Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34394 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 34394 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 20084/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME DI NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrente e ricorrente incidentale -nonché
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrenti-
e nei confronti di
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME
-intimati –
avverso la sentenza non definitiva n. 379/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata in data 26/02/2016 ed avverso la sentenza definitiva n. 1293/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 18/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il P.M. in persona del Sostituto procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento dei motivi da uno a tre del ricorso principale e del terzo motivo del ricorso incidentale e per il rigetto degli altri motivi del ricorso principale e incidentale.
Udito l’avvocato NOME COGNOME per i ricorrenti e l’avvocato NOME COGNOME per le controricorrenti.
Fatti causa
NOME COGNOME ed altri citarono in giudizio NOME e NOME COGNOME nonché NOME COGNOME e NOME COGNOME Premettendo d’avere acquistato dalla COGNOME e dalla COGNOME, aventi
causa dai COGNOME, gli appartamenti facenti parte d’un edificio condominiale, senza che fosse stato loro assegnato lo spazio destinato per legge a parcheggio, chiesero che il vincolo pertinenziale fosse costituito dal giudice sul vano cantinato, ovvero sul piano rialzato dell’immobile, nella misura di legge. In alternativa chiesero che il Tribunale emettesse in loro favore sentenza ex art. 2932 cod. civ.
I COGNOME, eccepito in via principale il loro difetto di legittimazione passiva per assenza di rapporto contrattuale, in via di subordine chiesero che, nel caso di accoglimento della pretesa, gli attori fossero condannati al pagamento del valore commerciale del posto auto, essendo i predetti convenuti rimasti proprietari esclusivi dell’area.
A loro volta, anche il Tripoli e la Testa eccepirono il loro difetto di legittimazione passiva, stante che le aree interessate erano rimaste in proprietà dei COGNOME; nel merito conclusero per il rigetto della domanda e, in ogni caso, chiesero di essere sollevati dai COGNOME.
Dopo vicenda successoria, il Tribunale di Palermo, con sentenza non definitiva, affermato il diritto d’uso di tutti i condomini, in relazione alle rispettive quote condominiali, costituì in favore degli attori il diritto d’uso della porzione ‘rivendicata’ dello scantinato, rimasto in proprietà dei COGNOME, ordinando a quest’ultimi d’immetterli nel possesso delle aree asservite.
Condannò, inoltre, i COGNOME a risarcire il danno in favore dei condomini che avevano da loro comprato l’appartamento, per il mancato uso dell’area protrattosi nel tempo; condannò, inoltre, al medesimo titolo, il COGNOME e la COGNOME, in solido con i COGNOME, a risarcire il danno, in favore dei condomini che avevano da loro acquistato l’appartamento.
Dichiarò, infine, che i COGNOME avevano diritto a ottenere dagli attori e, per le vendite effettuate da Tripoli e COGNOME, in solido con quest’ultimi, ognuno per la propria quota, il corrispettivo delle aree destinate a parcheggio in relazione al trasferito diritto d’uso.
Con la sentenza definitiva il Tribunale condannò i COGNOME al pagamento della somma di € 124.950,00, in ragione di € 8.925,00 per ciascun posto auto non potuto fruire dal 1991 al 2008.
Avverso le statuizioni primo grado appellavano i COGNOME. La COGNOME, reiterata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, proponeva, a sua volta, impugnazione incidentale.
Intervenuta altra vicenda successoria, la Corte d’appello di Palermo, con una prima sentenza non definitiva (n. 504/2015 del 7/4/2015), accolta l’eccezione dell’appellante incidentale, rigettò la domanda proposta nei confronti di costei.
Rimessa la causa sul ruolo e disposta nuova consulenza tecnica, con successiva sentenza parziale (n. 379/2016, 26/2/2016) la Corte di Palermo, in parziale accoglimento dell’appello dei COGNOME, condannò gli attori, in solido con NOME COGNOME a corrispondere, ciascuno di loro, agli appellanti la somma di € 15.922,00, oltre interessi legali dal luglio 2015 al soddisfo.
2.1. Queste, in sintesi, le questioni dibattute e decise, per quel che qui ancora rileva:
-gli appellanti principali avevano attribuito al Tribunale l’errore di non avere considerato che taluni dei condòmini attori (NOME COGNOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) avevano da sempre parcheggiato le rispettive autovetture, fino al 2002, nel locale cantinato; nel mentre altri attori (NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) avevano parcheggiato nel medesimo scantinato dal 1995;
-la Corte d’appello, accolto il motivo, dispone proseguirsi l’istruttoria;
viene accolto anche il motivo con il quale gli appellanti principali chiedono corrispondersi loro il corrispettivo per la cessione del diritto d’uso dello scantinato, avendo il Tribunale stabilito, con la sentenza non definitiva, che <>; statuizione, questa, non impugnata, salvo che dalla Testa, della quale l’altra sentenza parziale d’appello (non oggetto qui d’esame), dichiarò il difetto di legittimazione passiva.
-il corrispettivo per l’imposto vincolo, disposta c.t.u., viene quantificato nell’importo totale e in quello frazionato sopra indicati;
il motivo incidentale, con il quale il Tripoli si era doluto della condanna al risarcimento del danno posto a suo carico, viene giudicato generico e privo di fondamento quello con il quale veniva lamentata la mancata pronuncia di ‘garanzia’ contro i COGNOME, poiché, precisa la Corte d’appello, in effetti, il Tribunale, con la sentenza non definitiva, aveva espressamente disposto la rivalsa;
Con la sentenza definitiva n. 1293/2018 del 18/6/2018 la Corte d’appello, in parziale accoglimento dell’impugnazione, condannò i COGNOME al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, della somma di € 8.789,14 e di € 2.929,72 per ciascun posto auto non usufruito, rispettivamente in favore degli attori nominativamente indicati nel dispositivo; condannò, inoltre, i COGNOME, in solido con il Tripoli, a corrispondere, al medesimo titolo, la somma di € 2.929,72 in favore degli altri attori nominativamente indicati in dispositivo.
3.1. Queste, in sintesi, le questioni dibattute e decise, per quel che qui ancora rileva:
la doglianza dei COGNOME riguardante la quantificazione del risarcimento del danno meritava di essere accolta, dovendosi tener conto del fatto che taluni condomini avevano parcheggiato, sin dal 2002 la rispettiva autovettura nel cantinato e altri, dal 1995; inoltre viene specificato che la quantificazione doveva essere basata sulla stima al 2006 del c.t.u., di € 43,75 al mq;
il risarcimento del danno doveva decorrere dalla data della domanda (marzo 1993), fino all’immissione in possesso (novembre 2007);
-era irrilevante che gli acquirenti degli appartamenti avessero corrisposto un compenso ai COGNOME <>.
Avverso la sentenza d’appello parziale n. 379/2016 e quella definitiva n. 1293/2018 propongono ricorso, sulla base di quattro motivi, i condòmini NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME quest’ultimi due quali eredi di NOME COGNOME.
Tripoli NOME resiste con controricorso, in seno al quale propone ricorso incidentale sulla base di tre motivi.
NOME e NOME COGNOME resistono con controricorso.
All’approssimarsi della pubblica udienza il Pubblico ministero in persona della Sostituta Procuratrice Generale NOME COGNOME ha fatto pervenire le sue conclusioni scritte.
Ragioni della decisione
I ricorrenti principali con il primo motivo denunciano violazione o falsa applicazione dell’art. 41 sexies, l. n. 1150/1942, nonché dell’art. 18 della l. n. 765/1967, anche in relazione al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ.
Viene evidenziato che la sentenza non aveva tenuto conto del criterio di computo previsto dal citato art. 41 sexies, corrispondente a un metro quadrato per ogni dieci metri cubi della costruzione realizzata, bensì della sola superficie lorda della cantina utilizzabile (mq 597,09) e, di conseguenza, determinando il corrispettivo dovuto moltiplicando il numero dei metri quadrati per l’importo di € 400,00, senza avere previamente effettuato accertamento sui posti auto effettivamente fruibili, che non erano quindici, ma solo nove.
Da qui l’addebito di un secondo errore, dipendente dal primo, il corrispettivo corrispondeva a quindici posti auto, mentre, in realtà, erano usufruibili solo nove.
Inoltre, aderendo acriticamente alle conclusioni del c.t.u., la Corte palermitana aveva determinato il corrispettivo secondo il valore di mercato di cessione dello scantinato, trattandosi, invece dal solo diritto d’uso a parcheggio ex lege.
5.1. Il motivo è fondato sotto tutti gli esposti profili.
La sentenza non ha dato mostra di avere applicato il criterio legale di computo, correttamente richiamato dai ricorrenti.
Il corrispettivo avrebbe dovuto tenere conto dei posti auto effettivamente utilizzabili per stabilire il prezzo di trasferimento del
diritto reale d’uso. Accertamento che non consta essere stato effettuato.
Il criterio di calcolo del corrispettivo, ancorato al prezzo di mercato per l’acquisto di un bene similare è erroneo, stante che ai condòmini non viene e non doveva essere trasferito il diritto di proprietà, che resta in capo ai COGNOME, bensì il solo diritto reale d’uso. Sul punto è bene rammentare che La L. 28 febbraio 1985, n. 47 dispone (con l’art. 26, ultimo comma) che <>.
Con il secondo motivo viene denunciata violazione dell’art. 1474 cod. civ., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, per avere la Corte di merito stabilito il corrispettivo in riferimento all’anno 2015, invece che all’epoca d’acquisto degli appartamenti da parte dei ricorrenti (1990 e 1991).
6.1. La doglianza merita di essere accolta.
Il Collegio condivide e intende dare continuità al principio di diritto secondo il quale la sostituzione automatica della clausola che riservi al venditore la proprietà esclusiva dell’area destinata a parcheggio, ai sensi dell’art. 41 sexies della l. n. 1150 del 1942, con la norma imperativa che sancisce il proporzionale trasferimento del diritto d’uso a favore dell’acquirente di unità immobiliari comprese nell’edificio attribuisce al venditore, ad integrazione dell’originario prezzo della compravendita, il diritto al corrispettivo di tale diritto d’uso che, in difetto di pattuizione tra le parti, va determinato in base al prezzo di mercato, avuto riguardo al tempo della conclusione del contratto, presumendosene ex art. 1474, comma 1, c.c. la coincidenza con quello normalmente praticato dall’alienante. L’importo così calcolato ha natura di debito di valuta con la conseguenza che, trovando applicazione la disciplina dettata
dall’art. 1277 c.c. e, in caso di ritardo nell’adempimento, dall’art. 1224, comma 2, c.c., lo stesso non è suscettibile di automatica rivalutazione per effetto del processo inflattivo della moneta, né vanno accordati interessi con funzione compensativa sulla somma dovuta aumentata gradualmente nell’intervallo di tempo trascorso fra la conclusione del contratto e la liquidazione operata in sentenza (Sez. 2, n. 22154, 12/09/2018, Rv. 650084).
La Corte d’appello, pur avendo qualificato come di valuta un tal debito, in aperta contraddizione con l’esposta qualificazione, ha riportato all’attualità (2015) il corrispettivo, così, in definitiva, assegnandogli la qualità di debito di valore.
Con il terzo motivo viene denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 872 cod. civ., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo.
Gli esponenti valutano erronea la decisione di quantificare il diritto al risarcimento del danno solo dalla domanda (1993) e fino alla data d’immissione (2007). Dovevasi, invece, tenersi conto della data di stipula dei singoli contratti d’acquisto degli appartamenti, poiché da quel momento aveva iniziato a manifestarsi il pregiudizio, cagionato dalla mancata assegnazione del diritto reale d’uso a parcheggio, imposto dalla legge, già con lo strumento negoziale.
7.1. Anche questa censura deve essere accolta.
È evidente che il danno, derivante dal mancato adempimento dell’obbligazione ex lege, ha procurato da sùbito danno ingiusto agli aventi diritto, che deve essere risarcito, anche ai sensi dell’art. 872, co. 2, cod. civ., non avendo potuto costoro potuto usufruire del posto auto loro spettante nella misura di legge (conf. Cass. nn. 1248/2000, 11188/1994).
Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 872, 1223 e 2697 cod. civ., nonché l’omesso esame id un fatto controverso e decisivo.
La Corte d’appello, nel liquidare il danno ai ricorrenti COGNOME -Sanfratello, COGNOME
COGNOME, COGNOME
COGNOME, non aveva tenuto conto degli esborsi dai medesimi effettuati a titolo di compenso in favore di COGNOME, al fine di potere usufruire del posteggio.
8.1. La doglianza non supera lo scrutinio d’ammissibilità.
La Corte di merito, al fine di rigettare la pretesa, si era avvalsa di due ‘rationes decidendi’: (a) i predetti acquirenti avevano chiesto che fosse loro risarcito il danno, ma non la restituzione di quanto indebitamente versato al COGNOME; (b) il motivo difettava di specificità per non avere gli appellanti indicato con precisione il periodo durante il quale avevano posteggiato, dietro pagamento, nello scantinato.
La prima ‘ratio decidendi’ viene qui indubbiamente aggredita. Lo stesso non può dirsi per la seconda, a riguardo della quale i ricorrenti tacciono del tutto.
Di conseguenza, mancando una puntuale spendita impugnatoria di tutte le rationes decidendi, il punto deciso è divenuta intangibile e, pertanto, impermeabile al giudizio di cassazione (cfr., fra le tante, da ultimo, S.U., n. 7931 del 29/3/2013, Rv. 625631; Sez. L., n. 4293 del 4/3/2016, Rv. 639158).
Il ricorrente incidentale con il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 18, l. n. 765/1967 e dell’art. 41 sexies, l. n. 1150/1942, nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo.
L’esponente evidenzia che la Corte di Palermo lo aveva condannato, in solido con i COGNOME, a risarcire il danno accusato da
gli attori, che avevano da lui acquistato gli appartamenti, senza che egli avesse avuto responsabilità alcuna, stante che agli atti del comune di Bagheria, nel cui territorio era collocato l’edificio, risultava allegata la dichiarazione di NOME COGNOME, del 9/8/1968, con la quale costui si era impegnato a lasciare a parcheggio il piano scantinato. Ciò, inoltre, emergeva dal certificato di agibilità. La dichiarazione in parola non poteva non correlarsi con la permuta del 2/11/1988, intervenuta tra i COGNOME e l’esponente, la quale riservava all’esclusiva proprietà dei primi lo scantinato.
9.1. La censura non supera lo scrutinio d’ammissibilità.
La Corte d’appello ha disatteso la doglianza, oggi riproposta, per la sua estrema genericità, <> (pag. 8, ultimo periodo, della sentenza non definitiva).
Il motivo si limita a riproporre la lagnanza, senza, tuttavia, aggredire la ‘ratio decidendi’ sopra riportata. Ne discende la non scrutinabilità in questa sede.
Con il secondo motivo il Tripoli denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 872 cod. civ., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo.
Si afferma che il Tribunale aveva quantificato il risarcimento dovuto agli acquirenti con stima alla data del 2006, così applicando il valore di mercato al momento dell’emissione della sentenza e la Corte d’appello aveva errato a confermare il riportato criterio, stante che il valore di mercato da considerare era quello del momento dell’acquisto degli appartamenti (1991).
10.1. La censura è priva di fondamento.
È principio fin troppo noto che la funzione reintegratoria del risarcimento del danno può essere assolta solo riportando
all’attualità il ristoro del danno. Trattasi, per vero, di debito di valore che grava sul danneggiante.
Con il terzo e ultimo motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1474 cod. civ., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo.
Afferma il Tripoli che la Corte di Palermo aveva erroneamente qualificato come debito di valuta e non di valore il corrispettivo dovuto dagli acquirenti gli appartamenti.
11.1. Per le ragioni speculari rispetto a quelle esposte a riguardo del secondo motivo del ricorso principale quello qui in rassegna deve essere rigettato.
In relazione ai motivi accolti le sentenze impugnate devono essere cassate con rinvio. Il Giudice del rinvio, che si individua nella Corte d’appello di Palermo, in altra composizione, regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
accoglie i primi tre motivi del ricorso principale e dichiara inammissibile il quarto, rigetta il ricorso incidentale, cassa le sentenze impugnate in relazione agli accolti motivi, e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, in altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio del 10 0ttobre 2024