Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11820 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11820 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2491/2022 R.G., proposto da
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato,
-ricorrente –
contro
FOSCOLO FONTICOLI NOME,
–
intimato – per la cassazione della sentenza n. 7012/2021 della CORTE d’APPELLO di Roma pubblicata il 25.10.2021;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 30.1.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 9775/2015, pubblicata il 6.5.2015, il Tribunale di Roma rigettò la domanda svolta da NOME COGNOME con ricorso ex art. 616 cod. proc. civ. nei confronti di NOME COGNOME in relazione all’immobile sito in Roma, INDIRIZZO. In quella sede il ricorrente si oppose all’esecuzione del rilascio
Locazione uso diverso
forzoso dell’immobile chiesto da NOME COGNOME (eseguito il 6.11.2012), resasi aggiudicataria del bene in sede di esecuzione immobiliare, chiedendo il riconoscimento e la corresponsione della somma di euro 14.273,64 a titolo di indennità di avviamento commerciale ex art. 34 l. 392/1978. Aggiunse l’opponente che il contratto di locazione, stipulato il 2.1.1998 con NOME COGNOME, era cessato l’1.1.2006, ma l’immobile non era stato rilasciato per aver esercitato il diritto di ritenzione per la mancata corresponsione dell’indennità di avviamento ex art. 34 l. 392/1978.
NOME COGNOME si costituì e, contestata la propria legittimazione passiva non essendo subentrata nel contratto di locazione, chiese il rigetto delle domande avanzate dall’opponente e l’accertamento del carattere abusivo dell’occupazione.
La Corte d’Appello di Roma con sentenza pubblicata il 25.10.2021 in parziale accoglimento dell’appello proposto da NOME COGNOME ed in riforma della sentenza gravata, condannò NOME COGNOME a pagare in favore dell’appellante l’importo d i euro 10.000 a titolo di risarcimento del danno e compensò le spese di lite di entrambi gradi.
Premesso che il contratto di locazione del 2.1.1998 era cessato l’1.1.2006 e lo sfratto era stato convalidato il 6.2.2007 (esecuzione fissata per il 6.3.2007), ma che l’immobile, nel frattempo aggiudicato ad NOME COGNOME resasi aggiudicataria del bene in sede di esecuzione immobiliare, non era stato rilasciato per la (non contestata) mancata corresponsione dell’indennità di avviamento ex art. 34 l. 392/1978 , osservò la Corte d’appello che il conduttore dell’immobile ha diritto a esercitare il diritto di ritenzione anche nei confronti dell’aggiudicataria del bene in sede esecutiva, data la prosecuzione degli effetti del contratto per l’instaurazione di un rapporto ex lege collegato geneticamente a quello precedente. A fronte del rituale esperimento dell’opposizione all’esecuzione , in presenza del diritto di ritenzione fino alla corresponsione dell’indennità di avviamento, l’esecuzione dello sfratto era illegittima ed il relativo risarcimento del danno lo si doveva liquidare equitativamente in euro 10.000.
La Corte d’appello, invece, rigettò la domanda svolta dall’opponente per la condanna dell’opposta al pagamento dell’indennità di avviamento , perché il
relativo obbligo grava ‘solo in capo al locatore, qualità questa che non riveste l’odierna parte appellata che ha acquistato la proprietà dell’immobile solo dopo la cessazione del contratto. Seppure il cessato conduttore potrà permanere nella detenzione dell’immobile – pagando naturalmente il corrispettivo convenuto – sino alla corresponsione dell’indennità di avviamento, così paralizzando l’esecuzione intrapresa , «obbligato» al pagamento deve ritenersi il solo locatore’.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre NOME COGNOME sulla base di due motivi. NOME COGNOME è rimasto intimato.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. dell’art. 360, comma primo, n. 3 , cod. proc. civ., la violazione dell’art. 34 l. 392/1978 e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.
La ricorrente si duole per avere la Corte d’appello applicat o in via analogica l’art. 34 l. 392/1978 nei confronti dell’aggiudicatario del bene esecutato , soggetto del tutto estraneo al contratto di locazione. In particolare, la ricorrente contesta quanto si legge a pagina 6 della sentenza (terzo capoverso), là dove è stato affermato che il conduttore ha il diritto di ritenzione, che giustifica la mancata riconsegna dell’immobile, per essere irrilevante che l’appellata a bbia posto in esecuzione il rilascio in forza del decreto di trasferimento.
Tale argomentazione , ad avviso della ricorrente, poggia sull’erronea applicazione del principio di diritto reso da Cass. 18179/2007 in vicenda affatto diversa, perché in essa è stata affermata la natura di titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile espropriato del decreto di trasferimento ex art. 586 cod. proc. civ. in favore dell’aggiudicatario, al quale l’immobile era stato trasferito, non solo nei riguardi del debitore esecutato ma anche nei confronti di chi si trovi nel possesso o nella detenzione dell’immobile medesimo, senza che vi corrisponda una situazione di diritto soggettivo (reale o personale), già opponibile al creditore
pignorante ed ai creditori intervenuti e in quanto tale opponibile anche all’aggiudicatario, cui l’immobile era stato trasferito iussu iudicis .
Per converso, nella vicenda oggetto di lite, data la finalità riequilibratrice, l’indennità di avviamento consegue automaticamente ed immediatamente alla cessazione della locazione, deve essere determinata solo con riferimento a tale momento e può gravare sul solo locatore. L’art. 34 l. 392/1978 nel limitare il diritto di agire esecutivamente, è di natura eccezionale e, quindi, non può applicarsi analogicamente.
1.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.
La ricorrente, pur dovendosi rilevare come la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. indicata nell’intestazio ne non sia stata in alcun modo articolata, censura la sentenza impugnata assumendo che in questa sia stata fatta applicazione analogica dell’art. 34 l. 392/1978 , ma nello svolgimento del motivo non si è tenuto conto della complessiva motivazione resa dalla Corte d’appello .
La ricorrente non si è confrontata con l ‘inter a ratio decidendi enunciata dalla Corte d’appello , avendo impugnato solo quanto riportato a pagina 6, terzo capoverso, della sentenza , rimarcando l’erroneo richiamo di Cass. 18179/2007, in quanto vertente su fattispecie del tutto diversa da quella trattata, omettendo di censurare il resto della motivazione da pagina 3 (ultimo capoverso) a pagina 8 (fino al terzultimo capoverso).
La ricorrente, pertanto, ha prospettato la censura in termini non aderenti alla sentenza impugnata, di qui l’inammissibilità del motivo dovendosi senz’altro dare seguito ai consolidati principi di diritto, in base ai quali ‘La proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al «decisum» della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, comma primo, n.4, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, rile vabile anche d’ufficio’ (v. Cass., sez. III, 7 novembre 2005, n. 21490; sez. 6-I, 7 settembre 2017, n. 20910; in motivazione, Cass., sez. un., 20 marzo 2017, n. 7074; sez. 6-III, 3 luglio 2020, n. 13735).
Deve peraltro rilevarsi che la ricorrente discute di una parte della motivazione enunciata dalla corte capitolina sulla spettanza dell’indennità di cui all’art. 34 l. 392/1978, ma non si comprende come possa avere interesse al riguardo, volta che il diritto all’indennità è stato disconosciuto dal giudice del secondo grado. A tutto voler concedere si potrebbe ritenere che il discorso svolto sia solo funzionale alla doglianza fatta valere con il secondo motivo, che si andrà a esaminare di seguito.
Con il secondo motivo è denunciata , ai sensi dell’art. dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ.
La ricorrente lamenta la nullità della sentenza per ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ tra il riconoscimento dell’ esistenza del diritto di ritenzione in capo al sig. NOME COGNOME (opponibile a chiunque e non al solo locatore o a chi succeda nel contratto di locazione) e l’affermazione dell ‘impossibilità per il conduttore di richiedere l’indennità di avviamento alla sig.ra COGNOME in quanto obbligo gravante sul solo locatore. La decisione della Corte d’appello induce il paradosso per cui l’odierna ricorrente non sarebbe stata tenuta al pagamento dell’indennità di avviamento , ma al contempo non avrebbe potuto procedere con l’azione esecutiva fino a quando la precedente locatrice non avesse pagato al conduttore quanto dovuto. In questa prospettiva, l’aggiudicataria sarebbe stata costretta ad un pagamento non dovuto per poter godere del bene acquistato. Ciò è vieppiù inspiegabile considerato che il conduttore sarebbe potuto intervenire nell’esecuzione per far valere le sue ragioni di credito.
2.1. Il motivo è fondato.
La ricorrente assume la nullità della sentenza impugnata sulla base di una grave carenza della motivazione, perché affetta da un ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ per essere stato affermato, da un lato, che il conduttore è titolare del diritto di ritenzione opponibile anche nei confronti dell’aggiudicataria , ma senza possibilità di pretendere nei suoi confronti l’indennità di avviamento, in quanto obbligo gravante sul solo locatore, dall’altro,
che l’aggiudicataria non avrebbe potuto procedere in via esecutiva fino a quando l’indennità non fosse stata corrisposta dalla locatore.
2.2. Secondo un principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il controllo in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ. -nel testo ‘novellato’ dall’art. 54, comma 1, lett. b), del decreto -legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ‘ ratione temporis ‘ al presente giudizio) è destinato ad investire la parte motiva della sentenza solo entro il ‘minimo costituzionale’ (v. Cass., sez. un., 7 aprile 2014, nn. 80538054; nonché ‘ ex multis ‘, Cass., sez. III, 20 novembre 2015, n. 23828; 5 luglio 2017, n. 16502; sez. I, 30 giugno 2020, n. 13248).
Il difetto di motivazione è, dunque, ipotizzabile solo nel caso in cui la parte motiva della sentenza risulti ‘meramente apparente’, evenienza configurabile, oltre che nell’ipotesi di ‘carenza grafica’ della stessa, quando essa, ‘benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento’ (v., Cass., sez. un., 3 novembre 20 16, n. 22232; nonché, più di recente, Cass., sez. 6-V, 23 maggio 2019, n. 13977), o perché non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost. (Cass., ord., n. 13248 del 30/06/2020; Cass., ord., n. 9105 del 7/04/2017), o perché affetta da ‘irriducibile contraddittorietà’ (v., Cass., sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940; sez. 6-III, 25 settembre 2018), ovvero connotata da ‘affermazioni inconciliabili’ (v., Cass., sez. 6 -lav., 25 giugno 2018, n. 16111; sez. III, 25 settembre 2018; sez. I, 25 giugno 2021, n. 18311; sez. III, 6 novembre 2023, n. 30579), mentre ‘resta irrilevante il semplice difetto di «sufficienza» della motivazione’ (Cass., sez. II, 13 agosto 2018, n. 20721). Ferma in ogni caso restando la necessità che il vizio ‘emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata’ (Cass., sez. un., 8053/2014 cit.), vale a dire ‘prescindendo dal confronto con le risultanze processuali’ (così, tra le molte,
Cass., sez. I, 20 giugno 2018, n. 20955, non massimata; in senso conforme, da ultimo, Cass., sez., 3 marzo 2022, n. 7090).
2.3. La sentenza impugnata si espone ad un rilievo critico sul piano della logicità della motivazione, poiché poggia su affermazioni illogiche e del tutto incompatibili (sul rilievo dell’illogicità della motivazione nel nuovo quadro del controllo esterno della motivazione nel giudizio di legittimità, v. Cass., sez. III, 24 luglio 2024, n. 20661; sez. lav., 5 agosto 2021, n. 22366; sez. 6-I, 26 febbraio 2020, n. 5279; sez. II, 14 giugno 2019, 16061).
La Corte d’appello è incorsa in una illogicità manifesta della motivazione, là dove da un lato ha escluso la debenza dell’indennità di avviamento da parte della ricorrente, perché spettava al locatore pignorato corrisponderla, e dall’altro ha riconosciuto in capo al conduttore il diritto di ritenzione esposto ad un pregiudizio risarcibile per effetto della intrapresa esecuzione.
Infatti, a pagina 8 della sentenza si legge che l’appellante aveva proposto ritualmente l’opposizione all’esecuzio ne, sia perché intrapresa dal l’aggiudicataria ‘in forza del decreto di trasferimento che immune da vizi … dunque costituendo un valido titolo esecutivo per ottenere il rilascio dell’immobile , non riguardava più i diritti e gli interessi dei creditori, sia perché doveva ritenersi sussistente il diritto di ritenere l’immobile fino alla corresponsione dell’indennità di avviamento commerciale’. Per contro, l’aggiudicataria non era tenuta alla corresponsione dell’indennità di avviamento in quanto gravante sul solo locatore, ‘qualità questa che non riveste l’odierna appellante che ha acquistato l a proprietà dell ‘immobile dopo la cessazione del contratto’.
Appare evidente l’illogicità manifesta della motivazione , là dove, da un lato si esclude la debenza dell’indennità da parte della ricorrente, perché spettava al locatore pignorato corrisponderla, dall’altro si riconosce il diritto di ritenzione del conduttore come esposto ad un pregiudizio risarcibile in ragione della mancata corresponsione dell’indennità di avviamento da parte dell’aggiudicataria , che pur disponeva di un valido titolo per l’esecuzione e che in alcun modo era subentrata nel contratto cessato ben prima dell’assunzione della qualifica di aggiudicataria.
Le due proposizioni appaiono del tutto inconciliabili, perché connotate da un salto logico in alcun modo colmato dalla motivazione, ma anche per l’esito del tutto paradossale generato. Dal tessuto della motivazione si trae l’affermazione di due opposti diritti, che, in luogo di un possibile coordinamento nel quadro della procedura esecutiva, finiscono per elidersi vicendevolmente, aprendo verso uno stallo sul piano rimediale e una p aralisi dell’esecuzione (espressamente avallata, pagina 9 della sentenza) per effetto dell’esercizio del diritto di ritenzione , sebbene obbligato sia solo il locatore, salvo il riconoscimento di un danno affermato in mancanza di esplicitazione del presupposto sul piano del sistema.
Il ricorso, pertanto, deve essere accolto quanto al secondo motivo e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione, rinviando alla Corte d’appello di Roma, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità ,