Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15243 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15243 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata dalla RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO pec: EMAIL
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOMENOME NOME e difeso da ll’ AVV_NOTAIO pec: EMAIL
-controricorrente-
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Perugia n.225/2020 del 22.5.2020, notificata il medesimo giorno.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.3.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Oggetto:
conto corrente
FATTI DI CAUSA
─ NOME COGNOME aveva instaurato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE un giudizio per il pagamento del saldo positivo in suo favore, dell’ammontare di € 318.817,46, somma risultante dalla sottrazione al conto corrente (da lui aperto in epoca anteriore al 16.8.1991, con concessione di aperture di credito e affiancamento di un conto anticipi su fatture e titoli), di voci non dovute (tra interessi passivi con capitalizzazione trimestrale, anteriori al 22 aprile 2000, interessi debitori, commissioni di massimo scoperto, spese e valute fittizie non pattuite per iscritto.
─ Il Tribunale di Terni aveva accolto la domanda e aveva condannato la banca al pagamento, in favore dell’attore, della somma complessiva di € 228.798,73 (successivamente corretta, con ordinanza del Tribunale di Terni in data 8 ottobre 2017, nella misura di € 229.798,73), oltre accessori e oltre spese processuali.
3 . ─ L’ attuale ricorrente ha proposto gravame dinanzi alla Corte di Appello di Perugia che, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello.
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:
il termine della prescrizione non decorre nel corso del rapporto poiché la banca avrebbe dovuto fornire elementi per poter desumere la natura solutoria o ripristinatoria delle rimesse;
l ‘esistenza dell’apertura di credito non era mai stata messa in discussione, ma la banca non aveva fornito prova sul suo utilizzo oltre il limite del fido;
-anche la CTU espletata aveva verificato l’inesistenza di rimesse solutorie poiché non era stato mai superato il limite dell’affidamento concesso o accordato;
non poteva essere considerato il periodo antecedente al 21.5.1992 a causa dell’inesistenza di evidenze documentali di segno contrario e in assenza di contestazioni delle parti sull’entità degli affidamenti ;
il conteggio delle rimesse solutorie doveva essere ricostruito non sul conto corrente ufficiale redatto dalla banca, ma su quello ricostruito dal CTU;
la contestazione, così come formulata dal correntista, della conformità all’originale della copia della scrittura in data 16 agosto 1991 inerente al calcolo degli interessi debitori del conto corrente ordinario, era sufficiente;
conseguentemente, in assenza di prova, da parte della banca, della corrispondenza della copia all’originale, tale scrittura non era utilizzabile nel giudizio e, pertanto, occorreva tener conto, quanto al calcolo degli interessi debitori, della pattuizione successiva in data 20 luglio 1993;
-con riferimento al conto anticipi, era corretta l’applicazione, effettuata dal tribunale, del tasso legale degli interessi, pur in presenza dell’indicazione di un saggio degli interessi nel foglio informativo del 19 maggio 1993, essendo necessaria, invece, agli effetti di cui all’art. 1284, terzo comma, c.c., «una convenzione d’interessi espressa e indipendente dalla mera comunicazione contenuta in un foglio informativo, anche se consegnato al consumatore…»;
-l’indicazione, nel foglio informativo suddetto, del tasso degli interessi con riferimento esclusivo alla misura massima era nulla per indeterminatezza.
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dalla RAGIONE_SOCIALE aRAGIONE_SOCIALE, ha presentato ricorso per cassazione con tre motivi ed anche memoria.
COGNOME NOME NOME presentato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
5. ─ Con il primo motivo: Violazione o falsa applicazione degli artt. 2697, 2033, 1422, 2934, 2935, 2946, 1815, 1820, 1843, 1183, 1373, 1826 e 1857 c.c., 117 TUB, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Viene impugnato il rigetto dell’eccezione di prescrizione, disposto dalla Corte d’appello sul rilievo della mancanza di versamenti di natura solutoria, censurando l’errore da essa commesso nell’addossare alla banca, e non già al correntista, l’onere di dimostrarne i presupposti fattuali -in primo luogo l’assenza di concessione di un fido o il superamento dei suoi limiti -e censurando, altresì, l’operato del CTU, cui fa rinvio la sentenza impugnata, il quale aveva in sostanza accertato la mera presenza di un fido di fatto -irrilevante ai fini della distinzione tra rimesse solutorie e ripristinatorie -il cui limite era indicato, puramente e semplicemente, nella punta massima del saldo debitore registrata in conto nel trimestre di riferimento.
Si censura, altresì, l’affermazione della Corte d’appello secondo cui la verifica della presenza di rimesse solutorie andava operata sulla base dell’estratto conto come rettificato dal CTU espungendone le poste negative corrispondenti ad addebiti illegittimi, e si sostiene che tale operazione vada effettuata, invece, sulla base dell’estratto conto come redatto dalla banca.
5.1 ─ Il motivo è inammissibile quanto alla prima censura. Se è vero, infatti, che la Corte ha errato nell’attribuire alla banca l’onere della prova del carattere solutorio delle rimesse in contestazione, essendo invece il correntista onerato della prova dell’esistenza di un affidamento che condizioni la qualificazione delle rimesse come solutorie o meramente ripristinatorie (Cass. 27704/2018, 2660/2019 e successive conformi), è anche vero, però, che la Corte
ritiene, altresì, accertata in fatto la presenza di affidamenti (si legge infatti nella sentenza di appello, a pag. 4: «In assenza di prova certa di sconfinamenti da un conto affidato o dell’assenza completa di un fido, prova che doveva essere data dalla banca e considerato che l’esistenza di un fido nella specie poteva affermarsi, perché erano stati riportati numerosi saldi negativi sul conto corrente e vi erano le ammissioni dell’attore, oltre alla documentazione fornita dalla banca a decorrere dal 31 ottobre 2002, la natura solutoria delle rimesse deve essere esclusa, anche secondo l’avviso di questa Corte»); ed è vero, altresì, che tale accertamento di fatto viene dalla Corte basato anche sulla non contestazione, da parte della banca convenuta, della presenza di detti affidamenti, e che -soprattutto -già il Tribunale aveva motivato il rigetto dell’eccezione di prescrizione anche sul rilievo del difetto di contestazione, da parte della banca, della sussistenza di un affidamento, come si legge nella sentenza di appello e nello stesso ricorso per cassazione. La non contestazione dei dedotti affidamenti -sulla quale non a caso insiste il controricorrente -è ragione sufficiente a giustificare, in astratto, la sussistenza degli stessi, accertata già con la sentenza di primo grado e non contestata dalla ricorrente con l’atto di appello (la ricorrente invero non deduce, con il ricorso, di averlo fatto, né una tale contestazione risulta dalla sentenza di appello). Su di essa, pertanto, si è formato il giudicato interno. Con la conseguenza che la questione della esistenza o meno di un affidamento non può venire riproposta nel giudizio di legittimità.
5.2 ─ La seconda censura è infondata. Nelle controversie aventi a oggetto la domanda di ripetizione di indebito conseguente alla declaratoria di nullità delle clausole contrattuali e delle prassi bancarie contrarie a norme imperative e inderogabili, la ricerca dei versamenti di natura solutoria deve essere preceduta dall’individuazione e dalla successiva cancellazione dal saldo di tutte
le competenze illegittime applicate dalla banca e dichiarate nulle dal giudice di merito, di talché la prescrizione dell’azione inizia a decorrere soltanto per quella parte delle rimesse sul conto corrente eccedenti il limite dell’affidamento determinato dopo aver rettificato il saldo (Cass., n. 9141/2020; Cass., n. 7721/2023).
6 .-Con il secondo motivo: Violazione o falsa applicazione degli artt. 2712 c.c., 214, 215 e 221 ss. c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Si sostiene che la Corte d’appello abbia errato nel non ritenere necessaria, ai fini della contestazione della conformità all’originale della fotocopia del documento contrattuale del 16 agosto 1991, inerente al calcolo degli interessi debitori del conto corrente ordinario, la contestazione altresì del suo contenuto e della sottoscrizione.
6.1 -La censura è fondata. La contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata -a pena di inefficacia -in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (Cass. 16557/2019, 27633/2018, 29993/2017). Negando la necessità di questa seconda specificazione, quella cioè relativa agli aspetti per i quali si assume che la fotocopia differisca dall’originale, la cda si è posta in contrasto con tale giurisprudenza, onde la sua sentenza va cassata in parte qua .
7. -Con il terzo motivo: Violazione o falsa applicazione degli artt. 1284, comma 3, c.c., dell’art.4 l. n.154/1992 e dell’art. 117 d.lgs. n.385/93. Violazione o falsa applicazione degli artt. 1284, comma 2, art. 5, l.n. 154/1992 e 117, comma 4, d.lgs. n.385/1993. Omessa
pronuncia o violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione agli artt. 360, comma 1, nn. 4 o 3 c.p.c. Violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 117, comma 2, d.lgs. n.385/93 e della delibera CICR 4.03.2003 (di rilievo normativo). Il motivo riguarda le statuizioni relative al conto anticipi e contiene tre censure:
A) Si contesta l’indeterminatezza, ritenuta dai giudici di merito, della indicazione del tasso di interessi, inserita nel foglio informativo del 19 maggio 1993, con riferimento al ‘tasso annuo nominale massimo’. Si sostiene che l’indicazione di un limite massimo è pur sempre un criterio oggettivo.
B) Si contesta l’applicazione da parte della cda in difetto di valida clausola determinativa del tasso degli interessi debitori -del tasso legale, ai sensi dell’art. 1284 cc, e non già del tasso sostitutivo, di cui agli artt. 4 e 5 l. 154/1992 e 117 TUB, pur versandosi in fattispecie di nullità, e non di inesistenza, della clausola determinativa del tasso.
Si sostiene che comunque avrebbe dovuto essere applicata la pattuizione degli interessi prevista in un contratto del 24 aprile 1995, prodotto in allegato sub G all’atto di appello.
7.1 -La censura sub A) è inammissibile per difetto di specificità e autosufficienza, non contenendo il ricorso la trascrizione della clausola in questione, o comunque indicazioni precise sul suo contenuto, tali da mettere questa Corte in condizioni di apprezzare l’ammissibilità e fondatezza della censura stessa.
La censura sub B) è inammissibile perché non si correla con la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha motivato , tra l’altro, l’applicazione del tasso legale con la considerazione -rimasta non specificamente censurata -della mancanza, in realtà, di una pattuizione (ancorché nulla) del tasso ultralegale, ossia di «una convenzione di interessi espressa e indipendente dalla mera
comunicazione contenuta in un foglio informativo, anche se consegnato al consumatore…».
La cesura sub C) è inammissibile. Si tratta di una schietta censura di merito, basata su accertamenti di fatto non risultanti dalla sentenza impugnata e che si pretende vengano effettuati in sede di legittimità.
8 . ─ Per quanto esposto, il secondo motivo del ricorso va accolto, il primo va respinto e il terzo dichiarato inammissibile. La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà a quanto sopra indicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M .
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara inammissibile il terzo. RAGIONE_SOCIALE la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al Corte di Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione