Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1639 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1639 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11199/2022 R.G. proposto da :
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
(MLVCRN55P69F158J)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 244/2022 depositata il 17/2/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
NOME COGNOME di Bagnolo ricorreva ex articolo 702 bis c.p.c. al Tribunale di Brescia contro Il sole 24 ore S.p.A. per ottenerne il risarcimento del danno per affermazioni lesive della sua reputazione che sarebbero state contenute in un articolo del 16 maggio 2014 di NOME COGNOME, intitolato ‘La Consob in campo sul dossier Ubi’; l’editore si costituiva resistendo. Convertito il rito in ordinario, il Tribunale, con sentenza n. 2861/2018, accoglieva la domanda condannando la convenuta a risarcire l’attore nella misura di euro 20.000.
Il sole 24 ore SRAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, cui controparte resisteva, proponendo pure appello incidentale in ordine alla quantificazione del risarcimento.
La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 17 febbraio 2022, accoglieva l’appello principale, assorbito quello incidentale, e quindi rigettava la domanda risarcitoria, ritenendo che nell’articolo vi fossero ‘notizie vere’ e che pertanto non si sarebbe compiuta ‘alcuna diffamazione a danno dell’appellato’, bensì si sarebbe effettuato ‘esercizio del diritto di cronaca’.
Il Lechi ha presentato ricorso, sulla base di quattro motivi, preceduti, ad avviso del ricorrente per rispettare il principio di autosufficienza, dalla ‘riproduzione diretta del contenuto del ricorso’ (pagine 8 -11). Il sole 24 ore S.p.A. si è difesa con controricorso.
Il ricorrente ha depositato anche memoria.
Considerato che:
Il primo motivo denuncia ‘omesso esame di fatto decisivo’, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., e ‘violazione art. 115 c.p.c. e 2730 c.c.’, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c.
il giudice d’appello avrebbe ‘totalmente omesso’ di considerare che l’attuale ricorrente ‘aveva riproposto in modo netto e chiaro la sua ricostruzione del fatto lesivo’ sotto i due profili di cui sarebbe composto. Ancora richiamando il principio di autosufficienza, il motivo include passi della comparsa di costituzione in appello, della comparsa conclusionale e della memoria di replica (pagine 13-16), per affermare che, nonostante tale chiarezza e completezza, il giudice d’appello non avrebbe ‘statuito nulla in proposito’. Si argomenta poi sul valore dell’articolo di stampa e si sostiene che ‘con la retroestesa trascrizione dell’articolo … e il suo esame analitico è stato indicato il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, e così pure è stato individuato il dato extratestuale (rispetto alla sentenza) emergente dagli atti processuali, da cui ne risulta l’esistenza’. Si rimarca la discussione tra le parti, anche in riferimento al contenuto dell’atto d’appello, e si invoca pure il testo dell’articolo 595 c.p.
Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione dell’articolo 595 c.p. e degli articoli 185 c.p. e 2043 c.c.
La decisione impugnata confliggerebbe con l’articolo 595 c.p. e con la interpretazione della giurisprudenza per cui il carattere diffamatorio di un articolo non può essere valutato mediante una lettura atomistica, bensì in relazione al suo intero contesto: e così non avrebbe fatto la corte territoriale.
Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., ‘motivazione apparente, perplessa e obiettivamente incomprensibile’, con violazione degli articoli 132, secondo comma,
n.4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111, sesto comma, Cost.; lamenta ‘mancanza di motivazione quale requisito essenziale’.
Si afferma, ‘in via concorrente, oppure alternativa e perciò subordinata, rispetto alle ricostruzioni parallele dei vizi che inficiano la decisione … esposte nei due precedenti motivi’, che la pronuncia è ‘il frutto di una motivazione incomprensibile e tale da non raggiungere il minimo costituzionale’.
4. Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., ‘ulteriore violazione’ degli articoli 132, secondo comma, n.4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111, sesto comma, Cost. nonché, , ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., ‘totale illogicità e incomprensibilità’ motivazionali e difetto del ‘minimo costituzionale’ sotto altro autonomo aspetto; lamenta infine, ex articolo 360, primo comma, nn.3 e 4 c.p.c., violazione dell’articolo 246 c.p.c.
Il motivo censura la sentenza per avere ‘concesso al giornalista (e quindi all’editore) il beneficio della scriminante putativa del diritto di cronaca’, non considerando che ciò presuppone un serio e diligente lavoro di ricerca e di verifica. Seguono argomentazioni relative al contenuto della vicenda per dimostrare ‘anche la totale irrazionalità della motivazione’, oltre alla incomprensibilità.
6.1 A prescindere dal fatto che non costituisce rispetto del principio di autosufficienza la trascrizione, con tanto di fotografia e di titoli riprodotti, dell’articolo che avrebbe diffamato il ricorrente, al contrario costituendo violazione dell’articolo 366, primo comma, n.3 c.p.c., in quanto il contenuto dell’articolo rientra nei ‘fatti della causa’, il ricorso in parte è inammissibile – laddove, nel primo e nel quarto motivo, argomenta ictu oculi in fatto -, in parte è manifestamente infondato.
6.2 Sotto quest’ultimo profilo, invero, il secondo motivo, pur schermando la sua reale sostanza con la pretesa violazione degli articoli 595, 185 c.p. e 2043 c.c., attribuisce al giudice d’appello di
non avere considerato il contenuto dell’intero articolo, vale a dire di non avere motivato in modo completo su di esso.
La censura, oltre ad essere generica, non trova riscontro nella motivazione del giudice d’appello, che, pur offrendola in modalità sintetica, ricostruisce chiaramente e compiutamente la vicenda del licenziamento per giusta causa dell’attuale ricorrente, escludendo una ‘chiusura’ consensuale del rapporto di lavoro (sentenza, pagine 7-10). Il secondo motivo risulta quindi infondato.
6.3 Il terzo motivo, infine, è manifestamente infondato in quanto la motivazione, appunto, davvero sussiste e raggiunge il minimo costituzionale, per quanto appena rilevato.
Il ricorso merita, in conclusione, rigetto, con conseguente condanna del COGNOME a rifondere le spese di lite alla controricorrente, liquidate come in dispositivo.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in un totale di € 3200, oltre agli accessori di legge.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 20 dicembre 2024