Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7394 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7394 Anno 2024
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
R.G.N. 04156/NUMERO_DOCUMENTO18
C.C. 08/03/2023
MEDIAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE (P_IVA), in persona del liquidatore e legale rappresentante, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, degli AVV_NOTAIOti AVV_NOTAIO, NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO; -ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del legale rappresentante ‘pro -tempore’, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME e presso lo studio del primo elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO; controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME NOMEC.F.: CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura speciale rilasciata su foglio separato allegato al
contro
ricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliati presso quest’ultimo in RomaINDIRIZZO; – controricorrenti e ricorrenti incidentali – avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 1475/2017 (pubblicata in data 21 novembre 2017);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8 marzo 2023 dal AVV_NOTAIO;
lette le memorie depositate dai difensori di tutte le parti ai sensi dell’art. 380 -bis. 1. c.p.c.
RITENUTO IN FATTO
Con atto di citazione del luglio 2010, la RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Brescia, la RAGIONE_SOCIALE ed i coniugi sigg. NOME COGNOME e NOME COGNOME, per sentirli condannare al pagamento della provvigione ad essa asseritamente dovuta in virtù dello svolgimento dell’attività di mediazione in favore di detti convenuti, rispettivamente venditrice ed acquirenti, di un immobile sito in Desenzano del Garda (BS).
Nella costituzione dei sigg. COGNOME e COGNOME (i quali avanzavano anche domanda di manleva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per le somme che essi avrebbero dovuto corrispondere eventualmente a parte attrice), dichiarata la contumacia della RAGIONE_SOCIALE, all’esito dell’istruzione probatoria, l’adito Tribunale, con sentenza n. 2329/2013, accoglieva la domanda principale, ritenendo provato l’espletamento dell’attività di mediazione da parte della RAGIONE_SOCIALE, nonché quella riconvenzionale dei convenuti COGNOME e COGNOME, dichiarando sussistente l’obbligo di manleva della RAGIONE_SOCIALE nei loro confronti, in quanto contenuto in specifica clausola del contratto preliminare intervenuto tra le citate parti.
Decidendo sull’appello interposto dalla RAGIONE_SOCIALE e nella costituzione della RAGIONE_SOCIALE, nonché dei coniugi COGNOME (i quali avanzavano anche appello incidentale condizionato all’eventuale accoglimento del gravame principale limitatamente alla disposta condanna della RAGIONE_SOCIALE a titolo di manleva in loro favore), la Corte di appello di Brescia, con sentenza n. 1475/2017, previo rigetto delle eccezioni di inammissibilità ex art. 342 c.p.c. proposte dagli appellati, accoglieva l’appello principale (con conseguente assorbimento dell’appello incidentale condizionato), regolando le spese processuali dei due gradi in base al principio della soccombenza.
A sostegno dell’adottata decisione, la Corte bresciana riteneva che dall’attività istruttoria svolta non fosse emerso alcun attendibile riscontro probatorio riguardo all’asserita attività di mediazione riguardante specificamente l’appartamento successivamente acquistato dai sigg. COGNOME, non risultando dagli atti che questi avessero effettivamente visionato, grazie all’attività di mediazione della RAGIONE_SOCIALE, l’appartamento poi dai medesimi acquistato (originariamente composto da due appartamenti separati), né, in generale, ‘che essi avessero concluso l’affare in virtù della mediazione dell’appellata’ (v., testualmente, pag. 11 della motivazione della sentenza di appello).
Avverso la predetta sentenza di appello, la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, resistita con controricorso dalla RAGIONE_SOCIALE e con altro distinto controricorso – contenente ricorso incidentale riferito ad un unico motivo – dagli altri intimati COGNOME NOME e COGNOME NOME.
La ricorrente principale ha formulato anche controricorso al suddetto ricorso incidentale ai sensi dell’art. 371, comma 4, c.p.c.
I difensori di tutte le parti hanno anche rispettivamente depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis. 1. c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo, la ricorrente principale denuncia -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. la nullità della sentenza impugnata, avendo la Corte di appello totalmente omesso, con la relativa motivazione, di considerare la dichiarazione confessoria resa, nel corso dell’interrogatorio formale assunto nel giudizio di primo grado all’udienza del 31 ottobre 2012, dai convenuti COGNOME NOME e COGNOME NOME, con cui gli stessi avevano confermato di essere stati accompagnati dalla ricorrente a visitare l’immobile successivamente acquistato, con conseguente violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2733 c.c.
Con la seconda censura, la RAGIONE_SOCIALE deduce -con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. l’omesso esame di un fatto storico, costituito dallo stato di fatto dell’immobile al momento in cui essa ricorrente, in veste di mediatrice, accompagnò i sigg. COGNOME a visitarlo, fatto storico la cui esistenza risulta dagli atti processuali e che, oltre ad aver costituito oggetto di discussione tra le parti, ha, altresì, carattere decisivo.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale, i coniugi COGNOME lamentano -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. l’omessa pronuncia sulla domanda di restituzione delle somme versate alla RAGIONE_SOCIALE, formulata dagli stessi nella comparsa di costituzione in appello del 12 dicembre 2013.
Occorre, in via preliminare, esaminare le due eccezioni processuali pregiudiziali formulate dai controricorrenti COGNOME:
-la prima relativa alla denunciata improcedibilità del ricorso per violazione dell’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., relativa al mancato deposito della copia della sentenza di appello notificata all’AVV_NOTAIO (difensore dell’altra controricorrente RAGIONE_SOCIALE) a mezzo pec in data 23 novembre 2017, dedotta come priva dell’attestazione della conformità della stessa copia analogica agli originali digitali ad opera del procuratore della ricorrente RAGIONE_SOCIALE (destinatario della notifica);
la seconda riguardante la asserita inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., da ricondursi alla mancata esposizione -nella rappresentazione dello svolgimento del processo -della narrazione dei fatti contenuti nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado.
Entrambe le eccezioni sono infondate:
la prima, perché, come da relativa verifica documentale degli atti del giudizio (ammissibile in questa sede, essendo stato denunciato un vizio processuale), risulta essersi proceduto al deposito della copia conforme in formato analogico notificata al suddetto AVV_NOTAIO, con relativa attestazione della conformità apposta in calce e sottoscritta dal difensore;
-la seconda, in quanto il ricorso contiene un’adeguata esposizione sommaria dei fatti di causa, partendo proprio dal richiamo del contenuto dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado (v. pagg. 2-3 del ricorso), così soddisfacendo il rispetto del requisito prescritto dal citato n. 3) del comma 1 dell’art. 366 c.p.c.
Ciò chiarito, rileva il collegio che i due motivi formulati con il ricorso principale -esaminabili, nel loro complesso, unitariamente, siccome all’evidenza connessi sono fondati per le ragioni di seguito esposte.
È opportuno, in via preliminare, richiamare quelli che sono i principi essenziali affermati dalla giurisprudenza di questa Corte intorno all’interpretazione del plesso normativo riconducibile al combinato disposto dell’art. 1754 c.c. e del primo comma di quello successivo, circa l’individuazione degli elementi minimi imprescindibili per la configurazione dello svolgimento di un contratto di mediazione e, quindi, per l’insorgenza del diritto del mediatore a ricevere la mediazione ‘per effetto del suo intervento’.
Al riguardo, va posto in risalto che quest’ultimo va riconosciuto tutte le volte in cui si pervenga alla conclusione dell’affare, purché la sua attività abbia inequivocabilmente -dal punto di vista materiale e funzionale – costituito l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo il c.d. criterio della causalità adeguata, ovvero sempre che l’affare, poi successivamente concluso, possa ritenersi conseguenza dell’opera dell’intermediario (cfr. Cass. n. 1120/2016, Cass. n. 22426/2020, Cass. n. 11443/2022 e, da ultimo, Cass. n. 3165/2023) e, perciò, raggiunto in dipendenza dell’esplicazione della sua opera intermediatrice (e ciò senza trascurare il dato generale che l’obbligo ex lege di corrispondere la provvigione è correlato anche al vantaggio economico che le parti ritraggono dall’affare concluso in virtù di tale concreto intervento, tanto è vero che l’ammontare della provvigione è sempre proporzionato all’entità economica dell’affare concluso).
È stato precisato che non sussiste, invece, il diritto alla provvigione, ove, dopo una prima fase di trattative incardinatesi con una messa in contatto del mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell’affare per effetto di iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili alle precedenti o da
queste condizionate, sicché debba escludersi l’utilità di queste ultime.
La giurisprudenza di questa Corte ha, a tal proposito, puntualizzato che, in generale, non sussiste il diritto alla provvigione quando una prima fase delle trattative avviate con l’intervento di un mediatore non dia risultato positivo ed accada che la conclusione dell’affare, cui le parti siano successivamente pervenute, sia indipendente dall’intervento del mediatore che le aveva poste originariamente in contatto (cfr., tra le tante, Cass. n. 1120/2015 e la citata Cass. n. 22426/2020).
Ciò posto e passando all’esame in concreto dei motivi formulati dalla RAGIONE_SOCIALE, occorre porre in risalto che, per come emerge -in modo specifico (e, peraltro, non contestato) -dal ricorso, nel corso del giudizio di primo grado era stato deferito interrogatorio formale nei confronti del COGNOME e della COGNOME, i quali lo avevano reso ammettendo di essersi recati presso l’agenzia immobiliare della ricorrente -alla quale avevano conferito l’incarico -e che, accompagnati dai sigg. COGNOME e Pastori, rappresentanti della società mediatrice quali soci accomandatari, per visionare alcuni immobili (oggetto di pubblicità da parte dell’agenzia), tra i quali non era stato segnalato quello di INDIRIZZO, costituente un attico, avevano visitato anche quest’ultimo (ad eccezione del relativo garage), senza, però, che i due coniugi avessero espresso un loro gradimento -al fine di una possibile instaurazione di una concreta trattativa per l’acquisto (con la formalizzazione di una proposta in merito) – perché non consentiva la vista lago (non discorrendosi, in quella sede, di provvigione).
Peraltro, gli stessi coniugi COGNOME ammettono nel loro controricorso che avevano visitato l’attico per cui è causa, allora
diviso in due immobili, il 3 novembre 2008 con l’assistenza dei due citati rappresentanti della RAGIONE_SOCIALE (dopo che era stato avvisato il proprietario) e che, poi, con atto pubblico stipulato il successivo 13 ottobre 2009, essi avevano acquistato dall’RAGIONE_SOCIALE l’attico, che aveva assunto una struttura diversa conseguente all’unificazione delle due diverse unità immobiliari preesistenti (oggetto di visita tramite l’intervento e alla presenza dei due rappresentanti dell’odierna società ricorrente) e una differente disposizione.
Orbene, la valutazione delle suddette dichiarazioni dei due coniugi (e della loro conseguente efficacia) così come operata dalla Corte di appello risulta del tutto carente, ponendosi solo un generico riferimento al loro interrogatorio formale, dal quale era stato possibile evincere la circostanza -peraltro pacifica -che gli stessi avevano contattato separatamente la RAGIONE_SOCIALE e che, successivamente, avevano acquistato l’attico in una dimensione strutturale divenuta unitaria, a fronte di quella suddivisa in due appartamenti come si era presentata all’atto della visita con l’intervento dei rappresentanti della società RAGIONE_SOCIALE.
Da questo limitato apprezzamento dell’acquisito quadro probatorio, si desume che la Corte di appello ha omesso di porre riguardo a tutte le altre circostanze dichiarate (nei sensi di cui in precedenza) dagli stessi coniugi circa lo svolgimento complessivo dei rapporti con i rappresentanti della stessa NOME e che, invece, avrebbero dovuto costituire oggetto di valutazione, siccome potenzialmente decisive al fine del possibile raggiungimento di una prova sull’esecuzione dell’incarico di mediazione (aspetto, q uesto, ovviamente rilevante sul piano di un adeguato inquadramento giuridico della fattispecie, una volta accertate completamente le circostanze di fatto
legittimamente emergenti da tutte le prove assunte ed in dipendenza anche della diversa efficacia alle stesse attribuibile).
La motivazione dell’impugnata sentenza appare, invece, incentrata oltre che su un superficiale apprezzamento del contenuto dell’interrogatorio formale dei coniugi COGNOMECOGNOME – su una più estesa valutazione della deposizione testimoniale di COGNOME NOME (quale socia accomandante della RAGIONE_SOCIALE), la cui attendibilità è stata ritenuta quantomeno dubbia e, comunque, non confortante il raggiungimento di un’idonea prova sull’esecuzione dell’incarico di mediazione.
In tal senso, quindi, coglie nel segno la violazione -denunciata con il primo motivo -degli artt. 115 e 116 c.p.c., e principalmente dell’art. 2733 c.c., , tali da rendere non coerente con il disposto normativo l’inquadramento delle circostanze valorizzate nella motivazione adottata dalla Corte territoriale.
Altrettanto fondatamente ed in correlazione con la prima censura, i ricorrenti hanno dedotto -con il secondo motivo l’omesso esame della circostanza ricollegabile alla compiuta valorizzazione dell’attività di contatto (e, ove adeguatamente apprezzata, di una ‘messa in relazione’ in senso proprio) tra la società ricorrente e i predetti coniugi e alla piena cognizione oltre che all’esaustivo esame della progressione del rapporto instauratosi con riferimento alla condizione dell’immobile controverso e al raffronto tra quella constatata all’atto della visita insieme ai legali rappresentanti della medesima società, oggi ricorrente, e quella poi risultata assunta al momento della successiva compravendita, soffermandosi, in modo inutilmente sovrabbondante, sugli esiti della ricordata deposizione testimoniale, considerata incongrua e priva di una effettiva attendibilità.
Sono rimasti, quindi, non esaminati alcuni aspetti importanti delle dichiarazioni confessorie rese dai coniugi COGNOME, in combinazione con gli altri elementi probatori complessivamente acquisiti, in funzione dell’accertamento della sussistenza o meno del nesso causale tra l’attività resa dalla società ricorrente e la conclusione dell’affare successivamente intervenuta tra la società proprietaria dell’immobile e i citati coniugi, originari committenti dell’incarico di mediazione in favore della società RAGIONE_SOCIALE.
Del resto, costituisce affare, ai sensi dell’art. 1754 c.c., al fine del possibile riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, qualsiasi -purché univoca e concludente – operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra due parti, la quale tuttavia, deve essere compiutamente individuata nella sua consistenza storica ed avuto riguardo all’evoluzione della sua progressione sul piano oggettivo ed in relazione al rapporto soggettivo venutosi a sviluppare, al fine di verificare se l’attività del mediatore abbia costituito l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata (cfr. Cass. n. 25851/2014 e Cass. n. 869/2018).
Oltretutto, il diritto del mediatore alla provvigione non postula una coincidenza totale tra l’oggetto iniziale delle trattative e quello conclusivo dell’affare, sicché va riconosciuto anche quando la variazione oggettiva concerna il bene, più compiutamente identificato (anche se, in ipotesi, non pienamente coincidente con quello oggetto dell’opera del mediatore), e il prezzo, a condizione che l’opera del mediatore sia valsa a far intavolare trattative, poi confluite nella conclusione di un vincolo giuridico relativa a un bene univocamente, anche se non totalmente, riferibile a quello dedotto nella iniziale messa in relazione delle parti (v. Cass. n. 25851/2014). In definitiva
al fine del sorgere del diritto alla provvigione ex art. 1755, comma 1, c.c., è necessario che tra l’intervento del mediatore e la conclusione dell’affare vi sia un nesso di causalità adeguata, alla stregua di un giudizio ex post, ad affare compiuto, con la precisazione che l’esistenza del nesso di causalità tra l’intervento del mediatore e la conclusione dell’affare è soggetta a verifica in sede di legittimità (Cass. 3165/2023), dovendosi distinguere tra apprezzamento fattuale, riservato al giudice di merito, e corretto inquadramento della nozione di mediazione. In quest’ultima rileva decisivamente il rapporto causale tra attività svolta dal mediatore (l’accertamento della quale deve essere condotto alla luce delle prove dedotte e acquisite, senza amputazione del diritto alla prova) e acquisto del bene.
6. In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni svolte, i due motivi del ricorso principale vanno accolti, con il conseguente assorbimento di quello formulato in via incidentale dai controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Da ciò deriva la cassazione dell’impugnata sentenza e il rinvio della causa alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
Il giudice di rinvio esaminerà compiutamente tutto il compendio probatorio alla luce dei principi di diritto enunciati.
Resta assorbito il ricorso incidentale dei controricorrenti, il cui esito dipende dalla sorte del disposto giudizio di rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale.
Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile