Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2675 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 2675 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Torino, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
Oggetto:
contratti
derivati
art. 30 TUF
avverso la sentenza n. 1822/2018 del 2.10.2018, depositata il 19.10.2018, della Corte di Appello di Torino, mai notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell ‘8 .1.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con atto di citazione, ritualmente notificato, RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio RAGIONE_SOCIALE Sanpaolo sRAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE, per sentire dichiarare, in caso di mancata produzione del contratto quadro di cui l’attrice ha sostenuto di non essere mai stata in possesso, la nullità del contratto quadro medesimo per assenza di forma scritta con conseguente nullità dei contratti di interest rate swap oggetto di causa e con conseguente obbligo di restituzione della somma incassata dalla Banca a titolo di poste passive che ne erano derivate, quantificate in € 398.553,30 o in quell’altra somma da determinarsi nel corso del giudizio.
-Nel caso di produzione da parte della Banca della copia del contratto quadro, l’attrice ha chiesto di dichiarare la nullità di esso e di tutti i contratti di interest rate swap per tutti gli altri motivi indicati in citazione, oltre alla condanna alla restituzione delle somme incassate come sopra quantificate. In subordine, e previo accertamento del grave inadempimento della banca derivante dalla violazione degli obblighi informativi, ha chiesto pronunziare la risoluzione dei contratti con conseguente condanna della banca al risarcimento dei danni quantificati sempre in misura corrispondente alle somme incassate a seguito della contabilizzazione dei derivati.
-Il Tribunale di Torino: a) ha dichiarato la nullità per mancanza di sottoscrizione della convenuta dei contratti quadro; b) ha dichiarato la
nullità dei due contratti di swap oggetto di causa; c) ha condannato RAGIONE_SOCIALE Sanpaolo RAGIONE_SOCIALE, a pagare a favore di RAGIONE_SOCIALE la somma di € 524.600,42, oltre interessi legali; d) ha regolato le spese di lite.
-Con atto di citazione in appello ritualmente notificato RAGIONE_SOCIALE la interposto gravame contro la predetta decisione.
Per quanto qui di interesse, la Corte ha ritenuto accertato che: Banca e
la proposta contrattuale è stata sottoscritta dalla consegnata al cliente in uno studio notarile in data 19.12.2012;
che le « disposizioni di stipula » erano state sottoscritte da entrambe le parti nella medesima sede dello studio notarile;
lo scambio delle lettere di conferma avvenuto nella sede della banca aveva efficacia meramente ricognitiva poiché nelle stesse era stato chiaramente indicato che i contratti erano stati stipulati il 19.12.2012; d) nel contratto era assente qualsiasi informazione sull’esistenza del diritto di recesso;
la nullità del contratto per omessa previsione del diritto di recesso era applicabile ai contratti relativi a tutti i servizi di investimento anche se sottoscritti antecedentemente al 1° settembre 2013;
la Banca non aveva prodotto alcuna allegazione circa l’esistenza di trattative più o meno approfondite che potessero giustificare l’esclusione della previsione del diritto e l’applicabilità dell’art. 30 TUF; g) il ruolo escludente non poteva essere desunto dall’esistenza di una delibera autorizzativa sulla base della quale aveva operato l’originaria attrice.
5. –RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione con un motivo articolato in tre punti ed anche memoria. RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria.
6. -Con ordinanza interlocutoria n. 22109/2023 questa Corte, dopo aver rilevato che le censure articolate dalla ricorrente comportano la soluzione di questioni, inerenti all’istituto del recesso ex art. 30, comma 6, TUF sulle quali mancano precedenti in termini nella giurisprudenza di questa Corte, ha rinviato la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
Il AVV_NOTAIO ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
7. -Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c., con riguardo alle norme di cui agli artt. 1418 c.c. e 30 TUF, per avere errato la Corte nel dichiarare la nullità dei contratti di irs « Tasso Certo » del 1° febbraio 2012 stipulati tra le parti con lo scambio delle conferme presso la Filiale della Banca in Dalmine, e non già nell’ambito di un’offerta « fuori sede », la quale avrebbe richiesto l’indicazione del diritto di recesso.
Sul punto, l’erroneità della decisione della Corte d’Appello si manifesterebbe sotto tre distinti profili da leggersi in via di graduato subordine: i ) per aver ritenuto che i contratti di irs siano stati perfezionati « fuori sede » in data 19 gennaio 2012; ii ) in ogni caso, per avere ritenuto applicabile alla fattispecie sub iudice l’esercizio dello ius poenitendi ; iii ) e comunque per avere escluso la natura di interpretazione autentica della norma con la quale è stato modificato l’art. 30 TUF.
7.1 -La censura su ll’accertamento del momento perfezionativo del contratto valido è inammissibile.
La Corte di merito ha accertato che i contratti si erano già perfezionati con la sottoscrizione delle « disposizioni di stipula » presso lo studio notarile, e che l’atto ivi perfezionato presentasse il vizio lamentato per
l’assenza dell’informativa sul diritto di recesso . La successiva conferma di quell’accordo, avvenuta presso la filiale della banca, secondo la Corte distrettuale, sarebbe stata meramente ricognitiva dell’atto precedentemente perfezionatosi. Si sarebbe trattato, infatti, non di « conferma », che ben potrebbe avere valore negoziale, ma di « ricognizione », che costituirebbe invece manifestazione di scienza, e non di volontà. Pur discorrendosi del contratto di « conferma », gli è che la Corte d’appello ha accertato, in fatto, che quella conferma altro non era che una mera ricognizione del negozio già stipulato, intendendo in tal senso, appunto, una fattispecie diversa dalla manifestazione di una volontà negoziale.
Tale accertamento di fatto della Corte non è sindacabile in questa sede, e la contestazione di esso da parte della ricorrente è del tutto versata nel merito.
8.1 -I due profili sub ii ) e iii ) possono essere trattati unitariamente.
A tal proposito è opportuno ricordare il contenuto della decisione delle S.U. n. 13905/2013, secondo cui: « Il diritto di recesso accordato all’investitore dal sesto comma dell’art. 30 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e la previsione di nullità dei contratti in cui quel diritto non sia contemplato, contenuta nel successivo settimo comma, trovano applicazione non soltanto nel caso in cui la vendita fuori sede di strumenti finanziari da parte dell’intermediario sia intervenuta nell’ambito di un servizio di collocamento prestato dall’intermediario medesimo in favore dell’emittente o dell’offerente di tali strumenti, ma anche quando la medesima vendita fuori sede abbia avuto luogo in esecuzione di un servizio d’investimento diverso, ivi compresa l’esecuzione di ordini impartiti dal cliente in esecuzione di un contratto quadro, ove ricorra la stessa esigenza di tutela ».
Si evidenzia nella menzionata decisione che la parola « collocamento » è « da intendere in un’accezione più ampia ed in qualche misura
atecnica, cioè come sinonimo di qualsiasi operazione implicante la vendita all’investitore di strumenti finanziari, anche nell’espletamento di servizi d’investimento diversi (negoziazione, esecuzione, ricezione o trasmissione di ordini), se effettuata dall’intermediario al di fuori della propria sede ». È, secondo le Sezioni Unite, « la circostanza che l’operazione d’investimento si sia perfezionata al di fuori dalla sede dell’intermediario a rendere necessaria una speciale tutela per l’investitore al dettaglio … , perché ciò significa che, di regola, l’iniziativa non proviene da lui. È logico cioè presumere che, in simili casi, l’investimento non sia conseguenza di una premeditata decisione dello stesso investitore, il quale a tale scopo si sia recato presso la sede dell’intermediario, ma costituisca invece il frutto di una sollecitazione, proveniente da promotori della cui opera l’intermediario si avvale; sollecitazione che, perciò stesso, potrebbe aver colto l’investitore impreparato ed averlo indotto ad una scelta negoziale non sufficientemente meditata ». Dunque, prosegue la citata decisione, « il diritto di recesso accordato all’investitore dal sesto comma dell’art. 30 del d.lgs. n. 58 del 1998 e la previsione di nullità dei contratti in cui quel diritto non sia contemplato, contenuta nel successivo settimo comma, trovano applicazione non soltanto nel caso in cui la vendita fuori sede di strumenti finanziari da parte dell’intermediario sia intervenuta nell’ambito di un servizio di collocamento prestato dall’intermediario medesimo in favore dell’emittente o dell’offerente di tali strumenti, ma anche quando la medesima vendita fuori sede abbia avuto luogo in esecuzione di un servizio d’investimento diverso, ove ricorra la stessa esigenza di tutela ».
Ora, si farebbe torto alla decisione delle Sezioni Unite se non si attribuisse il debito rilievo all’affermazione secondo cui l’estensione dell’operatività del diritto di recesso non ha luogo sic et simpliciter , ma solo a condizione che ne ricorrano siffatte esigenze di tutela. Il ragionamento seguito, dunque, può assumersi in ciò, che, se per un
verso si può presumere -i.e. non ve n’è certezza che l’investimento operato al di fuori dei locali commerciali non sia conseguenza di una premeditata decisione dello stesso investitore, deve per altro verso riconoscersi che l’estensione della tutela non è applicabile, se non ricorra « la stessa esigenza di tutela ».
Ciò premesso, occorre considerare che, nel caso in esame, la pattuizione intercorsa tra le parti potrebbe prestarsi ad essere qualificata come operazione economica – volendo deliberatamente utilizzare l’espressione da tempo coniata dalla dottrina e sovente impiegata anche nel linguaggio di questa Corte complessa, all’interno della quale siano stati stipulati più contratti tra loro collegati, avvinti dall’unicità funzione economica perseguita: il che rende necessario interrogarsi se possibile isolare la tutela della negoziazione di intermediazione mobiliare, valutando la sua funzione autonomamente, e così chiedersi se esistano i presupposti menzionati dalla sentenza delle Sezioni Unite.
Nel caso di specie, difatti, potrebbe opinarsi che l’operazione posta in essere abbia un’unica coerente finalità di finanziamento, operata attraverso la scelta contrattuale giudicata più consona dalle parti, attraverso la combinazione del leasing con l’ interest rate swap .
È noto, che con l’ interest rate swap ( swap , scambio, di tassi d’interesse), le controparti decidono di accordarsi per scambiare, in date future prefissate e fino a una determinata scadenza, flussi di denaro calcolati applicando tassi di interesse diversi a una somma prestabilita, chiamata « capitale nozionale » e che serve solo per determinare l’entità dei flussi: nessuna delle due controparti deve versarla o impegnarla in alcun modo. Il flusso di denaro che il soggetto A deve versare al soggetto B è calcolato applicando un tasso di interesse fisso (che, quindi, rimane costante per tutta la durata del contratto) al capitale nozionale, mentre il flusso di denaro che il soggetto B deve versare al soggetto A è calcolato applicando un tasso
di interesse, normalmente variabile ed incrementato di uno spread , al capitale nozionale. Di conseguenza, quando il tasso variabile sale sopra il tasso fisso il soggetto A riceve la differenza variabile-fisso applicata al capitale nozionale, mentre quando il tasso variabile scende sotto il tasso fisso è il soggetto B a ricevere la differenza fisso-variabile applicata al capitale nozionale. Nella pratica degli affari, l ‘ irs pare essere lo strumento più diffuso per la copertura del rischio tassi. Infatti quan do l’impresa te me il rialzo dei tassi, anziché rimborsare i finanziamenti in essere a tasso variabile (per riaccenderli a tasso fisso), può affiancarli con gli swap . In tal modo i finanziamenti rimangono a tasso variabile (evi tando i costi d’estinzione), ma l’azienda, incassando o pagando un differenziale rispetto al parametro variabile, trasforma il costo variabile in un costo fisso. In tal modo si evitano rialzi di tali costi oltre certi livelli, ma si rinuncia ad eventuali ribassi connessi a possibili cali del parametro.
In relazione alle finalità, da individuarsi esaminando il caso concreto, gli irs configurano dei negozi a causa variabile, in quanto suscettibili di rispondere a due diverse funzioni: i ) una funzione di copertura o hedging , per minimizzare un rischio finanziario; ii ) una finalità speculativa, consistente nell’assumere esposizioni al rischi o per conseguire un profitto. Sul piano causale la differenza tra le due fattispecie sta esattamente in ciò: nella funzione speculativa l’assenza di ogni collegamento con un altro precedente rapporto costituirebbe un indice del l’intento di porre in essere un’ operazione puramente speculativa, poiché le parti in sostanza scommettono sull’andamento dell’elemento esterno preso a p arametro di calcolo. Di contro, la presenza di un collegamento con un precedente rapporto di finanziamento, sarebbe idonea a testimoniare il diverso intento di piegare l’operazione economica all’esigenza di copertu ra dei rischi da esso derivanti.
La giurisprudenza di questa Corte ha più volte ribadito che entrambe le fattispecie si inscrivono nella categoria, prevista dall’ordinamento, dei contratti aleatori, sicché la meritevolezza degli interessi suo tramite perseguiti non può essere di per sé in astratto esclusa; occorre, piuttosto, che il giudice valuti in concreto ed ex ante la ricorrenza del profilo anzidetto, senza considerarlo ex post , ossia alla luce degli effetti economici prodotti dal contratto (Cass., n. 24014/2021).
Ai fini che qui interessa la distinzione è, dunque, rilevante poiché nella fattispecie di copertura il collegamento negoziale con il contratto di finanziamento, che nel caso di specie è stato anche stipulato per atto notarile, potrebbe far presumere una pianificazione complessiva dell’intera operazione economica programmata che potre bbe escludere quell’effetto di « sorpresa » rispetto al quale il legislatore ha previsto la tutela del recesso, con conseguente nullità per inadempimento agli obblighi informativi, nel caso di stipulazione fuori sede.
In tale frangente, il giudice di merito – al quale la causa è rinviata a seguito della cassazione che si va a pronunciare – è chiamato ad accertare la natura dell’ irs stipulato e, nell’ipotesi di presenza di un’operazione economica complessiva , verificare in concreto l’esistenza del collegamento negoziale tra i due rapporti e dei presupposti di fatto che giustificano oppur no l’applicazione della tutela nelle ipotesi di stipulazione fuori sede.
-Per quanto esposto, il ricorso va accolto. La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà a quanto sopra indicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M .
La Corte accoglie il ricorso nei termini indicati in motivazione, cassa la sentenza impugnata per quanto di ragione e rinvia alla Corte di Appello
di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione civile