Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25006 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25006 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10641-2021 proposto da:
COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 916/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 08/02/2021 R.G.N. 405/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Costituzione rapporto privato
R.G.N.10641/2021
COGNOME
Rep.
Ud 10/06/2025
CC
COGNOME NOME, unitamente ad altri tre lavoratori, già dipendenti a tempo determinato della RAGIONE_SOCIALE ha chiesto, al Tribunale di Milano, di essere assunto a tempo indeterminato per violazione, da parte della società, del suo diritto di precedenza ex art. 24 d.l. n. 81/2015, oltre ad ottenere il relativo risarcimento dei danni.
Il Tribunale di Milano, dopo avere svolto attività istruttoria, ha parzialmente accolto le domande rilevando che la società aveva proceduto a due nuove assunzioni, a tempo indeterminato, di COGNOME NOME e di NOME COGNOME nel periodo in cui i lavoratori erano titolari del diritto di precedenza.
La Corte di appello di Milano, con la sentenza n. 916/2020, in accoglimento del gravame della società, ha rigettato le originarie domande ordinando, altresì, la restituzione di quanto percepito dai lavoratori in esecuzione della sentenza di primo grado.
I giudici di seconde cure hanno rilevato che: a) non vi era stato, da parte degli originari ricorrenti, un ampliamento del thema decidendum ; b) all’esito della modificazione della domanda il Tribunale avrebbe però dovuto consentire alla società di produrre nuova documentazione che, pertanto, poteva ed andava acquisita in sede di appello; c) l’art. 24 D.lgs. n. 81/2025, doveva essere interpretato in senso restrittivo; d) le nuove assunzioni a tempo indeterminato dello Korolosteva e della Comandù non violavano il diritto di precedenza dei lavoratori istanti perché: i) la COGNOME era beneficiaria di analogo diritto di precedenza e non erano stati allegati motivi per i quali la stessa non avrebbe potuto essere assunta rispetto ad altri; ii) la RAGIONE_SOCIALE era stata invece assunta ex lege n 68/1999; iii) la COGNOME svolgeva comunque
mansioni diverse ( supervisor ) rispetto a quelle espletate dalle due nuove assunte.
Avverso la sentenza di secondo grado il solo NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
La società ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione di legge in relazione all’art. 420 co. 5 cpc, per avere la Corte territoriale ritenuto utilizzabili i documenti n. 40 ter tardivamente prodotti nel primo grado di giudizio, pur essendo gli stessi già nella disponibilità della società al momento della presentazione della memoria difensiva innanzi al Tribunale.
Con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, si censura la violazione di legge in relazione agli artt. 1 co. 2 e art. 24 D.lgs. n. 81/2015, per avere la Corte territoriale distinto tra ‘assunti con contratto di lavoro subordinato’ e ‘casi di conversione di contratto a tempo determinato’ e per non avere considerato che, relativamente alla posizione della Korostoleva, non si trattava di una stabilizzazione ma di una nuova assunzione e, quindi, questa non aveva diritto a godere del diritto di precedenza all’assunzione in quanto non aveva chiesto di essere assunta ai sensi dell’art. 24 D.lgs. n. 81/2015; inoltre si deduce la assenza di un ordine di precedenza tra aventi pari diritto alla precedenza, senza la valutazione del comportamento di chi per primo aveva
esercitato il diritto stesso e che la riassunzione della COGNOME sarebbe avvenuta, in pratica, in frode alla legge.
Il primo motivo non è fondato.
A prescindere dal fatto che, nel rito del lavoro, l’acquisizione di nuovi documenti o l’ammissione di nuove prove da parte del giudice di appello rientra tra i poteri discrezionali allo stesso riconosciuti dagli artt. 421 e 437 c.p.c., e tale esercizio è insindacabile in sede di legittimità anche quando manchi un’espressa motivazione in ordine alla indispensabilità o necessità del mezzo istruttorio ammesso, dovendosi la motivazione ritenere implicita nel provvedimento adottato (Cass. n. 22630/2016) nonché dalla circostanza che, secondo la prospettazione della controricorrente, relativamente alla specifica posizione del COGNOME, la documentazione di cui si lamenta la acquisizione era stata già depositata in forma cartacea e comunque non vi era stata opposizione alla sua produzione, deve osservarsi che la valutazione della Corte di appello, ex art. 420 co. 5 cpc, è conforme agli obblighi di circolarità che caratterizzano il processo nel lavoro nel senso che, una volta autorizzata, in sostanza, la precisazione/modificazione della domanda degli originari ricorrenti (che dai sedici lavoratori, in relazione ai quali vi sarebbe stata la asserita violazione del loro diritto di precedenza, la pretesa era stata poi ridotta unicamente con riferimento alle due effettive neoassunte) era corretto autorizzare anche la resistente al nuovo deposito di documenti in relazione ai fatti modificati.
Inammissibili sono poi le doglianze riguardanti il merito della assunzione relativamente alla specifica posizione della Comandù.
Anche il secondo motivo è infondato.
In primo luogo, deve precisarsi che la riassunzione della COGNOME è stata ritenuta come nuova assunzione di una lavoratrice che aveva esercitato il diritto di precedenza (per cui tutta la problematica sulla interpretazione restrittiva o meno dell’art. 24 D.lgs. n. 81/2015 non rileva non trattandosi di conversione del precedente contratto a termine); in secondo luogo, va sottolineato che le questioni relative al fatto che la COGNOME non avesse espresso formalmente il suo diritto di precedenza e che la sua assunzione fosse stata in frode alla legge sono questioni nuove, di cui la Corte di appello non ne parla (invero, è stato precisato come dato processualmente acquisito che ella godesse del diritto di precedenza analogamente al Baldon); in terzo luog o, va osservato che la norma dell’art. 24 D.lgs. n. 81/2015 effettivamente non prevede criteri di priorità e che la preferenza tra l’uno e l’altro lavoratore può essere sindacata, per non incorrere in una violazione dell’art. 41 Cost., solo attraverso la inosservanza dei principi di buona fede e correttezza in relazione ai quali però la Corte territoriale, nella fattispecie in esame, ha rilevato un difetto di allegazione circa la denunciata arbitrarietà e irragionevolezza della scelta rispetto a quella del Baldon: tale argomentazione non è stata efficacemente censurata da parte di quest’ultimo.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve
provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 giugno 2025