SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA N. 1271 2025 – N. R.G. 00001739 2020 DEPOSITO MINUTA 14 07 2025 PUBBLICAZIONE 14 07 2025
In Nome del Popolo Italiano
CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA
II sezione civile
La Corte, riunita in camera di consiglio nelle persone dei seguenti Magistrati:
dott. NOME COGNOME
Presidente
dott.ssa NOME COGNOME
Consigliere
dott.ssa NOME COGNOME
Consigliere Relatore
sentito il relatore, sulle conclusioni precisate dalle parti all’udienza, tenutasi con modalità cartolare in
data 17.12.2024, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa d’appello iscritta al r.g. n. 1739/2020 promossa da:
Agenzia del Demanio – Direzione Generale e Ministero dell’Economia e delle Finanze
Avvocatura dello Stato
contro
:
,
,
e
quali eredi di
Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
Comune di Bologna
Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
Fatti di causa
Con atto di citazione notificato nell’anno 2018, convenne dinanzi al Tribunale di Bologna il Comune di Bologna, l’Agenzia del Demanio – Direzione Generale ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze nel quale si esponeva che:
– in data 17.1.1951 aveva acquistato dal Fallimento COGNOME RAGIONE_SOCIALE una tettoia in muratura sita in Bologna, INDIRIZZO con scrittura avanti il Tribunale di Bologna, Sezione Fallimentare;
– con scrittura privata in data 28.10.1954 aveva venduto detta tettoia – poi identificata al catasto al foglio 192, mappali 157, 158, 942, 944, 860, 861, 943 e 945 – ad
– a causa di lavori di ammodernamento e potenziamento della linea ferroviaria Bologna-Portomaggiore, in gestione commissariale governativa, per l’interramento della tratta Bologna CINDIRIZZO -Bologna San Vitale da km. 0+905 a km. 1-265 e tratta fuori terra da km. 3+085 a km 2+495, parte dei terreni era stata sottoposta ad occupazione temporanea e, segnatamente, quella identificata al foglio 192, particella 158 per mq. 280,00 e particella 943 per mq. 52;
– in data 24.9.2002, aveva dava atto di avere ricevuto la somma di lire 1.986.400 a titolo di occupazione temporanea;
-con comunicazione dell’ espropri del Comune di Bologna in data 27.11.2014, all’attore era stato inviato avviso dell’avvio del procedimento di approvazione del procedimento unico semplificato disciplinato dall’art. 36 octies della L.R. 20/2000 diretto all’approvazione, mediante conferenza dei servizi, del progetto definitivo dell’opera pubblica regionale per interventi infrastrutturali per l’ammodernamento ed il potenziamento della linea ferroviaria Bologna -Portomaggiore, interramento tratta urbana di Bologna tratta INDIRIZZO–INDIRIZZO e tratta INDIRIZZO
-l’attore aveva trasmesso osservazioni a precisare che il progetto avrebbe comportato la demolizione di parte del fabbricato insistente sulla particella n.158;
– i rilievi erano stati in parte accolti sottolineando che nella realizzazione del progetto sarebbe stata adottata la soluzione meno impattante per la proprietà;
-nonostante l’avvenuta acquisizione della piena proprietà, con comunicazione dell’Agenzia del demanio dell’8.7.2015 prot. n.2015/11307 all’attore era stata richiesta la corresponsione della somma complessiva di € 28.280,89 a titolo di indennità per il preteso utilizzo senza titolo del bene immobile così denominato: ‘BOB0319 EX di cui al C.F. del Comune di Bologna, foglio 192, mappali 157,158,942,944,860,861,943 e 945’ precisando l’Agenzia del Demanio ‘di proprietà dello Stato fino al 17.06.2015′;
– proposta da istanza di sospensione del procedimento e di riesame del provvedimento, in data 26.4.2016 c’erano stati vari incontri presso gli Uffici dell’
senza esito;
– in data 19.5.2016, il Geom. aveva chiesto al Comune di Bologna informazioni in ordine al trasferimento di proprietà dei mappali de quibus (ovvero quelli di cui alla raccomandata a.r. 9.7.2015 del Demanio) cui in data 9.5.2016 il Comune di Bologna aveva risposto allegando un prospetto da cui risultava:
‘ – mappali 860-861-943-945: acquisizione con decreto di trasferimento PG 190386/2015;
-mappali 157-158-942944: ‘Demanio dello Stato proprietà privata -non ne è prevista l’acquisizione ‘.
In diritto, l’attore sostenne che a far data dal 1951 l’edificio era stato nella piena disponibilità di privati, motivo per cui egli stesso aveva ricevuto un compenso, quale proprietario dei mappali 158 e 943, a titolo di indennità per occupazione temporanea. Sostenne inoltre che la costruzione era stata eseguita con materiali propri su fondo altrui e posseduta uti dominus per il tempo necessario ai fini dell’usucapione, facendo così sorgere l’acquisto della proprietà dell’opera per accessione in favore del costruttore, in quanto la realizzazione, da parte del possessore, di una costruzione è indicativa dell ‘animus sibi habendi . Ciò valeva anche per i mappali che dalle visure catastali risultavano ancora demaniali, posto che era stata la stessa Agenzia del Demanio a dichiararne la sdemanializzazione e che, in ogni caso, i terreni erano stati soggetti a sdemanializzazione tacita dal momento che l’area apparteneva all’ex alveo di un fiume e non era più soggetta da tempo allo scorrimento delle acque. Stante la sdemanializzazione, i terreni erano stati usucapiti.
Concluse, pertanto, chiedendo di accertare la sdemanializzazione di tutti i terreni, il loro possesso esclusivo, continuo ed ininterrotto, non violento, né clandestino da parte dell’attore, nonché di dichiararne l’acquisto per usucapione in favore di quest’ultimo.
Si costituirono l’Agenzia del Demanio ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze eccependo, in via preliminare, la genericità e l’indeterminatezza della domanda, non risultando chiaro né quale bene né quale diritto reale l’attore avrebbe acquistato per usucapione; nel merito, rilevavano, in via dirimente, che ai sensi degli artt. 823 e 1145 comma 2 c.c. i beni demaniali non possono formare oggetto di possesso e dunque non possano essere in alcun modo usucapiti. Né poteva comprendersi come l’attore potesse aver acquistato per usucapione dei beni demaniali, insuscettibili di usucapione (Cass. Civ. 10817/2009).
Peraltro, era sempre stato a conoscenza tanto della natura demaniale dei beni sui quali insisteva la tettoia quanto della possibilità di demolizione del fabbricato, nel caso di intervento di un interesse pubblico ritenuto prevalente. Infatti, lo stesso contratto di compravendita della tettoia precisava che il fabbricato era stato edificato ‘ su terreno di proprietà parte della , parte della Provincia e parte demaniale ‘ e che ‘ il compratore dà espressamente atto al venditore di essere a piena conoscenza che la tettoia è stata costruita su terreno di proprietà diversa da quella del venditore e pertanto si assume ogni rischio od onere potesse derivare da tale situazione, ivi compreso quello della richiesta di demolizione da parte del proprietario ‘ (doc. 2 attore).
Agenzia e Ministero contestarono altresì la prospettata sdemanializzazione tacita dei mappali oggetto del giudizio, in quanto non sussisteva alcuno dei presupposti richiesti a tal fine dalla giurisprudenza di legittimità, ossia una inequivoca condotta positiva e concludente del proprietario pubblico che evidenzi, mediante circostanze oggettive, la chiara volontà del proprietario di non utilizzare più il bene per scopi pubblici, non essendo sufficiente la mera circostanza che il bene non sia più adibito, anche da lungo tempo, all’uso pubblico originario’ (Cass. Civ. n. 2635/1993; S.U. n. 11101/2002; Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3273/2016; S.U. n. 24417/2017).
Infatti, a smentire la pretesa intervenuta sdemanializzazione tacita militava la stessa proposta di interventi infrastrutturali della linea ferroviaria che dava conto di una valutazione di pubblica utilità dell’area operata dall’Amministrazione (doc. 4 attore) e rappresentava proprio la dimostrazione della volontà dell’Amministrazione di continuare a utilizzare i beni per il perseguimento di un pubblico scopo, venendo così meno qualunque incertezza in merito alla dismissione degli stessi.
Né la corresponsione dell’emolumento per l’occupazione temporanea dei terreni su cui insisteva la tettoia confermava la qualità di proprietario dell’area, in mancanza di riconoscimento esplicito ed implicito della proprietà in capo a da parte dell’amministrazione.
Conclusero, quindi, chiedendo il rigetto delle domande in quanto infondate.
Si costituì altresì il Comune di Bologna evidenziando che in virtù di decreto di trasferimento del compendio denominato “Area di risulta Ex Savena abbandonato e INDIRIZZO“, emesso dalla Direzione Regionale dell’ dell’Agenzia del Demanio in data 17.6.2015 Prot. 2015/9873, il Comune di Bologna era proprietario delle sole aree di cui al Foglio 192 particelle 860, 861, 943 e 945; che il richiesto accertamento di acquisto per usucapione riguardava il periodo temporale precedente al predetto decreto di trasferimento nel quale tutte le aree indicate dall’attore erano di proprietà del Demanio, rinviando sul punto alle difese dell’Agenzia del Demanio; che l’area identificata al N.C.E.U. al Foglio 192 mappali 860, 861, 943 e 945, occupata da un fabbricato di proprietà privata a seguito di sconfinamento, faceva parte del compendio “Area di risulta Ex Savena abbandonato e INDIRIZZO“, molto vasto, di cui il Comune di Bologna aveva avuto interesse ad acquisire la proprietà delle parti che incrociavano gli assi stradali, in modo da attuare la ricomposizione della proprietà delle strade e lo aveva comunicato all’Agenzia del Demanio confermandone quindi l’utilizzo per uso istituzionale (doc. n. 10).
Concluse quindi, chiedendo il rigetto delle domande.
L’adito Tribunale, con sentenza n. 20515/2020, ritenne che i terreni in questione non avessero natura demaniale, né rientrassero nel patrimonio indisponibile del Comune di Bologna -e, pertanto, che fossero usucapibili -in quanto, ‘ferma la dichiarazione dell’Agenzia del Demanio della sdemanializzazione dei terreni, l’area in questione essendo ormai da lunghissimo tempo non più soggetta allo scorrimento delle acque era da considerarsi già sdemanializzata, indipendentemente da alcun provvedimento formale in tal senso. Appare inoltre, a tal fine, che sull’area in questione, che non è più interessata da alcun tipo di scorrimento di acque, l’Ente non abbia ormai da tempo mai manifestato alcun tipo di interesse appalesando il proprio animus deriliquendi.
Ai fini della prova dell’usucapione da parte dell’attore dei terreni e dei manufatti sopra essi edificati, secondo il Tribunale rilevava che dal 17.1.1951 l’edificio e il terreno in oggetto erano stati nella piena disponibilità di privati, ovvero inizialmente di ed in seguito dell’attore dal 13.12.1966; inoltre ‘ Quanto alla dimostrazione della c.d. interversio possessionis, eccepita inesistente nel caso in esame da parti avverse Ministero dell’Economia e delle Finanze in l’Agenzia del Demanio, si ritiene che la circostanza, non contestata, della realizzazione, nonché dell’ utilizzo, da parte del possessore di una costruzione sul terreno di cui si chiede l’usucapione sia indicativo ‘dell’animus sibi habendi’ e sia manifestazione del dominio esclusivo sulla res da parte dell’interessato . Peraltro l’area in questione è recintata e ad essa non si accede liberamente tant è che durante il sopralluogo effettuato il 13.02.2020 dai tecnici dell’Agenzia del Demanio l’acceso è stato possibile solo previa apertura delle serrature da parte del figlio del signor circostanza rimasta priva di contestazione ‘.
Il giudice, accogliendo la domanda attorea, dichiarò ‘… che il signor ha acquistato per usucapione ventennale la piena proprietà degli immobili, comprensivi dei terreni, identificati al Nuovo Catasto Edilizio Urbano del Comune di Bologna, INDIRIZZO foglio 192, mappali 157,158, 942,944,860,861,943 e 945 ‘ e compensò integralmente le spese di lite fra le parti, attesa la natura dell’oggetto di causa e la complessità delle questioni trattate e della materia.
L’Agenzia del Demanio ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze hanno proposto appello alla sentenza, affidandolo a due motivi.
Si sono costituiti gli eredi di contestando il fondamento dell’appello, di cui hanno chiesto il rigetto, e proponendo appello incidentale in relazione alla pronunciata compensazione delle spese processuali.
Si è costituito il Comune di Bologna al solo fine di contestare l’appello incidentale di cui ha chiesto il rigetto.
Nella causa, inizialmente assegnata alla prima sezione civile di questa Corte, è stata disposta una CTU finalizzata alla descrizione della situazione dei luoghi di causa ed alla individuazione della superficie effettivamente occupata dal manufatto in muratura.
Successivamente, la causa è stata trasferita alla seconda sezione civile.
Precisate le conclusioni, la Corte ha assegnato alle parti i termini ex art. 190 c.p.c.
Ragioni della decisione
L’appello è articolato nei seguenti motivi:
1) la sentenza è errata laddove accerta la sdemanializzazione dei terreni oggetto del giudizio. Infatti, la tettoia di proprietà dell’appellato insiste su terreni di proprietà di soggetti pubblici diversi (i terreni identificati al foglio 192, mappali 860, 861, 943 e 945, attualmente nella titolarità del Comune di Bologna, ed i mappali 157, 158, 942 e 944, originariamente di proprietà dell’ex RAGIONE_SOCIALE, in seguito conferiti al Demanio dello Stato con d.m. 13.12.1985).
I terreni non sono stati sdemanializzati, in quanto non è rinvenibile un atto di sdemanializzazione espressa della P.A. ai sensi dell’art. 829 c.c., né si sono realizzati i presupposti per la sdemanializzazione tacita, in quanto non c’è stato alcun comportamento positivo della P.A. volto inequivocabilmente a dismettere i terreni dal demanio od a dimostrare una chiara volontà di non utilizzare più il bene per scopi pubblici. Al contrario, ‘A smentire la pretesa intervenuta sdemanializzazione tacita milita la stessa proposta di interventi infrastrutturali della linea ferroviaria che dà conto di una valutazione di pubblica utilità dell’area operata dall’Amministrazione’ . In subordine, è, in ogni caso, esclusa la sdemanializzazione rispetto ai terreni censiti al foglio 192, mappali 157, 158, 942 e 944, in quanto espressamente trasferiti al Demanio dello Stato;
2) la sentenza è errata laddove accerta la sussistenza dei presupposti dell’usucapione. Infatti, parte attrice non ha provato l’ animus possidendi uti dominus , incombendone l’onere su chi pretende di far valere l’usucapione, e nemmeno ha provato l’intervenuta interversio possessionis ai sensi dell’art. 1141 comma 2 c.c. In effetti, i titoli prodotti dall’attore provano inequivocabilmente che la tettoia era stata edificata su terreno di proprietà altrui e che ‘sussisteva il rischio della richiesta demolizione da parte dei suddetti proprietari del terreno’.
Inoltre, i contratti di locazione prodotti dall’attore hanno ad oggetto esclusivamente il fabbricato e non i terreni sottostanti e sono rivolti a soggetti terzi, circostanza non qualificabile come ‘manifestazione di volontà diretta ed esplicita nei confronti del proprietario/possessore. Parte attorea, dunque, ha sempre avuto la consapevolezza di non essere proprietaria dei terreni sui quali insiste la tettoia de qua e non ha mai esercitato i poteri inerenti al diritto di proprietà in relazione agli stessi. Ciò a riprova del fatto che la mera disponibilità di fatto dei terreni non è mai stata accompagnata da alcuna volontà di escludere i legittimi proprietari dalle proprie prerogative L’attore non ha di certo fornito la prova di aver realizzato lui la tettoia, anzi si tratta di circostanza che è stata esclusa dalla documentazione agli atti del giudizio…’.
In sostanza, l’attore non ha provato il possesso continuo ed ininterrotto dei terreni per il tempo necessario al perfezionamento dell’usucapione ventennale.
Con l’appello incidentale, si censura la disposta compensazione delle spese di lite, in quanto la relativa motivazione è troppo generica e non tiene debitamente in considerazione la condotta giudiziale e stragiudiziale dei convenuti che non hanno dimostrato di adempiere ai propri doveri e oneri, chiedendosi quindi la condanna degli appellanti alla rifusione delle spese di primo grado.
*
La Corte esamina preliminarmente il secondo motivo dell’appello principale, in quanto fondato ed assorbente del primo motivo e dell’appello incidentale.
Infatti, a prescindere dalla questione della sdemanializzazione tacita dei terreni oggetto di causa, è assorbente rilevare che, come contesta l’Agenzia appellante, nella fattispecie non si sono realizzati i presupposti necessari al perfezionamento dell’usucapione sui terreni censiti al foglio 192 mappali 157, 158, 942, 944, 860, 861, 943 e 945, poiché proprietario della tettoia che sui medesimi insiste ex art. 952 c.c., non ha dimostrato di avere esercitato un possesso uti dominus su detti terreni.
Costituito dal proprietario pubblico dei terreni il diritto di superficie -diritto non incompatibile con la demanialità del suolo -a favore della ditta COGNOME Napoleone che sui medesimi costruì la tettoia, tale diritto fu ceduto dal Fallimento della predetta ditta a e da questi fu ceduto a con la proprietà della tettoia con la scrittura privata del 28.10.1954.
Dunque, acquistò la proprietà della sola tettoia costruita su terreni di proprietà altrui, quelli oggetto del presente giudizio, costituendosi a suo favore il diritto di superficie su quest’ultimi. Nell’atto di acquisto della proprietà della tettoia, diede atto e riconobbe la proprietà altrui del terreno su cui la tettoia insiste: ‘…il compratore dà espressamente atto al venditore di essere a piena conoscenza che la tettoia è costruita su terreno di proprietà diversa da quella del venditore e pertanto si assume ogni rischio od onere potesse derivare da tale situazione, ivi compreso quello della richiesta di demolizione da parte dei proprietari’ (doc. 2 primo grado); esattamente come espressamente aveva riconosciuto dante causa di nell’atto di acquisto della medesima tettoia dal Fallimento COGNOME COGNOME in data 17.1.1951 (doc. 1 primo grado).
stesso si qualifica -del tutto correttamente -come proprietario superficiario nelle osservazioni inviate all’ in data 4.2.2015, in riferimento agli ‘interventi infrastrutturali per l’ammodernamento ed il potenziamento della linea ferroviaria Bologna -Portomaggiore’ nell’ambito del procedimento unico semplificato ex art. 36 octies della L.R. 20/2020 (doc. 5 primo grado). Tali osservazioni e rilievi, infatti, propone nella qualità di titolare della proprietà della tettoia, al fine di evitarne la demolizione, nonché in quanto proprietario superficiario dei terreni su cui questa insiste.
Tanto precisato, gli atti posti in essere da che, in tesi attorea, dovrebbero dimostrare l’esercizio del possesso uti dominus dei terreni, in realtà non costituiscono niente di più e di diverso dall’esercizio del diritto reale di superficie ex art. 952 c.c., possedendone il titolo, avendo il proprietario superficiario la facoltà di mantenere e conservare la costruzione sul fondo del concedente e di utilizzarla appieno. Deve quindi escludersi che le condotte tenute da ossia la locazione della sola tettoia (e non del terreno) e la recinzione a tutela della stessa o qualsiasi altra condotta di utilizzo e di conservazione della tettoia -possano integrare un possesso uti dominus dei terreni su cui essa -necessariamente -insiste, idoneo ai fini dell’usucapione dei terreni stessi.
Non è poi provata -e, ancora prima, non è specificamente prospettata -alcuna interversione del possesso ai sensi dell’art. 1164 c.c., non essendo intervenuto alcun mutamento nel titolo del possesso tale da permettere di iniziare a possedere i terreni con effetti acquisitivi della piena proprietà dei terreni.
I contratti di locazione della tettoia, prodotti dall’attore con la prima memoria istruttoria, non provano né il possesso del terreno -come visto – né l’interversione del possesso dal momento che hanno ad oggetto parti del fabbricato, ad uso magazzino o garage, e non del terreno sottostante; peraltro, si tratta di atti che il proprietario superficiario pose in essere nei confronti di terzi e non del proprietario dei terreni che, quindi, non si configurano, come richiede giurisprudenza costante in materia, come una ‘manifestazione esteriore rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi sia posto in grado di rendersi conto dell’avvenuto mutamento e quindi tradursi in atti ai quali possa riconoscersi il carattere di una concreta opposizione all’esercizio del possesso da parte sua…’ (tra le molteplici, Cass. Civ. 7337/2002).
Parimenti, la recinzione dell’area su cui insiste la tettoia non costituisce un’interversione del possesso, risultando anche tale condotta esercizio del diritto di superficie. La circostanza che il terreno sia stato recintato dall’attore, peraltro, è stata dedotta dal medesimo tardivamente soltanto con le note conclusive del 23.4.2020, a seguito del sopralluogo effettuato dal Comune di Bologna in corso di causa per verificare l’abusività del fabbricato. La circostanza, infatti, non è dedotta nell’atto di citazione nel giudizio di primo grado, nonostante costituisca un fatto principale, a prescindere da ogni valutazione sulla sua rilevanza, su cui si fonda la domanda rispetto al quale al convenuto deve essere data facoltà di difendersi.
Anche l’appello incidentale è assorbito, poiché l’accoglimento dell’appello principale comporta la totale riforma della sentenza impugnata con conseguente nuova pronuncia sulle spese processuali di primo grado.
In conclusione, l’appello principale è fondato e la sentenza impugnata deve essere integralmente riformata.
Passando a regolare le spese processuali, deve precisarsi che nel 2014 il Legislatore ha introdotto due temperamenti alla disciplina della soccombenza posta dall’art. 92 comma 2 c.p.c. oltre quello della soccombenza reciproca, rimasto invariato nel tempo – ovvero l’assoluta novità della questione trattata ed il mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti. Esaminando dette ipotesi tassative, con sentenza n. 77/2018 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92 comma 2 c.p.c. nella parte in cui non prevede che il giudice, in caso di soccombenza totale, possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano ‘ altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni ‘, stabilendo che sussiste una violazione al principio di ragionevolezza e di eguaglianza, in quanto non sono considerate dalla norma, altre analoghe fattispecie riconducibili alla stessa ratio giustificativa. In particolare, secondo la Corte Costituzionale rientrano nella medesima ratio della ‘ assoluta novità della questione ‘ anche le situazioni di assoluta incertezza in diritto o in fatto della lite che, quindi, sono riconducibili alle gravi ed eccezionali ragioni.
Nel caso in decisione, l’assoluta incertezza in diritto della lite emerge dalla condotta poco chiara dell’Agenzia del Demanio e del Comune di Bologna, che ha reso più difficoltoso l’esercizio del diritto di difesa per parte attrice. Si veda, ad esempio, il fatto che l’Agenzia attribuì all’attore l’indennità per l’occupazione temporanea di alcuni mappali e ne sdemanializzò altri; quanto al Comune, il fatto che il 27.11.2013 rivolse al Demanio ‘ domanda di attribuzione a titolo non oneroso ‘ dei mappali 860, 861, 943 e 945 (oltre ad ulteriori particelle estranee al giudizio, doc. 7 Comune), poi comunicò che l’interesse per tale area era venuto meno con nota del 26.6.2018, in quanto ‘… non sono utilizzate e non sono utilizzabili dall’Amministrazione Comunale…’ (doc. 9 Comune) e successivamente, con nota di rettifica, riaffermò l’utilizzo istituzionale dei terreni (doc. 10 Comune).
Sussistono, dunque, in una valutazione complessiva dell’esito della lite, i presupposti per compensare nella misura della metà le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio che in relazione al valore, alla modesta complessità della causa ed all’attività effettivamente svolta sono liquidate, per l’intero, nel dispositivo ex d.m. 55/2014 e devono porsi a carico della parte soccombente.
Le spese di CTU si pongono a carico delle parti in ragione di 1/3 ciascuna.
P.Q.M.
La Corte d’Appello, definitivamente pronuncia
ndo, in accoglimento dell’appello principale proposto dall’Agenzia del Demanio e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, assorbito l’appello incidentale proposto dagli eredi di , avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Bologna n. 20515/2020 ed a totale riforma della stessa:
1) rigetta le domande proposte da , , e quali eredi di contro l’Agenzia del Demanio, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed il Comune di Bologna;
2) condanna , , e , quali eredi di , alla rifusione del 50% delle spese processuali, compensate per la rimanente parte, che liquida, per l’intero:
-a favore dall’Agenzia del Demanio e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in € 5.000 per compensi per il primo grado ed in € 6.000 per compensi per il secondo grado; oltre, per entrambi i gradi, spese forfettarie e accessori di legge, se dovuti;
-a favore del Comune di Bologna in € 5.000 per compensi per il primo grado ed in € 6.000 per compensi per il secondo grado; oltre, per entrambi i gradi, spese forfettarie e accessori di legge, se dovuti;
3) pone le spese di CTU definitivamente a carico degli eredi di per la quota di 1/3, a carico dell’Agenzia del Demanio e del Ministero dell’Economia per la quota di 1/3 e a carico del Comune di Bologna per la quota di 1/3.
Così deciso dalla seconda sezione civile della Corte d’Appello di Bologna il giorno 8.7.2025.
Il Consigliere estensore dott.ssa NOME COGNOME
Il Presidente dott. NOME COGNOME