Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 340 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 340 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31521/2021 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ; rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME )COGNOME in virtù di procura allegata al ricorso;
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ; rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME ( ) e NOME COGNOME Misurale ( ), in virtù di procura a margine del controricorso;
-controricorrente-
nonché di
RAGIONE_SOCIALE quale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE in persona del p rocuratore, Avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura allegata al controricorso;
-controricorrente-
e di
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ; rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrente-
nonché di
RAGIONE_SOCIALE ;
-intimata- per la cassazione della sentenza n. 1135/2021 della CORTE d’APPELLO di LECCE, depositata il 18 ottobre 2021, notificata il 20 ottobre 2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
nel 1988, con atto notarile, il Comune di Parabita cedette a NOME COGNOME il diritto di superficie per 99 anni su un immobile di circa 1.300 metri quadrati;
nel 2007, sempre a mezzo di rogito notarile, NOME COGNOME trasferì il diritto di superficie alla società RAGIONE_SOCIALE di cui era socio accomandatario e legale rappresentante;
Nel 2009, ad istanza della Banca Popolare Pugliese s.c.p.a., che aveva intrapreso una procedura esecutiva immobiliare, radicata dinanzi al Tribunale di Lecce, il diritto di superficie della RAGIONE_SOCIALE fu sottoposto ad un primo pignoramento;
un secondo pignoramento fu iscritto nel 2010 ad istanza di Equitalia Sud sRAGIONE_SOCIALEr.l.; un terzo pignoramento fu iscritto nel 2011 ad istanza del Banco di Napoli s.p.a.; la proprietà superficiaria fu dunque sottoposta a tre distinte procedure esecutive;
con rogito notarile del 18 aprile 2014, la RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del suo socio accomandatario e legale rappresentante NOME COGNOME trasferì il diritto di superficie ad altra società, la RAGIONE_SOCIALE;
il successivo 23 aprile 2014, la L.RAGIONE_SOCIALE stipulò un atto con il Segretario Comunale del Comune di Parabita, avente ad oggetto l’acquisto, a titolo gratuito, del diritto di proprietà sul l’immobile già concesso in diritto di superficie;
quest’ultimo atto fu posto in essere ai sensi dell’art.3, comma 64, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, a mente del quale « I comuni possono cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie nell’ambito dei piani delle aree destinate a insediamenti produttivi di cui all’articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 . Il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato con delibera del consiglio comunale, in misura non inferiore alla differenza tra il valore delle aree da cedere direttamente in diritto di proprietà e quello delle aree da cedere in diritto di superficie, valutati al momento della trasformazione di cui al presente comma. La proprietà delle suddette aree non può essere ceduta a terzi nei cinque anni successivi all’acquisto »;
i due atti del 18 e del 23 aprile 2014 (trasferimento del diritto di superficie dalla RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE; acquisto del diritto di proprietà dal Comune) furono trascritti contestualmente in favore della RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE;
2. con ricorso depositato il 17 giugno 2015 la L.RAGIONE_SOCIALE propose opposizione di terzo, ex art.619 cod. proc. civ., all’esecuzione immobiliare, deducendo l’illegittimità della procedura esecutiva instaurata nei confronti della RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, nella parte in cui consentiva ai potenziali aggiudicatari della proprietà superficiaria la possibilità di esercitare il diritto previsto dalla legge n. 662 del 1996 e di divenire così pieni proprietari; ciò, in quanto tale diritto, configurabile come diritto potestativo di riscatto, era già stato esercitato da essa società attraverso l’atto stipulato con il Comune di Parabita e si era pertanto consumato;
respinta, anche in sede di reclamo, l’istanza di sospensione dell’esecuzione, introdotta la fase di merito, costituitisi i creditori opposti, nonché la RAGIONE_SOCIALE, aggiudicataria del bene staggito, il Tribunale di Lecce, con sentenza 31 maggio 201 9, rigettò l’opposizione;
avverso questa decisione, la RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello e la Corte d ‘ appello di Lecce, con sentenza 18 ottobre 2021, n. 1135, ha rigettato l’impugnazione , sui rilievi:
che il trasferimento della proprietà superficiaria dalla RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE era stato effettuato e trascritto nel 2014, dunque posteriormente alla trascrizione dei pignoramenti (avvenuta tra il 2009 e il 2011), sicché non era opponibile ai creditori pignoranti;
che il diritto potestativo di riscatto era accessorio al diritto di superficie, essendo esercitabile solo dal titolare ditale diritto, di cui seguiva le vicende;
che, dunque, non essendo opponibile ai creditori pignoranti l’acquisto del diritto di superficie, non era loro opponibile neppure l ‘acquisto del diritto di riscatto, esercitato dalla RAGIONE_SOCIALE sul presupposto della titolarità del diritto di superficie;
propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di un unico motivo, ripartito in due censure;
rispondono con controricorso: la Banca Popolare Pugliese s.c.p.a.RAGIONE_SOCIALE, in rappresentanza della RAGIONE_SOCIALE, società cessionaria dei crediti di Intesa Sanpaolo s.p.a., già incorporante il Banco di Napoli; e la RAGIONE_SOCIALE, aggiudicataria del diritto di superficie; resta intimata la L.RAGIONE_SOCIALE;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art.380 -bis .1. cod. proc. civ.;
il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte;
la società ricorrente e due delle società controricorrenti (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) hanno depositato memoria.
Considerato che:
con l ‘unico motivo di ricorso viene denunciata « Nullità della sentenza in relazione all’art. 360, comma 1, nn.3 e 4 c.p.c. Omessa o apparente motivazione
in relazione al diritto di riscatto esercitato dalla RAGIONE_SOCIALE Violazione e falsa applicazione degli artt. 2913, 2914 e 2919 c.c. »;
il motivo, come si è già detto, si articola in due censure;
1.a. con la prima, viene prospettato un vizio motivazionale costituzionalmente rilevante, per avere la Corte di merito corredato la propria decisione di una motivazione « carente » o « apparente » o per avere fatto indebito ricorso ad una motivazione « per relationem »;
la ricorrente deduce che la Corte territoriale avrebbe rigettato l’appello « senza aver compiuto una disamina logica e giuridica della questione denunciata con il primo motivo di gravame »;
sostiene che, con tale motivo, essa -sulla premessa che la possibilità di acquisi re il diritto alla piena proprietà dell’immobile era subordinata, oltre che alla titolarità del diritto di superficie, anche a quella del diritto di riscatto, previsto dall’ art.3, comma 64, della legge n.662 del 1996 -aveva posto in evidenza: a) la natura potestativa del detto diritto di riscatto, quale diritto ad operare unilateralmente una modificazione nella sfera giuridica altrui, che ne escludeva l’assoggettabilità ad e secuzione forzata; b) il carattere personale di tale diritto e la sua autonomia rispetto al diritto di superficie, che ne escludeva la possibilità di formare oggetto della stessa esecuzione individuale iniziata per l’ espropriazione del diritto di superficie; ciò, sul rilievo che l’ esecuzione individuale, diversamente da quella concorsuale, non riguarderebbe « il patrimonio nella sua interezza », restandone « esclusi i diritti potestativi »; c) il carattere istantaneo dell’esercizio del diritto , il quale, una volta che essa lo aveva esercitato mediante l’atto stipulato con il Comune in data 23 aprile 2014, si era definitivamente consumato e non poteva essere nuovamente esercitato dagli aggiudicatari della proprietà superficiaria; d) infine, l’ inesistenza del diritto di piena proprietà dell’area al tempo del pignoramento presso l’esecutato; diritto che era stato pertanto da essa liberamente acquistato come bene non sottoposto al predetto vincolo, il quale riguardava il (diverso) diritto di superficie, unico bene acquistabile dall’aggiudicatario all’esito della procedura esecutiva;
1.b. con la seconda censura, viene denunciato il vizio di violazione e falsa applicazione delle sopracitate norme del codice civile;
la ricorrente ripropone, sotto tale specifico profilo, le medesime doglianze prospettate con la denuncia del presunto vizio motivazionale, imputando alla Corte di merito di avere indebitamente ritenuto che « anche il diritto di riscatto, esercitato in forza del diritto di proprietà superficiaria », fosse « inopponibile al creditore procedente »; ciò, sul rilievo che, al contrario, « l’esercizio del predetto diritto potestativo, insuscettibile di azione esecutiva individuale », sarebbe invece « autonomo rispetto alla titolarità del diritto di superficie e pertanto sottratto all’aggressione dei credito ri »;
1.1. il motivo, con riferimento ad entrambi le censure in cui si articola, è manifestamente infondato;
1.1.a. rispetto alla denuncia di vizio motivazionale, va ricordato che, in seguito alla riformulazione del numero 5 dell’art.360 cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del decreto -legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile alle sentenze pubblicate dopo l’11 settembre 2012 e dunque anche alla pronuncia impugnata con il ricorso in esame, depositata il 18 ottobre 2021), il sindacato di legittimità sulla motivazione è stato ridotto al minimo costituzionale, sicché è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, la quale si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motiva zione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054, RRvv. 629830 e 629833 e succ. conformi);
ciò posto, è del tutto evidente che nessuna delle predette gravi omissioni motivazionali è ravvisabile nella sentenza impugnata, la quale -come emerge dalla sintesi sopra riportata -ha dato conto in modo articolato, e senza alcuna contraddizione, delle ragioni poste a fondamento dell’adottata decisione ;
1.1.b. in ordine alla censura di violazione e falsa applicazione degli artt. 2913, 2914 e 2919 cod. civ., va chiarito quanto segue:
la situazione giuridica soggettiva derivante dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662, art.3, comma 64, non è un diritto soggettivo potestativo, poiché la norma
non attribuisce al privato titolare della proprietà superficiaria il diritto di modificarla unilateralmente in proprietà piena; al contrario, viene attribuito al Comune il potere -che può essere o meno esercitato con attività provvedimentale di natura discrezionale -di cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie; il privato titolare della proprietà superficiaria non ha dunque alcun diritto potestativo ma solo un interesse pretensivo ad essere individuato come destinatario della cessione all’esito del legittimo esercizio dell’azione amministrativ a, ove la pubblica amministrazione discrezionalmente decida di esercitare il potere;
b) l’esercizio de l potere pubblicistico di cedere in proprietà le aree già concesse in superficie presuppone un atto a titolo oneroso, dal momento che il citato comma 64 dell’art.3 della legge n. 662 del 1996 stabilisce che i l corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato con delibera del consiglio comunale, in misura non inferiore alla differenza tra il valore delle aree da cedere direttamente in diritto di proprietà e quello delle aree da cedere in diritto di superficie, valutati al momento della trasformazione; si versa pertanto in una situazione diametralmente opposta rispetto a quella infondatamente prospettata dalla ricorrente: anche dopo l’emissione del provvedimento amministrativo , l’ente che ha deliberato la cessione in proprietà , lungi dal trovarsi in una posizione di soggezione rispetto ad un diritto potestativo del privato, provvede unilateralmente alla determinazione del corrispettivo della cessione medesima, mentre è, al contrario, il privato a restare soggetto alla potestà pubblicistica, continuando a vantare, dinanzi ad essa, un semplice interesse legittimo di natura pretensiva, sino alla stipulazione dell’atto di trasferimento della proprietà;
c) questa situazione giuridica di interesse non è né autonoma né personale, ma accessoria al diritto di superficie; il Comune infatti può deliberare la cessione della proprietà solo in favore del titolare del diritto di superficie, così come solo in capo a quest’ultimo l’interesse generale al legittimo esercizio del potere amministrativo di cessione in proprietà delle aree già concesse in diritto di superficie, diviene interesse qualificato , comportante la legittimazione all’impugnazione dell’atto amministrativo per vizi di legittimità;
d) non è dunque individuabile una situazione di diritto soggettivo potestativo distinta dai diritti reali di superficie e di proprietà, per modo che non ha senso chiedersi se tale diritto sia o meno suscettibile di esecuzione forzata e se il suo esercizio ne comporti, o no, la consumazione istantanea;
e) piuttosto, deve prendersi atto che, in seguito all’esercizio, con provvedimento amministrativo, del potere previsto dalla legge n.662 del 1996, il (futuro) cessionario del diritto di proprietà, viene individuato nel titolare del già concesso diritto di superficie; che a tale soggetto spetta quindi la legittimazione a stipulare l’atto di trasferimento della proprietà, con assunzione dell’obbligo di versare il corrispettivo unilateralmente determinato dall’ente; e che l’inefficacia degli atti di trasferimento del diritto di superficie esclude altresì il trasferimento della predetta legittimazione;
nel caso di specie, è incontroverso che il Comune abbia esercitato il potere di cedere in proprietà l’immobile , già concesso in superficie, con delibera della Giunta comunale del 21 settembre 2004, sicché la legittimazione a stipulare l’atto di acquisto spettava alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, non essendo opponibile ai creditori procedenti -che avevano trascritto i pignoramenti tra il 2009 e il 2011 -il trasferimento del diritto di superficie operato dalla stessa RAGIONE_SOCIALE in favore della RAGIONE_SOCIALE con atto del 18 aprile 2014;
quest’ultima, del resto, nello stipulare l’atto di acquisto dell’area già concessa in superficie in data 23 aprile 2014, non aveva affatto esercitato un (inesistente) diritto potestativo di riscatto ma aveva esercitato una legittimazione contrattuale che non le spettava, con la conseguenza che anche quest’atto quale atto acquisitivo del non legittimato, tra altro, indebitamente concluso a titolo gratuito
-era rimasto inefficace;
la legittimazione, invece, per effetto dell ‘assoggettamento del diritto di superficie ad esecuzione immobiliare, si era debitamente trasferita in capo ai potenziali aggiudicatari del bene, sicché -contrariamente a quanto dedotto dall’opponente nessuna illegittimità era ravvisabile nella procedura esecutiva per il fatto che essa avrebbe consentito ai potenziali aggiudicatari del diritto di
superficie la possibilità di divenire pieni proprietari del bene, ai sensi dell’art. 3, comma 64, della legge n. 662 del 1996;
le considerazioni che precedono valgono a correggere in via integrativa la motivazione della sentenza d’appello, il cui dispositivo è conforme a diritto (art.384, ultimo comma, cod. proc. civ.), con conseguente rigetto del ricorso;
le spese del giudizio di legittimità, relative ai rapporti processuali tra le parti costituite, seguono la soccombenza della società ricorrente e vengono liquidate, come da dispositivo, in favore di ciascuna delle società controricorrenti;
pur non sussistendo i presupposti per la condanna della società ricorrente ai sensi dell’art.96 , terzo comma, cod. proc. civ., la manifesta fondatezza delle difese delle controricorrenti, parte vittoriose, impone l’applicazione dell’aumento , nella misura del 30 per cento, del compenso da liquidare in loro favore nell’ambito delle spese processuali, ai sensi dell’ art.4, comma 8, D.M. n.55 del 2014;
avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovut o.
Per Questi Motivi
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la società ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle società controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida: per la Banca Popolare Pugliese s.c.p.a., in Euro 6.500,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; per la RAGIONE_SOCIALE, in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; e per la Intrum RAGIONE_SOCIALE s.p.a., in Euro 8.450,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in