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Diritto prelazione alloggi pubblici: i requisiti

Un ex dipendente di una società di trasporti ha richiesto di esercitare il diritto di prelazione per l’acquisto di un alloggio di servizio. La sua domanda è stata respinta in tutti i gradi di giudizio. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che per il diritto prelazione alloggi pubblici non basta essere assegnatari, ma è necessario dimostrare l’utilizzo effettivo e personale dell’immobile, requisito che nel caso di specie mancava a causa di una sublocazione e della revoca dell’assegnazione.

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Diritto Prelazione Alloggi Pubblici: Utilizzo Effettivo e Personale sono Requisiti Inderogabili

Il diritto prelazione alloggi pubblici rappresenta un’importante opportunità per gli assegnatari di diventare proprietari dell’immobile in cui vivono. Tuttavia, questo diritto non è incondizionato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 6487/2024) ribadisce con fermezza che, per poter acquistare l’alloggio, non è sufficiente essere titolari di un contratto, ma è indispensabile dimostrare un requisito fondamentale: l’utilizzo effettivo e personale del bene. Analizziamo la vicenda per comprendere le implicazioni di questa decisione.

I fatti di causa

Un ex dipendente di una grande società di trasporti, assegnatario di un alloggio di servizio sin dal 1978, avviava un’azione legale per vedersi riconosciuto il diritto di acquistare l’immobile. La sua richiesta si basava sulla normativa in materia di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, la quale prevede, a certe condizioni, un diritto di prelazione per gli inquilini. L’uomo sosteneva di aver abitato l’appartamento e pagato regolarmente il canone per decenni, presentando la domanda di acquisto nel 1998.

Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano la sua domanda. Le corti di merito accertavano una realtà ben diversa: l’assegnazione dell’alloggio era stata revocata dalla società proprietaria già nel 1989. Il motivo? Accertamenti della polizia ferroviaria avevano rivelato che l’assegnatario non solo aveva sublocato l’appartamento a terzi, ma possedeva anche altre proprietà e non risiedeva più stabilmente nell’alloggio in questione. Di conseguenza, il rapporto di locazione era stato dichiarato cessato e l’immobile era stato infine rilasciato forzatamente nel 1998.

La decisione sul diritto prelazione alloggi pubblici

L’ex dipendente proponeva ricorso in Cassazione, lamentando la violazione delle norme sulla sublocazione e sul diritto prelazione alloggi pubblici. A suo dire, la Corte d’Appello avrebbe errato nel negargli l’acquisto basandosi sulla sublocazione, che a certe condizioni è permessa dalla legge.

La Suprema Corte, però, ha dichiarato il ricorso inammissibile, non entrando nemmeno nel merito della questione sollevata. La ragione è squisitamente processuale ma di grande importanza pratica. La decisione della Corte d’Appello si fondava su una pluralità di ragioni autonome e tutte sufficienti a giustificare il rigetto della domanda (le cosiddette plurime rationes decidendi). Queste includevano:

1. La revoca formale dell’assegnazione nel 1989.
2. La mancanza del requisito dell’utilizzo effettivo e personale dell’immobile.
3. La cessazione del contratto di locazione e l’avvenuto sfratto.
4. La tardività della domanda di acquisto, presentata quando l’uomo non aveva più titolo per farlo.

Il ricorrente, nel suo motivo di ricorso, si era limitato a contestare solo l’aspetto legato alla sublocazione, tralasciando completamente di contestare le altre, decisive, motivazioni. La Cassazione ha quindi applicato il principio consolidato secondo cui, per ottenere l’annullamento di una sentenza fondata su più ragioni indipendenti, è necessario impugnarle tutte con successo. In caso contrario, il ricorso è inammissibile per difetto di interesse.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Al di là dell’aspetto processuale, la Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio sostanziale cruciale in tema di diritto prelazione alloggi pubblici. Il diritto previsto dalla L. 560/1993 non spetta automaticamente a chiunque abbia un contratto di locazione. La giurisprudenza costante richiede la compresenza di due requisiti essenziali:

* Un valido contratto di locazione ad uso abitativo.
* L’ulteriore e imprescindibile requisito dell’effettiva e personale utilizzazione del bene da parte dell’assegnatario e dei suoi familiari conviventi per un periodo continuativo (nella fattispecie, oltre un quinquennio).

Nel caso esaminato, era palese che il secondo requisito mancasse del tutto. L’aver sublocato l’immobile e aver stabilito la propria residenza altrove ha fatto venir meno la condizione essenziale che giustifica il beneficio della prelazione, ovvero garantire una casa a chi effettivamente la abita.

Le conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre due importanti lezioni. La prima, di carattere processuale, è che un ricorso deve attaccare tutte le colonne portanti su cui si regge la decisione impugnata. Trascurarne anche solo una può renderlo vano. La seconda, di natura sostanziale, è un monito per chi aspira ad acquistare un alloggio pubblico: il diritto prelazione alloggi pubblici è un beneficio legato a una situazione di fatto precisa e non a un mero titolo contrattuale. L’utilizzo personale, stabile e continuativo dell’immobile è una condizione non negoziabile, la cui assenza preclude ogni possibilità di acquisto.

È sufficiente essere l’assegnatario di un alloggio pubblico per avere il diritto di acquistarlo?
No. La sentenza chiarisce che il solo titolo di assegnatario o conduttore non è sufficiente. È un requisito essenziale dimostrare anche l’effettiva e personale utilizzazione dell’immobile per il periodo richiesto dalla legge, condizione che deve essere provata da chi agisce in giudizio.

Cosa succede se la sentenza di appello si basa su più motivazioni e in Cassazione ne contesto solo una?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte Suprema ha ribadito il principio secondo cui, quando una decisione è supportata da più ragioni giuridiche autonome e indipendenti (plurime ‘rationes decidendi’), il ricorrente ha l’onere di contestarle tutte validamente. Se anche una sola ragione non viene impugnata, essa è da sola sufficiente a sostenere la decisione, rendendo inutile l’esame delle altre censure.

La sublocazione di un alloggio di servizio impedisce sempre il diritto di prelazione?
La decisione non si concentra sulla legittimità o meno della sublocazione in sé, ma sulle sue conseguenze. Nel caso specifico, la sublocazione è stata la prova che ha portato alla revoca dell’assegnazione e, soprattutto, ha dimostrato la mancanza del requisito fondamentale dell’utilizzo personale e diretto dell’immobile da parte dell’assegnatario, elemento che ha reso impossibile esercitare il diritto di prelazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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