Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15532 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 15532 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11624/2019 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliati in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE.
– Ricorrenti –
contro
CONDOMINIO RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO COGNOME TORINO, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE.
Controricorrenti –
Condominio
avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Torino n. 1812/2018 depositata il 16/10/2018.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella pubblica udienza del 6 febbraio 2025.
Udito il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha chiesto che la Corte rigetti il ricorso.
Udito l’avvocato NOME COGNOME per parte ricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. Il condominio Villarbasse e i condomini NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME (in seguito : ‘il condominio Villarbasse’) hanno convenuto i condomini NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo che fosse accertata e dichiarata la proprietà condominiale dell’area verde a monte e a valle del condominio e dei passaggi pedonali su di essa insistenti e che, conseguentemente, fosse accertato che l’area verde a monte e a valle dell’unità immobiliare dei convenuti (lotto 6bis) e il passaggio tra questo immobile e quello di proprietà COGNOME (lotto INDIRIZZO) non erano di proprietà esclusiva né soggetti ad un diritto di uso esclusivo da parte dei convenuti.
I coniugi NOMECOGNOME, costituendosi, hanno riconosciuto la natura condominiale dei passaggi posti nei cortili e tra la loro proprietà e il lotto 7, ma hanno eccepito di avere usucapito il diritto di proprietà o, quantomeno, il diritto di uso esclusivo dell ‘area verde contigua alla propria unità immobiliare.
Il Tribunale di Torino, con sentenza n. 4403/2016, ha accertato e dichiarato la proprietà condominiale dell’area verde a monte e a valle del condominio e dei passaggi posti su di essa; ha respinto la domanda del condominio di accertamento dell ‘insussistenza del diritto di uso esclusivo, in capo ai coniugi COGNOME sulla porzione di area verde situata di fronte e sul retro del lotto 6bis; ha compensato
per metà le spese di lite e ha posto la metà residua a carico dei convenuti.
Avverso la sentenza di primo grado le parti hanno interposto autonomi gravami e la Corte d’appello di Torino , riuniti i giudizi, confermata per il resto la decisione impugnata, in accoglimento dell’appello del condominio Villarbasse , ha dichiarato l’insussistenza del diritto d’uso esclusivo o di altro diritto precario dei coniugi COGNOME sulla porzione di area verde condominiale a monte e a valle dell’unità immobiliare di loro proprietà, e ha condannato i soccombenti al pagamento delle spese dei gradi di merito.
Questi, in breve, i punti chiave della decisione: (i) non è controversa la proprietà condominiale del passaggio posto tra il lotto 6bis e l’adiacente lotto 7. Analogamente, il Tribunale ha accertato che la proprietà dell ‘area verde , a monte e a valle dell’immobile dei coniugi COGNOME, è condominiale, in base ai titoli e in base a quanto riconosciuto dai convenuti nella missiva del 09/01/2012. Tali aspetti della pronuncia di primo grado non sono stati censurati dai due condomini; (ii) il Tribunale, che pure ha escluso l’usucapione dell’area verde da parte dei convenuti , oggetto della domanda riconvenzinale di questi ultimi, ha invece ritenuto fondata l’eccezione di usucapione del diritto di uso esclusivo dell ‘area verde ch e essi avevano svolto in via gradata. Il condominio, dal canto suo, ha dedotto la mancanza di una prova idonea dell’usucapione del diritto di uso da parte dei condomini convenuti e, in effetti, non vi sono prove che dimostrino, in maniera rigorosa, l’asserito diritto d’uso esclusivo in capo ai coniugi NOMECOGNOME In particolare, non ha valore di prova né efficacia di giudicato sostanziale, rilevante in questo giudizio petitorio, la sentenza d’appello n. 592/2010, passata in giudicato, che ha respinto per difetto di legittimazione attiva dell’ente di gestione la domanda possessoria proposta dal condominio nei confronti dei due
condomini. Inoltre, non costituisce confessione stragiudiziale la dichiarazione resa, nel giudizio possessorio, dall’amministrato re del condominio circa la sussistenza dell’invocato diritto di uso esclusivo sull’area verde da parte dei coniugi NOMECOGNOME; (iii) l’uso dell’area verde antistante la proprietà dei due condomini non si configura quale diritto reale di godimento ex art. 1021 c.c., come tale suscettibile di acquisto per usucapione, bensì, in ipotesi, come mera espressione di un ‘ utilità maggiore e più intensa ( ex art. 1102 c.c.) di quella degli altri comproprietari, ricavata dai coniugi in ragione della vicinanza dell’area verde alla loro abitazione , restando escluso, come afferma la giurisprudenza di legittimità, il riconoscimento della categoria dei diritti di uso esclusivo (e il relativo acquisto per usucapione) in ossequio al principio di tipicità dei diritti reali.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, con due motivi.
Il condominio Villarbasse e i condomini NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Il Pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte e ha chiesto che il ricorso venga respinto.
In prossimità dell’udienza parte controricorrente ha depositato una memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia , ai sensi dell’art. 360 comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 345 c.p.c.
I ricorrenti sostengono che il condominio Villarbasse, benché il processo di appello sia tendenzialmente chiuso e non consenta alle parti di proporre nuove domande e nuove eccezioni, con il primo motivo di appello, per la prima volta nel corso del giudizio, ha
replicato a ll’eccezione dei convenuti di usucapione del diritto di uso esclusivo dell’area verde ; ha contestato la dichiarazione confessoria resa dall’amministratore del condominio nel giudizio possessorio; senza avere impugnato la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 592/2010, che ha definito la causa possessoria, ha eccepito che la confessione dell’amministratore era inefficace perché proveniente da chi era privo di capacità di disporre del diritto; infine, ha censurato la stessa sentenza n. 592/2010.
1.1. Il motivo è infondato.
La premessa è che parte attrice ha proposto una domanda di accertamento negativo della proprietà esclusiva o del diritto d’uso esclusivo , in capo ai convenuti, dell’area verde a monte e a valle dell’unità immobiliare dei coniugi COGNOME i quali hanno eccepito di avere usucapito, in via principale, la proprietà di tale area verde e, in via subordinata, il diritto d’uso esclusivo della stessa area.
Il Tribunale, per quanto qui rileva, da un lato, ha accertato e dichiarato la proprietà condominiale dell’area contestata ; dall’altro, in accoglimento dell’eccezione dei convenuti di usucapione del diritto d’uso esclusivo dell a stessa area, ha respinto la domanda degli attori di accertamento dell’inesistenza (appunto) del diritto d’uso esclusivo di tale area verde in capo ai convenuti.
La Corte d’appello , sollecitata, tramite i motivi di appello del condominio, a decidere sull’aspetto cruciale della causa , mantenendosi nel perimetro dell’originaria domanda, e senza violare il divieto di domande ed eccezioni nuove in appello, sancito dall’art. 345 c.p.c., ha rivalutato le prove e le risultanze processuali: in particolare, ha correttamente escluso che, nel presente giudizio petitorio avesse efficacia la sentenza n. 592/2010, passata in giudicato, che aveva respinto (in rito) la domanda possessoria del condominio contro i due condomini.
C onfigura una ‘mera difesa’ e non un’eccezione nuova e, dunque, non incorre nel d ivieto di allegazione di ‘ nova ‘ nel giudizio di appello, la critica mossa dagli appellanti alla statuizione del Tribunale di Torino secondo cui i convenuti avrebbero provato di avere usucapito il diritto d’uso esclusivo dell’area verde grazie alla confessione (da qualificare come confessione stragiudiziale in rapporto a questo giudizio) dell’amministratore del condominio NOME COGNOME il quale, nel corso del giudizio possessorio, aveva affermato che l’area antistante la proprietà COGNOME era in uso esclusivo ad essa.
Va al riguardo richiamato l’orientamento costante di questa Corte per il quale le ‘mere difese’ non sono precluse, ancorché ‘nuove’, possono essere dedotte in appello, poiché esse non rientrano nel campo di applicazione dell’art. 345 comma 2 c.p.c., il quale vieta espressamente la proposizione delle sole nuove eccezioni in senso proprio, ossia quelle non rilevabili d’ufficio, e non, indistintamente, di tutte le difese comunque svolte dalle parti (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23796 del 01/10/2018; conf. Sez. 2, Sentenza n. 14515 del 28/05/2019).
Nella specie, in controricorso (pag. 10) è data la prova che, in primo grado, nella prima memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c. -e quindi tempestivamente -il condominio Villarbasse aveva replicata all’eccezione di usucapione dei convenuti, laddove, prima, si afferma espressamente come ‘ nulla di favorevole all’avversaria prospettazione possa evincersi dalla causa possessoria intentata dal condominio nel 2005 Come si legge chiaramente nel citato ricorso, prima di allora i coniugi Allisone non avevano mai escluso gli altri condomini dal possesso dell’area (da sempre mantenuta ed usufruita da tutti) e fu solo quando ciò accadde che i condomini diedero mandato all’amministratore di reagire …’, e poi (nota 4, trascritta per autosufficienza a pag. 11) si aggiunge che, anche se un
diritto di uso esclusivo fosse stato riconosciuto dall’amministratore o da alcuni condomini, non per ciò solo sarebbe sorto in capo ai coniugi NOMECOGNOME poiché soltanto un atto scritto a firma di tutti i condomini sarebbe stato idoneo a costituirlo.
Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 comma 1 nn. 3 e 4 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2731 e 2909 c.c., nonché degli artt. 112, 115 e 345 c.p.c., e nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c.
Si lamenta che la decisione impugnata, disattendendo il giudicato sostanziale costituito dalla sentenza n. 592/2010, emessa nell’ambito della causa possessoria – secondo cui ‘ è circostanza pacifica (in quanto chiarita all’udienza del 09/02/2005 dallo stesso amministratore del condominio ricorrente) che l’area oggetto di causa antistante la proprietà Allisone è condominiale ma destinata all’uso esclusivo di tale proprietà ‘ -ha esaminato la questione sollevata dal condominio Villarbasse soltanto in sede di appello e ha, quindi, concluso che non vi era alcuna prova dell’usucapione dell’uso esclusivo dell’area verde da parte dei condomini Allisone –COGNOME.
Inoltre, i ricorrenti fanno valere la nullità della sentenza per vizio di motivazione (difetto assoluto o motivazione apparente) nella parte in cui ha negato che la decisione emessa nel giudizio possessorio avesse efficacia di giudicato sostanziale rilevante e che la dichiarazione dell’amministratore del condominio, resa nel giudizio possessorio, valesse come confessione stragiudiziale.
Sostengono che la decisione in esame sarebbe viziata sia perché non attribuisce alla sentenza n. 592/2010 quanto meno la valenza di prova documentale al fine di ritenere accertato il diritto di uso esclusivo, sia perché, pronunciando extra petita , non riconosce la natura confessoria della dichiarazione dell’amministratore, nonostante
che il condominio Villarbasse non avesse impugnato la sentenza n. 592/2010.
Rimarcano che la dichiarazione confessoria dell’amministratore del condominio può anche da sola fondare l’accertamento di una situazione esistente all’interno del condominio, trattandosi di vera e propria confessione; aggiungono che, comunque, tale dichiarazione può integrare una prova presuntiva ex art. 2729 c.c., idonea da sola a essere posta a fondamento di una decisone (come, appunto, la citata sentenza n. 592/2010).
Infine, si addebita alla sentenza impugnata il vizio di ultrapetizione nella parte in cui, discostandosi dai motivi di appello e infrangendo il divieto di cui all’art. 345 c.p.c. , la Corte piemontese si focalizza su un aspetto, che non attiene a quanto devoluto alla cognizione del giudice d’appello e non è un antecedente logico e giuridico del giudizio, cioè, sul fatto che l’u tilizzazione, da parte dei ricorrenti, dell’area verde antistante la loro proprietà non sarebbe configurabile quale diritto reale d’uso ex art. 1021 c.c., in quanto tale suscettibile di acquisto per usucapione, ma come uso della cosa comune più intenso di quello degli altri partecipanti alla comunione secondo il disposto dell’art. 1102 c.c.
2.1. Il motivo, articolato in varie censure, è manifestamente infondato.
Cominciando dal dedotto error in procedendo , si deve ricordare che il vizio di motivazione apparente ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv.
666639, che, in motivazione , richiama Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526; Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022, Rv. 664061; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019, Rv. 654145).
Nel caso all’attenzione del Collegio la sentenza non è nulla per difetto di motivazione nella parte in cui (pag. 7) spiega, con chiarezza, che ‘ essuna valenza probatoria, né efficacia di giudicato sostanziale rilevante per il presente giudizio petitorio, va attribuita alla sentenza n. 592/2010, relativa alla domanda possessoria a suo tempo proposta dal Condominio e conclusasi con una sentenza di mero rito, come rilevato dal primo giudice ‘.
Sotto altro profilo, è indubitabile che la sentenza che nega efficacia di giudicato esterno alla pronuncia emessa nel giudizio possessorio è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, per la quale la sentenza resa sulla domanda possessoria non può avere autorità di cosa giudicata nel giudizio petitorio caratterizzato da diversità di ‘ petitum ‘ e ‘ causa petendi ‘ (tra le altre, Sez. 2, Sentenza n. 2300 del 05/02/2016, Rv. 638830 -01; Sez. 2, Ordinanza n. 27513 del 02/12/2020, Rv. 659689 – 01).
D’altronde, non spetta alla RAGIONE_SOCIALE il compito di apprezzare la rilevanza delle dichiarazioni rese, nel giudizio possessorio, dall’amministratore del condomino, dichiarazioni che, ad avviso della Corte d’appello, non hanno valenza confessoria nel presente giudizio petitorio.
Infine, non sussiste il prospettato vizio di ultrapetizione: la Corte torinese, per un verso, ha escluso che i coniugi NOMECOGNOME avessero usucapito il diritto d’uso dell’area verde , per altro verso, senza ledere il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, dato che il condominio Villarbasse aveva domandato, sia in primo grado che in sede di gravame, di accertare l’inesistenza di
‘ alcun diritto di proprietà e/o diritto d’uso esclusivo o altro diritto precario ‘ dei convenuti, ha ricondotto l’uso dell’area verde in questione da parte dei due condomini proprietari del lotto 6bis entro i confini tracciati dall’art. 1102 c.c. , in tema di uso della cosa comune da parte dei partecipanti alla comunione.
Il ricorso, pertanto, è rigettato; ne consegue la condanna dei ricorrenti al rimborso delle spese del giudizio di cassazione.
Il Collegio non ravvisa i presupposti per condannare i ricorrenti al risarcimento dei danni ex art. 96 comma 3 c.p.c., come è stato chiesto in controricorso.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 4.000,00, a titolo di compenso, euro 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, dichiara che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile,