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Diritto di critica politica: limiti e diffamazione

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’amministratrice locale che si riteneva diffamata da un avversario. La Corte ha stabilito che la valutazione dei fatti rientra nel potere del giudice di merito, confermando che il diritto di critica politica, se esercitato nei limiti della continenza e dell’interesse pubblico, non costituisce reato, anche con espressioni forti.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Diritto di Critica Politica: Quando l’Accusa di Diffamazione non Regge

Il dibattito pubblico, specialmente in ambito politico, è spesso caratterizzato da toni accesi e affermazioni forti. Ma dove si trova il confine tra un legittimo diritto di critica politica e la diffamazione? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre spunti preziosi, chiarendo non solo i limiti della critica, ma anche le corrette modalità per contestare una decisione in sede di legittimità.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da un’amministratrice comunale nei confronti di un avversario politico. L’amministratrice sosteneva di essere stata diffamata da alcune dichiarazioni pubbliche in cui l’avversario aveva utilizzato espressioni forti, accostando lo stile del suo gruppo politico a quello di ‘brigatisti’ o ‘ex travestiti’. Inoltre, le veniva contestata una presunta mancata denuncia di fatti penalmente rilevanti da lei subiti.

La Decisione dei Giudici di Merito e il Diritto di Critica Politica

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto la domanda di risarcimento. I giudici hanno ritenuto che le dichiarazioni del convenuto rientrassero pienamente nell’esercizio del diritto di critica politica. La Corte territoriale ha specificato che le espressioni utilizzate, seppur aspre, non erano dirette a colpire la persona dell’amministratrice, ma piuttosto lo stile del suo gruppo politico di appartenenza.

Inoltre, la critica sulla ‘mancata denuncia’ non si riferiva all’omissione di una denuncia formale alle autorità (che era stata regolarmente presentata), ma alla mancata informazione tempestiva dell’opinione pubblica tramite la stampa. Di conseguenza, i giudici hanno concluso che le affermazioni rispettavano i criteri della verità putativa, dell’interesse pubblico alla notizia e della continenza espressiva, escludendo così il carattere diffamatorio.

Il Ricorso in Cassazione: Errore di Diritto o di Fatto?

L’amministratrice ha impugnato la sentenza d’appello davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo la violazione di diverse norme, tra cui quelle costituzionali sulla tutela della persona e sulla libertà di manifestazione del pensiero, e quelle penali sulla diffamazione. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha osservato che la ricorrente, pur lamentando formalmente una violazione di legge, stava in realtà contestando la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. In pratica, chiedeva alla Cassazione di riesaminare le prove e di interpretare diversamente le dichiarazioni del convenuto. Per esempio, sosteneva che l’accostamento ai ‘brigatisti’ fosse rivolto a lei personalmente e non al gruppo politico, e che la critica sulla mancata denuncia si riferisse a quella alle autorità giudiziarie.

Questa operazione, però, non è consentita in sede di legittimità. La Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono rivalutare i fatti, ma un organo che controlla la corretta applicazione delle norme di diritto da parte dei giudici precedenti. Criticare l’interpretazione dei fatti data dal giudice di merito equivale a sollevare un ‘vizio di motivazione’, non una violazione di legge. Un simile vizio può essere fatto valere solo a condizioni molto stringenti, che nel caso di specie non erano state soddisfatte.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali. Il primo riguarda il merito della questione: il diritto di critica politica gode di un’ampia tutela e permette l’uso di espressioni anche pungenti e sferzanti, purché non trascendano in un attacco personale e gratuito, e siano legate a un interesse pubblico. Il secondo è di natura processuale: chi si rivolge alla Corte di Cassazione deve essere consapevole dei limiti del suo giudizio. Non si può chiedere alla Suprema Corte di sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del giudice di merito. È necessario, invece, dimostrare che quest’ultimo ha commesso un errore nell’interpretare o applicare una norma di legge, partendo dalla ricostruzione dei fatti così come accertata nella sentenza impugnata.

Quando un’espressione forte usata nel dibattito politico non è considerata diffamazione?
Secondo l’ordinanza, un’espressione forte non è diffamatoria quando rientra nel legittimo esercizio del diritto di critica politica. Ciò avviene se rispetta i criteri della verità putativa delle informazioni, della continenza espressiva (pur aspra) e del pubblico interesse della notizia, e se la critica è rivolta allo stile politico o all’attività amministrativa e non a un attacco personale gratuito.

Cosa significa che un ricorso in Cassazione è ‘inammissibile’ perché critica la valutazione dei fatti?
Significa che il ricorrente non sta contestando un errore nell’applicazione della legge, ma sta chiedendo alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e dare un’interpretazione dei fatti diversa da quella del giudice di merito. Questo non è consentito, poiché la Cassazione è un giudice di legittimità (controlla la legge), non di merito (valuta i fatti).

Qual è la differenza tra denunciare un fatto alle autorità e informare l’opinione pubblica secondo questa ordinanza?
La Corte ha distinto nettamente le due azioni. La denuncia alle autorità giudiziarie è l’atto formale con cui si segnala un reato. L’informazione all’opinione pubblica, tramite la stampa, è un’azione diversa che rientra nel dibattito pubblico. Nel caso di specie, la critica mossa all’amministratrice non riguardava l’omissione della prima, ma della seconda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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