Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15343 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15343 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21409-2021 proposto da:
COGNOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
Oggetto
Opposizione ad estratto di ruolo
R.G.N.21409/2021
Cron. Rep. Ud.13/03/2025 CC
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 143/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 02/02/2021 R.G.N. 642/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME impugna la sentenza n. 143/2021 della Corte d’appello di Milano che ha confermato la pronuncia del Tribunale di Monza, con la quale era stato rigettato il ricorso avverso un estratto di ruolo di cui la opponente (in difetto di notifica degli atti prodromici) era venuta a conoscenza il 23 agosto 2018, recandosi presso gli sportelli dell’Agenzia delle Entrate.
Propone sette motivi di ricorso.
INPS ed Agenzia delle Entrate -Riscossione hanno resistito controricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 13 marzo 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.). CONSIDERATO CHE
COGNOME NOME censura la sentenza sulla base di sette motivi, così rubricati.
I)ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. per violazione e falsa applicazione dell’art. 2702 cod. civ. e degli artt. 214, 215, 216 cod. proc. civ. in relazione al tempestivo disconoscimento sull’autenticità delle scritture e delle sottoscrizioni dei ref erti di notifica.
II)ex art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. per omessa pronuncia in relazione al disconoscimento ex art. 214, 215, 216 cod. proc. civ. sull’autenticità delle scritture e delle sottoscrizioni poste sui referti di notifica prodotti in fotopia dagli Enti e al mancato procedimento di verificazione ad istanza degli Enti medesimi.
III) ex art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. per nullità della sentenza per avere la Corte erroneamente ritenuto che le cartelle/avvisi fossero stati ritualmente notificate/i per posta per compiuta giacenza senza aver provato la spedizione e il ricevimento della raccomandata informativa. Mancanza di prova
Inesistenza delle notifiche.
IV) ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. per violazione e falsa applicazione della legge n. 890/1982, art. 8, e dell’art. 2697 cod. civ.
V) ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. per violazione e falsa applicazione della legge n. 53/1994, art. 3bis in relazione alle notifiche effettuate via PEC da INPS. Inesistenza delle notifiche.
VI) ex art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. per nullità della sentenza in relazione alla inesistenza delle notifiche effettuate via Pec dagli Enti da indirizzi non inseriti nei pubblici elenchi IPA. VII)ex art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. per mancanza di motivazione ex art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost. perché le argomentazioni dei giudici non sono idonee a rivelare
la ratio decidendi in quanto tra loro logicamente inconciliabili o comunque perplesse ed obiettivamente incomprensibili.
Preliminarmente va evidenziata la tardività della costituzione di ADER, secondo il combinato disposto degli artt. 369 e 370 cod. proc. civ. vigenti ratione temporis , posto che la notifica del ricorso è avvenuta per tutte le parti via Pec in data 2 agosto 2021 ed il controricorso è stato notificato via Pec al difensore del ricorrente il 4 ottobre 2021.
Va, altresì, premesso che la Corte territoriale, a pagina 3 della sentenza, afferma che il primo giudice aveva espressamente ritenuto sussistente l’interesse ad agire in capo alla ricorrente. In assenza di impugnazione sul punto ( poiché l’appello è stato proposto dalla sola contribuente) si è formato il giudicato.
Si consideri, in proposito, il costante orientamento di questa Corte (per tutte: Cass. n. 4448/2023) secondo il quale: «in tema di impugnazione dell’estratto di ruolo, l’applicabilità, anche nei giudizi pendenti, dell’art. 12, comma 4-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto con l’art. 3- bis del d.l. n. 146 del 2021, convertito con l. n. 215 del 2021), e della configurazione assunta dall’interesse ad agire in virtù della norma sopravvenuta, rilevante, secondo una concezione dinamica, fino al momento della decisione, trova il suo limite nell’espresso giudicato interno sulla sussistenza dell’interesse. (Nella specie la S.C. ha affermato la inidoneità dello ius superveniens a superare il giudicato formatosi sull’ammissibilità dell’azione esercitata, e quindi della sussistenza dell’interesse ad agire, espressamente riconosciuta dal giudice di appello in accoglimento del gravame sul punto, senza che tale statuizione sia stata oggetto di impugnazione)».
Tanto premesso, il ricorso è infondato e deve essere respinto. I primi due motivi si possono esaminare congiuntamente perché intimamente connessi, in quanto volti a contestare, sotto profili diversi, il mancato esame del disconoscimento dei documenti prodotti dalle convenute.
La sentenza, dato conto del motivo di appello, ha motivato affermando diffusamente: che il disconoscimento era stato effettuato in primo grado solo a seguito della costituzione delle parti convenute, nel corso della prima udienza; che la parte non aveva ‘f ormulato alcuna puntuale contestazione in ordine alla conformità all’originale dei documenti prodotti in copia dalle controparti (ed in particolare dei documenti comprovanti le notifiche degli avvisi di addebito) essendosi limitata ad un disconoscimento de l tutto generico dell’intera documentazione avversaria’; che, secondo la giurisprudenza di legittimità, laddove il destinatario di una cartella ne contesti la notifica, l’agente per la riscossione può dimostrarla producendo copia, senza onere di deposito dell’originale; che ‘la contestazione della conformità all’originale di u n documento prodotto in copia non può avvenire in forma generica ed onnicomprensiva ma va operata – a pena di inefficacia -in odo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione spe cifica sia del documento che si intende contestare sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale’.
I due motivi non si confrontano con tale statuizione, perché nulla dicono in punto valutazione di genericità del disconoscimento ma danno per scontato che il disconoscimento sia stato correttamente effettuato, dolendosi, altresì, di una omessa pronuncia che non sussiste, alla luce della motivazione come sopra riportata.
Inoltre (Cass. n. 37186/2022), «rappresenta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione secondo cui, in tema di prova documentale, l’onere di disconoscere la conformità tra l’originale di una scrittura e la copia fotostatica della stessa prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive (tra molte: Cass. n. 28096 del 2009; tra le recenti: Cass. n. 9533 del 2022); invero il disconoscimento delle copie fotostatiche, ai sensi dell’art. 2719 c.c., impone che la contestazione della conformità delle stesse all’originale venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo sufficienti né il ricorso a clausole di stile né generiche asserzioni ( ex plurimis : Cass. n. 16557 del 2019; Cass. n. 14279 del 2021); in particolare, il disconoscimento deve contenere l’indicazione delle parti in cui la copia sia materialmente contraffatta rispetto all’originale; oppure le parti mancanti e il loro contenuto; oppure, in alternativa, le parti aggiunte; a seconda dei casi, poi, la parte che disconosce deve anche offrire elementi, almeno indiziari, sul diverso contenuto che il documento presenta nella versione originale (in termini: Cass. n. 16836 del 2021 con la giurisprudenza ivi citata)». Ciò posto, la sentenza impugnata ha risolto la questione in diritto in modo conforme alla giurisprudenza richiamata, ritenendo, nel caso di specie, che il
disconoscimento operato dall’opponente fosse privo dei requisiti necessari e -secondo questa Corte «tale ‘valutazione costituisce giudizio di fatto riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità’ (così Cass. n. 1324 del 2022; conf. Cass. n. 2033 del 2022)».
Anche il terzo ed il quarto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente perché con essi si predicano una nullità della sentenza e violazione di norme di legge con riferimento alla denunciata irritualità delle notifiche a mezzo posta, sono inammissibili, stante il tenore della decisione, con la quale non si confrontano e che non aggrediscono.
Infatti, la Corte (pagina 5 della sentenza, capoverso secondo e successivi) premesso che ‘dalla lettura dei verbali della causa in primo grado non si evince che parte appellante abbia dedotto, come invece assume nella intestazione dei motivi di appello, vizi inerenti la validità delle notifiche effettuate e risultanti dalla docum entazione prodotta’ e che ‘risulta infatti che solo nelle note scritte conclusive ha sollevato -smentendo l’assunto del ricorso introduttivo del giudizio circa la insussistenza di ogni precedente notifica -una serie di rilevi di natura formale contestando non già la insussistenza ma la mera invalidità per vizi formali della notificazione delle cartelle -avvisi di addebito’, ha concluso che ‘la deduzione di vizi formali delle notifiche appare tardiva in quanto avrebbe dovuto essere proposta, ex art. 617 cod. proc. civ. entro il termine perentorio dalla notifica dei titoli, in forza del rinvio alle norme del codice di rito operato dall’art. 29, comma 2, d.lgs. 26 febbraio 1996, n. 46’.
Alle medesime conclusioni deve pervenirsi con riferimento al quinto e sesto motivo, da esaminarsi congiuntamente perché
contengono doglianze relative all’invio degli avvisi di addebito da parte dell’INPS da indirizzi Pec non inserite in IPA.
Anche tali censure sono inammissibili, per novità delle questione, proposta per la prima volta in Cassazione, non risultando dalla trascrizione del ricorso né dell’atto di appello e non essendovi alcun capo di sentenza sul punto.
Va infine respinto il settimo motivo perché infondato.
Come noto, « i n seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Cass. n. 7090/2022 ex multis ).
Nella specie, il percorso argomentativo della Corte, per come sopra sinteticamente riportato, è completo, logico, coerente e pienamente comprensibile, con riferimento sia alla ritenuta genericità del disconoscimento sia alla tardività delle eccezioni concernenti asseriti vizi delle notificazioni dei titoli e la decadenza.
Il ricorso va, pertanto, complessivamente respinto, con condanna alle spese nei confronti del solo INPS, stante la tardività della costituzione di Agenzia delle Entrate -Riscossione.
In considerazione del rigetto del ricorso si dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115/2002 ove dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore d ell’ INPS delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4 .000,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre al 15% per rimborso spese generali e accessori di legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 13 marzo