Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19895 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19895 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4559-2021 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
Oggetto
Impiego pubblico Servizio di refezione Somministrazione pasto
R.G.N. 4559/2021 Cron. Rep. Ud. 04/06/2025 CC
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, in persona del Ministro pro tempore , ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE “NOME COGNOME” di QUARTO D’COGNOME, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 415/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 14/12/2020 R.G.N. 445/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Rilevato che:
con sentenza 14/12/2020 la C orte d’appello di Venezia ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva dichiarato il diritto degli originari ricorrenti (insegnanti della scuola dell’infanzia in servizio presso l’Istituto Comprensivo ‘Angelo COGNOME‘ di Quarto d’Altino) alla fruizione di un pasto completo se in servizio durante la refezione scolastica degli alunni ed aveva condannato il MIUR, l’Istituto Comprensivo e il Comune di Quarto d’Altino , ciascuno per quanto di competenza, a somministrare un pasto composto da primo e secondo piatto, contorno, frutta e pane;
la Corte lagunare, per quel che in questa sede rileva, esclusa l’inammissibilità della domanda di accertamento (e condanna) estesa anche al Comune a seguito delle difese del MIUR, ha richiamato la giurisprudenza di legittimità (tra cui Cass. n. 23303 e Cass. n. 31137/2019) sulla natura assistenziale della mensa e del buono pasto ed ha sottolineato altresì che la disciplina collettiva applicabile alla
fattispecie (art. 21 CCNL Comparto Scuola 2006/2009), laddove attribuisce il diritto al ‘servizio di mensa gratuita’, non prevede il relativo controvalore e conferma la natura non retributiva ma di agevolazione assistenziale del servizio mensa medesimo, che è funzionale a garantire il benessere psico-fisico dei docenti e del personale ATA;
la Corte distrettuale ha aggiunto che gli appellati non avevano specificamente allegato e dimostrato che il servizio mensa offerto non era idoneo a soddisfare l’esigenza assistenziale per la quale lo stesso era stato istituito, ossia a garantire il benessere psicofisico del personale impegnato nel servizio di refezione: i lavoratori si erano piuttosto limitati a far leva sulla circostanza che il pasto non era completo in mancanza di somministrazione della ‘seconda portata’; ha osservato, per completezza (« ad abundantiam» ), che il Comune aveva organizzato il servizio nei limiti dei fondi disponibili erogati dal Ministero sulla base della normativa tempo per tempo vigente;
il ricorso domanda la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi, cui si oppongono con distinti controricorsi il Comune nonché il MIUR e l’Istituto Comprensivo.
Considerato che:
1 . il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c. sotto il profilo della errata e falsa applicazione di tali disposizioni in relazione al mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dei ricorrenti, come affermato dalla Corte territoriale;
i ricorrenti sostengono, in sintesi, che era pacifico tra le parti e peraltro confermato ex actis , «il contenuto del diritto al servizio di mensa gratuito da intendersi come somministrazione di pasti completi» e non di ‘mini pasti’ come quelli forniti dopo il 2015; r ichiamano in proposito gli atti deliberativi adottati dall’ente locale e d addebitano alla Corte territoriale di
avere deciso la controversia in violazione del principio di non contestazione;
1.1 il motivo è inammissibile perché sollecita un accertamento di merito sulle risultanze processuali di cui chiede di procedere a una sostanziale rilettura in senso difforme rispetto all’apprezzamento svolto dal giudice del merito, senza tuttavia censurare la statuizione (come sarebbe stato doveroso fare) sotto il profilo della violazione delle regole ermeneutiche ex art. 1362 s.c. e ss.;
inoltre, il motivo nel suo sviluppo argomentativo mostra di non cogliere appieno la ratio decidendi della sentenza impugnata che ha riguardo , piuttosto che alla definizione dei concetti di ‘pasto completo’ o ‘mini pasto’, all ‘ adeguatezza del servizio rispetto alla funzione assistenziale propria dello stesso;
quanto alla non contestazione, poi, questa Corte non ha mancato di precisare, con principio cui va data continuità, che spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass. n. 3680/2019);
2. con il secondo mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 4/1999, dell’art. 1 del d.i. 16.5.1996, dell’art. 21 del CCNL 2006/2009, dell’art. 8 della legge n. 131/2003 , in relazione all ‘ inesistenza, come affermata dalla Corte territoriale, di fonti normative che disciplinino il contenuto del diritto al servizio di mensa gratuito;
la critica, al di là della formulazione della rubrica, è tutta incentrata sull ‘ asserita violazione delle Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica approvate (fin dal 2010) dalla Conferenza unificata Stato-Regioni e pubblicate in G.U. 11 giugno 2010, n. 134,
le quali prevederebbero la somministrazione oltre che del primo, del contorno, del pane e della frutta anche del ‘secondo piatto’;
2.1 il motivo è inammissibile perché nella sostanza denuncia ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. la violazione di un atto amministrativo (o di indirizzo politico) che non rientra fra quelli di normazione primaria o secondaria rispetto ai quali è consentita la denuncia di violazione di norme di diritto nel giudizio di cassazione;
le intese o gli accordi in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata hanno, invero, la finalità di garantire la leale collaborazione fra S tato e regioni e l’uniformità della legislazione regionale (v. art. 8 co. 6 della legge n. 131/2003): si tratta, dunque, di atti di indirizzo politico privi in sé d ‘ efficacia cogente salva (beninteso) la questione, che non viene posta specificamente in questa sede, dell’incidenza degli stessi accordi in termini di limitazione dei poteri esercitati senza considerare gli atti di indirizzo de quibus .
con il terzo, ed ultimo, mezzo si deduce violazione della legge n. 4/1999 e dell’art. 7 comma 41 del d.l. 95/2012 , in relazione alla tesi, sostenuta dalla Corte territoriale, secondo la quale la quantificazione della spesa per l’erogazione della ‘ seconda portata ‘ del pasto sarebbe rimessa alla contrattazione collettiva;
si assume che il ‘ contributo ‘ finanziario , in quanto tale, non deve coprire necessariamente tutti i costi del servizio mensa che il Comune è tenuto ad istituire in modo comunque adeguato allo scopo;
3.1 il motivo, che investe esplicitamente (solo) la seconda ratio decidendi della pronuncia del giudice d’appello (i.e., quella che poggia sul l’utilizzo integrale da parte del Comune delle risorse stanziate dallo Stato a tale scopo: argomento addotto in termini di mero rafforzamento del decisum e solo « ad abundantiam») , diviene inammissibile (cfr. fra le
tante: Cass. n. 11493 e n. 15399/2018, Cass. n. 5102/2024) una volta che, con l’integrale reiezione dei precedenti due motivi, si consolida la prima ratio della decisione (i.e., sull’ assenza di allegazione e prova della inidoneità del servizio a soddisfare la funzione assistenziale sua propria di assicurare il benessere psicofisico del personale);
conclusivamente, il ricorso è inammissibile; le spese di legittimità -liquidate in dispositivo -sono regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte: dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida, in favore del MIUR e dell’Istituto Comprensivo, in €. 4.000 ,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, e, in favore del Comune di Quarto d’Altino , in €. 4.000 ,00 per compensi ed €. 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 4/6/2025.