LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Diritto di difesa: denuncia e illecito disciplinare

La Corte di Cassazione ha stabilito che un professionista non commette illecito disciplinare se presenta una denuncia penale contro il proprio Ordine professionale per fatti ritenuti illeciti. Tale azione, se non palesemente infondata, rientra nel legittimo esercizio del diritto di difesa. Il caso riguardava un notaio sanzionato dal suo Consiglio per aver denunciato la presunta falsificazione del verbale di una sua audizione. La Corte ha confermato le decisioni dei gradi inferiori, rigettando il ricorso del Consiglio e sottolineando che il diritto di difesa prevale, specialmente quando la denuncia porta a un rinvio a giudizio dei membri dell’organo di vigilanza.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Diritto di Difesa vs. Dovere Deontologico: Quando Denunciare non è Illecito

Un professionista che denuncia il proprio Ordine di appartenenza commette una violazione deontologica? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8509/2025, offre una risposta chiara, tracciando i confini tra l’esercizio del diritto di difesa e l’illecito disciplinare. La vicenda analizzata vede contrapposti un notaio e il suo Consiglio Notarile, in una disputa legale che tocca i principi fondamentali della tutela giurisdizionale e della correttezza professionale.

I Fatti del Caso

Tutto ha origine da un procedimento disciplinare a carico di un notaio. Durante un’audizione presso il Consiglio Notarile dei distretti riuniti, il professionista ritiene che il verbale redatto non riporti fedelmente le sue dichiarazioni. Convinto della falsità del documento, presenta una denuncia penale per falso in atto pubblico presso la Procura della Repubblica.

In risposta, il Consiglio Notarile avvia un secondo, distinto procedimento disciplinare contro il notaio. L’accusa è grave: aver leso l’onore e il prestigio della categoria presentando una denuncia “infondata” e accusando l’organo di aver manipolato un verbale. La richiesta del Consiglio è una sospensione di sei mesi dall’esercizio della professione.

Tuttavia, sia la Commissione Regionale di Disciplina sia la Corte d’Appello danno ragione al notaio, ritenendo che la sua azione rientrasse pienamente nel legittimo esercizio del diritto di difesa. Il Consiglio Notarile, non soddisfatto, porta il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Tesi del Consiglio e i Motivi del Ricorso

Il Consiglio Notarile basa il suo ricorso su due argomenti principali:

1. Motivazione Apparente: Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente analizzato le espressioni usate dal notaio nella denuncia, limitandosi a una motivazione generica e, quindi, solo apparente. La decisione di non considerare la denuncia un abuso del diritto di difesa sarebbe stata, a loro dire, arbitraria.
2. Travisamento della Prova: Il Consiglio sostiene che i giudici di merito abbiano travisato il contenuto delle dichiarazioni del notaio, non valutandole come lesive del decoro e del prestigio della categoria professionale.

Le Motivazioni della Cassazione sul diritto di difesa

La Suprema Corte rigetta integralmente il ricorso, confermando la correttezza delle decisioni precedenti. La motivazione della Cassazione è un’importante lezione sul bilanciamento tra doveri deontologici e diritti fondamentali.

I giudici chiariscono che la motivazione della Corte d’Appello non era affatto apparente, ma ben fondata. La presentazione di una denuncia penale, di per sé, non può essere considerata un illecito disciplinare. Al contrario, rappresenta una modalità di esercizio del diritto di difesa. Questo principio è rafforzato dal fatto che la denuncia del notaio non era palesemente pretestuosa, tanto da aver portato al rinvio a giudizio di alcuni membri del Consiglio per il reato di falso.

La Corte sottolinea un punto cruciale: a compromettere il decoro e il prestigio di una categoria professionale non è l’atto di denunciare un presunto illecito, ma l’eventuale accertamento della responsabilità penale dell’accusato. Pertanto, l’azione del notaio, finalizzata a far valere un proprio diritto in sede penale, non può essere sanzionata in sede disciplinare. Inoltre, le espressioni utilizzate nella denuncia sono state ritenute funzionali a “corroborare le accuse di falso” e non offensive o denigratorie.

Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo al travisamento della prova, la Corte lo dichiara inammissibile. Il ricorrente, infatti, non stava denunciando un errore percettivo del giudice, ma tentava di ottenere una nuova valutazione del merito delle dichiarazioni, un’attività preclusa al giudizio di legittimità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Corte di Cassazione stabilisce un principio di garanzia fondamentale per tutti i professionisti. Il diritto di agire in giudizio per tutelare i propri diritti, anche contro il proprio organo di vigilanza, è sacro e non può essere compresso da un’interpretazione eccessivamente rigida dei doveri deontologici.

La sentenza chiarisce che l’esercizio del diritto di difesa, attraverso una denuncia penale, non costituisce un illecito disciplinare, a meno che non si dimostri la sua natura manifestamente infondata, calunniosa o espressa con toni gratuitamente offensivi. In questo caso, la legittimità dell’azione del notaio era avvalorata dagli sviluppi del procedimento penale, che confermavano la serietà delle sue accuse. Questa pronuncia riafferma che il rispetto per le istituzioni professionali non può mai tradursi in una rinuncia alla tutela dei propri diritti fondamentali.

Un professionista commette un illecito disciplinare se denuncia penalmente il proprio organo di vigilanza?
No, non necessariamente. Secondo la Corte, la presentazione di una denuncia penale non pretestuosa rientra nel legittimo esercizio del diritto di difesa e non può essere considerata di per sé un illecito disciplinare, anche se rivolta contro il proprio organo di categoria.

Quando la motivazione di una sentenza è considerata solo ‘apparente’?
La motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo presente graficamente, non permette di comprendere il ragionamento logico seguito dal giudice per arrivare alla decisione, perché contiene argomentazioni generiche, contraddittorie o inidonee a svelare il fondamento del convincimento.

Cosa significa ‘travisamento della prova’ e come può essere contestato?
Il travisamento della prova è un errore del giudice che percepisce un fatto in modo diverso da come risulta oggettivamente dagli atti. La Corte chiarisce che non si può usare questo motivo per chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione del merito della causa, ma solo per denunciare un errore procedurale o di percezione fattuale su un punto controverso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati