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Diritto di superficie: no all’usucapione del terreno

Un privato, proprietario di una tettoia costruita su terreni demaniali, ha agito in giudizio per ottenerne la proprietà per usucapione. Mentre il Tribunale di primo grado aveva accolto la domanda, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. La Corte ha stabilito che il privato non possedeva il terreno come se ne fosse il proprietario (uti dominus), ma deteneva semplicemente un diritto di superficie, ovvero la proprietà della sola costruzione separata da quella del suolo. Mancando i presupposti del possesso pieno, la domanda di usucapione è stata respinta.

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Diritto di Superficie vs Usucapione: Perché Possedere la Casa non Significa Possedere il Terreno

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Bologna offre un’importante lezione sulla distinzione tra proprietà di un edificio e proprietà del terreno su cui sorge. Il caso analizzato chiarisce come la titolarità di una costruzione non implichi automaticamente il possesso valido per l’usucapione del suolo, specialmente se questo appartiene a enti pubblici. Al centro della controversia vi è il concetto di diritto di superficie, un istituto giuridico fondamentale nel diritto immobiliare.

I Fatti di Causa: La Tettoia sul Terreno Demaniale

La vicenda ha origine da una tettoia in muratura costruita decenni fa su alcuni terreni a Bologna. Un privato, dopo aver acquistato l’edificio, ha citato in giudizio il Comune di Bologna, l’Agenzia del Demanio e il Ministero dell’Economia, sostenendo di aver acquisito per usucapione la proprietà non solo della tettoia, ma anche dei terreni sottostanti.

Il ricorrente basava la sua pretesa sul possesso continuato e ininterrotto per oltre vent’anni. Inizialmente, il Tribunale di primo grado gli aveva dato ragione, dichiarando l’avvenuta usucapione e ritenendo che i terreni, pur essendo demaniali, fossero stati tacitamente ‘sdemanializzati’.

La Decisione della Corte d’Appello e il Diritto di Superficie

L’Agenzia del Demanio e il Ministero hanno impugnato la sentenza, e la Corte d’Appello ha completamente ribaltato il verdetto. La Corte ha fondato la sua decisione su un punto cruciale: il proprietario della tettoia non ha mai posseduto il terreno uti dominus (cioè come se fosse il vero proprietario), ma ha semplicemente esercitato un diritto di superficie.

La Consapevolezza della Proprietà Altrui

La Corte ha evidenziato come sin dall’origine, gli atti di compravendita della tettoia specificassero che essa era costruita ‘su terreno di proprietà diversa’. Questa consapevolezza esclude in radice l’esistenza dell’animus possidendi, ovvero l’intenzione di possedere il terreno come proprio. Chi acquista un edificio sapendo che il suolo è di altri, non acquista la proprietà del suolo, ma un diritto di superficie su di esso, come previsto dall’art. 952 del Codice Civile.

L’assenza di Interversione del Possesso

Il proprietario della tettoia aveva compiuto atti come recintare l’area e locare l’immobile a terzi. Tuttavia, la Corte ha stabilito che queste azioni non erano sufficienti a trasformare il suo diritto in un possesso pieno del terreno. Tali condotte sono infatti perfettamente compatibili con l’esercizio del diritto di superficie, che consente al titolare di utilizzare e conservare la propria costruzione. Per poter usucapire il terreno, sarebbe stato necessario un atto di ‘interversione del possesso’ (art. 1141 c.c.): un’azione esplicita e inequivocabile rivolta contro i proprietari del suolo, finalizzata a contestarne il diritto e a manifestare la volontà di possedere il terreno come proprietario esclusivo. Tale atto non è mai stato provato.

Le Motivazioni della Corte d’Appello

La Corte d’Appello ha motivato la sua decisione sottolineando che il possesso utile ai fini dell’usucapione richiede due elementi: il controllo materiale del bene (corpus) e l’intenzione di esercitare su di esso i poteri del proprietario (animus). Nel caso di specie, l’attore aveva il controllo materiale, ma il suo animus era quello del titolare di un diritto di superficie, non del proprietario del suolo.

Gli atti di acquisto e le stesse dichiarazioni del privato in altre sedi (ad esempio, qualificandosi come ‘proprietario superficiario’ in osservazioni a un progetto pubblico) hanno confermato la sua consapevolezza di non essere il proprietario del terreno. Pertanto, il suo possesso non era qualificabile come uti dominus. La Corte ha concluso che, senza questo requisito fondamentale, non può esserci usucapione. La sentenza di primo grado è stata quindi integralmente riformata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la proprietà di un edificio e quella del terreno possono essere giuridicamente separate attraverso il diritto di superficie. Chi acquista o costruisce su terreno altrui, riconoscendone la proprietà, non può successivamente pretendere di aver usucapito il suolo semplicemente utilizzando la sua costruzione. Per poter aspirare all’usucapione, è necessario dimostrare di aver compiuto atti inequivocabili di opposizione al diritto del proprietario del terreno, trasformando così la natura del proprio potere sulla cosa. In assenza di tale prova, qualsiasi azione di utilizzo e manutenzione sarà interpretata come semplice esercizio del proprio, più limitato, diritto di superficie.

È possibile acquistare per usucapione un terreno pubblico semplicemente possedendo un edificio costruito su di esso?
No. Secondo questa sentenza, possedere un edificio su un terreno altrui, essendo consapevoli di non essere proprietari del suolo, non costituisce un possesso valido per l’usucapione del terreno stesso. Tale situazione configura, invece, un diritto di superficie, ovvero la proprietà della sola costruzione.

Qual è la differenza fondamentale tra possesso per usucapione e diritto di superficie?
La differenza risiede nell’intenzione (animus). Il titolare di un diritto di superficie riconosce e rispetta il diritto di proprietà altrui sul suolo. Chi possiede per usucapire (uti dominus), invece, si comporta come se fosse l’unico e vero proprietario sia dell’edificio sia del terreno, con l’intenzione di escludere chiunque altro, compreso il legittimo proprietario del suolo.

Perché recintare l’area e affittare l’edificio non sono stati considerati atti idonei all’usucapione del terreno?
La Corte ha ritenuto che queste azioni fossero pienamente compatibili con l’esercizio del diritto di superficie. Il titolare di tale diritto ha la facoltà di utilizzare, proteggere (recintare) e trarre profitto (affittare) dalla sua costruzione. Tali atti non dimostrano di per sé un’opposizione al diritto del proprietario del suolo, necessaria per trasformare il possesso da detenzione qualificata a possesso pieno utile per l’usucapione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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