Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1725 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1725 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 34858/2019) proposto da:
NOME (C.F.: MRN GNN 54L31 F158R), NOME (C.F.: MRN MNG 57P41 F158T) e NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), in proprio e in qualità di eredi di NOME, nonché COGNOME NOME (C.F.: CST CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.: CST CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: CST CODICE_FISCALE), in qualità di eredi di NOME, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME (C.F.: TARGA_VEICOLO e COGNOME NOME (C.F.: TARGA_VEICOLO, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso con ricorso incidentale, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati
R.G.N. 34858/19
C.C. 9/01/2025
Vendita -Diritto di sopraelevazione -Usucapione
in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-controricorrenti e ricorrenti incidentali –
e
NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE, ammessa al patrocinio a spese dello Stato con delibera n. 2452/2019 del 13 novembre 2019 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Messina, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ‘controricorso’, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-controricorrente e ricorrente adesiva –
nonché
NOME (C.F.: CODICE_FISCALE; PESCHIERA NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, in proprio e in qualità di socio accomandatario della cessata RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA); F.RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore ;
-intimati – avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina n. 298/2019, pubblicata il 12 aprile 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 gennaio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse dei ricorrenti e dei controricorrenti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. –NOME COGNOME conveniva, davanti al Tribunale di Messina, l’RAGIONE_SOCIALE, al fine di sentire dichiarare la nullità dell’atto di vendita del 7 dicembre 1992 in favore della convenuta, avvenuto a non domino a cura di NOME COGNOME quale procuratrice speciale dell’alienante NOME COGNOME avente ad oggetto il trasferimento della proprietà dell’ultimo piano dell’edificio sito in Messina, INDIRIZZO, corrispondente al quarto piano o quinta elevazione fuori terra, costituito da un unico vano di mq. 313 circa, inserito in catasto al foglio n. 217, particella n. 95, subalterno n. 3.
Instaurando separato giudizio, con atto di citazione del 26 giugno 1998, COGNOME COGNOME quale unica erede di NOME, conveniva, davanti allo stesso Tribunale, l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che il predetto atto di vendita del 7 dicembre 1992 fosse dichiarato nullo per simulazione assoluta, con l’accertamento del suo diritto di proprietà e con la condanna al risarcimento dei danni.
Intervenivano volontariamente in tale giudizio NOME, NOME, NOME, NOME e NOME, quali eredi di NOME nonché suoi aventi causa in forza di atti pubblici di donazione del 1° settembre 1995 -con cui NOME aveva donato ai propri figli NOME NOME NOME e NOME la nuda proprietà,
limitatamente alla quota della metà dell’intero fabbricato emarginato, inserito in catasto al foglio n. 217, particella n. 95, subalterni nn. 1, 2 e 3, riservando l’usufrutto alla propria moglie NOME COGNOME i quali chiedevano che fosse accertata la nullità della vendita del 7 dicembre 1992, in quanto avvenuta a non domino , e che fosse riconosciuta la proprietà dell’immobile in questione, in comunione con NOME Giacomo, cui erano succeduti nel frattempo i suoi aventi causa COGNOME NOME e NOME COGNOME rispettivamente moglie e figlia, con la condanna, in solido, della RAGIONE_SOCIALE e della società RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni.
Nel corso di tale giudizio decedeva COGNOME COGNOME sicché la causa era proseguita su impulso della sua erede universale NOME COGNOME
In ulteriore separato giudizio, instaurato con atto di citazione notificato il 25 maggio 1999, NOME, NOME, NOME, NOME e NOME, quali eredi di NOME nonché suoi aventi causa, convenivano, davanti al medesimo Tribunale, COGNOME NOME nonché COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, al fine di sentire dichiarare la nullità dell’atto pubblico di vendita del 30 marzo 1999, avente ad oggetto il trasferimento della proprietà dell’immobile sito in INDIRIZZO, costituito da un unico vano di circa mq. 390, adibito a deposito, riportato in catasto al foglio n. 217, particella n. 95, subalterno n. 5, da COGNOME NOME a COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, per difetto del titolo dominicale in capo alla venditrice, con la condanna degli acquirenti all’immediato rilascio del bene e dei convenuti al risarcimento dei danni.
Si costituivano in giudizio COGNOME NOME, COGNOME Walter e COGNOME NOME, i quali contestavano, in fatto e in diritto, la fondatezza delle avversarie domande, eccependo che il cespite oggetto della compravendita avvenuta a loro favore non corrispondeva a quello oggetto della compravendita in favore della società Peschiera. Concludevano, dunque, per il rigetto delle pretese di controparte e, in caso di evizione, chiedevano -in via riconvenzionale -che la COGNOME, quale loro dante causa, fosse condannata al risarcimento dei danni, rivendicando l’acquisto dell’immobile a titolo originario per intervenuta usucapione.
Resisteva altresì alle domande avversarie COGNOME COGNOME la quale rappresentava che il terrazzo di copertura del palazzo non era mai stato trasferito in favore di NOMECOGNOME sicché questi non aveva mai potuto acquistare la proprietà del piano sopraelevato; assumeva poi che la proprietà ricadeva in favore del suo dante causa NOME ed eccepiva l’intervenuta usucapione a proprio favore, quantomeno del diritto di superficie, invocando la nullità/rescissione del contratto di compravendita del 30 marzo 1999 per lesione ultra dimidium .
I tre giudizi erano riuniti e in corso di causa era assunta la prova orale ammessa (interrogatorio formale e prova testimoniale) ed era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 2593/2013, depositata il 27 dicembre 2013: 1) rigettava le domande proposte da COGNOME COGNOME cui era succeduta NOME COGNOME; 2) dichiarava nullo il contratto di vendita concluso il 7 dicembre 1992; 3) dichiarava nullo il contratto di vendita concluso il 30 marzo 1999; 4) dichiarava che il bene oggetto delle compravendite, inserito in
catasto al foglio n. 217, particella n. 95, subalterno n. 3, ricadeva nella comproprietà, ciascuno per la quota indivisa di 1/8, di NOME COGNOME, NOME, NOME e NOME COGNOME tutti complessivamente per la quota indivisa di un mezzo, su cui vi era l’usufrutto di NOME; 5) condannava l’Ingrosso RAGIONE_SOCIALE, COGNOME Giuseppe, COGNOME NOME e COGNOME NOME all’immediato rilascio, in favore di NOME, NOME COGNOME NOME, NOME e NOME, dell’immobile emarginato, libero e sgombro da persone e cose; 6) rigettava le domande di condanna al risarcimento dei danni avanzate dagli eredi di NOME NOME; 7) dichiarava che NOME COGNOME, quale erede di NOME, era comproprietaria, per la quota indivisa di un mezzo, del cespite indicato; 8) dichiarava la cessazione della materia del contendere nel rapporto tra NOME COGNOME, da un lato, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, dall’altro; 9) rigettava le domande proposte da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
2. -Con atto di citazione notificato il 4 luglio 2014, NOME COGNOME spiegava gravame avverso la predetta sentenza del Tribunale, contestando il rigetto delle domande di usucapione e l’accertamento della proprietà del bene in favore degli eredi di NOME e NOME.
Con separato atto di citazione notificato il 14 luglio 2014, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in proprio e quali eredi di COGNOME NOME, proponevano appello avverso la medesima pronuncia di primo grado, lamentando: 1) l’erroneo
rigetto delle domande riconvenzionali di usucapione in favore degli acquirenti COGNOME e, ancora prima, in favore di COGNOME NOME; 2) la validità dell’atto di vendita in loro favore del 30 marzo 1999; 3) l’erroneo riconoscimento della proprietà e dell’usufrutto sul cespite in favore di NOME, NOME, NOME e NOME nonché di NOME.
Si costituivano nei giudizi di impugnazione NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali instavano per il rigetto dell’appello, con la conferma della decisione impugnata.
Previa riunione dei giudizi, decidendo sui gravami interposti, la Corte d’appello di Messina, con la sentenza di cui in epigrafe, in accoglimento per quanto di ragione delle impugnazioni spiegate e in parziale riforma della pronuncia appellata, dichiarava che gli aventi causa di NOME e NOME non erano titolari di diritti reali sull’immobile emarginato e, per l’effetto, compensava interamente tra le parti le spese del giudizio di primo grado e d’appello, confermando nel resto la sentenza impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che le due vendite del 7 dicembre 1992 e del 30 marzo 1999, come accertato dal Tribunale, avevano ad oggetto il medesimo bene, nonostante diversamente identificato nei relativi atti pubblici; b ) che la marchesa di COGNOMED. NOME, vendendo -con atto del 1° luglio 1961, in favore dei germani NOME e NOME Giacomo -il terzo piano realizzato in forza del suo diritt o di superficie di cui all’atto di ratifica del 22
ottobre 1955, succeduto all’atto di vendita del 14 luglio 1954, era rimasta ancora titolare del diritto di sopraelevare sul lastrico del piano venduto, non essendovi menzione nell’atto di trasferimento anche di tale diritto, distinto dalla proprietà superficiaria, né risultando dall’atto di ratifica del 1955 che il diritto di edificare rimasto in capo alla Pulejo avesse limitazione di altezza; c ) che tuttavia non vi era alcun atto in forza del quale il diritto di sopralzo mantenuto dalla Pulejo si fosse trasferito in favore di NOME, così da rendere quest’ultimo proprietario legittimo della quinta elevazione fuori terra dell’edificio ex Metropol; d ) che allo scopo non poteva ritenersi utile la dichiarazione del figlio della marchesa COGNOME resa il 21 settembre 1992, con la quale si sosteneva che NOME avesse posseduto, quale unico ed esclusivo proprietario, l’area di copertura dello stabile, poiché il trasferimento del diritto di superficie non poteva che derivare da un atto scritto, a pena di nullità, atto che non era stato né indicato né a fortiori prodotto; e ) che, quanto alla censura relativa al mancato accoglimento della dedotta usucapione del diritto di superficie, il relativo rigetto doveva essere confermato, sebbene per ragioni diverse da quelle rappresentate dal Tribunale, e ciò perché detta domanda era stata erroneamente proposta nei confronti degli aventi causa di NOME NOME e NOME Giacomo mentre il contraddittore legittimo sarebbe stato il titolare del diritto di superficie, ossia l’erede della marchesa COGNOME COGNOME; f ) che, per le ragioni innanzi esposte, neanche Marino Santa, da una parte, e gli aventi causa di NOMECOGNOME dall’altra, potevano ritenersi proprietari o titolari di altro diritto reale sull’immobile in questione, poiché il diritto di
sopraelevare, in forza del quale era stato realizzato detto immobile, era rimasto in capo alla Pulejo.
-Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, NOME Giovanni, NOME e NOME COGNOME, in proprio e in qualità di eredi di NOME, nonché COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in qualità di eredi di NOME.
Hanno resistito, con controricorso, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che -a loro volta -hanno proposto ricorso incidentale, articolato in cinque motivi.
Ha notificato e depositato controricorso anche NOME COGNOME che ha riprodotto il contenuto del ricorso principale, chiedendo l’accoglimento del relativo motivo.
Sono rimasti intimati NOME COGNOME Peschiera NOME e la RAGIONE_SOCIALE
-I ricorrenti e i controricorrenti nonché ricorrenti incidentali hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con l’unico motivo i ricorrenti principali denunciano (motivo ripreso dalla controricorrente Marino Santa), ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 954, quarto comma, c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che, all’esito dell’atto di vendita del 1° luglio 1961, il diritto di sopraelevare fosse rimasto in capo all’originaria venditrice, nonostante il patto contrario rappresentato dalla ratifica del 22 ottobre 1955, con la quale la Pulejo si sarebbe
riservata l’area soprastante al piano terreno, senza corrispondere agli acquirenti alcuna indennità.
Obiettano gli istanti che il rilievo della sentenza impugnata -secondo cui il diritto di sopraelevare della Pulejo si sarebbe trasferito dall’area soprastante al pianterreno a quella dell’ultima elevazione nel frattempo alienata con l’atto del 1° luglio 1961, in difetto di alcuna menzione dell’esclusione di tale riserva in tale ultimo atto pubblico di vendita -non avrebbe tenuto conto del mancato esercizio di tale diritto di superficie, in capo alla Pulejo, per un periodo ultraventennale, con la conseguente sua estinzione, sicché, in base al principio di accessione, gli aventi causa dei germani NOME NOME e NOME NOME avrebbero visto estendersi il proprio diritto anche al piano costruito successivamente al loro atto di acquisto, indipendentemente dal tempo in cui tale costruzione fosse stata completata.
1.1. -Il motivo è inammissibile.
E tanto perché il ricorso di legittimità risulta imperniato su una causa petendi completamente diversa da quelle fatte valere nei gradi di merito del giudizio, gradi nei quali mai è stata prospettata dagli aventi causa di NOME Angelo l’avvenuta estinzione del diritto di superficie per non uso ultraventennale, a fondamento del loro asserito acquisto per accessione.
Per contro, nel giudizio di merito NOME COGNOME nonché NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno sostenuto che la proprietà sull’ulteriore piano sopraelevato realizzato dal loro dante causa NOME COGNOME, corrispondente al quarto piano, pari alla quinta sopraelevazione fuori terra, inserito in catasto al foglio n. 217, particella n. 95,
subalterno n. 3, fosse loro ascrivibile in ragione del passaggio di proprietà anche sul lastrico solare per effetto dell’atto di vendita del piano sottostante del 1° luglio 1961.
Ora, il principio secondo cui nelle azioni relative ai diritti autodeterminati, quali la proprietà e gli altri diritti reali di godimento, la causa petendi si identifica con i diritti stessi e con il bene che ne forma l’oggetto e non con il titolo che ne costituisce la fonte, va reso compatibile con la struttura del giudizio di cassazione, il quale non consente nuove o diverse indagini di fatto, neppure sulla base di elementi già presenti in atti (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 30274 del 25/11/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 32470 del 22/11/2023; Sez. 2, Sentenza n. 24483 del 17/10/2017; Sez. 6-2, Ordinanza n. 11211 del 10/05/2013).
Senonché l’accertamento del diritto di proprietà sul lastrico a favore dell’acquirente della proprietà del piano sottostante, per avvenuta estinzione del diritto di superficie in capo alla venditrice originaria, esige una verifica in fatto, che non può essere compiuta in questa sede.
1.2. -D’altronde, correttamente si è ritenuto che la venditrice originaria avesse continuato a mantenere il diritto di sopraelevare, atteso che, ai fini del trasferimento di tale diritto agli acquirenti, occorreva che nel predetto atto di vendita del 1° luglio 1961 ne fosse fatta menzione.
Orbene, con scrittura privata autenticata del 14 luglio 1954, registrata il 3 agosto 1954, la marchesa COGNOME COGNOME a ministero del suo procuratore speciale NOME COGNOME nominato con atto pubblico del 21 novembre 1952, aveva venduto e contestualmente ceduto ai germani NOME e NOME
Giacomo il suolo edificabile della misura di mq. 670 circa, affinché obbligatoriamente fosse realizzata su tale suolo una costruzione.
Con successivo atto di ratifica del 22 ottobre 1955 gli stessi contraenti avevano specificato che l’accordo del 14 luglio 1954 aveva ad oggetto soltanto l’area posta al pianterreno mentre l’area soprastante sarebbe rimasta di proprietà della venditrice, la quale avrebbe mantenuto il diritto di edificare sulla costruzione al pianterreno senza corrispondere ai germani Marino alcuna indennità.
Successivamente, con l’indicato atto pubblico di vendita del 1° luglio 1961, la marchesa COGNOME, sempre tramite il proprio procuratore speciale NOME COGNOME aveva trasferito ai germani NOME e NOME il primo piano del fabbricato soprastante al piano terreno nel frattempo edificato, senza che vi fosse stato alcun riferimento all’ulteriore diritto di sopraelevare, sicché tale diritto di sopraelevazione è rimasto in capo alla venditrice, come argomentato dalla sentenza impugnata.
Ed invero, nel caso di sopraelevazione, il nuovo lastrico rimane di proprietà del titolare del precedente lastrico, indipendentemente dalla proprietà della costruzione. Il diritto di superficie, infatti, salvo che il titolo non ponga limiti di altezza al diritto di sopraelevazione, non si esaurisce con l’erezione della costruzione sul lastrico, né il nuovo lastrico si trasforma in bene condominiale, poiché il titolare della superficie, allorché eleva una nuova costruzione, anche se entra automaticamente nel condominio per le parti comuni ad esso, ha un solo obbligo nei confronti dello stesso, cioè quello di dare un tetto all’edificio,
restando, tuttavia, sempre titolare del diritto di sopralzo, che è indipendente dalla proprietà della costruzione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 7563 del 18/03/2019; Sez. 2, Sentenza n. 18822 del 31/10/2012; Sez. 2, Sentenza n. 1916 del 23/02/1987).
2. -Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo i controricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1362, 1363 e 1364 c.c. nonché dell’art. 952, secondo comma, c.c., per avere la Corte territoriale male interpretato i contratti richiamati, ossia la scrittura privata del 14 luglio 1954, registrata il 3 agosto 1954, l’atto di ratifica del 22 ottobre 1955 e l’atto di vendita del 1° luglio 1961.
Osservano gli istanti che erroneamente la Corte d’appello avrebbe ritenuto che anche per la vendita del 1961, come era avvenuto per l’atto di ratifica del 1955, la venditrice si fosse riservata il diritto di superficie e di edificazione sull’area soprastante al fabbricato realizzato, mentre con tale atto di vendita si sarebbe trasferita la proprietà separata, acquistata a titolo derivativo, atteso che al momento della stipula del rogito la costruzione era già stata realizzata.
2.1. -Il motivo è infondato.
Premesso che non vi è una specifica deduzione in ordine ai puntuali criteri ermeneutici in tesi violati, in ogni caso, per quanto anzidetto, nel caso di sopraelevazione, il nuovo lastrico rimane di proprietà del titolare del precedente lastrico, indipendentemente dalla proprietà della costruzione, salvo diversa specifica pattuizione, non contenuta nel citato atto di vendita del 1° luglio 1961.
3. -Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali contestano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 1158 c.c. e degli artt. 934 e ss. c.c. in tema di accessione nonché dell’art. 1146 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte distrettuale negato la maturazione del diritto di usucapione verso NOME e NOME e i loro aventi causa, in ragione del contegno assunto da NOMECOGNOME il quale aveva presentato in data 14 agosto 1968 un’istanza per la realizzazione della sopraelevazione al Comune di Messina, cui era seguita la relativa autorizzazione per l’esecuzione dei lavori, aveva dato incarico per la progettazione, era stato dichiarato effettivo proprietario dell’area superficiaria soprastante, come da scrittura privata rilasciata dall’erede della marchesa COGNOME aveva concesso in locazione in data 13 gennaio 1986 il predetto immobile in favore dell’Enaip, aveva chiesto, con istanza del 28 settembre 1992, al Comune di Messina -Ufficio urbanistica l’attestazione di ultimazione del fabbricato, aveva regolato, unitamente ai germani NOME e NOME, i rapporti relativi ai beni in comune, il tutto come corroborato dalle prove testimoniali raccolte con la teste NOME e con il teste COGNOME, atti e prove non esaminati dalla Corte di merito.
4. -Con il terzo motivo i ricorrenti incidentali deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in tema di disponibilità e valutazione delle prove, per avere la Corte del gravame omesso di ponderare il fatto storico rappresentato dal possesso ultraventennale in favore di NOME COGNOME, COGNOME Grazia, NOME COGNOME ed i germani COGNOME, secondo le prove documentali offerte, le risultanze
della consulenza tecnica d’ufficio svolta nel corso del giudizio di primo grado e la prova testimoniale assunta.
4.1. -I due motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto connessi sul piano logico e giuridico -sono inammissibili.
Le censure non colgono, infatti, la ratio della decisione, che ha disatteso le domande di usucapione, non già perché sfornite di prova, bensì perché proposte verso soggetti privi di legittimazione passiva sostanziale, ossia verso NOME e NOME Giacomo e verso i loro aventi causa, che non avevano alcun diritto dominicale sul lastrico e sulla relativa sopraelevazione realizzata, corrispondente al piano inserito in catasto al foglio n. 217, particella n. 95, subalterno n. 3.
Sul punto, la sentenza impugnata ha rilevato che tali domande riconvenzionali di usucapione, come spiegate sia dagli eredi di NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME sia dagli acquirenti, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, avrebbero dovuto essere azionate nei confronti della proprietaria del cespite interessato, ossia della marchesa COGNOME e -per la stessa -dei suoi eredi, nient’affatto evocati in causa.
Sicché le domande sono state reiette in appello per difetto di titolarità del diritto dominicale in capo ai soggetti verso cui sono state proposte, senza entrare nel merito delle prove articolate per dimostrare il possesso continuato, pacifico e indisturbato.
5. -Con il quarto motivo i ricorrenti incidentali si dolgono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., della violazione dell’art. 354 c.p.c., per avere la Corte d’appello, una volta ritenuto che le domande di accertamento della proprietà proposte
in via riconvenzionale avrebbero dovuto essere proposte nei confronti dell’erede della venditrice NOME COGNOME mancato di procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti di tale soggetto, retrocedendo il giudizio al primo grado.
5.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, ove la legittimazione passiva sostanziale, con riferimento al momento della decisione, manchi, non sorge la necessità della chiamata in causa del soggetto che risulti effettivo proprietario del cespite ed il giudice dovrà respingere, nel merito, la domanda così come proposta.
L’integrazione del contraddittorio va disposta in presenza di una causa inscindibile, la quale ricorre ogni qual volta venga dedotto in giudizio un rapporto giuridico con pluralità di soggetti e si renda necessaria, per motivi di diritto sostanziale o anche processuale, l’unità della decisione, sicché, in difetto di tale unità, la sentenza sarebbe inutiliter data .
Con la conseguenza che, evocati in causa solo alcuni dei legittimati, deve essere disposta l’integrazione del contraddittorio verso gli altri legittimati non citati.
Pertanto, non è configurabile litisconsorzio necessario fra un non legittimato costituito in giudizio ed il legittimato non comparso perché non citato, in quanto, in tal caso, la domanda irritualmente proposta contro il non legittimato deve essere respinta ed all’attore incombe l’onere di riproporla nei confronti dell’effettivo titolare del rapporto (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 57 del 07/01/1967; Sez. 2, Sentenza n. 2167 del 04/08/1966; Sez. 3, Sentenza n. 188 del 06/02/1963).
Il rimedio processuale dell’integrazione del contraddittorio non può, infatti, essere utilizzato per sanare l’errore dell’agente che abbia evocato in causa, rispetto alla domanda spiegata, un soggetto privo della titolarità passiva del rapporto sostanziale (consentendo così di instaurare la lite verso l’effettivo soggetto legittimato).
6. -Il quinto motivo investe, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 91 c.p.c., per avere la Corte d’appello compensato le spese di entrambi i gradi di merito del giudizio, mentre, alla stregua della soccombenza degli aventi causa di NOME e NOME, le spese di lite avrebbero dovuto essere poste a carico di quest’ultimi.
6.1. -Il motivo è inammissibile.
Si premette che la compensazione è stata disposta in ragione della soccombenza reciproca tra le parti (in specie, gli odierni ricorrenti incidentali sono rimasti soccombenti in ordine alle spiegate riconvenzionali di accertamento dell’acquisto della proprietà a titolo originario per usucapione).
Tanto premesso, attraverso tale doglianza si censura la regolamentazione delle spese di lite non già in sé, bensì quale mero effetto riflesso dell’auspicato accoglimento dei precedenti motivi (e della conseguente ritenuta fondatezza delle domande proposte).
In questi termini la censura articolata non costituisce un autonomo motivo, posto che, per effetto della riforma, sia pure parziale, dei capi principali della pronuncia impugnata, automaticamente si produce la caducazione del capo accessorio sulla regolamentazione delle spese, in ragione dell’effetto
espansivo interno di cui all’art. 336, primo comma, c.p.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 32953 del 17/12/2024; Sez. 2, Sentenza n. 27152 del 22/09/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 10941 del 26/04/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 7618 del 16/03/2023; Sez. 1, Sentenza n. 3204 del 08/10/1969; Sez. 2, Sentenza n. 312 del 26/01/1966).
7. -In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso principale (compresa la riproposizione a cura della controricorrente Marino Santa) deve essere respinto e così il ricorso incidentale spiegato dai controricorrenti.
Le spese e compensi di lite devono essere integralmente compensati tra le parti, in ragione della loro soccombenza reciproca ex art. 92, secondo comma, c.p.c.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti principali e dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale e compensa interamente tra le parti le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda