Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18491 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18491 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17119/2020 proposto da:
NOME, elett.te domic. in Roma, INDIRIZZO, p resso l’AVV_NOTAIO, rappres. e di feso dall’AVV_NOTAIO , per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO, rappres. e difesa dall’AVV_NOTAIO , per procura speciale in atti;
-intimata- avverso la sentenza n. 6922/2019 della Corte d ‘appello di Roma , pubblicata in data 13.11.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22.05.2024 dal Cons. rel., dott. AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
1. – Con sentenza del 2015 il Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta nei confronti della Banca del Fucino da NOME, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della omonima società per azioni, il quale aveva chiesto l’accertamento : della nullità di contratti di conto corrente e di un conto-anticipi per inosservanza dell’obbligo della forma scritta (ravvisabile, per il conto corrente , nella mancanza del «prospetto condizioni», e per il conto-anticipi nella mancanza del contratto); dell’illegittima applicazione di interessi ultralegali, anatocismo e commissioni di massimo scoperto; della nullità della fideiussione prestata dal COGNOME, la cui firma era stata disconosciuta.
2. – Al riguardo, il Tribunale confermava l’ordinanza emessa ex art. 186 ter c.p.c., contenente la condanna in solido degli attori al pagamento della somma oggetto della domanda riconvenzionale (pari a euro 1.713.321,15), osservando che: era stato prodotto dalla convenuta il «prospetto-condizioni» allegato al conto corrente, contenente le clausole economiche del rapporto; il conto-anticipi, rientrante nel genus dell’apertura di credito, era documentato dalle richieste di concessioni di fido e dalle correlative accettazioni della banca; il suddetto prospetto prevedeva il riferimento al top rate , quale parametro per la determinazione degli interessi; non era stata effettuata nessuna contestazione riguardo alle c.m.s.; erano valide le fideiussioni prestate dal COGNOME, circa le quali, a seguito del disconoscimento delle firme apposte, era stata tardiva la deduzione, contenuta nella memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., dopo che la banca aveva avanzato istanza di verificazione, con la quale il suddetto
disconoscimento era stato riferito non più alle sottoscrizioni, ma alla conformità delle copie prodotte agli originali.
3. – Con sentenza del 2019 la Corte territoriale rigettava l’appello degli attori, osservando, per quanto ancora rileva, che era infondata la censura riguardante il disconoscimento della conformità all’originale delle copie della fideiussione.
Dopo aver rilevato che gli appellanti, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, avevano dedotto l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto tardivo e generico il disconoscimento, senza tener conto che lo stesso era stato effett uato già nell’atto di citazione, e solo successivamente precisato in sede di prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., la C orte d’appello ha posto in evidenza che il menzionato disconoscimento: i ) era radicalmente contraddittorio, poiché correlato a due diverse e confliggenti causae petendi , in quanto, mentre nella citazione era stata affermata la falsità della sottoscrizione, nella memoria era stato evidenziato che s’intendeva disconoscere la conformità della copia prodotta dalla banca all’originale; ii) era tardivo, laddove effettuato nella prima memoria ex art. 183 c.p.c., poiché relativo ad una causa petendi diversa e del tutto incompatibile con quella indicata nella citazione, tale da comportare una radicale mutatio libelli ; iii) era generico, in quanto limitato ad una mera formula di stile, non contenendo la precisa indicazione dello specifico profilo del documento contestato, con la precisazione che la contestazione ex art. 2719 c.c. non precludeva al giudice di utilizzare il documento, potendosene a ccertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni.
4. – NOME COGNOME ricorre per cassazione con tre motivi, con memoria. RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso e deposita memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5. – Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 183 e 112, c.p.c., per avere, anzitutto, la C orte d’appello erroneamente affermato che, mentre nella citazione era stata affermata la falsità della sottoscrizione, nella memoria era stato evidenziato che s’intendeva disconoscere la conformità della copia prodotta dalla banca all’originale, e che il disconoscimento effettuato nella prima memoria ex art. 183 era tardivo poiché relativo ad una causa petendi diversa e del tutto incompatibile con quella indicata nella citazione, costituente una mutatio libelli .
Al riguardo, il ricorrente assume che: il suddetto disconoscimento di conformità non era stato tardivo, in quanto da ritenere implicitamente compreso nel disconoscimento effettuato nella citazione, avente ad oggetto le firme apposte sui contratti di fideiussione, essendo con esso compatibile; la domanda di disconoscimento oggetto della memoria non costituiva diversa causa petendi , poiché afferente al medesimo bene della vita, con parziali modifiche rispetto alla citazione.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 216-220, 112, c.p.c., per aver la corte d’appello ritenuto tardivo il disconoscimento della conformità delle copie all’originale, sebbene l’istanza di verificazione della banca, reiterata nella memoria ex art. 183 c.p.c. non consentisse al giudice di rilevare la tardività, essendo tale rilievo ufficioso precluso dall’interpretazione invalsa dell’art. 215 c.p.c. secondo cui la decadenza in questione, di natura sostanziale, non deroga al principio generale de lla rilevabilità d’ufficio solo su istanza di parte, salvo che esse siano poste a tutela dell’interesse generale, per cui il giudice avrebbe dovuto procedere alla verificazione dei documenti.
Il terzo motivo denunzia violazione degli artt. 112, 116, c.p.c., 2697, 2719 c.c., 117 TUB, per aver la corte d’appello ritenuto la genuinità dei documenti contestati, eludendo la procedura di verificazione,
lamentando che il modello TARGA_VEICOLO utilizzato non poteva costituire prova, ai fini del raffronto delle copie agli originali, trattandosi di schema contrattuale diffuso nel ceto bancario, irrilevante in ordine al thema decidendum relativo al disconoscimento delle firme apposte alle fideiussioni.
Inoltre, il ricorrente critica la decisione impugnata nella parte in cui ha affermato la genericità del disconoscimento, in quanto esso era stato invece specifico, rivolto ad un determinato documento nella sua interezza.
6. – Il ricorso è inammissibile.
I tre motivi, che per il loro collegamento possono essere simultaneamente esaminati, tutti concernendo il disconoscimento delle fideiussioni da parte del COGNOME, sollecitano un inammissibile sindacato su una valutazione, come si dirà, rimessa al giudice di merito.
Come gli stessi ricorrenti riconoscono, il disconoscimento espresso nell’atto di citazione riguardava le sottoscrizioni del NOME sui contratti di fideiussioni, mentre quello esplicitato nella memoria ex art. 183 c.p.c. era relativo alla diversa fattispecie della contestazione della conformità delle copie prodotte agli originali. A tal riguardo la corte territoriale ha, come si è in precedenza rammentato, osservato che il duplice disconoscimento palesava concorrenti aspetti di contraddittorietà, genericità e tardività.
Quanto alla contraddittorietà, la corte distrettuale ha in buona sostanza inteso porre l’accento sul fatto che l’allegazione del carattere apocrifo delle sottoscrizioni apposte sui contratti di fideiussione era incompatibile, sul piano logico, e tenuto altresì conto del dipanarsi della vicenda processuale, con quella della non conformità delle copie prodotte agli originali.
Ora, è pur vero che, come questa Corte ha già avuto modo di precisare, diverso è l’ambito di operatività delle norme di cui all’art. 214 c.p.c. ed all’art. 2719 c.c.: nel primo caso il disconoscimento mira ad escludere la riferibilità della provenienza della scrittura o della sottoscrizione al soggetto che risulta dalla stessa apparentemente autore; nel secondo caso non si discute della genuinità della scrittura ma soltanto della piena corrispondenza della riproduzione fotografica al documento originale. Di guisa che la parte contro la quale sia stata prodotta una scrittura privata può effettuare un duplice disconoscimento, sia della sottoscrizione che, se prodotta in copia, della conformità all’originale: nel qual caso troverà applicazione il ribadito principio secondo cui, in tema di prova documentale, il disconoscimento, ai sensi dell’art. 2719 c.c., della conformità tra una scrittura privata e la copia fotostatica, prodotta in giudizio non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata, previsto dall’art. 215, comma 1, n. 2, c.p.c., in quanto, mentre quest’ultimo, in mancanza di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità della copia all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass. 18 gennaio 2022, n. 1324).
Gli è, però, che, nel nostro caso, il giudice di merito non ha affatto inteso negare la cogenza di detti principi, ma si è collocato su un piano tutt’affatto diverso, quello dell’accertamento di merito in ordine alla specificità e determinatezza dei disconoscimento effettuati, tanto quello delle sottoscrizioni, quanto quello della conformità delle copie delle fideiussioni agli originali: il giudice di merito ha cioè inteso sottolineare che la linea difensiva spiegata dal COGNOME risultava essere intrinsecamente contraddittoria, avuto riguardo al rilievo che il disconoscimento aveva avuto in un primo tempo ad oggetto le sole
sottoscrizioni, sull’implicito ma inequivoco presupposto che il documento disconosciuto fosse però conforme all’originale, e solo successivamente, si era tradotto nella contestazione della conformità del documento disconosciuto all’originale: riassetto del la linea difensiva tale da rendere equivoco – questo in sintesi i l senso del ragionamento della C orte d’appello – lo stesso disconoscimento della sottoscrizione. Tanto premesso, va rammentato che il disconoscimento di una scrittura privata, pur non richiedendo, ai sensi dell’art. 214 c.p.c., una forma vincolata, deve avere i caratteri della specificità e della determinatezza, e non può costituire una mera espressione di stile, risolvendosi la relativa valutazione in un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato (Cass. 20 agosto 2014, n. 18042; Cass. 22 gennaio 2018, n. 1537).
Orbene è proprio contro detto accertamento di merito, motivatamente adottato dalla Corte territoriale, che si infrange la censura riferita al disconoscimento delle sottoscrizioni: e cioè il dispiegarsi, giudicato perplesso, della difesa del NOME ha indotto il giudice di merito a ritenere che, in effetti, non ricorresse un disconoscimento specifico e determinato.
Quanto alla tardività e genericità del successivo disconoscimento di conformità della copia all’originale, la censura neppure coglie nel segno. Né può attribuirsi soverchio rilievo alla circostanza che la sentenza impugnata abbia evidenziato che il disconoscimento di conformità delle copie delle fideiussioni agli originali fosse tardivo, quantunque la giurisprudenza di questa Corte insegni che l’eccezione di tardività del disconoscimento della scrittura privata, avendo natura sostanziale, non è suscettibile di rilievo di ufficio (di recente Cass. 12 aprile 2023, n. 9690), non solo perché in realtà la C orte d’appello non
ha inteso negare detto principio, quanto evidenziare la novità della causa petendi sottesa alla formulazione del disconoscimento, ma, soprattutto, perché il giudice di secondo grado ha altresì ritenuto che il disconoscimento di conformità delle copie agli originali delle fideiussioni fosse generico, il che è conforme alla giurisprudenza della Corte di cassazione secondo la quale la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche, ma va operata a pena di inefficacia in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (Cass. 13 dicembre 2017, n. 29993), accertamento, questo, evidentemente riservato anch’esso al giudice di merito: con l’ulteriore precisazione che l’assunto di parte ricorrente, secondo cui il disconoscimento era specifico in quanto rivolto ad un determinato documento nella sua interezza, trascura del tutto l’esigenza di individuazione degli aspetti differenziali tra copia disconosciuta ed originale.
Va cioè evidenziato che la C orte d’appello ha posto a sostegno della sentenza due rationes : la tardività del disconoscimento ( ratio attinta dal ricorso); la valutazione – condivisa – della motivazione del Tribunale, secondo la quale il giudice può decidere sulla domanda in quanto la contestazione ex art. 2719 c.c. non preclude l’utilizzazione dei documenti disconosciuti, potendosene accertare la conformità all’originale con ogni mezzo di prova. Sicché la C orte d’appello ha osservato che la copia delle fideiussioni era conforme al modello ABI: si tratta, contrariamente a quanto ritenuto dalla parte ricorrente, di una plausibile motivazione ad abundantiam , che, come tale, non è intaccata dal motivo spiegato; e cioè, posto che incombeva sul NOME l’onere non solo di individuazione del documento disconosciuto, ma
anche di specifica individuazione degli aspetti differenziali tra originale e copia, on ere nient’affatto esaudito, la Corte d’appello ha osservato che la copia prodotta era conforme al modello TARGA_VEICOLO all’epoca in uso, il che rendeva ulteriormente inconsistente il disconoscimento genericamente effettuato.
In definitiva, come si premetteva, l’inammissibilità dei tre motivi, simultaneamente esaminati, discende dalla constatazione che essi, sia dal versante del disconoscimento delle sottoscrizioni che da quello del disconoscimento di conformità delle copie agli originali delle fideiussioni, mirano a rimettere in discussione un motivato accertamento di fatto riservato al giudice di merito.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 7.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio in data 22 maggio 2024.