Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5721 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5721 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30861/2021 R.G. proposto da:
ENTE REGIONALE PER IL DIRITTO ALLO STUDIO UNIVERSITARIO (ERSU) DI CATANIA, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME già domiciliato presso lo studio dell’avvocato COGNOME ed attualmente domiciliato per legge presso l’indirizzo di posta elettronica certificata di entrambi i predetti legali;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e COGNOMENOME COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliata per legge;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 987/2021 depositata il 18/05/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal
Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.A seguito di ricorso monitorio della RAGIONE_SOCIALE di San Giovanni La Punta (di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Catania con decreto n. 1424/2015 ingiungeva all’Ente Regionale per il Diritto allo Studio Universitario di Catania (di seguito, per brevità, Ente Regionale) di pagare alla società ingiungente la somma di € 1.284.832,24, oltre interessi e spese di procedura, a titolo di canoni di locazione relativi agli anni 2013 e 2014.
2.Con ricorso ex artt. 447-bis e 414 c.p.c. dell’8.6.2015 l’Ente Regionale si opponeva al suddetto decreto ingiuntivo, sollevando eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. in quanto l’immobile non era idoneo sotto il profilo del rischio sismico e non era stato adeguato secondo quanto disposto dall’ OPCM 3274/2017 e comunque non era idoneo di fatto all’uso contrattualmente convenuto. Conseguentemente chiedeva al Tribunale: a) di dichiarare che la sospensione del pagamento dei canoni relativi agli anni 2013 e 2014 era legittima e che gli stessi non erano dovuti con la revoca e/o l’annullamento del d.i. opposto b) di dichiarare risolto il contratto di locazione ex art. 1453 c.c. ovvero, in subordine, ex art.1580 c.c.
La RAGIONE_SOCIALE costituendosi, contestava l’opposizione avversaria, della quale chiedeva il rigetto, escludendo di essere incorsa in alcun inadempimento.
Istruita la causa mediante acquisizione della documentazione prodotta dalle parti e mediante ctu, il Tribunale, con sentenza n. 821/2020 del 26.2.2020, rigettava l’opposizione dell’Ente Regionale (e, con essa, la domanda riconvenzionale dallo stesso ente proposta).
Avverso detta sentenza l’Ente Regionale proponeva appello con ricorso ex art. 433 c.p.c., articolando sei motivi di gravame.
Si costituiva anche nel giudizio di appello la RAGIONE_SOCIALE nelle more posta in liquidazione, che:
dopo aver richiamato quanto deciso dalla corte di merito in due recenti arresti – nuovamente eccepiva che, anche ad ammettersi (ma il primo giudice lo aveva escluso) che l’edificio ‘ex Hotel Costa’ andasse annoverato tra quelli che ‘possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso’, ciò nondimeno dovesse riconoscersi che fosse destinato a derivarne per esso locatore ‘l’unico obbligo di procedere alla verifica dei livelli di sicurezza sismica’ in conformità a quanto disposto dalla circolare n. 617/2009 e dalla circolare del Capo Dipartimento della Protezione Civile n. 83283 del 4.11.2010;
eccepiva, inoltre, che controparte avesse discettato nel suo originario ricorso esclusivamente di inadempimento del locatore al suo obbligo di mantenimento della cosa in buono stato locativo ex artt. 1575, n. 1), e 1576 c.c. (e non avesse, invece, mai posto tempestivamente problema di risoluzione del contratto per vizi della cosa locata);
aggiungeva comunque che – anche quando l’Ente Regionale avesse disquisito di vizi della cosa locata avrebbe, nondimeno, dovuto considerarsi che ‘la relativa disciplina è quella dell’art. 1578 c.c., e non anche sollevare eccezione di inadempimento;
infine, anche richiamando principi affermati da questa Corte in altri arresti (Cass. n. 19226/2015; n. 24987/2014; n. 13841/2010; n. 2458/2009), chiedeva il rigetto della domanda di risoluzione contrattuale proposta dalla controparte in via riconvenzionale nel giudizio di primo grado.
La Corte d’appello di Catania, con sentenza n. 987/2021, rigettava l’impugnazione e condannava l’Ente Regionale al pagamento delle spese relative al grado.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso l’Ente Regionale
Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte mentre i Difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria a sostegno delle rispettive ragioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Nella impugnata sentenza, la corte territoriale, nel confermare la sentenza del giudice di primo grado,
ha dato atto dell’errore (oggetto del primo motivo di appello) in cui il giudice di primo grado era incorso là doveva aveva riferito l’elenco B all’OPCM n. 3274/2003 (anziché alla Determina Direttoriale approvata con Delibera della Giunta della Regione Siciliana n. 408 del 19.12.2003);
respingendo i primi quattro motivi di appello, ha escluso che l’attuazione dell’obbligo di procedere a verifica di sicurezza sismica ex art. 2 comma terzo PPCM n. 3274/2002 implicasse che dovesse seguirsi in tutti i casi l’esecuzione degli interventi di adeguamento (o anche soltanto di miglioramento antisismico) che la procedura di verifica conduceva ad individuale;
ha respinto il quinto motivo volto a richiedere (sull’insussistente presupposto di un inadempimento del locatore) anche la risoluzione del contratto del 7 dicembre 2004;
ha infine ritenuto inammissibile e comunque infondato il sesto ed ultimo motivo di appello, in quanto, <>, inconducente era stata in ogni caso <>.
2.L’Ente Regionale articola in ricorso nove motivi.
2.1. Con il primo motivo l’ente ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, co 1°, nn. 3 e 4 in relazione agli artt. 101 cpc, 111 Cost., 112 cpc, 429, co. 2°, cpc, 437, co. 4°, cpc) nella parte in cui la corte territoriale non ha rinviato l’udienza di discussione e decisione fissata per il 3 maggio 2021 (tenutasi con modalità cartolare) ad altra udienza, assegnando alle parti un termine per il deposito di note difensive ai sensi dell’art.429, co. 2°, cpc richiamato dall’art.437, co. 4°, cpc e art.221, co. 2° e ss. del D. L. 19.5.20 n. 34 e successive modifiche.
Sostiene che, se avesse potuto replicare alla memoria conclusionale della RAGIONE_SOCIALE del 22.4.21, avrebbe potuto contestare il contenuto della memoria conclusionale illegittimamente depositata rilevando tra l’altro: a) il fatto che la RAGIONE_SOCIALE aveva l’obbligo di procedere alla verifica sismica e di effettuare l’adeguamento dell’immobile alla vigente normativa sismica, ma la stessa, dopo aver ottenuto il nulla osta del genio civile per l’esecuzione di opere di adeguamento sismico dell’immobile, non aveva eseguito alcuna di dette opere; b) il fatto che l’immobile ex Hotel Costa, essendo destinato a residenza universitaria, era soggetto alla normativa dell’OPCM 3274/03, tenuto conto del disposto di cui all’art. 2 comma 3; c) il fatto che la sentenza n.1081/2019 della Corte d’appello, richiamata dalla controparte, era stata successivamente annullata da questa Corte con sentenza n. 20187/2022.
2.2. Con il secondo motivo l’ente ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art.360, co. 1°, n.3 cpc in relazione all’O.P.C.M. n.3274/2003 e alla circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 2.02.2009 n.617) nella parte in cui la
corte territoriale, rigettando il primo ed il secondo motivo di appello (l’immobile rientra nelle previsioni dell’ordinanza n.3774/2003 del P.C.M.), ha ritenuto che l’errore del primo giudice non avesse ‘decisivamente condizionato’ la sentenza di primo grado e, in applicazione del criterio c.d. ‘ della ragione più liquida’, ha ritenuto infondati detti motivi, non essendo la RAGIONE_SOCIALE obbligata ad eseguire gli interventi di adeguamento antisismico dell’edificio.
2.3. Con il terzo motivo l’ente ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art.360, co. 1°, n.3 cpc in relazione all’O.P.C.M. n.3274/2003 e alla circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 2.02.2009 n.617) nella parte in cui la corte territoriale, ha rigettando il quarto motivo di appello, e conseguentemente i primi tre motivi, in applicazione del criterio c.d.’della ragione più liquida’, non essendo la RAGIONE_SOCIALE obbligata ad eseguire gli interventi di adeguamento antisismico dell’edificio.
2.4. Con il quarto motivo l’ente ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e nullità della sentenza o del procedimento (art.360, co. 1°, n.3 e 4 cpc. in relazione all’O.P.C.M. n.3274/2003, alla circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 2.02.2009 n.617 e all’art.112 cpc.) nella parte in cui la corte territoriale ha rigettato il terzo motivo di appello (accertamento dell’inidoneità dell’immobile sotto il profilo del rischio sismico) argomentando che, in applicazione del criterio c.d. ‘della ragione più liquida’, la RAGIONE_SOCIALE non era obbligata ad eseguire gli interventi di adeguamento antisismico dell’edificio e conseguentemente ha omesso l’esame del terzo motivo del suo atto di appello.
2.5. Con il quinto motivo l’ente ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e nullità della sentenza o del procedimento (art.360, co. 1°, n.3 e 4 cpc. in relazione all’O.P.C.M.
n.3274/2003, alla circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 2.02.2009 n.617 e all’art.112 cpc.) nella parte in cui la corte territoriale ha rigettato il terzo motivo del suo atto di appello (inidoneità oggettiva dell’immobile all’uso contrattualmente convenuto e conseguente legittimità della domanda dell’ERSU di non essere tenuta al pagamento dei canoni di locazione relativi agli anni 2013 e 2014) argomentando che, in applicazione del criterio c.d. ‘della ragione più liquida’, la SAR RAGIONE_SOCIALE non era obbligata ad eseguire gli interventi di adeguamento antisismico dell’edificio e conseguentemente ha omesso l’esame del terzo motivo del suo atto di appello.
2.6. Con il sesto motivo l’ente ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e nullità della sentenza o del procedimento (art.360, co. 1°, n.3 cpc. in relazione all’O.P.C.M. n.3274/2003, alla circolare del Ministero infrastrutture e dei trasporti del 2.02.2009 n.617 e all’art. 1453 c.c.) nella parte in cui la corte territoriale, rigettando il quinto motivo del suo atto di appello (risoluzione del contratto di locazione 7.12.2004 per inadempimento), ha ritenuto la RAGIONE_SOCIALE non tenuta all’obbligo di adeguamento dell’immobile.
2.7. Con il settimo motivo l’ente ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e nullità della sentenza o del procedimento (art.360, co. 1°, n.3 e 4 cpc. in relazione all’O.P.C.M. n.3274/2003, alla circolare del Ministero infrastrutture e dei trasporti del 2.02.2009 n.617 e all’ art.1580 c.c.) nella parte in cui la corte territoriale, rigettando il sesto motivo del suo atto di appello (risoluzione del contratto di locazione 7.12.2004 ex art.1580c.c.), ha ritenuto che, alla luce della normazione primaria, e soprattutto secondaria, non sussisteva in capo la RAGIONE_SOCIALE l’obbligo di dar luogo agli interventi di adeguamento antisismico.
2.8. Con l’ottavo motivo l’ente ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e nullità della sentenza o del procedimento (art.360, co. 1°, n.3 e 4 cpc. in relazione all’O.P.C.M. n.3274/2003, alla circolare del Ministero infrastrutture e dei trasporti del 2.02.2009 n.617 e all’art.112 cpc) nella parte in cui la corte di merito ha rigettato ovvero ha omesso di decidere sulla sua richiesta di revocare e/o annullare con qualsiasi forma il d. i. opposto
2.9. Con il nono motivo l’ente ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art.360, co. 1°, n.3 cpc in relazione all’art.91 cpc e all’art. 13, comma 1 quater del T.U. 115/2002) nella parte in cui la corte territoriale ha condannato esso ente al pagamento delle spese di giudizio e all’obbligo di versamento di cui all’art.13 comma 1 quater, T.U.115/2002.
Il primo motivo è fondato
3.1. Dagli atti di causa, riguardo ai quali, vertendosi nello scrutinio di un vizio di violazione di norme del procedimento, la Corte è giudice del ‘fatto processuale’, risulta quanto segue:
la corte territoriale, con ordinanza 23 luglio 2020, nel decidere sull’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, ha fissato la successiva udienza del 3 maggio 2021 per discussione e decisione;
la corte territoriale con provvedimento del 3 aprile 2021 (comunicato dalla cancelleria il 7.04.21) ha disposto che l’udienza del 3 maggio 2021 si sarebbe tenuta ai sensi dell’art.221, comma 4 del D.L. 19.5.20 n.34, assegnando alle parti <>;
la RAGIONE_SOCIALE ha depositato il 22 aprile 2021 una memoria non autorizzata e il 27 aprile 21 note relative all’udienza cartolare (autorizzate dal provvedimento della corte del 3-7 aprile precedente);
in considerazione di ciò, l’Ente ha depositato il 28 aprile 2021 note scritte, chiedendo in via preliminare l’assegnazione di un termine per il deposito di note difensive ed il rinvio della discussione e della decisione ad altra udienza;
la RAGIONE_SOCIALE avendo letto le note depositate il 28.4.21 dall’ente, in questa stessa data ha depositato ulteriori note scritte per replicare alle note 28.4.21 dell’ente;
all’udienza cartolare del 3 maggio 2021, la corte territoriale, senza prendere in considerazione la richiesta dell’ente (di assegnazione di un termine per il deposito di note difensive e di rinvio della discussione e della decisione ad altra udienza), ha letto il dispositivo per poi depositare la sentenza il successivo 18 maggio.
3.2. La situazione fattuale sopra ripercorsa (e, precisamente, la trattazione della causa in udienza cartolare con il deposito di due pagine di note contenenti le sole istanze e conclusioni, e la mancata decisione sulla richiesta dell’ente di concessione dei termini per il deposito di note difensive) ha determinato una indebita compressione del diritto di difesa dell’Ente, in quanto non ha consentito a quest’ultimo di controdedurre rispetto a quanto dedotto dalla Sar costruzioni nel costituirsi in appello.
Si ricorda, al riguardo che il comma 4 dell’art. 221 del d.l. n. 34 del 2020, convertito con modificazioni, dalla l. n. 77 del 2020, ebbe a disporre in questi termini: <>.
La norma disciplinava il giudizio in forza della proroga dell’applicazione disposta dal d.l. n. 105 del 2012 fino al 31 dicembre 2012.
Ora, di fronte al deposito della memoria avversaria prima delle rituali note ed alla richiesta dell’Ente qui ricorrente di potervi replicare e di assegnazione all’uopo di un termine per il deposito di note difensive e di rinvio della discussione e della decisione ad altra udienza, la corte etnea avrebbe dovuto considerare che vi era stata un’alterazione della modalità procedimentale, stabilita dalla normativa speciale applicata per la decisione e, dunque, farsi carico delle istanze del qui ricorrente, esaminandole e provvedendo su di esse.
Quello che viene in rilievo nella vicenda non è, come postulato dal motivo, il procedimento indicato dall’artt. 429 c.p.c., posto che ad esso si era sovrapposto quello emergenziale per la nota epidemia.
Viene in rilievo direttamente il comma 4 sopra ricordato.
Rispetto al suo disposto non può imputarsi all’ente qui ricorrente, come sostiene parte resistente, di non avere chiesto, come consente lo stesso comma, la discussione orale. Invero, una simile istanza – in disparte ogni valutazione sulla possibilità di rispettarne la tempistica non sarebbe stata comunque direttamente funzionale alla replica alla memoria, dato che, in ipotesi di accoglimento, la replica sarebbe dovuta avvenire oralmente.
Ne segue che all’alterazione dello svolgimento processuale si chiedesse di rimediare nei termini in cui lo fece il qui ricorrente.
La corte territoriale non si è fatta carico dell’istanza e tanto ha determinato la conseguenza che la decisione è avvenuta in presenza di una violazione delle modalità di decisione in funzione della c.d. udienza
di discussione cartolare, siccome fissate dal citato comma 4 dell’art. 221.
L’assunto di parte resistente che la corte di merito non avrebbe argomentato sulla base della sua memoria, che, peraltro, avrebbe ricalcato l’originaria memoria di costituzione, risulta del tutto generico e comunque trascura un rilievo decisivo a monte: a seguito dell’argomentare della qui resistente l’ente qui ricorrente avrebbe potuto, ove fosse stata autorizzata una replica, comunque a sua volta argomentare. E, naturalmente, non si sa con quale incidenza ai fini della decisione su quanto devoluto in appello.
Anche l’apprezzamento della vicenda alla stregua dell’art. 360bis n. 2 c.p.c., siccome interpretato da Cass. n. 22341 del 2017 e successive conformi, venendo in gioco l’esigenza del contraddittorio e, dunque, un valore riconducibile ai valori evocati da detta norma, conduce all’accoglimento del motivo nei termini e per le ragioni indicate.
La corte territoriale, non pronunciandosi sull’alterazione dello svolgimento processuale del comma 4 dell’art. 221 e non rimediandovi, è incorsa in una violazione di tale norma e di riflesso dell’art. 101 c.p.c., posto che la sequenza procedimentale disciplinata da quel comma ha inciso sulla norma del c.p.c.
3.3. Gli altri motivi restano assorbiti.
In definitiva, dell’impugnata sentenza s’impone la cassazione in relazione al motivo accolto.
Ne segue il rinvio alla Corte d’appello di Catania, che, in diversa composizione, procederà a nuova decisione dell’appello facendosi carico della richiesta formulata dall’ente qui ricorrente di fronte alla nota del 22 aprile 2021 e valutando se essa esigesse il riconoscimento comunque di una replica da parte del qui ricorrente.
Il giudice di rinvio provvederà in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
Stante l’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte accoglie, per quanto di ragione, il primo motivo; e, per l’effetto – assorbiti tutti i restanti motivi – cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025, nella camera di consiglio