui è attribuita la nega?
Secondo la Corte, se la parte contro cui la registrazione è prodotta la disconosce formalmente, negando che la voce sia la sua, la registrazione perde la sua efficacia di piena prova ai sensi dell’art. 2712 del codice civile.

È possibile obbligare un lavoratore a fornire un campione della propria voce per una perizia tecnica (CTU)?
No, dalla sentenza emerge che se il lavoratore disconosce la registrazione, non è possibile disporre una CTU per accertarne l’autenticità, né tantomeno obbligarlo a fornire un campione vocale, poiché la prova ha già perso la sua efficacia legale a seguito del disconoscimento.

Il giudice può ammettere testimoni per riconoscere una voce su una registrazione disconosciuta?
Il giudice di merito ha la facoltà discrezionale di ammettere o meno le prove. In questo caso, la Corte ha ritenuto adeguatamente motivata la decisione di non ammettere i testimoni, poiché il loro eventuale riconoscimento non avrebbe raggiunto il carattere di certezza necessario, rimanendo un semplice elemento indiziario non sufficiente a superare il disconoscimento formale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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