Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31461 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31461 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 2478-2019 proposto da
COGNOME rappresentata e difesa, in forza di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dall’avvocato NOME COGNOME presso lo studio del quale, in ROMA, INDIRIZZO elegge domicilio
-ricorrente –
contro
ADER, RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici, in ROMA, INDIRIZZO è domiciliata
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , anche quale procuratore speciale della RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso, in virtù di
R.G.N. 2478/2019
COGNOME
Rep.
C.C. 12/06/2024
giurisdizione Opposizione contro intimazione di pagamento. Prescrizione del credito.
procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-resistente con procura –
per la cassazione della sentenza n. 2230 del 2018 della CORTE D’APPELLO DI ROMA, depositata il 4 luglio 2018 (R.G.N. 941/2015). Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 12
giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-La signora NOME COGNOME ricorre per cassazione, in base a tre motivi, illustrati da memoria, contro la sentenza n. 2230 del 2018, pronunciata dalla Corte d’appello di Roma e depositata il 4 luglio 2018.
1.1. -La Corte territoriale ha respinto il gravame della signora COGNOME contro la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che aveva rigettato l’opposizione contro le intimazioni di p agamento, riguardanti contributi previdenziali.
1.2. -A fondamento della decisione, la Corte di merito ha evidenziato che l’azione dell’appellante si atteggia come azione di accertamento negativo ed è volta a contestare la pretesa dell’INPS, sulla scorta dell’intervenuta prescrizione.
Quanto alle cartelle esattoriali n. 097 2008 2006 0157321067000 e n. 097 2013 919936184000, sono state ritualmente notificate mediante raccomandata con avviso di ricevimento, come comprova la documentazione prodotta dall’INPS, peraltro solo genericamente disconosciuta nella sua conformità all’originale.
Il termine di prescrizione quinquennale è stato tempestivamente interrotto: l’intimazione notificata il 27 agosto 2013 si correla alla cartella esattoriale notificata il 24 settembre 2008; quanto
all’intimazione notificata il 23 novembre 2013, la cartella esattoriale è stata notificata il 16 dicembre 2008.
-Resiste con controricorso ADER Agenzia delle EntrateRiscossione.
-L’INPS ha depositato procura in calce al ricorso notificato.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1., primo comma, cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), la ricorrente prospetta la nullità della sentenza impugnata per carenza assoluta di motivazione.
La sentenza d’appello non avrebbe vagliato i profili d’invalidità della notifica della cartella, eseguita il 24 settembre 2008: il notificatore si sarebbe limitato a constatare l’assenza della ricorrente e non anche degli altri soggetti menzionati nell’art. 139 cod. proc. civ.
Quanto alla seconda cartella, la Corte di merito non avrebbe approfondito le doglianze dell’appellante in ordine alla mancanza di una qualsiasi forma di relata di notifica.
1.1. -Il motivo non è fondato.
1.2. -Può essere denunciata in sede di legittimità soltanto l ‘ anomalia della motivazione, che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, suscettibile di riverberarsi sull ‘ esistenza stessa della motivazione, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si configura nell’ipotesi di ‘ mancanza assoluta di motivi sotto l ‘ aspetto materiale e grafico ‘ , di ‘ motivazione apparente ‘ , di
‘ contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ‘ e di ‘ motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile ‘. Non riveste, dunque, alcun rilievo il semplice difetto di ‘ sufficienza ‘ della motivazione (Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053).
La motivazione, in particolare, si connota come apparente, quando, pur presente come segno grafico, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, in quanto si estrinseca in argomentazioni inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass., S.U., 3 novembre 2016, n. 22232).
1.3. -Nessuna di tali fattispecie si può ravvisare nell’odierno giudizio.
La sentenza d’appello, alle pagine 3 e 4, esamina le critiche formulate dall’odierna ricorrente e, per entrambe le cartelle esattoriali, illustra le ragioni che giustificano la ritualità della notifica effettuata, alla stregua della documentazione acquisita e della genericità del disconoscimento della conformità tra la copia e l’originale.
Le conclusioni, cui la Corte territoriale è giunta, sono avvalorate dalla disamina della «copia degli avvisi di ricevimento relativi alla notifica prodotti in allegato alla comparsa di costituzione dell’INPS, riconducibili alle cartelle contestate, in assenza di elementi tali da fare ritenere il contrario che non emergono in atti, sulla base del numero identificativo delle stesse riportato in entrambi gli avvisi» (pagina 4 della sentenza d’appello).
Il percorso logico, che sorregge la pronuncia impugnata in ordine ai profili dedotti dalle parti e a entrambe le cartelle esattoriali, è lineare e intelligibile e non presenta quelle anomalie radicali, che sole possono dare consistenza al vizio di nullità della sentenza, dedotto con il primo mezzo.
2. -Con il secondo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 139 e 140 cod. proc. civ.
Le notifiche di entrambe le cartelle esattoriali non rispetterebbero i requisiti prescritti dagli artt. 139 e 140 cod. proc. civ.
Quanto alla prima delle cartelle esattoriali, la relata di notifica attesterebbe soltanto l’assenza della ricorrente, peraltro in un luogo che non corrisponderebbe alla residenza, e non anche l’assenza degli altri soggetti indicati nell’art. 139 cod. proc. civ.
Quanto alla seconda cartella esattoriale, i giudici d’appello avrebbero considerato valido il procedimento notificatorio con un «mero atto di fede» (pagina 14 del ricorso per cassazione).
2.1. -La critica dev’essere disattesa.
2.2. -Questa Corte ha puntualizzato che: «Ai fini dell ‘ interruzione della prescrizione, quel che rileva è che il creditore esterni in forma scritta l ‘ esercizio della pretesa e che la richiesta pervenga nella sfera di conoscenza dell ‘ obbligato. L ‘ atto di costituzione in mora è suscettibile d ‘ interrompere la prescrizione, a patto che giunga nella sfera di dominio e controllo del destinatario e gli consenta così di ricevere l ‘ atto e di conoscerne il relativo contenuto (Cass., sez. III, 8 ottobre 2021, n. 27412; nello stesso senso, già Cass., sez. lav., 20 gennaio 2003, n. 773)» (Cass., sez. lav., 9 agosto 2023, n. 24258, punto 4 delle Ragioni della decisione ).
A i fini dell’interruzione della prescrizione, quel che riveste rilievo cruciale è, dunque, l ‘ idoneità dell ‘ atto a giungere nella sfera di dominio e di controllo del destinatario.
L’ accertamento in ordine a tale aspetto è stato compiuto dalla Corte d’appello di Roma in modo esaustivo, in linea con il giudice di prime cure , e non si risolve in un ‘atto di fede’ , ma, per entrambe le cartelle esattoriali, notificate con raccomandata, valorizza gli avvisi di
ricevimento acquisiti in causa, oltre alla genericità dei disconoscimenti effettuati dall’odierna ricorrente.
Né l’apprezzamento delle risultanze processuali è stato efficacemente infirmato dal motivo di ricorso, con argomenti che corroborino l’estraneità del luogo in cui le cartelle esattoriali sono state notificate alla sfera di controllo del destinatario e vincano così la presunzione di cui all’art. 1335 cod. civ. , puntualmente ricostruita dai giudici d’appello a fondamento della decisione.
-Con la terza censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente si duole della violazione e della falsa applicazione dell’art. 2712 cod. civ.
I giudici d’appello, dopo aver disposto la produzione degli originali delle relate di notifica, non avrebbero tenuto conto dell’inottemperanza all’ordine di produzione e del formale disconoscimento della conformità delle copie agli originali, disconoscimento compiuto in modo specifico già in sede di prima udienza.
3.1. -La doglianza si rivela inammissibile.
3.2. -Come emerge dal ricorso (pagine 14 e 15), si controverte sul disconoscimento della conformità delle copie agli originali, regolato dall’art. 2719 cod. civ.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la contestazione della conformità all ‘ originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata -a pena d ‘ inefficacia -in modo chiaro e circostanziato, attraverso l ‘ indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall ‘ originale (fra le molte, Cass., sez. II, 30 ottobre 2018, n. 27633).
Si è precisato, a tale riguardo, che «Sarebbe infatti incoerente con elementari canoni di logica, oltre che col principio costituzionale ed eurounitario di ragionevole durata del processo, supporre che nel processo fosse consentito sollevare eccezioni senza indicarne con
chiarezza inequivoca il fondamento fattuale. Così, ad esempio, della copia d ‘ un documento si potrà sempre negare che differisca dall ‘ originale quanto alla sottoscrizione, oppure al contenuto, od ancora alla data, od anche a tutti questi elementi insieme; non può per contro ammettersi che la parte controinteressata a quel documento possa limitarsi ad eccepire che ‘ la copia non è conforme ‘ , e null ‘ altro. Ciò ribalterebbe sulla controparte prima, e sul giudice poi, l ‘ onere di intuire in cosa consista la difformità e di conseguenza su quali fatti occorra svolgere l ‘ istruttoria: un esito incompatibile con la millenaria regola giuridica per cui in universo iure civili nemo divinare tenetur (tali principi generali, oggi pacifici, hanno formato tutti oggetto della fondamentale decisione pronunciata da Sez. U, Sentenza n. 761 del 23/01/2002, Rv. 551789). Qualsiasi contestazione in ambito processuale non può dunque essere ambigua o generica, perché lascerebbe irrisolto il dubbio se i fatti contestati in modo ambiguo debbano essere provati o meno. Per queste ragioni la contestazione generica deve ritenersi tamquam non esset : e ciò sia per quanto attiene le modalità di contestazione dei fatti processuali allegati dalla controparte; sia per quanto attiene le modalità di contestazione della conformità all ‘ originale della copia di un documento» (Cass., sez. III, 20 dicembre 2021, n. 40750, punto 3.2. delle Ragioni della decisione ).
3.3. -A tali princìpi si è attenuta la sentenza impugnata, che non presta il fianco alle censure di violazione di legge.
La Corte d’appello , nel condividere le conclusioni del Tribunale, ha considerato generico il disconoscimento, disconoscimento che postula l’indicazione degli elementi differenziali e non può arrestarsi all’allegazione pura e semplice della difformità.
Tale statuizione , che la Corte di merito ha reso all’esito del complessivo scrutinio delle risultanze di causa, rappresenta il fulcro della ratio decidendi . Non si dimostra decisivo, in senso contrario, il mero richiamo a un’ordinanza interlocutoria che ha disposto
l’acquisizione degli originali, senza fornire, tuttavia, alcun elemento circostanziato utile a confutare l’apprezzamento conclusivo della Corte di merito.
Si deve ribadire che la valutazione della specificità e della determinatezza del disconoscimento è demandata al giudice di merito (Cass., sez. I, 8 luglio 2024, n. 18491; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 20 agosto 2014, n. 18042).
A tale valutazione, espressa in una ‘doppia conforme’ e incardinata sulla mancata allegazione di discrasie e divergenze, in linea con il paradigma normativo, la ricorrente tende a contrapporre, anche nella memoria illustrativa, una diversa, più favorevole, lettura dei dati che hanno condotto i giudici di merito a reputare generico il disconoscimento.
La censura, lungi dal denunciare una violazione del canone normativo di specificità che presiede al disconoscimento, si prefigge di ottenere, in ultima analisi, una revisione del giudizio di fatto e si rivela, dunque, inammissibile.
4. -Il ricorso, per le ragioni esposte, dev’essere respinto.
-Poiché l’ azione instaurata investe il merito della pretesa, contestata in forza della prescrizione (pagina 3 della sentenza d’appello), la legittimazione a contraddire compete all’ente impositore (Cass., S.U., 8 marzo 2022, n. 7514) e la notifica del ricorso al concessionario assolve alla mera funzione di litis denuntiatio (Cass., sez. lav., 19 luglio 2024, n. 19985).
Non si deve provvedere, pertanto, sulle spese del presente giudizio nei confronti di Agenzia delle Entrate – Riscossione.
Nessuna statuizione si deve adottare a tale riguardo neppure nel rapporto processuale con l’INPS, che si è limitato a depositare procura conferita in calce al ricorso, senza svolgere sostanziale attività difensiva.
6. -L’integrale rigetto del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia in concreto dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione