Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1774 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1774 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 24319/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), giusta procura in atti, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE) in ROMA in INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE); COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE); COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), tutte rappresentate e difese dagli avvocati COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), giusta procura in atti, ed elettivamente domiciliate presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME in ROMA in INDIRIZZO;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 410/2019 della CORTE DI APPELLO DI MESSINA depositata il 30.05.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
NOME COGNOME, proprietario di un fabbricato, convenne in giudizio NOME COGNOME, proprietario di un edificio confinante, domandando che il convenuto fosse condannato a demolire le opere poste a distanza non regolamentare e in violazione del diritto di veduta.
Il convenuto resistette adducendo l’intervenuta prescrizione delle pretese avverse.
Il Tribunale adito, accolta la domanda, condannò il COGNOME a rimuovere o regolarizzare le opere reputate illegittime.
NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME, succeduti a NOME COGNOME, nelle more deceduto, proposero impugnazione avverso la statuizione di primo grado prospettando maturata usucapione, carenza di legittimazione attiva dell’attore e, nel merito, la insussistenza delle lamentate violazioni.
2.1. La Corte d’appello di Messina, accolto l’appello, rigettò la domanda del COGNOME.
La Corte locale, limitando qui la sintesi a quel che ancora residua d’utile, accogliendo il secondo motivo d’appello, sulla scorta di un atto di divisione del 1928, ritenne che l’appellato fosse stato titolare solo di un diritto di superficie sull’area del solaio (a tutela della quale aveva agito).
Diritto estintosi per prescrizione ventennale, non avendo il COGNOME proceduto all’edificazione.
Estinzione che ben poteva farsi valere in appello, pur non trattandosi di questione di legittimazione attiva, bensì d’infondatezza della domanda attorea: poiché la titolarità configura elemento costitutivo della domanda, l’attore deve provarne il
fondamento, mentre il convenuto può contestarla, mediante mera difesa, senza subire la preclusione di cui all’art. 345, co. 2, cod. proc. civ. Le altre violazioni che l’attore aveva affermato non concernere la terrazza, ma altre parti del proprio fabbricato, afferivano, per contro, anch’esse la terrazza e, quindi, prescrittosi il diritto di superficie, anch’esse non avevano fondamento.
Di poi soggiunge la pronuncia: <>.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione fondato su un solo, articolato motivo.
Le appellanti resistono con controricorso ulteriormente illustrato da memoria.
Il ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., con conseguente nullità della sentenza.
Fino a pag. 11 il ricorrente, ripreso il merito della vicenda, espone la sintesi delle domande proposte in primo grado e sostiene che la Corte d’appello aveva erroneamente affermato che le avverse vedute, dalle quali si era chiesta la protezione, si affacciavano tutte sulla terrazza di cui si discute, invece che su altre parti del fabbricato.
Indi, assume che la sentenza non aveva preso in esame i profili di domanda scrutinati dal Tribunale alle lett. D) ed E), senza che emerga <>.
4.1. La doglianza è infondata.
In primo luogo è appena il caso di precisare che il ricorrente, pur avendo a lungo – sia pure in violazione del principio di autosufficienza (evoca documenti e circostanze fattuali in questa sede non conoscibili) – disquisito del fondamento della sua pretesa a riguardo all’illegittimo affaccio della controparte (su parti del fabbricato diversi dalla terrazza, deve intendersi), circoscrive la propria lagnanza, in esatta sintonia con la rubrica del motivo, alla violazione della regola della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, addebitando alla Corte di merito di non avere esaminato i capi di domanda enucleati dal primo Giudice sotto le lettere D) ed E), volte a inibire alla controparte affacci ‘contra legem’ su parti del fabbricato attoreo diversi dalla terrazza.
La sentenza impugnata, per contro, come anticipato, esamina le predette domande a pag. 13 (non numerata): <>.
È, di conseguenza, innegabile che la decisione non ha omesso di esaminare i profili di domanda evocati dal ricorrente, ma, ben diversamente, li ha vagliati e rigettati con la formula dell’assorbimento improprio, poiché reputati dipendenti dalla disattesa prospettazione attorea, secondo la quale il COGNOME sarebbe
stato titolare di un diritto di proprietà, quindi imprescrittibile, leso dall’altrui costruzione, ivi comprese le vedute.
L’asserita circostanza secondo la quale le vedute dei controricorrenti ledevano altra parte del fabbricato del ricorrente è stata, pertanto, esaminata e disattesa, essendo rimasto accertato che le violazioni dedotte riguardavano solo il diritto di superficie dell’area sovrastante la terrazza, diritto oramai prescritto.
Si è, quindi, in presenza di una statuizione espressa di rigetto.
In disparte va osservato che, in ogni caso, <> (Cass., 4 ottobre 2011, n.20311; conf. Cass., 13 ottobre 2017, n. 24155).
Il problema si sposta allora sulla motivazione, ma il relativo vizio, come è noto, non è più denunziabile in cassazione per espressa previsione legislativa.
Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30
gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio di giorno 28