Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2057 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2057 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
20232/2022 r.g., proposto da
COGNOME NOME , elett. dom.ta in INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catania n. 167/2022 pubblicata in data 01/03/2022, n.r.g. 1143/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 03/12/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.Dall’01/09/2005 NOME COGNOME era stata dipendente di RAGIONE_SOCIALE con sede in Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa, con qualifica di quadro e addetta al bilancio. A luglio 2010 era divenuta responsabile della funzione bilancio. Era poi passata alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE, acquirente del compendio aziendale.
OGGETTO:
sanzione disciplinare conservativa – valutazione delle condotte contestate riserva al giudice di merito -diritto di critica del dipendente nei confronti del datore di lavoro – limiti della continenza e della pertinenza – valutazione
In data 05/04/2017 aveva ricevuto lettera di contestazione disciplinare relativa ad alcuni fatti di insubordinazione e ad alcune dichiarazioni ritenute diffamatorie nei confronti del suo superiore (AVV_NOTAIO COGNOME) e del management aziendale, seguita dalla sanzione della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per dieci giorni, irrogata con missiva del 26/04/2017.
2.RAGIONE_SOCIALE adìva il Tribunale di Siracusa chiedendo l’accertamento della legittimità della predetta sanzione.
3.Costituitosi il contraddittorio, la COGNOME eccepiva, fra l’altro, l’incompetenza territoriale del Tribunale adìto per essere competente quello di Messina, in applicazione dell’art. 11 c.p.p., atteso che fra i vari addebiti disciplinari le era stato contestato l’uso improprio della mail aziendale, con la quale aveva espresso critiche ed apprezzamenti negativi nei confronti del giudice dr.ssa COGNOME appartenente al distretto di Catania.
4.Il Tribunale, rigettata l’eccezione di incompetenza territoriale per l’inapplicabilità dell’art. 11 c.p.p., dichiarata tardiva la contestazione disciplinare per alcuni fatti più risalenti, in accoglimento della domanda dichiarava legittima la sanzione disciplinare per tutti gli altri fatti contestati e compensava le spese.
5.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame interposto dalla COGNOME.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
l’art. 30 bis c.p.c., per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 147/2004, devolve alla competenza del giudice determinato ai sensi dell’art. 11 c.p.p. solo le azioni concernenti le restituzioni ed il risarcimento del danno da reato, di cui sia parte un magistrato;
nel caso in esame la controversia non vede quale parte un magistrato e non ha ad oggetto restituzioni o risarcimento del danno, bensì una sanzione disciplinare per un fatto che rileva non in quanto posto in essere nei confronti di un magistrato, ma in quanto costituente un inadempimento dell’obbligazione lavorativa, secondo la prospettazione del datore di lavoro;
quanto al merito, il Tribunale ha ritenuto tempestiva la contestazione disciplinare soltanto per i fatti commessi a febbraio e marzo 2017 e
quindi per le mails del 03/02/2017, 08/02/2017, 17/03/2017, 31/03/2017 e 03/04/2017;
rispetto a tali condotte la contestazione disciplinare del 05/04/2017 è effettivamente tempestiva, considerato il carattere reiterato delle condotte e il contesto aziendale di notevoli dimensioni, sì da giustificare una ponderazione del materiale probatorio acquisito;
contrariamente all’assunto dell’appellante, il Tribunale non ha limitato il suo esame alla condotta del 03/04/2017, ma ha preso questa solo ‘come esempio’, in quanto analoga alle altre mails ;
il Tribunale ha considerato il contenuto della mail del 03/04/2017 come esorbitante il diritto di critica, in quanto violativa dei limiti di continenza e pertinenza;
in tutte le mails la COGNOME utilizza uno schema narrativo in cui la critica alle condotte datoriali assume toni di irrisione e sovrasta l’esposizione del fatto, talora addirittura assente, con conseguente carenza della verità oggettiva; si apprezza la lesione gratuita del decoro del datore di lavoro attraverso la derisione di COGNOME e COGNOME; anche laddove la COGNOME mostra di interloquire con i suoi superiori in ordine a precise questioni aziendali, il suo tono è comunque inutilmente offensivo;
non può operare in funzione scriminante il fatto che si trattava di missive con cui ella aveva lo scopo di denunziare la situazione contabile e patrimoniale ai vertici aziendali, dal momento che quelle mails sono indirizzate anche ai suoi immediati superiori (COGNOME e COGNOME) e il tono sarcastico travalica ogni finalità informativa;
infondata è risultata l’allegazione del carattere ritorsivo degli addebiti disciplinari, dal momento che gli argomenti utilizzati dalla COGNOME da un lato sono contradditori (come per la vicenda della promozione della lavoratrice al momento del rientro dalla sospensione disciplinare, mostrando in tal senso l’azienda la volontà di voler trovare una collocazione più consona alla lavoratrice che smentisce l’assunto ritorsivo), dall’altro infondati;
la gravità delle condotte contestate va valutata alla luce dell’art. 55 CCNL energia e petrolio del 22/01/2013 e del codice di condotta etica
aziendale, consegnato alla lavoratrice in data 04/06/2015, che individua fra le condotte vietate il ‘ comportarsi in maniera aggressiva o insolente con gli altri dipendenti ‘, la cui violazione rileva ai sensi dell’art. 55 CCNL cit.;
la prova orale chiesta dalla lavoratrice è inammissibile in quanto superflua, tenuto conto del carattere documentale dei fatti contestati e dell’irrilevanza dell’esatta ricostruzione del contesto aziendale in cui è stata posta in essere la condotta, che comunque ha rappresentato un travalicamento dei limiti del diritto di critica.
6.Avverso tale sentenza COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a otto motivi.
7.- RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e ha depositato memoria.
8.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.- Va premesso che la ricorrente risulta ammessa al patrocinio a spese dello stato.
Dagli atti si evince altresì che il suo difensore –AVV_NOTAIO – ha rinunziato al mandato in data 20/09/2022, ha poi depositato nuova procura speciale in data 24/03/2023, ha infine depositato revoca del mandato da parte della ricorrente in data 06/10/2023.
Tali vicende sono processualmente irrilevanti. Va infatti ribadito che, per effetto del principio della c.d. perpetuatio dell’ufficio di difensore (di cui è espressione l’art. 85 c.p.c.), nessuna efficacia può dispiegare, nell’ambito del giudizio di cassazione -oltretutto caratterizzato da uno svolgimento per impulso d’ufficio -la sopravvenuta rinuncia che il difensore del ricorrente abbia comunicato alla Corte prima dell’udienza di discussione ( ex multis Cass. ord. n. 28365/2022). In omaggio allo stesso principio, nessuna efficacia può spiegare la sopravvenuta revoca del mandato al difensore.
2.- Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 1) ( rectius 4), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e/o falsa applicazione’ dell’art. 30 bis c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto competente il Tribunale di Siracusa piuttosto che quello di Messina.
Il motivo è inammissibile, perché non si confronta in alcun modo con la
specifica motivazione articolata su quel motivo di appello dalla Corte territoriale, sopra riportata. In particolare i giudici d’appello hanno esattamente evidenziato che la controversia non vede quale parte un magistrato e non ha ad oggetto restituzioni o risarcimento del danno, bensì una sanzione disciplinare per un fatto che rileva non in quanto posto in essere nei confronti di un magistrato, ma in quanto costituente un inadempimento dell’obbligazione lavorativa fra soggetti diversi da un magistrato.
3.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e/o falsa applicazione’ degli artt. 1 L. n. 300/1970, 21 Cost., 1175 e 1375 c.c., nonché 55 CCNL energia e petrolio per avere la Corte territoriale omesso di accertare se la lavoratrice si sia limitata a difendere la propria posizione, senza travalicare il rispetto della verità oggettiva, e se lo abbia fatto utilizzando modalità tali da non ledere gratuitamente il decoro del proprio datore di lavoro.
Il motivo è infondato, dal momento che proprio questo è stato l’accertamento compiuto dapprima dal Tribunale e poi e più diffusamente -dai giudici d’appello.
Il motivo è poi inammissibile, laddove tende a sollecitare a questa Corte un diverso apprezzamento di quei fatti, riservato ai giudici di merito.
4.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. la ricorrente lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, relativi alle infrazioni che sarebbero state commesse sul social network Facebook .
Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. la ricorrente lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, relativi alle assenze della lavoratrice al corso di accise e dogane.
Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. n. 5), c.p.c. la ricorrente lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, relativi agli orari di ingresso della lavoratrice in azienda, inquadrata come quadro.
I tre motivi -da esaminare congiuntamente per la loro connessione -sono inammissibili, in quanto preclusi dalla c.d. doppia conforme (art. 348 ter, ult. co., c.p.c. e ora art. 360, pen.co., c.p.c.).
5.Con il sesto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e/o falsa applicazione’ dell’art. 7 L. n.
300/1970 per avere la Corte territoriale rigettato il motivo di gravame relativo alla tardività della contestazione disciplinare.
Il motivo è inammissibile, perché non si confronta con la specifica argomentazione spesa dai giudici d’appello e perché sottintende in realtà -un diverso apprezzamento in termini di tolleranza di quei suoi toni ‘ come dialettica interna tra professionista e management aziendale ‘ (v. ricorso per cassazione, p. 12), apprezzamento che non può essere sottoposto alla valutazione di questa Corte di legittimità, in quanto riservato ai giudici del merito.
6.Con il settimo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3) c.p.c. la ricorrente lamenta l’errato diniego delle sue istanze istruttorie, in violazione del carattere ‘obbligatorio’ dell’istruttoria (v. ricorso per cassazione, p. 13).
Il motivo è inammissibile, in quanto non si confronta in alcun modo con le ragioni indicate dalla Corte territoriale, sopra riportate, per giustificare la valutazione di inammissibilità di quelle istanze, ritenute superflue in considerazione del carattere documentale dei fatti contestati e dell’irrilevanza dell’esatta ricostruzione del contesto aziendale in cui è stata posta in essere la condotta, che comunque -secondo i giudici di merito -ha rappresentato un travalicamento dei limiti del diritto di critica.
7.Con l’ottavo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ossia la promozione da lei ricevuta ad oil inventory management , ricevuta al rientro dal periodo di sospensione disciplinare, in totale incoerenza con il provvedimento disciplinare.
Il motivo è inammissibile perché precluso dalla c.d. doppia conforme (art. 348 ter, ult. co., c,.p.c. e ora art. 360, pen. co., c.p.c.) e comunque infondato . Contrariamente all’assunto della ricorrente, quella circostanza è stata espressamente presa in esame dalla Corte territoriale per condividere il convincimento del Tribunale circa la mancanza del carattere ritorsivo della sanzione, ritenendo quella vicenda solo il frutto della lecita volontà aziendale di trovare una più consona posizione lavorativa per la COGNOME.
8.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
L’istanza dell’AVV_NOTAIO di liquidazione delle spese per la ricorrente ammessa al patrocinio a spese dello Stato è invece inammissibile.
A i sensi dell’art. 83, co. 2, d.P.R. n.115/2002, ‘ La liquidazione è effettuata al termine di ciascuna fase o grado del processo e, comunque, all’atto della cessazione dell’incarico, dall’autorità giudiziaria che ha proceduto; per il giudizio di cassazione, alla liquidazione procede il giudice di rinvio, ovvero quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato ‘. Quindi nel caso di specie alla liquidazione dovrà provvedere la Corte d’Appello di Catania, giudice che ha pronunziato la sentenza destinata a passare in giudicato con la presente ordinanza di rigetto del ricorso per cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in