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Diritto di riscatto: la prova del contratto locazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società commerciale che intendeva esercitare il diritto di riscatto su un immobile. La decisione si fonda sulla mancata prova dell’esistenza di un valido contratto di locazione, considerato presupposto essenziale per l’esercizio di tale diritto. La Corte ha ribadito che la valutazione delle prove spetta al giudice di merito e ha chiarito importanti aspetti procedurali, come la legittimazione a sollevare l’eccezione di mancata interruzione del processo.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Diritto di Riscatto e Contratto di Locazione: La Prova Scritta è Essenziale?

Il diritto di riscatto rappresenta una tutela fondamentale per l’inquilino di un immobile a uso commerciale. Quando il proprietario vende l’immobile senza rispettare il diritto di prelazione dell’inquilino, quest’ultimo può “riscattare” la proprietà dal nuovo acquirente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha però ribadito un principio cruciale: per poter esercitare tale diritto, è indispensabile fornire una prova solida dell’esistenza di un contratto di locazione. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni della Suprema Corte.

Il Caso: La Richiesta di Riscatto di un Panificio

Una società che gestiva un’attività di panificio ha citato in giudizio i proprietari dell’immobile in cui operava, i quali lo avevano venduto a un terzo. La società sosteneva di essere stata conduttrice dell’immobile per molti anni e che la vendita era avvenuta in violazione del suo diritto di prelazione, previsto dalla legge sulle locazioni commerciali. Di conseguenza, ha agito in giudizio per esercitare il diritto di riscatto.

La Vicenda Processuale

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto la domanda della società. La motivazione principale dei giudici di merito è stata la stessa: la società non era riuscita a dimostrare l’esistenza di un contratto di locazione valido.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte territoriale ha sottolineato che, per poter esercitare il diritto di riscatto, è necessario provare l’esistenza di un rapporto di locazione. Secondo i giudici, la società non ha fornito prove sufficienti. In particolare, un messaggio PEC in cui si faceva riferimento a un pagamento come “indennità di occupazione” è stato ritenuto inidoneo a dimostrare l’esistenza di un contratto di locazione. Anzi, tale terminologia suggerisce proprio l’assenza di un titolo contrattuale valido. Di fronte a questa carenza probatoria, la domanda è stata rigettata.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

La società ha impugnato la decisione della Corte d’Appello dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su cinque motivi, sia di natura procedurale che di merito.

La Questione della Prova del Contratto

Il motivo centrale del ricorso riguardava la valutazione delle prove. La ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non considerare sufficiente la documentazione prodotta e nell’esigere una prova scritta del contratto. La Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile, spiegando che la Corte d’Appello non si era limitata a richiedere la forma scritta, ma aveva effettuato una valutazione complessiva di tutte le prove, concludendo che non vi fossero elementi sufficienti per affermare l’esistenza di un contratto di locazione. Tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove in Cassazione è un’operazione non consentita.

Le Altre Questioni Procedurali

La Suprema Corte ha respinto anche gli altri motivi di ricorso:
* Mancata interruzione del processo: La ricorrente si doleva della mancata interruzione del processo per la morte di una delle controparti. La Corte ha ribadito che solo la parte colpita dall’evento (o i suoi eredi) è legittimata a sollevare tale eccezione.
* Litisconsorzio necessario: La Corte ha chiarito che, nei giudizi di riscatto, il venditore originario non è un litisconsorte necessario, poiché l’azione è diretta contro l’acquirente per ottenere il trasferimento della proprietà.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La ratio decidendi dell’ordinanza della Cassazione è chiara e si fonda su principi consolidati. Il giudice di legittimità non può riesaminare il merito della controversia, ovvero non può sostituire la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici dei gradi precedenti. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi presentati miravano, in sostanza, a ottenere un nuovo e non consentito esame del merito.

La Corte ha evidenziato come la sentenza impugnata avesse compiuto una valutazione globale e logica delle prove disponibili, arrivando alla conclusione che la prova dell’esistenza di un contratto di locazione non era stata fornita. Di fronte a tale accertamento di fatto, adeguatamente motivato, la Cassazione non ha potuto che confermare la decisione, dichiarando il ricorso inammissibile.

Conclusioni: L’Importanza della Prova Documentale

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale per tutti gli operatori commerciali che operano in immobili in affitto: la necessità di formalizzare il rapporto di locazione con un contratto scritto. Sebbene la legge non sempre imponga la forma scritta ad substantiam per le locazioni commerciali (a differenza di quelle abitative), l’assenza di un documento contrattuale rende estremamente difficile, se non impossibile, far valere tutele importanti come il diritto di prelazione e il conseguente diritto di riscatto. L’onere della prova ricade su chi agisce in giudizio, e basarsi su elementi indiziari o pagamenti qualificati come “indennità di occupazione” si rivela una strategia processuale debole e rischiosa.

Per esercitare il diritto di riscatto commerciale è necessario provare l’esistenza di un contratto di locazione?
Sì, la sentenza conferma che la prova dell’esistenza di un valido contratto di locazione è un presupposto fondamentale per poter esercitare il diritto di riscatto. La mancanza di tale prova porta al rigetto della domanda.

Il venditore dell’immobile è un “litisconsorte necessario” nel giudizio di riscatto?
No. La Corte di Cassazione, confermando un orientamento consolidato, ha ribadito che nel giudizio di riscatto l’alienante (il venditore) non è un litisconsorte necessario, poiché l’azione è diretta contro l’acquirente ed è finalizzata a sostituire quest’ultimo nella titolarità del bene.

Chi può lamentare la mancata interruzione del processo in caso di morte di una delle parti?
Secondo la giurisprudenza costante richiamata nella sentenza, la legittimazione a dolersi della mancata interruzione del processo spetta esclusivamente alla parte nei cui confronti si è verificato l’evento interruttivo (ad esempio, la morte), poiché le norme in materia sono poste a sua tutela.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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