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Diritto di critica: quando non è diffamazione?

Un cittadino ha citato in giudizio un’azienda sanitaria e diversi media per diffamazione, dopo essere stato definito “antivaccinista” e diffusore di “fake news”. Le sue affermazioni su un presunto danno da vaccino si erano rivelate non veritiere. La Corte di Cassazione ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, confermando le sentenze precedenti e ribadendo la legittimità del diritto di critica di fronte a dichiarazioni fattualmente infondate su temi di rilevante interesse pubblico.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Diritto di Critica: La Cassazione Conferma i Limiti della Diffamazione

In una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico che contrappone la tutela della reputazione individuale al diritto di critica. La vicenda riguarda un cittadino che, dopo aver rilasciato dichiarazioni pubbliche su un presunto danno da vaccino, si è visto etichettare come “antivaccinista” e diffusore di “fake news”. La sua richiesta di risarcimento per diffamazione è stata respinta a ogni livello di giudizio, culminando in una pronuncia di inammissibilità da parte della Suprema Corte, che consolida importanti principi sul bilanciamento tra libertà di espressione e diritti della personalità.

I Fatti del Caso: Dalla Dichiarazione Pubblica all’Azione Legale

Tutto ha origine da un’intervista televisiva in cui un privato cittadino affermava che una bambina era stata trasportata in elicottero in ospedale a causa di gravi problemi fisici insorti dopo una vaccinazione. In risposta, l’azienda sanitaria locale e un suo dirigente avevano pubblicato comunicati e articoli per smentire tale versione, definendola falsa. Diverse testate giornalistiche avevano ripreso la smentita, utilizzando termini come “antivaccinista”, “fake news” e “terrore psicologico” in riferimento alle dichiarazioni del cittadino. Ritenendosi leso nella propria reputazione, quest’ultimo ha intentato una causa civile per diffamazione, chiedendo un risarcimento del danno e la rimozione dei contenuti online.

Il Percorso Giudiziario e il Diritto di Critica

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le richieste dell’attore. I giudici di merito hanno stabilito che le reazioni dell’azienda sanitaria e dei media rientravano pienamente nell’esercizio legittimo del diritto di critica e di cronaca. La motivazione si fonda su un punto cruciale: le affermazioni originarie del cittadino erano state smentite dai fatti. Le cartelle cliniche dimostravano che i sintomi della bambina si erano manifestati molto tempo dopo la vaccinazione, escludendo un nesso causale diretto. Di conseguenza, definire le sue dichiarazioni come false e criticare la sua posizione era una reazione legittima e proporzionata, data la grande rilevanza pubblica del tema della salute e delle vaccinazioni.

La valutazione dei giudici di merito

I giudici hanno sottolineato che chi diffonde pubblicamente notizie non verificate, specialmente su argomenti così sensibili, deve accettare di essere oggetto di critiche, anche aspre. L’appellativo “antivaccinista”, secondo le corti, non era diffamatorio in quanto descriveva semplicemente l’atteggiamento critico che il cittadino stesso aveva mostrato pubblicamente nei confronti dei vaccini.

La Decisione della Corte di Cassazione

Giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, il ricorso del cittadino è stato dichiarato inammissibile. La Suprema Corte non è entrata nel merito della questione (cioè se vi fosse o meno diffamazione), ma ha rigettato il ricorso per ragioni prettamente procedurali. Gli ermellini hanno ribadito che la valutazione sulla natura diffamatoria di un’espressione e sulla sussistenza dell’esimente del diritto di critica costituisce un accertamento di fatto, riservato ai giudici di merito e non sindacabile in sede di legittimità, se non per vizi di motivazione che in questo caso non sussistevano. Anzi, la cosiddetta “doppia conforme” (la conferma della sentenza di primo grado da parte dell’appello) rendeva ancora più stringenti i limiti per un ricorso in Cassazione.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto i motivi del ricorso inammissibili per diverse ragioni. Il motivo principale era un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sui fatti, cosa preclusa alla Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge, non ricostruire gli eventi. Gli altri motivi, relativi a presunte omissioni di pronuncia o alla mancata ammissione di prove, sono stati respinti per mancanza di specificità e perché riguardavano decisioni discrezionali del giudice di merito, non censurabili in questa sede. La decisione della Corte d’Appello di ritenere assorbite le ulteriori domande (cancellazione, condanna solidale) è stata considerata una pronuncia implicita di rigetto, una volta esclusa la natura illecita e diffamatoria delle pubblicazioni.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre due importanti conclusioni pratiche. In primo luogo, rafforza la tutela del diritto di critica, specialmente quando esso si esercita come reazione a informazioni non veritiere su temi di forte interesse pubblico come la salute. Chi sceglie di esporsi pubblicamente con affermazioni fattuali deve essere pronto a subire una critica anche severa se tali fatti si rivelano infondati. In secondo luogo, la pronuncia funge da monito sull’importanza di rispettare i rigorosi requisiti procedurali per adire la Corte di Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione dei giudici di merito; è necessario dimostrare un vizio di legittimità, ossia un errore nell’applicazione o interpretazione della legge, e non un semplice dissenso sulla valutazione dei fatti.

Quando una critica, anche forte, non è considerata diffamazione?
Secondo questa decisione, una critica non è diffamatoria quando si configura come una reazione legittima a dichiarazioni fattualmente infondate su un argomento di rilevante interesse pubblico. In questi casi, prevale l’esimente del diritto di critica e di cronaca.

È possibile appellarsi in Cassazione per far riesaminare i fatti di una causa?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare che i giudici dei gradi inferiori abbiano applicato correttamente la legge, non può effettuare una nuova valutazione delle prove o una ricostruzione dei fatti. Questo principio è ancora più stringente nei casi di “doppia conforme”, dove Tribunale e Corte d’Appello hanno raggiunto la medesima conclusione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati miravano a ottenere un nuovo giudizio sui fatti, anziché denunciare specifici errori di diritto. Inoltre, le censure erano formulate in modo generico e contestavano decisioni discrezionali del giudice (come la mancata ammissione di prove) che non possono essere sindacate in sede di legittimità se non in presenza di vizi gravi e specifici, qui assenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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