Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21851 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21851 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14470 R.G. anno 2024 proposto da:
COGNOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
ricorrente
contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME;
contro
ricorrente
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato
NOME COGNOME
contro
ricorrente
nonché contro
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME Antonio, COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME ;
imtimati
avverso la sentenza n. 1113/2024 depositata il 17 aprile 2024 della Corte di appello di Milano.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 giugno 2025 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Milano NOME COGNOME, NOME COGNOME, la casa editrice RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Ha dedotto quanto segue. L’attore, illustratore e sceneggiatore di fumetti di ambito fantascientifico, aveva collaborato, a far data dal 2006, con la casa editrice Sergio Bonelli Editore RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE; aveva ideato e sviluppato tra il 2011 e il 2012 il personaggio denominato Kepher, pubblicando i primi quattro episodi relativi a detto personaggio presso la casa editrice Star Comics, curandone la sceneggiatura; lo stesso istante aveva contattato NOME COGNOME, editore dell’associazione RAGIONE_SOCIALE di Torino, per procedere alla pubblicazione di altri episodi (più i quattro editi) in un unico volume e aveva sottoposto al predetto editore e a NOME COGNOME l’intera sceneggiatura, edita e inedita, al fine di vagliarla e procedere all’inserimento del c.d. lettering (inserimento del testo sulle tavole illustrate); nel 2013 era stato pubblicato da COGNOME il numero 0 della saga «Kepher», anteprima a fini promozionali in formato saggistico senza lettering ; nel corso delle trattative sulle condizioni di pubblicazione, aveva avuto contezza della presenza all’interno delle opere «RAGIONE_SOCIALE» e «Dylan dog», riconducibili a NOME COGNOME, ed edite dalla Sergio Bonelli Editore s.p.a., «di un certo numero di elementi» che evocavano pedissequamente i contenuti della sceneggiatura e le forme grafiche presenti sia nell’edito che
nell’inedito di ‘ Kepher ‘» ; tale replicazione era presente anche all’interno della serie «Agenzia Alpha 36 -il signore del Cosmo» (opera sempre edita da Sergio Bonelli s.p.a.) la cui sceneggiatura era stata affidata a NOME COGNOME ed analoga attività di plagio veniva riscontrata in relazione all’opera «RAGIONE_SOCIALE», con sceneggiatura di NOME COGNOME e NOME COGNOME (edita dalla casa editrice Shockdom); gli illeciti erano da collegarsi alle condotte di COGNOME e COGNOME, i quali, senza il consenso dell’autore, avevano divulgato l’opera inedita loro consegnata. Cardinale ha dunque lamentato la violazione del diritto d’autore vantata su di una pluralità di elementi narrativi e figurativi contenuti nell’opera a fumetti, «Kepher», di cui era sceneggiatore. Ha proposto domande intese all’inibitoria e alla condanna delle controparti al risarcimento del danno.
Ad eccezione di Toraldo i convenuti si sono costituiti ed è intervenuta in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale ha respinto le domande proposte.
2 . ─ Il gravame proposto da COGNOME cui hanno resistito i convenuti costituiti in primo grado, è stato respinto dalla Corte di appello di Milano con sentenza del 17 aprile 2024. Il Giudice distrettuale ha in sintesi escluso di poter rinvenire profili di identità tra le storie narrate nelle opere in comparazione «desumendoli da frammenti di singole tavole e indicati come quantitativamente significativi», posto che ciò che rilevava, nell’indagine sollecitata, era la valutazione di tutti gli elementi espressivi di cui si compon eva l’opera, da qualificarsi come opera collettiva. Ha osservato che il Tribunale, in modo condivisibile, aveva «concluso che le trame narrative delle opere a confronto erano differenti e che le singole contestazioni riguardavano idee largamente ricorrenti nei fumetti e nelle opere fantascientifiche in genere». Secondo la Corte di appello, Cardinale aveva « proposto un’analisi, dei singoli frammenti delle tavole, svincolata dal contesto narrativo, lamentando, in definitiva, la ripresa di mere idee (presenza di alieni e
congegni tecnologici, stato febbrile e viaggio onirico, la circostanza che la spalla del protagonista sia un robot), senza fornire un filo logico tra le singole contestazioni e le differenti trame narrative». In conclusione, la Corte di merito ha condiviso il giudizio del Tribunale secondo cui i frammenti contestati mancavano di originalità ed erano comunque inidonei, nella loro forma espressiva, ad essere tutelati. Il Giudice distrettuale ha infine disatteso il motivo di gravame con cui era stata censurata la statuizione della pronuncia di primo grado circa la condanna dell ‘ attore al pagamento delle spese processuali nei confronti dell’interveniente società RAGIONE_SOCIALE
-Per la cassazione della sentenza di appello ricorre NOME COGNOME con un’impugnazione articolata in otto motivi cui resistono, con controricorso, NOME COGNOME e Sergio Bonelli Editore. Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2575 c.c. e dell’art. 1 della l. aut. (l. n. 633/1941). Si censura la sentenza impugnata per aver di fatto escluso in concreto la tutelabilità dell’opera a fumetti quale opera dell’ingegno.
Col secondo motivo si lamenta la falsa applicazione degli artt. 3 e 10 l. aut.. Si deduce essere «el tutto erronea e non giustificata la sottrazione alla tutela autorale delle sequenze contenute in un’opera a fumetti, pure nella prospettiva segnata dalla qualità di opera collettiva che ne viene attribuita». La pronuncia è sottoposta a censura per aver nella sostanza affermato che dalla connotazione dell’opera fumettistica come opera collettiva discenderebbero limitazioni alla tutela autorale che sono del tutto prive di riscontro.
Col terzo mezzo ci si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 2, n. 4, l. aut.. Avrebbe errato la sentenza impugnata ad affermare che l’unico aspetto tutelabile dell’opera a fumetti sia la complessiva trama narrativa; muovendo dal rilievo per cui l’art. 2, n. 4 ,
l. aut. conferisce tutela alla scenografia, si rileva che la riproduzione degli elementi di una vignetta o di una sequenza recherebbero un vulnus all’opera suscettibile di essere denunciata giudizialmente quale violazione del diritto d’autore.
I tre motivi si prestano a una trattazione congiunta, risultando connessi.
Il nucleo argomentativo della sentenza impugnata si riassume in ciò: le trame delle opere poste a confronto risultavano essere tra loro differenti e le identità denunciate riguardavano mere idee, intese come espedienti narrativi comunemente impiegati nella fumettistica e nella letteratura fantascientifica.
Occorre premettere che in tema di diritto d’autore la creatività dell’opera consiste non già nell’idea che è alla base della sua realizzazione, ma nella forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di diverse opere d’autore, come è ovvio nelle opere degli artisti, le quali tuttavia sono o possono essere diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende, e che in quanto tale rileva per l’ottenimento della protezione (Cass. 12 marzo 2004, n. 5089; Cass. 28 novembre 2011, n. 25173; Cass. 29 maggio 2020, n. 10300). La creatività è cioè da individuare non già nell’idea che è alla base della sua realizzazione, ma nella forma della sua espressione, ovvero della sua soggettività: la nozione di opera dell’ingegno va riferita non all’idea in sé, ma agli elementi che ne costituiscono declinazione espressiva (Cass. 10 febbraio 2025, n. 3393).
Va ricordato, altresì, che nella materia che interessa si ha violazione dell’esclusiva non solo quando un’opera è copiata integralmente, cioè quando vi sia riproduzione abusiva, ma anche nel caso della contraffazione, che ricorre quando i tratti essenziali dell’opera anteriore si ripetono in quella successiva (Cass. 2 marzo 2015, n. 4216, non massimata in CED ; Cass. 5 luglio 1990, n. 7077).
I tratti essenziali dell’opera che non sono passibili di replicazione vanno individuati muovendo da quanto è frutto della creatività del suo autore; quel che rileva, dunque, è la forma espressiva intesa nella sua soggettività, vale a dire la scelta del l’autore stesso quanto alla rappresentazione dell’idea, non l’idea in quanto tale.
In tal senso, non può parlarsi di plagio, o contraffazione, quando di un’opera originale fumettistica vengano riprodotti singoli motivi narrativi: e questa è il dato oggetto di accertamento da parte della Corte di merito.
Ciò posto, la Corte di appello non ha affatto escluso la tutela dell’opera fumettistica. L’ affermazione, che pure si rinviene nella sentenza impugnata (pag. 21), per cui la protezione autorale si configura ove «la creatività grafica sia particolarmente accentuata» è ripresa dalla decisione di primo grado (pag. 10) e non assume alcuna centralità sul piano motivazionale: tant’è che l’enunciato non è seguito da precisi riferimenti alla fattispecie oggetto di causa, in modo da chiarire che l’opera di Cardinale non era tutelabile .
Il Giudice distrettuale non ha nemmeno ritenuto che in presenza di un’opera collettiva la tutela del diritto d’autore subisca limitazioni : ha bensì condiviso il giudizio del Tribunale secondo cui « ‘opera a fumetti è il risultato di un’opera lett eraria e di un’opera dell’arte del disegno e riceve tutela come opera collettiva»; ma l’affermazione circa l’insussistenza della contraffazione non risulta in alcun modo condizionata da tale qualificazione giuridica, dal momento che il dato della mancata ripresa, da parte dei convenuti, di elementi dell’opera «Kepher» suscettibili di protezione prescinde da essa.
Va qui rammentato che secondo la giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile la censura che investa un punto della decisione impugnata privo del carattere di decisività (Cass. Sez. U. 16 ottobre 1972, n. 3081) e che col ricorso per cassazione è necessario venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della
pronuncia impugnata (Cass. 10 agosto 2017, n. 19989).
Il primo e il secondo motivo sono dunque inammissibili.
Anche il terzo lo è. E’ escluso infatti, che la Corte territoriale abbia ritenuto che l’unico aspetto tutelabile dell’opera a fumetti sia la complessiva trama narrativa: ha piuttosto negato essere proteggibili i «frammenti contestati», e cioè proprio quegli «elementi di una vignetta o di una sequenza» che si assume siano stati «copiati o riproposti, per consistenti segmenti, all’interno di altra opera».
3 . – I l quarto motivo oppone l’erronea applicazione dell’art. 115, comma 2, c.p.c.. Si osserva che la sentenza impugnata si sarebbe limitata a richiamare e a condividere indistintamente ogni valutazione formulata dal Tribunale, laddove andrebbe escluso si possa sussumere nella definizione di fatto di comune esperienza nozioni rientranti nella scienza privata del giudice o elementi valutativi che implichino cognizioni particolari.
4. Il motivo è inammissibile.
Esso è anzitutto carente di specificità, in quanto non contiene alcuna precisa indicazione quanto alle nozioni di comune esperienza che sarebbero state valorizzate dalla Corte di appello: il ricorrente si limita infatti a richiamare le parti della sentenza di primo grado in cui sarebbero stati menzionati imprecisati tòpoi letterari.
In termini generali va poi rammentato che il ricorso alle nozioni di comune esperienza attiene all’esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito, il cui giudizio circa la sussistenza di un fatto notorio può essere censurato in sede di legittimità solo se sia stata posta a base della decisione una inesatta nozione del notorio (da intendere come fatto conosciuto da un uomo di media cultura, in un dato tempo e luogo) e che ove si assuma che il fatto considerato come notorio dal giudice non risponde al vero, l’inveridicità può formare esclusivamente oggetto di revocazione, ove ne ricorrano gli estremi, non già di ricorso per cassazione (Cass. 15 febbraio 2024, n. 4182;
Cass. 22 maggio 2019, n. 13715).
5. Con il quinto motivo si denuncia la violazione dell’art. 115, comma 2, c.p.c.. Viene dedotto che la Corte di appello avrebbe mancato di esporre le ragioni per le quali la valutazione espressa dal Tribunale circa la tutelabilità di specifiche parti dell’opera oggetto di plagio dovessero considerarsi condivisibili; si osserva: «Le ragioni per le quali quei segmenti di trame e quelle sequenze o vignette sono da considerare, astrattamente tutelabili, e nel concreto da tutelarsi, esposte nell’atto d’appello, non sono state esaminate né motivatamente valutate». Con lo stesso mezzo di censura si lamenta, poi, che l’istanza rivolta all’ammissione di consulenza tecnica sia stata disattesa senza spiegarne le ragioni.
6. Il motivo è infondato.
L’odierno istante aveva sviluppato il motivo di appello identificato con la lettera C in 57 diversi punti nel quale, secondo quanto precisato in ricorso, era contenuta «la partita esposizione delle ragioni per le quali la valutazione eseguita dal Tribunale in primo grado circa la tutelabilità delle parti di opera che state evidenziate non ritenuta corretta dall’appellante». Il Giudice distrettuale ha richiamato la sentenza impugnata recependone, in sintesi, gli argomenti e ha osservato c he l’appellante non aveva fornito esaustive risposte alle considerazioni contenute nella sentenza di primo grado, né ulteriori elementi di valutazione.
Ove la sentenza di appello sia motivata per relationem alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l’onere ex art. 366, n. 6, c.p.c. occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonché le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali (Cass. Sez. U. 20 marzo 2017, n. 7074). Il motivo di ricorso è carente di tali
indicazioni. A tal fine non è evidentemente sufficiente assumere che il pertinente motivo di appello conteneva «la partita esposizione delle ragioni per le quali la valutazione eseguita dal Tribunale circa la tutelabilità delle parti dell’opera» che erano controverse «non ritenuta corretta». Si rileva, al riguardo un difetto di specificità del motivo ex art. 366, n. 6 , c.p.c., che ne preclude l’ammissibilità. Il ricorrente, per la verità, menziona pure un passaggio del proprio atto di gravame in cui aveva lamentato che la pronuncia di primo grado non aveva motivato «il giudizio espresso circa il carattere asseritamente minimale delle contestazioni sollevate»: e tuttavia, a fronte di un rilievo tanto generico è sufficiente richiamare il giudizio espresso al riguardo dalla Corte di merito, secondo cui la sentenza di primo grado aveva all’opposto escluso «l’originalità dei singoli frammenti contestati e, comunque, la loro inidoneità, nella forma espressiva impiegata, a renderli in qualche modo tutelabili».
Quanto all’istanza volta alla nomina del consulente tecnico, essa è stata disattesa proprio in quanto la Corte territoriale ha ritenuto condivisibili i rilievi espressi dal Tribunale circa la non tutelabilità delle parti dell’opera che si assumevano plagiate. Come è noto, la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario e potendo la motivazione dell’eventuale diniego del giudice di ammissione del mezzo essere anche implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato (Cass. 4 luglio 2024, n. 18299; Cass. 13 gennaio 2020, n. 326; Cass. 21 aprile 2010, n. 9461; Cass. 5 luglio 2007, n. 15219).
7 . – I l sesto motivo prospetta la violazione dell’art. 101 c.p.c.. L’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, per cui la
disamina del Tribunale quanto alla contraffazione era stata condotta con specificità e aveva portato a conclusioni sorrette da coerente e congrua motivazione integrerebbe, ad avviso dell’istante, la violazione della norma processuale che impone il contraddittorio in ogni fase del procedimento.
8. – Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente prima imputa alla decisione impugnata di non aver superato la censura quanto alla mancata indicazione dei criteri da utilizzare nell’apprezzamento del plagio , e poi lamenta che la detta pronuncia sarebbe «fondata su criteri che non sono mai stati espressi e non sono stati oggetto di contraddittorio tra le parti»: l’istante, quindi, da un lato deduce che i suddetti criteri non sarebbero stati enunciati e dall’altro assume che lo sarebbero stati, senza che sul punto le parti abbiano avuto la possibilità di interloquire. Vale qui rammentare che il ricorso per cassazione impone l’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero delle lamentate carenze di motivazione (Cass. 25 settembre 2009, n. 20652; Cass. 6 giugno 2006, n. 13259).
Si osserva, in secondo luogo, che l’assunto del ricorrente s econdo cui la decisione impugnata non avrebbe superato la censura mossa in appello quanto alla mancanza di indicazione dei criteri atti a sorreggere le decisione nulla ha a che vedere col principio del contraddittorio, ma, semmai, con quello della motivazione del provvedimento decisorio (artt. 111 Cost. e 132, n. 4, c.p.c.); e tuttavia l’argomentare della Corte territoriale è, nella parte che qui interessa, diffuso e circostanziato, consistendo, oltre che in considerazioni di carattere generale, nella confutazione delle specifiche deduzioni che aveva formulato, al riguardo, l’odierno ricorrente (pagg. 23 s.) . Il vizio motivazionale quindi non si configura, essendo denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente
rilevante: anomalia che si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione stessa (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054; Cass. 3 marzo 2022, n. 7090; Cass. 25 settembre 2018, n. 22598).
9 . – Col settimo motivo di ricorso la sentenza impugnata è censurata per falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c.. La Corte di merito non si sarebbe pronunciata sull’istanza diretta all’ammissione della prova per interrogatorio formale dei convenuti Toraldo e Chiomento: il mezzo istruttorio sarebbe stato idoneo a comprovare che i menzionati convenuti avevano provocato la diffusione dei materiali inediti senza l’autorizzazione dell’attore.
10. Il motivo è inammissibile.
La deduzione circa la falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c. non coglie nel segno, in quanto le norme indicate non possono riferirsi alla mancata pronuncia su di una istanza istruttoria. Semmai può farsi questione di vizio motivazionale, ma una riqualificazione nel senso indicato non gioverebbe al ricorrente. Il vizio di motivazione per omessa ammissione di una prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi risulti priva di fondamento (Cass. 29 novembre 2024, n. 30721; Cass. 17 giugno 2019, n. 16214). Nel caso in esame, la decisività del supposto vizio è insussistente: non si vede quale rilievo possa assumere l ‘accertamento circa la diffusione dei
materiali elaborati dal ricorrente, visto che è l’illecito plagiario è stato escluso. Proprio quest’ultimo rilievo chiarisce, poi, come il vizio di motivazione debba considerarsi, nel caso in esame, comunque insussistente: infatti, la superfluità dei mezzi istruttori non ammessi può implicitamente dedursi dal complesso delle argomentazioni contenute nella sentenza (Cass. 12 luglio 2005, n. 14611; Cass. 2 aprile 2004, n. 6570): è evidente che la Corte territoriale ha ritenuto non rilevante l’accertamento delle circostanze oggetto del capitolato istruttorio, avendo escluso, come si è detto, che la ripresa di alcuni temi dell’opera fumettistica di Cardinale integrasse una violazione del diritto d’autore.
11 . -L’ottavo motivo denuncia, infine, la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.. Si nega che le spese processuali sopportate dalla società RAGIONE_SOCIALE siano state «causate dalla iniziativa processuale dell’odierno ricorrente».
12. – Il motivo è infondato.
Come chiarito nella sentenza impugnata RAGIONE_SOCIALE è entrata a far parte del giudizio quale interventore adesivo: ora, l’interventore adesivo diventa parte del giudizio, con la conseguenza che l’attore, in caso di soccombenza, ben può essere condannato a rifondergli le spese del giudizio (Cass. 24 luglio 2024, n. 20659; Cass. 15 marzo 2006, n. 5684).
13. – Il ricorso è respinto.
-Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per ciascuna delle parti controricorrenti, in euro 7.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro
200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione