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Diritto mensa: spetta per il turno di notte?

Un’infermiera ha richiesto il riconoscimento del suo diritto mensa per i turni di lavoro che le impedivano di accedere alla mensa aziendale. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per tardività, confermando le decisioni dei giudici di merito. Questi ultimi avevano stabilito che il diritto alla pausa, previsto per legge, non implica automaticamente un diritto al pasto o a buoni pasto sostitutivi, rientrando l’organizzazione del servizio mensa nella discrezionalità del datore di lavoro.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Diritto Mensa: È un Diritto Assoluto per il Lavoratore?

Il diritto mensa rappresenta una delle questioni più dibattute nel mondo del lavoro, specialmente per chi opera su turni che si estendono oltre le canoniche sei ore. Ma cosa accade quando il servizio mensa non è disponibile, come durante i turni notturni? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti cruciali, distinguendo nettamente tra il diritto alla pausa e il diritto al pasto. Sebbene la decisione finale si basi su un aspetto procedurale, le argomentazioni dei giudici di merito, implicitamente confermate, chiariscono i limiti di questo diritto.

Il Caso: Un’Infermiera e la Mensa Negata

Una infermiera professionale, impiegata in un’unità di terapia intensiva con turnazione sulle 24 ore (mattina, pomeriggio, notte), si è rivolta al giudice per ottenere l’accertamento del suo diritto alla consumazione del pasto per ogni giorno di lavoro di almeno sei ore. Poiché gli orari di fine turno del mattino e l’intero turno notturno le impedivano di usufruire della mensa aziendale, ha richiesto il pagamento di un importo equivalente a 639 buoni pasto.

La sua richiesta era stata respinta sia dal Tribunale in primo grado sia dalla Corte di Appello. I giudici avevano sostenuto che la normativa vigente (in particolare l’art. 8 del D.Lgs. 66/2003) garantisce al lavoratore unicamente il diritto a una pausa, ma non un incondizionato diritto mensa o a forme sostitutive come i ticket restaurant.

La Questione del Diritto Mensa nei Turni di Lavoro

La lavoratrice ha basato il suo ricorso in Cassazione sulla violazione delle norme di legge e dei contratti collettivi, sostenendo l’esistenza di un vero e proprio “diritto di mensa” per qualsiasi turno superiore alle 6 ore. A suo avviso, negarle il pasto durante il turno di notte costituiva una discriminazione e non teneva conto della necessità di recuperare le energie, come previsto dalla ratio legis della normativa sulle pause.

I giudici di merito, tuttavia, avevano evidenziato come l’azienda sanitaria avesse legittimamente esercitato la propria discrezionalità organizzativa. L’ente aveva previsto un servizio mensa per i turni diurni e pomeridiani, ma aveva scelto di non istituire un servizio analogo o sostitutivo per il turno notturno. Questa scelta, secondo le corti, non violava alcuna norma imperativa.

La Decisione della Corte di Cassazione: una Chiusura Procedurale

La Corte di Cassazione non è entrata nel merito della questione. Ha infatti dichiarato il ricorso inammissibile perché presentato in ritardo. La sentenza d’appello era stata depositata il 20 gennaio 2020 e il termine di sei mesi per l’impugnazione, pur considerando la sospensione dovuta all’emergenza sanitaria, era scaduto il 23 settembre 2020. Il ricorso era stato notificato solo il 12 novembre 2020, quindi ben oltre il limite massimo.

Le Motivazioni

La motivazione principale della decisione della Cassazione è puramente procedurale: la tardività del ricorso. Il mancato rispetto del termine semestrale previsto dall’art. 327 c.p.c. ha impedito ai giudici di esaminare le ragioni della ricorrente. Tuttavia, la decisione di inammissibilità finisce per consolidare la posizione espressa dalla Corte di Appello. Quest’ultima aveva chiarito che il diritto alla pausa ha la finalità di garantire il recupero delle energie psico-fisiche e tutelare la salute del lavoratore, ma non si traduce automaticamente in un obbligo per il datore di lavoro di fornire il pasto. La contrattazione collettiva e i regolamenti aziendali possono disciplinare il servizio mensa, ma in assenza di un obbligo specifico, la sua mancata erogazione per determinati turni (come quello notturno) è una scelta organizzativa legittima.

Le Conclusioni

L’ordinanza, pur risolvendo il caso su un piano formale, offre importanti indicazioni pratiche. Il diritto alla pausa per chi lavora più di sei ore è sacrosanto e garantito dalla legge. Il diritto mensa, invece, non è un corollario automatico di tale pausa. La sua esistenza e le sue modalità dipendono da quanto stabilito nei contratti collettivi, negli accordi aziendali o nei regolamenti interni. I datori di lavoro mantengono una certa discrezionalità nell’organizzare il servizio, potendo anche decidere di non prevederlo per specifici turni, come quelli notturni, senza che ciò costituisca di per sé una violazione di un diritto del lavoratore.

Un lavoratore ha sempre diritto alla mensa o ai buoni pasto per turni superiori a sei ore?
No. Secondo quanto emerge dalla decisione, il diritto alla pausa, previsto dalla legge per turni superiori alle sei ore, non si traduce automaticamente in un diritto mensa o a modalità sostitutive come i buoni pasto. L’esistenza di tale diritto dipende dalla contrattazione collettiva e dai regolamenti aziendali.

L’azienda può offrire il servizio mensa solo per alcuni turni e non per altri, come quello notturno?
Sì. La sentenza conferma che la decisione di non istituire un servizio mensa o alternative per il turno notturno rientra nella legittima scelta discrezionale dell’ente datore di lavoro, che esercita le proprie facoltà organizzative.

Perché il ricorso dell’infermiera è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato presentato oltre il termine semestrale previsto dalla legge per impugnare la sentenza d’appello. La tardività ha impedito alla Corte di esaminare il caso nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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