Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21798 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21798 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 2248 – 2021 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 630/2020 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, pubblicata il 25/11/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023 dal consigliere COGNOME; lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato in data 26/2/2008, NOME COGNOME convenne in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Enna, NOME COGNOME e, premesso, per quel che ancora qui rileva, che era proprietaria di un immobile confinante, sul lato sud, con un appartamento di proprietà della convenuta e che quest’ultima, nel 2002, aveva realizzato un torrino scala in violazione delle distanze legali dalla finestra del suo immobile, compromettendo il suo diritto di veduta, chiedeva fosse ordinata alla convenuta la riduzione in pristino dello stato dei luoghi, con conseguente condanna al risarcimento dei danni.
Con sentenza n. 324/2014, il Tribunale di Enna accolse la domanda e condannò NOME COGNOME ad arretrare il torrino scala fino a ripristinare la distanza di tre metri dalla veduta diretta vantata dall’attrice, rigettando la domanda di risarcimento dei danni.
Con sentenza n.630/2020, la Corte di Appello di Caltanissetta confermò integralmente la decisione, escludendo la fondatezza del motivo di impugnazione formulato da NOME COGNOME sull’ apertura della veduta, da parte dell’attrice, a distanza inferiore dal suo immobile e, quindi, sulla insussistenza di un diritto di veduta tutelabile ex art. 907 cod. civ.: sul punto, infatti, la Corte d’appello, pur dando atto che la convenuta COGNOME avesse «insistito» nel rispetto delle distanze, ritenne che la legittimità del diritto di veduta di parte attrice non risultasse contestato.
Avverso questa sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione per tre motivi, a cui NOME COGNOME ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo, articolato in riferimento ai n. 3, 4 e 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., NOME COGNOME ha lamentato la violazione degli artt. 2697 e 907 cod. civ., per omesso, insufficiente e contradditorio esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ovvero la mancata prova, da parte attrice COGNOME che pure ne aveva l’onere, di un valido titolo di acquisto della finestra-veduta e per non avere la Corte di appello svolto alcun accertamento sul punto.
1.2 Col secondo motivo si denunzia la nullità della sentenza impugnata per violazione del Regolamento Edilizio del Comune di Centuripe e mancata valutazione della natura di volume tecnico del torrino scala.
1.3 Col terzo motivo si denunzia violazione o falsa applicazione dell’articolo 91 cod. proc. Civ.
2 Il primo motivo è fondato sotto il profilo della violazione di norme di diritto (artt. 907 e 2697 cc).
Condizione dell’azione volta ad ottenere l’osservanza da parte del vicino delle distanze di cui all’art. 907 cod. civ. è proprio la titolarità del diritto reale di veduta che, come tale, deve essere accertata anche d’ufficio dal giudice, salvo che da parte del convenuto non vi sia stata ammissione, esplicita o implicita, purché inequivoca, della relativa sussistenza (Cass. Sez. 2, n. 11287 del 10/05/2018; Sez. 2, n. 4192 del 16/02/2017; Sez. 2, n. 18030 del 03/08/2010).
Il diritto di proprietà di un immobile fronteggiante il fondo altrui non può attribuire, infatti, per sé solo e in assenza di titoli specifici (negoziali o originari, come l’usucapione), anche l’acquisto della servitù di veduta; ne consegue che una situazione di mero fatto – che si sia
concretizzata nell’esistenza, a distanza inferiore di quella prescritta dall’art. 905 cod. civ., di aperture che consentano la inspectio e la prospectio nel fondo confinante – non è di per sé suscettibile di tutela in via petitoria, al fine di pretendere, da parte del vicino che edifichi sul proprio fondo, l’osservanza delle distanze previste dall’art. 907 cod. civ.
Nella specie, dunque, la Corte d’appello non ha correttamente applicato questo principio laddove si è limitata a riportare che COGNOME « nulla ha contestato sulla liceità del diritto di veduta dell’attrice », perché condizione dell’azione di NOME COGNOME era la sussistenza di un titolo legittimo, da parte sua, del diritto di servitù di veduta a carico del fondo convenuto, acquistato per negozio o per usucapione e il relativo onere probatorio era proprio a carico suo quale attrice in 907 cod. civ.
In stretta conseguenza, allora, per ritenere operante la mancata contestazione ex art. 115 cod. proc. civ. era necessario che risultasse una compiuta e specifica allegazione di questo titolo da parte di COGNOME perché l’ onere di contestazione gravante sul convenuto si coordina con quello di allegazione dei fatti di causa che incombe sull’attore, sicché la mancata allegazione puntuale dei fatti costitutivi, modificativi o estintivi esonera il convenuto dall’onere di compiere una contestazione circostanziata.
Questa verifica non è stata riportata in sentenza dalla Corte d’appello, a fronte dello specifico motivo di impugnazione di parte convenuta COGNOME e della specifica allegazione, sul punto, in primo grado come riportati in ricorso (sia a pag. 2 che a pag. 8 quanto alla comparsa di risposta di primo grado e a pag. 5 quanto al motivo di appello).
La decisione, pertanto, non risulta conforme al principio di diritto che impone, in ipotesi di azione ex 907 cod. civ., la verifica della
sussistenza della condizione dell’azione costituita dall’avvenuto acquisto di un diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino.
Si rende necessario un nuovo esame.
Dall’accoglimento del primo motivo deriva, in logica conseguenza, l’assorbimento dei restanti motivi.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Caltanissetta perché (in diversa composizione) riesamini la domanda verificando innanzitutto se NOME COGNOME, attrice ex art. 907 cod. civ., avesse (e a che titolo) acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino di NOME COGNOME, convenuta per il rispetto delle distanze dalle suddette vedute.
Il giudice di rinvio regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Caltanissetta , in diversa composizione, anche le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda