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Diritto di riscatto: la prova della simulazione del prezzo

Un conduttore commerciale ha agito per il diritto di riscatto di un immobile, sostenendo che il prezzo di vendita fosse stato simulato per eccesso per impedirgli l’acquisto. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione d’appello che riteneva non sufficientemente provata la simulazione del prezzo.

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Diritto di riscatto e onere della prova: il caso della simulazione del prezzo

Quando un immobile commerciale viene venduto, il conduttore (l’inquilino) gode di specifici diritti di prelazione e, in alcuni casi, del diritto di riscatto. Ma cosa succede se il conduttore sospetta che il prezzo di vendita sia stato gonfiato ad arte per scoraggiarlo dall’acquisto? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sull’importanza dell’onere della prova in queste delicate situazioni, stabilendo che senza prove concrete della simulazione, le pretese del conduttore non possono essere accolte.

I Fatti di Causa: una vendita complessa e il sospetto di simulazione

Il caso ha origine dalla locazione di un negozio situato in una prestigiosa area commerciale. La società conduttrice, venuta a conoscenza dell’intenzione della proprietaria di vendere, manifesta il proprio interesse all’acquisto, ma le sue offerte vengono rifiutate. Successivamente, la proprietaria notifica al conduttore un contratto preliminare di vendita del negozio a una società terza per un importo considerevole (495.000 Euro).

Il conduttore, ritenendo il prezzo eccessivo, non esercita il diritto di prelazione. Tuttavia, scopre che lo stesso giorno della vendita definitiva del negozio, la proprietaria ha venduto anche due appartamenti adiacenti al figlio del legale rappresentante della società acquirente, per un prezzo ritenuto, al contrario, notevolmente inferiore al valore di mercato (190.000 Euro).

Sospettando un’operazione elusiva, la società conduttrice si rivolge al Tribunale. La sua tesi è che il prezzo del negozio sia stato simulato per eccesso, e quello degli appartamenti per difetto, al solo scopo di impedirle di esercitare il suo diritto. Chiede quindi di poter esercitare il diritto di riscatto pagando il prezzo “reale” del negozio, da determinarsi tramite una consulenza tecnica.

Il Percorso Giudiziario e la Decisione della Corte

In primo grado, il Tribunale accoglie la domanda del conduttore, disponendo il trasferimento dell’immobile a suo favore a un prezzo rideterminato (328.600 Euro). Tuttavia, la Corte d’Appello ribalta completamente la decisione, rigettando la richiesta del conduttore.

La Corte d’Appello basa la sua decisione su una duplice motivazione (una doppia ratio decidendi):

1. In punto di diritto, ritiene che il diritto di riscatto non sia esercitabile quando il prezzo indicato nell’atto di vendita è identico a quello comunicato nella denuntiatio, anche se si sospetta una simulazione.
2. In punto di fatto, afferma che, in ogni caso, la società conduttrice non ha fornito prove sufficienti a dimostrare l’accordo simulatorio tra la venditrice e l’acquirente.

La società conduttrice ricorre quindi in Cassazione, contestando entrambe le motivazioni. La Suprema Corte, però, dichiara il ricorso inammissibile, concentrandosi sulla seconda ratio decidendi e ritenendola di per sé sufficiente a sostenere la decisione impugnata.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione spiega che i motivi di ricorso volti a contestare la valutazione delle prove da parte della Corte d’Appello sono inammissibili. Il giudice di merito, infatti, aveva dato conto delle ragioni per cui non riteneva provata la simulazione. In particolare, aveva valorizzato le conclusioni della consulenza tecnica, secondo cui l’immobile in questione era “unico” nel suo genere, caratteristica che poteva giustificare un prezzo superiore alla media di mercato. L’operazione economica complessiva (vendita del negozio a un prezzo elevato e degli appartamenti a un prezzo conveniente) poteva essere interpretata come una legittima strategia commerciale dell’acquirente, piuttosto che come il frutto di un accordo fraudolento ai danni del conduttore.

In sostanza, la Cassazione afferma che la valutazione se gli elementi indiziari forniti (stessa data dei rogiti, rapporti familiari tra gli acquirenti, presunta sovrastima e sottostima dei valori) siano sufficienti a costituire una prova presuntiva grave, precisa e concordante della simulazione spetta al giudice di merito. Tale valutazione non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logicamente coerente e non meramente apparente, come nel caso di specie. Poiché la seconda motivazione della Corte d’Appello (mancanza di prova della simulazione) resiste alle censure, diventa superfluo esaminare la prima (sull’applicabilità del diritto di riscatto in caso di simulazione), in quanto la decisione si regge già saldamente sulla seconda.

Le Conclusioni: l’onere della prova nel diritto di riscatto

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: chi intende far valere in giudizio un accordo simulatorio ha l’onere di fornirne la prova piena e rigorosa. Nel contesto del diritto di riscatto, non è sufficiente per il conduttore allegare sospetti o presentare indizi generici. È necessario costruire un quadro probatorio solido, basato su elementi gravi, precisi e concordanti, in grado di dimostrare in modo inequivocabile che il prezzo dichiarato nell’atto di vendita non corrisponde a quello realmente voluto e pagato dalle parti.

Questa pronuncia serve da monito per i conduttori che si ritengono lesi da operazioni di vendita poco trasparenti. La strada per l’esercizio del riscatto in ipotesi di simulazione del prezzo è percorribile, ma richiede una preparazione probatoria meticolosa, poiché la valutazione del giudice di merito sulla sufficienza delle prove è difficilmente contestabile in Cassazione.

Quando il conduttore di un immobile commerciale può esercitare il diritto di riscatto?
Il diritto di riscatto, secondo l’art. 39 della legge 392/1978, spetta al conduttore principalmente in due casi: se il proprietario non provvede alla notificazione (denuntiatio) dell’intenzione di vendere, oppure se il corrispettivo indicato nell’atto di trasferimento è superiore a quello indicato nella denuntiatio stessa. La sentenza in esame affronta il caso più complesso in cui il prezzo è identico ma si presume simulato.

Su chi ricade l’onere di provare che il prezzo di vendita è stato simulato?
L’onere della prova ricade interamente sulla parte che afferma l’esistenza della simulazione, in questo caso sulla società conduttrice. È il conduttore che deve dimostrare, con prove concrete, che il prezzo dichiarato nell’atto pubblico era fittizio e superiore a quello realmente pagato, allo scopo di eludere il suo diritto.

Sono sufficienti elementi indiziari per dimostrare la simulazione del prezzo?
No, non sono sufficienti indizi generici. Sebbene la prova della simulazione possa essere fornita anche per presunzioni, queste devono essere gravi, precise e concordanti. La valutazione circa l’idoneità di tali elementi a dimostrare la simulazione è riservata al giudice di merito e, se motivata in modo logico e non apparente, non è censurabile in Cassazione. Nel caso specifico, la Corte d’Appello ha ritenuto gli indizi presentati non sufficienti a raggiungere la prova richiesta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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