Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9685 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9685 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9908-2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente
Oggetto
Contributi previdenziali
R.G.N.9908/2022
COGNOME
Rep.
Ud.30/01/2025
CC
domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 512/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 11/10/2021 R.G.N. 925/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata l’11.10.2021, la Corte d’appello di Milano ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da NOME COGNOME a seguito della notifica di tre atti di pignoramento presso terzi, avverso gli atti di pignoramento, gli estratti di ruolo e dodici avvisi di addebito, con cui l’INPS gli aveva richiesto contributi non pagati;
che avverso tale pronuncia NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura; che l’INPS e l’Agenzia delle Entrate -Riscossione hanno resistito con distinti controricorsi;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 30.1.2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con i primi due motivi di censura, il ricorrente denuncia nullità della sentenza per motivazione apparente e violazione e falsa applicazione degli artt. 214 e 215 c.p.c. e dell’art. 2719 c.c., per avere la Corte ritenuto che, nonostante il suo formale disconoscimento della documentazione prodotta in giudizio da parte dell’ente impositore e dell’agente della riscossione, le
relate prodotte in giudizio fossero idonee a provare la regolarità della notifica degli avvisi di addebito impugnati;
che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 60, d.P.R. n. 600/1973, per non avere la Corte territoriale comunque dichiarato la nullità delle notificazioni effettuate nelle mani di persona diversa dal destin atario senza che fosse successivamente seguito l’invio della raccomandata informativa;
che, con il quarto motivo, il ricorrente lamenta che, per conseguenza, erroneamente la Corte di merito abbia ritenuto interrotta la prescrizione quinquennale dei crediti portati da cinque degli avvisi di addebito mentre la notificazione degli avvisi e/o delle successive intimazioni di pagamento era avvenuta nelle mani di persona diversa dal destinatario, in assenza della successiva raccomandata informativa;
che, ciò premesso, i primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure svolte, e sono manifestamente infondati;
che, al riguardo, è sufficiente rilevare che i giudici territoriali hanno ritenuto inefficace il disconoscimento operato dalla difesa dell’odierno ricorrente all’udienza di prima comparizione in prime cure siccome affetto da genericità, concernendo bensì ‘ la conformità delle copie agli originali della documentazione prodotta’, ma senza che fosse stato allegato ‘alcun elemento significante circa l’asserita difformità’ (così la sentenza impugnata, pagg. 1112), ritraendone la conclusione che ‘le copie degli a tti prodotti in giudizio attestanti l’avvenuta notifica devono ritenersi conformi all’originale e, come tali, idonei a dimostrare la regolarità del procedimento notificatorio’;
che trattasi di affermazioni affatto conformi agli arresti consolidati di questa Corte di legittimità citati a pag. 10 della
sentenza circa la necessità che il disconoscimento non possa limitarsi ad una generica e onnicomprensiva contestazione ma debba al contrario essere circostanziato, dovendo indicarsi, alla prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione, sia il documento che si intende disconoscere sia gli aspetti per i quali si assume che la copia differisca dall’originale, rimanendo diversamente stabilita la medesima efficacia probatoria della copia rispetto all’originale (cfr. da ult. Cass. n. 19850 del 20 24); che parimenti infondato è il terzo motivo, essendo disciplinata la notifica degli avvisi di addebito in via esclusiva dall’art. 30, comma 4, d.l. n. 78/2010 (conv. con l. n. 122/2010), secondo il quale, quando non è notificato ‘tramite posta elettronica ce rtificata all’indirizzo risultante dagli elenchi previsti dalla legge, ovvero previa eventuale convenzione tra comune e INPS, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale’, l’avviso può essere notificato ‘anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento’, e dunque senz’altra formalità che quelle dell’ordinario servizio postale;
che, essendo per le medesime ragioni infondato il quarto motivo, il ricorso va conclusivamente rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, da liquidarsi esclusivamente in favore dell’INPS, non essendo l’agente della riscossione legittimato a resistere nei giudizi per opposizione ad avviso di addebito e possedendo la notifica dell’opposizione nei suoi confronti il solo valore di litis denuntiatio , rispetto alla quale non è configurabile soccombenza (Cass. n. 19985 del 2024);
che, in considerazione del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità nei confronti dell’INPS, che si liquidano in € 5.200,00, di cui € 5.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 30.1.2025.