Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5540 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5540 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31670/2020 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ; rappresentat a e difesa dall’AVV_NOTAIO ( ), in virtù di procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
nei confronti di
NOME COGNOME
; rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME
NOME
Albarello
(
),
NOME
Bonollo
(
),
e
NOME
COGNOME
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
(
al controricorso;
), in virtù di procura allegata
-controricorrente –
nonché di
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ; rappresenta e difesa dall’AVV_NOTAIO ( ), in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza n. 653 /2020 della CORTE d’APPELLO di VENEZIA, depositata il giorno 11 marzo 2020; udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 16 gennaio 2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con citazione del 27 ottobre 2015, la società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Vicenza, NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, deducendo che:
dal 25 febbraio 2010 aveva condotto in locazione commerciale un immobile sito nelle vicinanze del noto ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ di Bassano del Grappa, costituito da negozio e deposito;
nel l’aprile del 2015, avendo appreso che la sig.ra COGNOME aveva l’intenzione di vendere l’immobile , aveva manifestato il proprio interesse all’acquisto, offrendo, dapprima, la somma di Euro 250.000 e, successivamente, quella di Euro 310.000, che erano state però rifiutate dalla proprietaria, la quale aveva risposto di avere raggiunto un accordo con un altro acquirente, disposto ad acquistare non solo il
negozio e il deposito ma anche due appartamenti situati nei pressi, per un prezzo complessivo di circa 700.000 Euro;
in seguito, la sig.ra COGNOME le aveva notificato il preliminare di vendita del negozio e del deposito stipulato in data 23 giugno 2015 con la RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’unico socio e legale rappresentante, NOME COGNOME, per il corrispettivo di Euro 495.000;
il definitivo era stato stipulato con rogito notarile in data 14 settembre 2015, senza che essa avesse esercitato il diritto di prelazione di cui all’art. 38 della legge n. 392/1978, a causa dell’elevato prezzo di vendita;
però, lo stesso giorno, dinanzi al medesimo notaio, era stato stipulato altro atto di vendita tra la stessa NOME COGNOME e il figlio del l’unico socio e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, avente ad oggetto due appartamenti e un lastrico solare posti sulla medesima via in cui era situato il negozio, per il prezzo di Euro 190.000.
Sulla base di queste deduzioni -ed assumendo altresì che il prezzo risultante dall’atto di vendita del negozio fosse stato simulato per eccesso, mentre quello risultante dal contestuale atto di vendita degli appartamenti fosse stato simulato per difetto, allo scopo di impedirle l’esercizio del diritto di prelazione -la RAGIONE_SOCIALE domandò , ai sensi dell’art. 39 della legge n. 392 del 1978, che, dichiarata l ‘inefficacia della vendita del negozio alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, le fosse trasferita la proprietà dello stesso, all’esito del pagamento del prezzo ‘reale’, da determinarsi a mezzo di CTU.
Costituitesi le convenute, disposto il mutamento del rito, da ordinario a speciale lavoristico, ed espletata CTU tecnico-estimativa sul
valore degli immobili, il Tribunale di Vicenza, con sentenza 29 novembre 2018, n. 2803, accolse la domanda e, previa ‘surroga’ della RAGIONE_SOCIALE nella posizione contrattuale della RAGIONE_SOCIALE, dispose il trasferimento della proprietà del negozio e del deposito a favore della prima, condizionatamente al pagamento, da parte sua, del prezzo di Euro 328.600, entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza.
Avverso questa sentenza proposero appello sia la RAGIONE_SOCIALE sia NOME COGNOME, al quale resisté la RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’ appello di Venezia, in accoglimento delle impugnazioni e in integrale riforma della decisione di primo grado, con sentenza 11 marzo 2020, n. 653, ha rigettato l’originaria domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE.
La Corte territoriale ha deciso sulla base di una duplice ratio .
Da un lato, ha ritenuto che non sussisteva, nella fattispecie, in capo alla società conduttrice dell’immobile , il diritto di riscatto di cui all’art.39 della legge n. 392 del 1978: secondo la Corte di merito, infatti, questo diritto, avuto riguardo al dettato letterale della norma (che, in quanto norma speciale, non ammetterebbe l’ interpretazione analogica), competerebbe soltanto qualora il proprietario non provveda alla notificazione di cui al precedente art. 38 (in fu nzione dell’ esercizio del diritto di prelazione), oppure il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall ‘ atto di trasferimento a titolo oneroso dell ‘ immobile; pertanto , nell’ipotesi in cui, come in quella in esame, il corrispettivo indicato nella preventiva denuntiatio sia pari a quello risultante dall’atto (in entrambi, infatti, era stata indicata la somma di Euro 495.000), non sussisterebbero i presupposti per l’ esercizio del
diritto di riscatto, a nulla rilevando che la somma indicata nell’atto sia simulata per eccesso rispetto a quella realmente versata.
Dall’altro lato, ha reputato che, anche a volere ammettere la possibilità di esercitare il diritto di riscatto con riferimento alla somma (inferiore a quella indicata nella denuntiatio ) eventualmente dissimulata nel negozio di trasferimento dell’immobile, nella fattispecie non vi era prova della dedotta simulazione del prezzo della compravendita stipulata tra NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE: atteso, per un verso, che il CTU aveva « precisato in modo molto chiaro il particolare valore dell’immo bile in questione, che costituisce un ‘ unicum ‘ nel suo genere, e per cui il prezzo ben poteva essere determinato in misura maggiore (anche pari a quello indicato nel contratto di compravendita) a quanto stimato dal consulente, sulla scorta di un raffronto con altri immobili, in realtà non paragonabili a quello per cui è causa » (pp.1213 della sentenza d’appello) ; e considerato, per altro verso, che la conduttrice non aveva portato ulteriori elementi di prova a sostegno della asserita simulazione del prezzo del contratto di compravendita.
Per la cassazione della sentenza della Corte lagunare ricorre la società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME (succeduta alla RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME), sulla base di cinque motivi. Rispondono con distinti controricorsi NOME COGNOME e la immobilRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380 -bis .1. cod. proc. civ..
Il pubblico ministero presso la Corte ha presentato conclusioni scritte, invocando il rigetto del ricorso.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e la immobilRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art.360 n.3 cod. proc. civ., la « violazione o comunque falsa applicazione dell’art. 39 comma 1 l. n. 392/78 e dell’art. 1415 c.c. ».
La società ricorrente censura la prima ratio decidendi della sentenza impugnata.
Osserva che, avuto riguardo alla ratio sottesa all’art. 39 della l. n. 392/1978 -da individuarsi nell’esigenza di preservare le ragioni del conduttore rispetto a pratiche elusive e violative di norme imperative poste in essere dalla parte locatrice -, la norma in parola dovrebbe trovare applicazione anche nell’ipotesi in cui venga lamentata l’avvenuta simulazione di prezzo (tramite dichiarazione nel contratto di compravendita di prezzo superiore a quello realmente corrisposto) finalizzata unicamente ad evitare che il conduttore possa esercitare la prelazione ‘a parità di condizioni’ .
Sostiene che a tale interpretazione non osterebbe il dettato letterale della norma, la quale sarebbe bensì insuscettibile di applicazione analogica, ma non anche di interpretazione estensiva, la quale, anzi, sarebbe ammessa dalla giurisprudenza di legittimità, nella misura in cui sia diretta a ricondurre « entro l’ambito di applicazione della disposizione casi che solo apparentemente ne restano esclusi, ma che in rapporto all’effettiva ‘ratio’ il legislatore ha inteso ricomprendervi » (viene citata , in particolare, tra le altre, la pronuncia di questa Corte n.3211 del 1991).
Evidenzia che, del resto, tale interpretazione sarebbe prevalsa in giurisprudenza con riferimento all’ analoga fattispecie della prelazione e riscatto agrari, di cui all’art. 8 della legge n. 590 del 1965 : norma dal
tenore letterale identico a quello dell’art. 39 l. n. 392 del 1978 (viene citata, in particolare, la pronuncia di questa Corte n. 12961 del 2005).
Reputa che non possano desumersi argomenti in contrario dalla giurisprudenza di legittimità (vengono richiamate Cass. n. 11552/1998 e Cass. n. 8292/1998) che ha ritenuto la manifesta conformità a Costituzione della previsione secondo cui il diritto di riscatto urbano va esercitato con riferimento al prezzo formalmente dichiarato nel contratto definitivo di alienazione anche se simulato per difetto , avuto riguardo al carattere sanzionatorio della disciplina.
Con gli altri motivi di ricorso viene censurata, invece, la seconda ratio decidendi della sentenza impugnata.
2.1. In particolare, con il secondo motivo viene denunciato, ai sensi dell’art.360 n. 5 cod. proc. civ., l’ « omesso esame di fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti ».
La società ricorrente deduce che la Corte d’ appello avrebbe pretermesso l’esame di elementi istruttori decisivi risultanti da documenti, emergenti dalla CTU, o acquisibili in base alla (non ammessa) prova per testimoni che, complessivamente considerati, avrebbero dimostrato la simulazione relativa del contratto di compravendita del negozio stipulato dalla sig.ra COGNOME con la RAGIONE_SOCIALE con riferimento al prezzo, dichiarato in eccesso rispetto a quello reamente corrisposto.
Tali elementi sarebbero risultati, oltre che dalle circostanze capitolate nella prova per testi di cui era stata negata l’ ammissione, dal fatto che i due rogiti erano stati stipulati lo stesso giorno dinanzi al medesimo notaio; che l’acquirente degli appartamenti era il figlio del legale rappresentante e unico socio della società acquirente del negozio; che, inoltre, i due acquirenti erano soci in almeno due società di famiglia; e che, infine, a fronte della sovrastima del negozio e del
deposito (rispettivamente di 25 e 27 metri quadrati), gli appartamenti erano stati incredibilmente sottostimati (risultando dall’atto di vendita il prezzo di Euro 190.000, anziché quello di Euro 245.000, ritenuto congruo dal CTU).
2.2. Con il terzo motivo viene denunciata, ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza, per difetto assoluto di motivazione o per motivazione apparente.
La seconda ratio decidendi della sentenza impugnata è censurata, particolarmente, nella parte in cui ha escluso che la RAGIONE_SOCIALE avesse portato ulteriori elementi probatori a sostegno della asserita simulazione del prezzo del contratto di compravendita.
La società ricorrente -richiamata la dedotta pretermissione degli elementi istruttori già citati nell’ illustrazione del motivo precedente -evidenzia che la locuzione contenuta nell’ultima parte della pronuncia impugnata, diretta a sanzionare la mancata assoluzione dell’onere della prova della simulazione, sarebbe del tutto ‘ generica ‘ e ‘criptica’ poiché non spiegherebbe le ragioni per le quali la prova documentale offerta, quella costituenda richiesta, unitamente alle emergenze istruttorie della CTU in ordine alla sottostima degli appartamenti e alla sovrastima del negozio, non fossero idonee a dimostrare i fatti posti a fondamento della domanda della conduttrice.
2.3. Con il quarto motivo viene denunciata la violazione degli artt.115 e 116 cod. proc. civ., ribadendo, nella sostanza, la doglianza circa l’omessa considerazione, da parte della Corte d’appello, delle prove orali e documentali proposte dalla RAGIONE_SOCIALE a sostegno della dedotta simulazione, nonché la mancata specifica contestazione, ad opera delle convenute, dei fatti da essa allegati.
2.4. Con il quinto motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., « la violazione degli artt. 2727-2729 c.c. (anche) in relazione all’art. 116 c.p.c. », nonché la violazione « dell’art. 2697 c.c. ».
La società ricorrente deduce che la Corte territoriale avrebbe omesso di adempiere alla ‘doppia valutazione’ – prima analitica e poi globale – degli elementi indiziari/presuntivi allegati dalla RAGIONE_SOCIALE in palese violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ..
Sostiene, inoltre, a sostegno della doglianza circa la violazione dell’art. 2697 cod. civ., che la Corte territoriale non avrebbe considerato che, avendo essa dato ampia dimostrazione degli elementi presuntivi della simulazione del prezzo della compravendita del negozio, sarebbe spettato alle controparti dare la prova concreta del pagamento del prezzo.
I motivi dal secondo al quinto assumono carattere pregiudiziale rispetto al primo, poiché la questione circa la sussistenza o meno del diritto di riscatto, ex art. 39 legge n. 392/1978, con riferimento alla fattispecie in cui il prezzo risultante dall’atto di compravendita, pur coincidendo con quello della precedente denuntiatio , sia stato simulato per eccesso, assumerebbe attualità (e dovrebbe pertanto essere affrontata e risolta ) solo nell’ipotesi in cui tale simulazione risultasse effettivamente dimostrata.
In altre parole, l’esigenza di sindacare la correttezza della prima ratio decidendi posta a fondamento della sentenza impugnata (censurata con il primo motivo di ricorso) si pone unicamente nell’ipotesi in cui sia ritenuta illegittima la seconda (aggredita con i restanti motivi di ricorso), posto che tale ultima ratio sarebbe da sola idonea a sorreggere il dictum della sentenza impugnata.
Ciò posto, conformemente a quanto correttamente evidenziato dal Procuratore Generale, i motivi dal secondo al quinto -da esaminarsi
congiuntamente per ragioni di connessione, in quanto volti a censurare la medesima ratio decidendi -sono inammissibili per plurime ragioni.
4.1. Al riguardo va ricordato che, in seguito alla riformulazione del numero 5 dell’art.360 cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del decreto -legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile alle sentenze pubblicate dopo l’11 settembre 2012 e dunque anche alla pronuncia impugnata con il ricorso in esame, depositata il giorno 11 marzo 2020), per un verso, il sindacato di legittimità attiene all’esistenza in sé della motivazione e alla sua coerenza, e resta circoscritto alla verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art.132 n.4 c.p.c., la cui violazione deducibile in sede di legittimità quale nullità processuale ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. -sussiste qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054, RRvv. 629830 e 629833 e succ. conformi); per altro verso, il ‘fatto’ di cui può denunciarsi con ricorso per cassazione l’omesso esame, ai sensi della norma appena citata, deve essere un fatto storico vero e proprio avente carattere di fatto principale, ex art. 2697 cod. civ. (ovverosia, un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo del diritto azionato) o di fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale) e deve altresì possedere i due necessari caratteri dell’essere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) e dell’aver formato
oggetto di controversia tra le parti (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053, cit. ; Cass. 08/09/2016, n. 17761; Cass. 29/10/2018, n. 27415).
Pertanto, non costituisce omissione censurabile, ai sensi della norma richiamata, l’omesso esame di elementi istruttori qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; del pari, la critica concernente l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio non può ricomprendere ‘questioni’ o ‘argomentazioni’, sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. 06/09/2019, n. 22397; Cass. 18/10/2018, n. 26305).
4.2 . Sulla base di queste premesse, è evidente che nella pronuncia in esame non sono ravvisabili né il primo né il secondo dei surricordati vizi della sentenza di merito, denunciabili in sede di legittimità: non il primo (tra l’altro inammissibilmente evocato, nel terzo motivo, con riferimento ad elementi ricavabili aliunde rispetto al testo della sentenza), poiché quest’ultima, lungi dall’incorrere nelle richiamate gravi lacune motivazionali, ha dato chiaramente (seppur concisamente) conto delle ragioni per cui non ha ritenuto provato l’accordo simulatorio posto a fondamento della domanda di riscatto, unendo al giudizio circa l’ insufficienza degli elementi di prova forniti dalla parte, anche il motivato rilievo, desunto dalle indicazioni contenute nella CTU, circa il carattere ‘unico’ dell’immobile che aveva formato oggetto della compravendita asseritamente simulata, che avrebbe potuto giustificare la disponibilità dell’acquirente a versare un prezzo superiore a quello del valore stimabile in base al raffronto con altri immobili, in realtà non paragonabili; e neppure il secondo, poiché dei fatti asseritamente trascurati, ivi compresi quelli oggetto delle prove di cui si lamenta la mancata ammissione, difetta la dimostrazione
del carattere di ‘decisività’ , non potendosi non rilevare che, essi, tra l’altro, complessivamente considerati, indurrebbero piuttosto a formulare un giudizio di realtà (che non di simulazione) , dell’operazione economica posta in essere dalle parti convenute, ben potendosi reputare che l’RAGIONE_SOCIALE fosse stata indotta ad accettare la proposta di versare un prezzo più alto per il negozio alla luce della possibilità di acquistare a prezzo conveniente i due appartamenti situati nei pressi, senza che ciò fosse stato il frutto di un accordo diretto ad impedire al conduttore (che era stato del resto preavvisato di tale operazione da parte della locatrice) l’esercizio del diritto di riscat to.
4.3. Del tutto pretestuose sono, poi, le doglianze di violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (in particolare , per omessa considerazione della non contestazione dei fatti allegati, atteso che non è stata posta in dubbio la veridicità di tali fatti ma la loro inferenza probatoria in ordine all’ allegata simulazione); dell’art.116 cod. proc. civ. (la quale sussiste, con conseguente vizio di cui all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., solo quando il giudice di merito disattenda il principio di libera valutazione della prova in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime: Cass. 10/06/2016, n. 11892; Cass., Sez. Un., 30/09/2020, n. 20867; Cass.19/04/2021, n. 10253); degli artt. 2727-2729 cod. civ. (non potendosi reputare violati i criteri di inferenza della prova indiziaria, con riferimento ad una ipotesi in cui siano emerse presunzioni gravi, precise e concordanti, tra l’altro, in difetto, nella fattispecie, dell’assoluzione dell’onere di corretta deduzione del vizio nel rispetto di criteri esattamente indicati da questa Corte, nel suo massimo consesso: Cass., Sez. Un., 24/01/2018, n. 1785, parr.4 ss. della motivazione); e dell’art. 2697 cod. civ. , atteso che, l ungi dall’attribuire
l’onere probatorio ad una parte diversa da quella cui sarebbe spettato secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla distinzione tra fatti costitutivi ed eccezioni (nel che soltanto sarebbe ravvisabile la violazione della disposizione in parola: cfr., ex multis , Cass. 29/05/2018, n. 13395 e Cass. 23/10/2018, n. 26769), la Corte territoriale ha reputato, con valutazione di merito insindacabile, che RAGIONE_SOCIALE non avesse debitamente assolto il proprio onere probatorio.
4.4. Nel censurare tale statuizione, la società ricorrente omette di considerare che la ricostruzione del fatto e la valutazione delle prove sono attività riservate al giudice del merito, cui compete anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
In definitiva, i motivi dal secondo al quinto devono essere dichiarati inammissibili.
Per effetto di tale statuizione resta assorbito il primo motivo di ricorso, in quanto la seconda ratio decidendi (inammissibilmente censurata con i motivi di ricorso sopra esaminati ed appena disattesi) è di per sé idonea a sorreggere il decisum della sentenza impugnata, senza necessità di affrontare il problema (che riguarderebbe la prima e distinta ratio decidendi ) dell’ammissibilità dell’eventuale applicazione e stensiva dell’art. 39 della legge n. 392/1978 alle fattispecie in cui il prezzo della compravendita dell’immobile locato, pur non risultato formalmente inferiore a quello indicato nella denuntiatio effettuata al conduttore in funzione dell’eventuale esercizio della prelazione, costituisca tuttavia oggetto di un accordio simulatorio ‘per eccesso ‘ , intervenuto tra locatore-venditore e terzo acquirente, diretto a
dissimulare un corrispettivo più basso di quello indicato nella denuntiatio medesima.
Il ricorso va pertanto complessivamente dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo in favore di ciascuna delle due controricorrenti, tenendo presente l ‘attività difensiva rispettivamente spiegata.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la società ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per NOME COGNOME, in Euro 4.300,00 per compensi e, per RAGIONE_SOCIALE, in Euro 5.500,00 per compensi, oltre, per ciascuna, alle spese forfetarie, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione