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Diritto Immobiliare

Risoluzione contratto di locazione: guida completa

Un’impresa conduttrice, dopo aver lasciato un immobile commerciale, si oppone al pagamento di un’indennità per mancato preavviso, sostenendo che la risoluzione del contratto di locazione sia avvenuta per mutuo consenso. A prova di ciò, adduce la riconsegna delle chiavi e una dichiarazione di risoluzione che la società locatrice aveva presentato all’Agenzia delle Entrate. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei gradi precedenti, dichiara il ricorso inammissibile. Stabilisce che né la riconsegna delle chiavi (atto “neutro”), né la comunicazione al fisco (liberamente valutabile dal giudice e con finalità fiscali) costituiscono prove inequivocabili di un accordo risolutorio, ribadendo che la Corte non può riesaminare nel merito i fatti della causa.

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Preliminare di vendita di cosa altrui: chi è inadempiente?

Un promissario acquirente interrompe i pagamenti dopo aver scoperto che l’immobile promesso in vendita ha altri comproprietari. La Corte di Cassazione chiarisce che il preliminare di vendita di cosa altrui è valido e che, avendo interrotto i pagamenti prima della scadenza del contratto definitivo, l’acquirente è la parte inadempiente e perde la caparra versata.

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Improcedibilità del ricorso: l'onere del deposito

Un ricorso per Cassazione, relativo a una controversia su una servitù di passaggio, è stato dichiarato inammissibile. La Corte Suprema ha stabilito l’improcedibilità del ricorso perché il ricorrente non ha depositato, insieme all’atto di impugnazione, la copia della sentenza d’appello notificata. Questa omissione è considerata un vizio insanabile che impedisce l’esame nel merito della causa, comportando anche una condanna per abuso del processo.

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Usucapione prova: la Cassazione chiarisce i limiti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha rigettato un ricorso per usucapione, stabilendo che la valutazione delle prove effettuata dal giudice di merito non è riesaminabile in sede di legittimità. Il caso riguardava una richiesta di usucapione di un appartamento, respinta dalla Corte d’Appello per carenza di una solida usucapione prova. La Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso e sanzionando i ricorrenti per abuso del processo.

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Muro comune: quando è illegittimo aprire un varco?

Una proprietaria realizzava opere edilizie che includevano l’abbattimento di un muro comune per ampliare la propria cucina. I vicini si opponevano e la Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità dell’intervento. La sentenza chiarisce che qualsiasi modifica a un muro comune non deve mai compromettere la stabilità e il decoro architettonico dell’edificio, configurandosi altrimenti come un’innovazione vietata. L’appello della proprietaria è stato quindi respinto con condanna al ripristino dei luoghi.

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Comodato familiare: la durata del contratto e i limiti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 573/2025, chiarisce la natura del comodato familiare. Un immobile concesso per esigenze abitative familiari non costituisce un comodato precario. La sua durata è intrinsecamente legata al persistere di tali esigenze, e il proprietario (comodante) non può richiederne la restituzione immediata se non per un bisogno urgente e imprevisto, come stabilito dalla legge.

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Clausola risolutiva espressa: come funziona la risoluzione

La Corte d’Appello di Roma conferma la risoluzione di un contratto di compravendita immobiliare a causa del mancato pagamento da parte dell’acquirente. La decisione si fonda sull’attivazione di una clausola risolutiva espressa. L’appello dell’acquirente, basato su una presunta nullità della notifica dell’atto di citazione, viene respinto poiché la notifica è stata correttamente eseguita all’indirizzo concordato contrattualmente.

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Onere della prova danni immobile: la decisione della Corte

Una società locatrice ha citato in giudizio la società conduttrice per danni all’immobile commerciale. La Corte d’Appello ha respinto la richiesta, ma la Corte di Cassazione ha annullato tale decisione. Il motivo è stata la motivazione illogica e contraddittoria della sentenza d’appello riguardo alla clausola contrattuale sullo stato del bene, che ha inciso sull’errata attribuzione dell’onere della prova danni immobile. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Omessa pronuncia: quando è possibile un nuovo giudizio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito che l’omessa pronuncia del giudice su una specifica domanda non impedisce alla parte di riproporla in un separato e successivo giudizio. Il caso riguardava una richiesta di rimborso per le spese di riparazione di un muro, avanzata dall’acquirente di un immobile nei confronti dei venditori. Questi ultimi sostenevano che una precedente sentenza, che li aveva già condannati a un risarcimento per il mancato godimento del bene, avesse creato un giudicato preclusivo. La Suprema Corte ha rigettato tale tesi, chiarendo che la precedente decisione non aveva mai statuito sulle spese di riparazione, configurando un’ipotesi di omessa pronuncia che legittimava la nuova azione legale.

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Vizio del consenso e l'annullamento del contratto

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di contratto preliminare di compravendita di un terreno, il cui valore era basato su una qualità (edificabilità) poi rivelatasi errata. La promissaria acquirente si era rifiutata di stipulare il definitivo, eccependo un vizio del consenso. La Corte ha cassato la sentenza d’appello, la quale aveva erroneamente limitato l’analisi della doglianza a una presunta violenza, omettendo di esaminare in modo completo e corretto la questione dell’errore e della presupposizione. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

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Presunzione di conoscenza: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso relativo a un contratto preliminare immobiliare. La controversia verteva sulla validità della comunicazione di proroga del termine di consegna, che il promissario acquirente sosteneva di non aver mai ricevuto. La Corte ha accolto il ricorso della società venditrice, affermando che la spedizione di una raccomandata genera una presunzione di conoscenza, superabile solo con prova contraria del destinatario. Inoltre, ha censurato la Corte d’Appello per non aver valutato la condotta del promissario acquirente alla luce del principio di buona fede, dato il suo lungo silenzio.

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Clausola penale leasing: legittima se si detrae valore

Un utilizzatore di un leasing finanziario immobiliare si era reso inadempiente. La società concedente ha risolto il contratto e si è riappropriata del bene. L’utilizzatore ha contestato la validità della clausola penale, che imponeva il pagamento di tutti i canoni e del prezzo di opzione, dedotto il valore dell’immobile. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della clausola penale leasing, specificando che essa è equa e valida a condizione che dal debito totale dell’utilizzatore venga sottratto il valore di mercato del bene recuperato, evitando così un ingiusto arricchimento per il concedente.

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Incompetenza del giudice: il termine per rilevarla

La Corte di Cassazione ha chiarito che l’incompetenza del giudice può essere rilevata d’ufficio fino a che non sia esaurita la fase di trattazione della causa. Anche se si sono tenute più udienze, il potere del giudice non viene meno finché non si passa alla fase istruttoria o decisionale. Il caso riguardava una controversia in cui era coinvolta un’amministrazione statale, per la quale era stata eccepita l’incompetenza funzionale in favore del foro erariale. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che il rilievo era stato tempestivo perché la fase di trattazione non era ancora conclusa.

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Estinzione del giudizio: accordo tra le parti

Una controversia immobiliare riguardante le distanze tra costruzioni, giunta fino alla Corte di Cassazione, si è conclusa con l’estinzione del giudizio. Le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, portando la Corte a dichiarare l’interruzione del processo. La decisione ha inoltre stabilito la compensazione delle spese legali e ha chiarito che, in questi casi, non si applica il raddoppio del contributo unificato.

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Soccombenza parziale: chi paga le spese legali?

Un proprietario immobiliare cita in giudizio il vicino per uno sconfinamento edilizio. La sua domanda viene accolta solo in minima parte in appello. A causa della soccombenza parziale, viene condannato a pagare la maggior parte delle spese legali. La Corte di Cassazione conferma questa decisione, stabilendo che le spese si liquidano in base all’esito complessivo della causa e non solo sul fatto di aver ‘vinto’. L’accoglimento parziale della domanda principale giustifica la compensazione delle spese.

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Deroga contrattuale distanze: la Cassazione decide

Una società immobiliare ha impugnato in Cassazione la sentenza della Corte d’Appello che le ordinava di arretrare una sopraelevazione costruita in violazione delle distanze legali. Il caso verte sulla possibilità di una deroga contrattuale a tali norme. Con un’ordinanza interlocutoria, la Suprema Corte ha rinviato la decisione, prendendo atto della volontà delle parti di raggiungere un accordo transattivo per definire la controversia, evidenziando il ruolo della conciliazione anche in fase di legittimità.

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Risarcimento danno distanze: prova con presunzioni

Una società costruttrice viene citata in giudizio per violazioni edilizie ai danni di una proprietà vicina non ancora ultimata. La Corte di Cassazione, con questa ordinanza, chiarisce che il risarcimento danno distanze può essere provato anche tramite presunzioni, come l’impedimento a completare la costruzione. La Corte ha inoltre stabilito un importante principio sulla gestione delle spese legali: quando una sentenza d’appello riforma parzialmente quella di primo grado, il giudice deve ricalcolare d’ufficio anche le spese del primo giudizio.

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Vendita di eredità: la quota incerta non nega i diritti

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione che garantiva a un coerede l’accesso a un immobile comune, nonostante la sua quota fosse incerta a causa di una complessa vendita di eredità e di un testamento contestato. Secondo la Corte, la qualità di co-proprietario è sufficiente per esercitare il diritto di accesso, anche se la determinazione esatta della quota è pendente in altre sedi giudiziarie. L’appello degli altri eredi è stato respinto con condanna per lite temeraria.

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Restituzione somme: interessi legali senza domanda?

La Corte di Cassazione ha stabilito che la restituzione di somme versate in esecuzione di una sentenza provvisoria, successivamente riformata, include automaticamente gli interessi legali dal giorno del pagamento. Questo obbligo sorge “ex lege” per ripristinare la situazione patrimoniale originaria e non richiede una specifica domanda da parte del creditore. Il caso riguardava un ente pubblico che, dopo aver pagato un cospicuo indennizzo a dei privati, ha ottenuto in appello una riduzione dell’importo, vedendosi riconosciuto il diritto a ricevere indietro l’eccedenza maggiorata degli interessi.

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Occupazione illegittima: quando decorre la prescrizione?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 905/2025, ha stabilito che l’occupazione illegittima di un terreno privato da parte della Pubblica Amministrazione costituisce un illecito permanente. Di conseguenza, il termine di prescrizione per la richiesta di risarcimento del danno non decorre dalla trasformazione del bene, ma dalla data della domanda di risarcimento stessa. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che aveva dichiarato prescritto il diritto del proprietario, riaffermando un principio fondamentale a tutela della proprietà privata.

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