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Diritto al nome: uso commerciale lecito se informativo

Gli eredi di una celebre attrice hanno citato in giudizio una nota casa di moda per l’uso non autorizzato del suo nome su alcuni modelli di calzature. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che il diritto al nome non viene violato se l’uso, pur avendo una connotazione commerciale, ha una funzione prevalentemente informativa e descrittiva. Per un modello di scarpa, l’uso era legittimato da un accordo contrattuale. Per altri, il riferimento al nome della celebrità serviva a descrivere la storia del prodotto, un’eccezione lecita che non richiede consenso. La domanda per contraffazione di marchio è stata respinta perché tardiva.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Diritto al Nome e Uso Commerciale: La Cassazione Traccia i Confini

L’uso del nome di una persona, specialmente se famosa, a fini commerciali è un terreno complesso dove si scontrano interessi economici e diritti della personalità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sul diritto al nome, stabilendo quando il suo utilizzo da parte di un’azienda possa essere considerato lecito anche senza un esplicito consenso. Il caso vedeva contrapposti gli eredi di una celebre attrice e una nota casa di moda di lusso.

I fatti del caso: l’uso del nome di una celebrità

Gli eredi di un’icona del cinema internazionale avevano citato in giudizio un’importante azienda di moda, accusandola di aver utilizzato il nome della loro congiunta per promuovere e vendere tre diversi modelli di calzature. Secondo i ricorrenti, tale utilizzo costituiva una violazione del diritto al nome e un atto di contraffazione di un marchio registrato.

I giudici di primo e secondo grado avevano già respinto le richieste degli eredi. La Corte d’Appello, in particolare, aveva distinto tre situazioni:

1. Per un modello di ballerina, l’uso del nome era coperto da un precedente accordo contrattuale tra l’azienda e una fondazione benefica creata dagli stessi eredi.
2. Per altri due modelli, un sandalo e un’altra ballerina, il nome dell’attrice era stato usato in un contesto puramente descrittivo sul sito web dell’azienda (es. “il modello venne indossato da…”). La Corte aveva ritenuto questa funzione informativa prevalente su quella commerciale, e quindi lecita.
3. Le domande relative alla contraffazione di marchio erano state giudicate inammissibili perché presentate tardivamente nel corso del processo.

Gli eredi hanno quindi presentato ricorso in Cassazione, contestando le conclusioni della Corte d’Appello.

La decisione della Corte di Cassazione e il diritto al nome

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito e fornendo un’analisi dettagliata del bilanciamento tra i diversi interessi in gioco.

L’uso autorizzato e l’interpretazione contrattuale

Per quanto riguarda il primo modello di calzatura, la Cassazione ha ritenuto inammissibili i motivi di ricorso che contestavano l’interpretazione del contratto. La Corte ha ribadito che la valutazione del contenuto e della volontà delle parti in un accordo è un’indagine di fatto riservata al giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, a meno di vizi logici o violazioni di legge che, in questo caso, non sono stati riscontrati.

L’uso informativo come eccezione

Il punto più interessante della decisione riguarda gli altri due modelli di scarpe. La Corte ha riconosciuto che l’uso del nome altrui a fini puramente commerciali è illecito senza consenso. Tuttavia, ha specificato che quando la finalità commerciale coesiste con una finalità informativa, didattica o culturale, è necessario un attento bilanciamento.

Nel caso specifico, l’uso del nome della celebre attrice nelle descrizioni dei prodotti non era finalizzato a sfruttarne la notorietà per vendere di più, ma a fornire un’informazione storica e contestuale sulla “prestigiosa origine della calzatura”. La Corte ha stabilito che la funzione descrittiva era prevalente, rendendo l’uso del nome legittimo. Questo non significa che qualsiasi scopo commerciale escluda la liceità, ma che l’interesse informativo può prevalere su quello pubblicitario, legittimando l’uso del nome.

L’inammissibilità della domanda di contraffazione del marchio

Anche su questo punto, la Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello. La domanda iniziale degli eredi si basava su un marchio statunitense. Successivamente, in corso di causa, avevano introdotto una domanda basata su due diversi marchi comunitari. La Corte ha chiarito che questa non era una semplice modifica della domanda iniziale (emendatio libelli), ma una domanda completamente nuova (mutatio libelli), poiché basata su un fatto costitutivo diverso (la registrazione di un marchio diverso, con un diverso ambito territoriale). Essendo stata proposta oltre i termini previsti dal codice di procedura civile, è stata correttamente dichiarata inammissibile per tardività.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio del bilanciamento degli interessi. Da un lato, c’è il diritto al nome e all’identità personale, tutelato dalla Costituzione e dal Codice Civile, che garantisce a ogni individuo il controllo sull’uso della propria immagine e del proprio nome. Dall’altro, vi sono la libertà di impresa e il diritto del pubblico a essere informato. La Corte ha chiarito che la divulgazione di un’immagine o di un nome senza consenso è illecita se ha fini puramente commerciali. Tuttavia, la situazione cambia quando coesistono finalità diverse. In questi casi di confine, l’interprete deve ponderare attentamente gli interessi in gioco. La prevalenza dell’interesse informativo su quello puramente pubblicitario può rendere lecito l’uso del nome, come avvenuto nel caso di specie per le descrizioni storiche dei prodotti. La Corte ha inoltre sottolineato come l’interpretazione dei contratti e la valutazione delle prove siano compiti esclusivi dei giudici di merito, non sindacabili in Cassazione se non per vizi procedurali specifici.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio: l’uso del nome di una persona famosa non è sempre e comunque vietato in assenza di consenso. Se l’utilizzo, pur inserito in un contesto commerciale, persegue una finalità prevalentemente informativa, culturale o descrittiva, può essere considerato lecito. La decisione rappresenta un punto di equilibrio tra la tutela della persona e la libertà di informazione e di iniziativa economica, stabilendo che la valutazione debba essere fatta caso per caso, analizzando la funzione concreta e prevalente dell’uso del nome.

È sempre illecito usare il nome di una persona famosa per scopi commerciali senza il suo consenso?
No. Secondo la Corte, sebbene l’uso puramente commerciale richieda il consenso, la situazione è diversa quando coesistono finalità informative. Se la funzione prevalente dell’uso del nome è descrittiva o informativa (ad esempio, per raccontare la storia di un prodotto), questo può essere considerato lecito anche senza autorizzazione, a seguito di un bilanciamento degli interessi in gioco.

Cosa succede se una domanda di contraffazione di marchio viene modificata in corso di causa?
Se la modifica introduce un marchio diverso da quello originariamente citato (con una diversa registrazione e un diverso ambito territoriale), non si tratta di una semplice precisazione della domanda, ma di una domanda nuova. Se questa nuova domanda viene proposta oltre i termini processuali consentiti, viene dichiarata inammissibile per tardività.

Qual è la differenza tra un uso commerciale del nome e un uso informativo?
L’uso commerciale mira a sfruttare la notorietà del nome per promuovere la vendita di un prodotto (es. testimonial). L’uso informativo, invece, ha lo scopo di fornire al pubblico notizie o dettagli su un prodotto, come la sua origine storica. La Corte ha stabilito che, anche in un contesto di vendita, se la finalità informativa è prevalente, l’uso del nome può essere legittimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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