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Disciplina transitoria: Riforma e processi pendenti

In un caso riguardante l’impugnazione di un licenziamento, la Corte di Cassazione ha analizzato la disciplina transitoria della Riforma Cartabia. Ha stabilito che per i processi già pendenti alla data di entrata in vigore della riforma (28 febbraio 2023), continuano ad applicarsi le vecchie regole procedurali per l’intera durata del giudizio, compresa la fase di appello. Di conseguenza, un appello proposto oltre il termine breve previsto dal previgente Rito Fornero è stato ritenuto inammissibile.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Riforma Cartabia: la disciplina transitoria per i processi in corso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12275 del 2025, offre un chiarimento fondamentale sulla disciplina transitoria introdotta dalla Riforma Cartabia (D.Lgs. n. 149/2022). La pronuncia stabilisce un principio cardine: per i giudizi avviati prima del 28 febbraio 2023, le vecchie regole procedurali continuano ad applicarsi per l’intera durata del processo, anche dopo l’entrata in vigore delle nuove norme. Questo principio di ultrattività della legge precedente garantisce certezza e stabilità giuridica, evitando vuoti normativi.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dall’impugnazione di un licenziamento da parte di una lavoratrice. Il Tribunale di primo grado aveva respinto il suo ricorso. Successivamente, la lavoratrice ha proposto appello contro tale decisione. La Corte d’Appello, tuttavia, ha dichiarato l’appello inammissibile perché tardivo.

Il fulcro della questione risiedeva nel rito applicabile: la controversia era stata avviata sotto la vigenza del cosiddetto “Rito Fornero” (L. 92/2012), che prevedeva un termine di 30 giorni per l’appello. L’appello era stato però depositato oltre tale termine, sebbene nel rispetto dei termini ordinari previsti dalla Riforma Cartabia, entrata in vigore nel frattempo.

L’interpretazione della disciplina transitoria

La lavoratrice ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che, al momento della proposizione dell’appello, il Rito Fornero era stato ormai abrogato dalla Riforma Cartabia (in vigore dal 28 febbraio 2023). Secondo la sua tesi, avrebbero dovuto applicarsi le nuove regole, che non prevedevano più il termine breve di 30 giorni.

La Corte di Cassazione ha respinto questa interpretazione. Ha chiarito che l’art. 35 del D.Lgs. n. 149/2022 è la norma chiave per comprendere la disciplina transitoria. Tale articolo stabilisce che le nuove disposizioni si applicano ai “procedimenti instaurati successivamente” al 28 febbraio 2023, mentre per i “procedimenti pendenti” a tale data continuano ad applicarsi le disposizioni anteriormente vigenti.

Il significato di “procedimento”

Il punto cruciale, secondo la Corte, è l’interpretazione del termine “procedimento”. Gli Ermellini hanno specificato che tale termine deve essere inteso come sinonimo di “giudizio” nella sua interezza, dal suo inizio in primo grado fino alla sua conclusione. Non si può, quindi, applicare la legge “a pezzi”, usando le vecchie norme per il primo grado e le nuove per l’appello. La legge applicabile è quella in vigore al momento dell’instaurazione della causa. Questo approccio si fonda sul principio della perpetuatio iurisdictionis, che assicura che le regole del gioco non cambino a partita in corso.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione sottolineando la logica e la coerenza della tecnica legislativa adottata con la Riforma. L’abrogazione delle norme del Rito Fornero (disposta dall’art. 37 del decreto) e l’entrata in vigore delle nuove disposizioni dovevano operare contestualmente per i nuovi giudizi, ma non potevano creare un vuoto normativo per quelli già in corso.

L’art. 35, specificando che ai processi pendenti si applicano le norme precedenti, è stato formulato proprio per evitare dubbi interpretativi. La Corte ha anche richiamato la relazione illustrativa al decreto legislativo, la quale conferma che l’intento del legislatore era proprio quello di garantire un “avvio consapevole” delle nuove norme, mantenendo le vecchie regole per i giudizi già avviati. Ipotizzare un’applicazione immediata delle norme abrogative ai processi in corso, senza che le nuove norme potessero applicarsi, avrebbe significato lasciare le parti senza una disciplina processuale chiara.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. La sentenza stabilisce in modo inequivocabile che la disciplina transitoria della Riforma Cartabia va interpretata nel senso che i giudizi iniziati prima del 28 febbraio 2023 sono interamente regolati dalle norme procedurali previgenti, anche se alcune fasi del processo, come l’appello, si svolgono dopo tale data. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, poiché obbliga avvocati e parti processuali a verificare sempre la data di instaurazione del giudizio per individuare correttamente le norme e i termini procedurali da rispettare.

Quali regole processuali si applicano ai giudizi iniziati prima della Riforma Cartabia del 28 febbraio 2023?
Ai giudizi pendenti a quella data continuano ad applicarsi, per tutta la loro durata, le disposizioni processuali anteriormente vigenti, incluso il rito e i termini per le impugnazioni.

L’abrogazione del ‘Rito Fornero’ ha effetto sui procedimenti di licenziamento già in corso al momento della riforma?
No. Secondo la Corte, l’abrogazione del ‘Rito Fornero’ non si applica ai procedimenti già iniziati. Per questi ultimi, le vecchie norme, compresi i termini più brevi per l’appello, restano pienamente valide ed efficaci.

Come va interpretato il termine ‘procedimenti’ nell’articolo 35 della Riforma Cartabia, che regola la disciplina transitoria?
La Corte di Cassazione ha chiarito che il termine ‘procedimenti’ deve essere inteso come sinonimo di ‘giudizi’. La disciplina transitoria si applica quindi all’intero giudizio considerato dal suo momento iniziale, e non alle singole fasi processuali separatamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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