Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10747 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25459/2023 R.G. proposto da :
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliata presso il domicilio digitale del medesimo, pec:
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliata presso il domicilio digitale della medesima,
pec:
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10747 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO de L’AQUILA n. 1455/2023 depositata il 10/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME Di NOME propose opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Pescara, in favore della società RAGIONE_SOCIALE per il pagamento della somma di € 28.418,89 oltre interessi , dovuta alla società per il finanziamento della somma di € 27.356,52, di cui € 26.000 per sorte capitale rimborsale in n. 72 rate mensili di € 467,00 secondo le previsioni contrattuali del 24/8/2007.
A sostegno dell’opposizione contestò l’insussistenza del credito ingiunto asserendo di aver richiesto un diverso finanziamento, come da contratto del 27/8/2007, per l’importo di € 14.000 ,00 rimborsabile in n. 36 rate mensili da € 468,50. In relazione al finanziamento invocato in monitorio, la Di NOME disconobbe ex art. 214 c.p.c. la copia del contratto 24/8/2007.
Istituitosi il contraddittorio con la società creditrice, il Tribunale di Pescara ritenne inammissibile, perché generico, il disconoscimento della documentazione prodotta dalla società finanziaria ed in particolare del contratto del 24/8/2007 e degli assegni bancari emessi in pari data, uno di € 11.000 e l’altro di € 15.000, intestati alla NOME e da lei sottoscritti per girata.
A seguito di appello della soccombente, volto a sentir pronunciare la non utilizzabilità della copia del contratto di finanziamento e delle lettere inviate dalla società finanziaria in ragione dell’avvenuto disconoscimento e della mancata produzione degli originali da parte della società, la Corte d’Appello de L’Aquila , con sentenza n. 1455 del 10/10/2023, ha ritenuto condivisibile quanto statuito dal giudice di
prime cure e quindi che l’atto di disconoscimento fosse del tutto generico non avendo l’attrice specificato se il medesimo fosse riferito alle sottoscrizioni apposte o alla conformità all’originale della copia del contratto prodotta in giudizio.
La corte del gravame ha così testualmente affermato: ‘il primo giudice ha esattamente rilevato che -avendo la società finanziaria prodotto le copia dei due assegni con cui adduceva di aver erogato alla NOME la somma oggetto del contratto di finanziamento, nonché le relative lettere di accompagnamento, inviate in data 24 agosto 2007, recanti la sottoscrizione della suddetta per ricevuta- solamente le sottoscrizioni sul retro degli assegni erano state disconosciute, peraltro tardivamente ‘. Quindi le lettere di accompagnamento (sottoscritte per ricevuta) erano utilizzabili quali scritture di comparazione, unitamente alla sottoscrizione apposta in calce alla procura alle liti rilasciata dall’opponente ai propri difensori; come pure ha condivisibilmen te argomentato, quanto alla richiesta di produzione in giudizio degli originali degli assegni in questione, essere verosimile che essi fossero in possesso di chi li aveva ricevuti, potendo la finanziaria produrre soltanto le relative copie. Valutando le scritture prodotte in atti e non disconosciute, il giudice del merito non ha avuto necessità di disporre una CTU grafologica, potendo già, dai documenti versati in atti, desumere l’appartenenza alla Di NOME delle sottoscrizioni apposte sul contratto del 24/8/2007, apparendo esse perfettamente conformi alle altre sottoscrizioni rinvenibili agli atti.
Avverso la sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
Resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
con il primo motivo -violazione o falsa applicazione degli artt. 214, 215,216 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. stante il formale disconoscimento del contratto di finanziamento e degli atti collegati -la ricorrente lamenta che la corte d’appello abbia ritenuto il disconoscimento generico quando, invece, sarebbe stato ben determinato e riferito al contratto di finanziamento e ai suoi allegati. Non avendo controparte proposto istanza di verificazione, dice la ricorrente, la corte del merito non avrebbe potuto utilizzare gli atti disconosciuti quali mezzi di prova. E richiama a sostegno di tale tesi, la giurisprudenza di questa Corte sulla istanza di verificazione e sulla inutilizzabilità degli atti disconosciuti sui quali non sia stata prodotta istanza di verificazione.
Il motivo è inammissibile.
Esso non coglie la ratio decidendi dell’impugnata sentenza basata non già sugli atti disconosciuti bensì sulle firme non disconosciute.
Ne consegue la irrilevanza, ai fini del decidere, del disconoscimentoverificazione, avendo la corte del merito optato per una diversa ragione della decisione.
Con il secondo motivo -violazione e falsa applicazione dell’art. 2719 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma n. 3 c.p.c. avendo parte appellata fornito numerosi elementi indiziari e documentali a sostegno del disconoscimento effettuato -censura la sentenza per aver erroneamente utilizzato la documentazione prodotta in copia pur essendo la stessa stata formalmente disconosciuta.
Il motivo è inammissibile.
Esso risulta volto a contestare la valutazione, rimessa alla discrezionale valutazione del giudice del merito, del materiale istruttorio.
Con il terzo motivo di ricorso -violazione o falsa applicazione dell’art. 281 e 101 c.p.c. 3 e 24 Cost. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3
c.p.c. stante la mancata ammissione delle prove richieste in violazione della normativa di riferimento -la ricorrente lamenta che la corte del gravame ha omesso di ammettere altri mezzi di prova utili alla decisione.
La censura è inammissibile, perché non è svolta in iure, ma è volta ad ottenere, da questa Corte, un inammissibile riesame del materiale istruttorio, spettante invero al giudice del merito.
Con il quarto motivo ( mancato esame di un fatto decisivo, impugnabile per cassazione in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. in riferimento al rigetto della carenza di legittimazione passiva operata dal giudice di primo grado ed appellata dalla Di COGNOME di rileva nza dirimente stante il disposto normativo di cui all’art. 100 c.p.c. e 1264 c.c. omesso dall’impugnata sentenza ) la ricorrente denunzia omessa pronunzia sulla sollevata eccezione di difetto di legittimazione passiva della società in ragione della mancata notifica della cessione. Il motivo è inammissibile.
Esso fuoriesce dal perimetro dell’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. non potendo il medesimo attenere ad argomentazioni o deduzioni difensive bensì soltanto a fatti storici.
Con il quinto motivo di ricorso (mancato esame di un fatto decisivo, impugnabile per cassazione in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. in riferimento alla mancata valutazione delle prove documentali prodotte quali prova del pagamento effettuato dalla Di NOME) la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. Anche nel caso non risulta operato alcun riferimento a fatti storici, come richiesto da Cass. S.U. n. 8053 e 8054 del 2014.
All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità del ricorso. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione