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Diritto di veduta: chi non rispetta la distanza perde

In una controversia ventennale, la Corte di Cassazione ha negato a una proprietaria la demolizione della sopraelevazione del vicino. Il motivo risiede nel fatto che la stessa proprietaria non aveva rispettato le distanze legali per il proprio balcone, non avendo quindi mai acquisito un valido diritto di veduta. La Corte ha stabilito che per esigere il rispetto delle distanze dal vicino, è necessario prima aver rispettato la legge nella creazione della propria veduta.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Diritto di Veduta: la Cassazione Sancisce che Chi Sbaglia Prima, Perde il Diritto

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale in materia di distanze tra edifici e diritto di veduta: non si può pretendere che il vicino rispetti le regole se non si è stati i primi a seguirle. La pronuncia esamina un caso complesso, durato oltre vent’anni, dimostrando come la pretesa di un diritto sia subordinata al corretto adempimento dei propri doveri.

I Fatti: Una Lunga Battaglia tra Vicini

La vicenda ha inizio nel 1999, quando una proprietaria cita in giudizio il suo vicino, accusandolo di aver realizzato una sopraelevazione in aderenza al proprio fabbricato. Tale opera, a suo dire, le causava una significativa perdita di luce, aria e vista panoramica, violando le norme sulle distanze previste per le vedute. La richiesta era chiara: demolizione del manufatto e risarcimento dei danni.

Il vicino si è difeso sostenendo la piena legittimità dell’opera, autorizzata da regolare concessione edilizia. Dopo un iter giudiziario travagliato, che ha visto la sentenza di primo grado annullata per un vizio procedurale e la causa riassunta, il Tribunale aveva infine dato ragione alla proprietaria. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato completamente la decisione, respingendo la domanda. Contro questa sentenza, la proprietaria ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte sul Diritto di Veduta

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il nodo centrale della questione non era la legittimità della costruzione del vicino, ma l’esistenza stessa del diritto di veduta vantato dalla ricorrente.

I giudici hanno sottolineato una distinzione cruciale tra le norme sulle distanze tra costruzioni (art. 873 c.c.), dove vige il principio di prevenzione (chi costruisce per primo detta le condizioni), e le norme sulle distanze per l’apertura di vedute (art. 905 c.c.), dove tale principio non si applica. Per le vedute, chiunque le apra, anche se per primo, deve rispettare la distanza minima di un metro e mezzo dal confine.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione è lineare e si fonda su un presupposto fattuale decisivo: la perizia aveva accertato che il balcone della ricorrente, da cui esercitava la presunta veduta, si trovava a soli 75 centimetri dal confine, ben al di sotto della distanza legale di 1,50 metri.

Di conseguenza, la proprietaria non aveva mai legalmente acquisito il diritto di veduta che intendeva far valere contro il vicino. Non si può esigere il rispetto di una distanza (i 3 metri previsti dall’art. 907 c.c. per le costruzioni di fronte a vedute) a tutela di un diritto che, di fatto, non è mai sorto perché la propria opera era ab origine illegittima.

Inoltre, la Corte ha dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso, relativi a presunte violazioni di norme antisismiche e urbanistiche. Queste lamentele, infatti, non facevano parte della domanda originaria del 1999, che era focalizzata esclusivamente sulla violazione delle distanze per le vedute. Introdurre nuove questioni in corso di causa costituisce un’alterazione del thema decidendum (l’oggetto del giudizio), non permessa dal codice di procedura civile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza offre un insegnamento pratico di grande importanza: prima di agire in giudizio per tutelare un proprio diritto, è fondamentale verificare di aver rispettato per primi tutte le normative applicabili. Nel campo del diritto immobiliare, e in particolare per il diritto di veduta, la legge non protegge chi si trova in una situazione di irregolarità. La pretesa di limitare il diritto di proprietà del vicino è legittima solo se fondata su un diritto pieno, valido e sorto nel pieno rispetto delle regole.

Posso impedire al mio vicino di costruire se mi toglie la vista?
Sì, ma solo se si è titolari di un diritto di veduta legalmente acquisito. Secondo la sentenza, questo diritto si acquisisce, tra l’altro, realizzando la propria veduta (es. balcone o finestra) a una distanza non inferiore a 1,50 metri dal confine.

Il principio di prevenzione, per cui chi costruisce per primo stabilisce le distanze, si applica anche alle vedute?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il principio di prevenzione vale per le distanze tra costruzioni ma non per l’apertura di vedute. Queste ultime sono regolate da norme specifiche (art. 905 c.c.) che devono essere rispettate da chiunque, anche dal primo costruttore.

Se la mia causa riguarda solo la violazione delle distanze per le vedute, posso aggiungere in seguito lamentele su altre violazioni, come quelle antisismiche?
No. La Corte ha stabilito che l’oggetto del processo (thema decidendum) è definito dall’atto di citazione iniziale. Introdurre questioni nuove e diverse in fasi successive del giudizio è inammissibile, in quanto costituisce un mutamento non consentito della domanda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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