Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2709 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19306/2021 R.G., proposto da
NOME COGNOME ; rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO ( ), in virtù di procura su foglio separato unito al ricorso;
-ricorrente-
nei confronti di
NOME COGNOME ; rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO
di NOME (
) e NOME
NOME (
), in virtù di procura
in calce al controricorso;
-controricorrente –
nonché di
NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE ;
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2709 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
-intimati-
C.C. 13.11.2023 N. R.G. 19306/2021 Pres. Travaglino Est. COGNOME
per la cassazione della sentenza n. 415/2020 del la CORTE d’APPELLO di MESSINA, pubblicata il 19 ottobre 2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13
novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. t ra il luglio e l’ottobre del 2007 furono pubblicati un dispaccio RAGIONE_SOCIALE, due articoli sulla ‘ GRAGIONE_SOCIALE del Sud ‘ e un articolo su ‘ La RAGIONE_SOCIALE ‘ , i quali davano la notizia di una indagine in corso della Procura di Palermo, avente ad oggetto rapporti tra la mafia siciliana e i padrini americani, e indicavano tra gli indagati l’uomo d’ affari internazionale NOME COGNOME, accostandolo a noti boss mafiosi;
sulla premessa che non aveva mai ricevuto avvisi relativi a tale indagine e che, invece, solo nel 2003 era stato imputato in un procedimento penale per fornitura di armamenti e per associazione mafiosa conclusosi con l’ assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e perché il fatto non sussiste, NOME COGNOME citò NOME COGNOME , direttore del quotidiano ‘La RAGIONE_SOCIALE‘, il RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE, nonch é NOME COGNOME, direttore della ‘RAGIONE_SOCIALE ‘ , la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e la giornalista NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Messina, chiedendone la condanna al risarcimento del danno per diffamazione a mezzo stampa, deducendo prova per testi per la dimostrazione sia del danno non patrimoniale sia del danno patrimoniale da perdita di affari immobiliari;
il Tribunale di Messina si dichiarò territorialmente incompetente in favore del Tribunale di Roma in ordine alle domande proposte nei confronti di NOME COGNOME, del RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE e rigettò quelle proposte nei confronti di NOME COGNOME, della RAGIONE_SOCIALE e della giornalista NOME COGNOME;
C.C. 13.11.2023 N. R.G. 19306/2021 Pres. Travaglino Est. COGNOME
La Corte d ‘appello di Messina, con sentenza 19 ottobre 2020, n. 415, ha rigettato l’ impugnazione proposta da NOME COGNOME avverso questa pronuncia, sulla base dei seguenti rilievi:
Ianzitutto doveva escludersi la lesività del fatto, essendo presenti, nella fattispecie, le tre condizioni poste a fondamento del lecito esercizio del diritto di cronaca: interesse pubblico alla diffusione della notizia o dell’opinione; verità putativa dei fatti narrati; continenza delle espressioni adottate; precisamente -secondo la Corte territoriale -non poteva individuarsi « alcuna carica lesiva negli articoli pubblicati tanto dalla GRAGIONE_SOCIALE del Sud, quanto dalla RAGIONE_SOCIALE », che erano « indubbiamente di pubblico interesse », e nei quali « i giornalisti avuto cura di sottolineare come lo stesso NOME COGNOME stato assolto dalle varie accuse sollevate nei suoi confronti »;
IIin secondo luogo non era stata fornita dall’attore , che ne era onerato, la prova del danno patrimoniale e non patrimoniale dedotto;
propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, sulla base di sei motivi; risponde con controricorso NOME COGNOME; non rispondono la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, che restano intimati.
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art.380 -bis .1 cod. proc. civ.;
il pubblico ministero presso la Corte non ha depositato conclusioni scritte;
le parti costituite hanno depositato memorie.
Considerato che:
con il primo motivo viene denunciata la « Violazione dell’art. 132, comma secondo, c.p.c. n. 4 – Motivazione Apparente »;
il ricorrente deduce che la Corte territoriale, per un verso, si sarebbe limitata a riportare la stringata motivazione del giudice di
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primo grado ( motivazione, tra l’altro, di difficile comprensione lessicale) e, per altro verso, avrebbe trascurato « ogni elemento acquisito al processo », con particolare riferimento alla « assenza di prova alcuna sulla veridicità delle imputazioni pubblicate ».
1.1. il motivo è infondato;
i n seguito alla riformulazione dell’art. 360 n. 5 c od. proc. civ., disposta dall’art. 54 del decreto -legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità attiene all’esistenza in sé della motivazione e alla sua coerenza, e r esta circoscritto alla verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art.132 n.4 c od. proc. civ., la cui violazione -deducibile in sede di legittimità quale nullità processuale a i sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. -sussiste qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. Sez. Un., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054; Cass. 12/10/2017, n. 23940; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 03/03/2022, n. 7090);
nel caso di specie, non solo non sussistono le surricordate gravi lacune, idonee a proiettare la motivazione della sentenza impugnata al disotto del «minimo costituzionale», ma deve piuttosto riconoscersi che la Corte d’ appello ha dato conto in modo chiaro, argomentato e coerente delle ragioni della decisione, al cui fondamento, come si è più sopra evidenziato, sono poste due rationes decidendi : la prima, basata
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sul motivato rilievo della m ancanza della lesione del diritto all’ onore e alla reputazione per la contemporanea sussistenza delle tre condizioni della pertinenza, continenza e veridicità; la seconda, basata sull’ apprezzamento dell’omessa prova del danno lamentato ;
il primo motivo, pertanto, deve essere rigettato;
Con il secondo motivo viene denunciata l’ « Omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio »;
il ricorrente sostiene che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto della « assenza di alcuna allegazione, e tantomeno prova contraria, dedotta od offerta dalle parti convenute, cui incombeva la dimostrazione della verità degli assunti »;
deduce che in malafede erano stati richiamati gli atti di una inchiesta precedente che lo aveva interessato, t ra l’a ltro non sempre riportando la notizia della sua assoluzione, cosicché, nel momento in cui era stata data la notizia delle nuove indagini, egli era stato rappresentato quale soggetto abitualmente dedito ad attività mafiose;
2.1. il motivo è inammissibile;
I l ‘fatto’ di cui può denunciarsi con ricorso per cassazione l’omesso esame, ai sensi dell ‘art.360 n.5 cod. proc. civ., deve essere un fatto storico vero e proprio avente carattere di fatto principale, ex art. 2697 cod. civ. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o di fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale) e deve altresì possedere i due necessari caratteri dell’essere decisivo (vale a dire che, se esamin ato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) e dall’aver formato oggetto di controversia tra le parti (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053; Cass. 29/10/2018, n. 27415; Cass. 08/09/2016, n. 17761), sicché non costituisce omissione censurabile, ai sensi della norma
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richiamata, l ‘ omesso esame di elementi istruttori, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;
alla luce di queste considerazioni, il motivo in esame, nel paludare sub specie di omessa motivazione su un fatto decisivo la doglianza che il giudice d’appello non abbia tenuto conto della mancanza di allegazione e di prova in ordine alla veridicità delle notizie date, non denuncia l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ma impinge nell’ accertamento di merito operato dalla Corte territoriale, che è insindacabile in sede di legittimità;
con il terzo motivo viene denunciata la « Violazione dell ‘ art. 2697 c.c., dell ‘ art.2 e dell’art. 21 Cost., in relazione all ‘ art. 360 cpc n. 3 e n. 5. »;
il ricorrente lamenta il giudizio sulla ritenuta insussistenza della lesione dell’onore e della reputazione, atteso che tale lesione doveva reputarsi insita nel fatto della pubblicazione di notizie coperte da segreto investigativo;
deduce, inoltre, che non si sarebbe potuto invocare il lecito esercizio del diritto di cronaca, senza dimostrare i tre necessari elementi del pubblico interesse, della continenza e della verità;
3.1. anche il terzo motivo è inammissibile;
la Corte d’appello con accertamento di fatto motivato e, quindi, insindacabile -oltre a ritenere non provata la sussistenza del danno patrimoniale e non patrimoniale lamentato dal ricorrente, ha reputato che gli articoli pubblicati rispondevano ad un pubblico interesse all’informazione e che non avevano portata offensiva dell’onore e della reputazione, atteso che i giornalisti avevano avuto cura di sottolineare
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la circostanza che NOME COGNOME era stato assolto dalle varie accuse sollevate nei suoi confronti;
nel criticare questo motivato giudizio, il ricorrente tende a suscitare da questa Corte un accertamento alternativo a quello formulato dalla Corte territoriale, omettendo di considerare che la ricostruzione dei fatti e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie ad essa funzionali sono attività riservate al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499);
4. con il quarto motivo viene denunciata la « Violazione di norme di diritto: art. 360 n. 3 c.p.c. »;
il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia reputato non provato il dedotto danno non patrimoniale e patrimoniale, pur non avendo ammesso le prove orali da lui articolate per dimostrarlo;
anche questo motivo è inammissibile, poiché, censurando unicamente la seconda ratio decidendi della pronuncia impugnata, in ragione dell’omessa ammissione delle prove dedotte in funzione della dimostrazione dei danni-conseguenza, omette di considerare che tale giudizio trova il suo fondamento logico nel rilievo (che costituisce invece la prima ratio decidendi ) della esclusione della portata diffamatoria della pubblicazione e, dunque, nel rilievo della mancanza del danno-evento;
con il quinto motivo viene denunciata la « Violazione di legge circa la statuizione sulle spese »;
il ricorrente, « in via assolutamente gradata », deduce che la Corte d’appello avrebbe dovuto disporre la compensazione delle spese
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processuali, poiché sarebbero comunque sussistiti, nella fattispecie, i « giusti motivi », che, ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ., nella formulazione applicabile ratione temporis , ne avrebbero costituito il presupposto;
5.1. il motivo è infondato;
va, al riguardo, ribadito -dando continuità ad un consolidato orientamento di questa Corte -che la regola che deve guidare il giudice del merito nella regolazione delle spese processuali è quella fondata sulla soccombenza (art.91 cod. proc. civ.), mentre la compensazione, pa rziale o totale, al verificarsi delle ragioni previste dall’art.92, secondo comma, cod. proc. civ. (nella formulazione applicabile ratione temporis ), è riservata al prudente apprezzamento del giudice e trova quindi fondamento in un potere di natura discrezionale, il cui esercizio è di norma incensurabile in sede di legittimità -salvo che per illogicità, inesistenza o apparenza della motivazione (Cass. 03/07/2019, n. 17816; Cass. 26/07/2021, n. 21400) -e che trova il suo unico limite nell’impossibilità di porre le spese a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. 24/06/2003, n. 10009; Cass. 26/11/2020, n. 26912);
non sussistendo, dunque, un diritto della parte soccombente ad ottenere la compensazione delle spese, non è sindacabile -ed è anzi perfettamente conforme a diritto -la statuizione della sua condanna nelle spese processuali;
6. con il sesto motivo, viene denunciata la « Violazione art. 132 cpc. n. 4. in relazione all’art. 360 cpc n. 3 – omessa pronuncia circa inammissibilità produzione parte NOME COGNOME – illegittimità della quantificazione delle spese »;
sulla premessa che NOME COGNOME era rimasta contumace in primo grado e si era costituita tardivamente in appello solo in sede di
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precisazione delle conclusioni, il ricorrente deduce che il giudice del merito avrebbe dovuto espungere le sue produzioni documentali, rigettarne le istanze istruttorie e non riconoscerle il diritto alla rifusione delle spese;
6.1. il motivo è inammissibile;
la costituzione tardiva non priva la parte vittoriosa del diritto al rimborso delle spese per l’ attività difensiva svolta; quanto alle richieste istruttorie dell ‘ appellata NOME COGNOME, il ricorrente, nell’illustrazione del motivo, omette di dire se erano state accolte o rigettate, ma dalla motivazione della sentenza impugnata risulta che ad esse -come alle eventuali sue produzioni documentali -non si è dato rilievo ai fini della statuizione di rigetto dell’ impugnazione;
in definitiva, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere rigettato;
le spese del giudizio di legittimità relative al rapporto processuale tra il ricorrente e la controricorrente NOME COGNOME seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo; sulle spese del giudizio di legittimità concernenti il rapporto processuale vertente tra il ricorrente e le parti rimaste intimate, invece, non vi è luogo a provvedere, stante l’ indefensio di queste ultime;
avuto riguardo al tenore della pronuncia, va infine dato atto -ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
Per Questi Motivi
La Corte rigetta il ricorso;
C.C. 13.11.2023 N. R.G. 19306/2021 Pres. Travaglino Est. COGNOME
condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.500,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione