Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17001 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17001 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7944/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME
– intimato –
avverso la sentenza del Tribunale di Catania n. 4017/2023, pubblicata in data 10 ottobre 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 maggio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME
Fatti di causa
Con sentenza n. 148 del 2022, depositata il 24 settembre 2022, il Giudice di pace di Paternò, accogliendo l’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. proposta da NOME COGNOME n ei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, annullava, dichiarando prescritto il credito, l’intimazione relativa al pagamento della T.I.A. (tariffa igiene ambientale) dell’ anno 2011, dell’importo di euro 915,77, dovuta per l’immobile sito in Paternò, INDIRIZZO
1.1. In esito al gravame proposto dalla soccombente, il Tribunale di Catania dichiarava inammissibile l’appello, rilevando che la sentenza impugnata, resa in controversia di valore inferiore ad euro 1.100,00, era stata pronunciata secondo equità, ai sensi dell’art. 113, secondo comma, cod. proc. civ. e che nessuna doglianza concernente la violazione di norme sul procedimento, di norme costituzionali o comunitarie o dei principi regolatori della materia era stata prospettata con l’impugnazione dall’appellante. Osservava pure che si controverteva sulla debenza della tariffa di igiene ambientale o TIA, a fronte del servizio di gestione dei rifiuti che veniva svolto in forza di contratto intercorso tra il gestore e l’ente locale , in assenza di un contratto tra l’ente locale e l’appellata, e che la tariffa rivestiva natura patrimoniale e costituiva diritto disponibile ( ‹‹ potendo essere oggetto di conciliazione in sede di reclamo all’ente impositore›› ).
1.2. RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della suddetta sentenza.
NOME COGNOME non ha svolto attività difensiva in questa sede.
La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi
dell ‘ art. 380bis .1. cod. proc civ. per l’adunanza del 14 maggio 2025, in prossimità della quale la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza entro il termine di cui all’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, deducendo la ‹‹violazione dell’art. 113 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza e del procedimento ›› , la ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto non appellabile la sentenza del Giudice di pace, sul rilievo che ‹‹ nessun contratto è stato stipulato tra l’ente locale e il Giummarra (né tantomeno con la società appellante, incaricata della gestione del servizio della riscossione della tariffa) in quanto la tassa è dovuta da chiunque, persona fisica o giuridica, possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte ad uso privato o pubblico, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani o assimilati e prescinde da qualsiasi accordo negoziale ›› .
Evidenzia che, seppure manchi nella fattispecie in esame un vero e proprio contratto (scritto), deve comunque ritenersi che il Regolamento per l’espletamento del servizio di igiene urbana costituisca proposta ex art. 1326 cod. civ. delle prestazioni di raccolta e conferimento del rifiuto, sinallagmaticamente correlate all’obbligazione pecuniaria a carico dei contribuenti/utenti (giusta ‘accettazione’ obbligata per tutti i consociati territorialmente allocati nel territorio di un Comune), in capo ai quali si verifichi il presupposto del prelievo coattivo; e che alla medesima conclusione si perviene mediante il richiamo all’istituto del cd. contatto sociale qualificato , al quale pure può ricondursi l’obbligazione di pagamento in esame.
Rappresenta che, p ur nell’assenza di un formale contratto inter partes , ess endo l’ Autorità d’Ambito obbligata ad espletare il servizio di raccolta e conferimento dei rifiuti, al quale è correlato un prelievo di natura corrispettiva a carico dei singoli privati, parametrato al costo complessivo del servizio e poi spalmato sull’utenza in applicazione del d.P.R. n. 158/1999, le reciproche obbligazioni si atteggiano come contrattuali, ciò che conferma l’applicabilità dell’art. 1342 cod. civ., risultando i rapporti con l’utenza regolati da clausole generali, quali quelle contenute nei Regolamenti generali per l’espletamento del servizio e per la determinazione della tariffa, in modo non dissimile a quanto avviene nel caso di regolamentazione uniforme di plurimi rapporti negoziali ad adesione volontaria.
Con il secondo motivo, si denunzia la ‹‹violazione dell’art. 339, comma terzo, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. -nullità della sentenza e del procedimento ›› , per avere il giudice d’appello affermato che nella fattispecie in esame non era stata formulata doglianza concernente la violazione di norme sul procedimento, di norme costituzionali o comunitarie o dei principi regolatori della materia. Evidenzia la ricorrente che, al contrario, impugnando la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva considerato indispensabile la notifica della fattura presupposta dall’intimazione e rappresentando che in ogni caso la fattura era stata spedita, aveva inteso censurare la ‘violazione di norme sul procedimento’ e, segnatamente, dell’art. 116 cod. proc. civ., che impone al giudice di ‘valutare le prove’ secondo ‘prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti’ , ed aveva altresì segnalato la violazione dei principi regolatori del prelievo coattivo costituito dalla tariffa rifiuti ex art. 49 d.lgs. n. 22/1997 e/o ex art. 238 d.lgs. n. 152/2006.
Con il terzo motivo, è dedotta la ‹‹violazione dell’art. 114
c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. nullità della sentenza e del procedimento ›› , per non avere il giudice d’appello tenuto conto che il rapporto giuridico sottostante concerneva diritti indisponibili e, in particolare, il diritto ‘all’irrinunciabile conseguimento del tributo/corrispettivo per il servizio TIA prestato’.
Con il quarto motivo si denuncia la ‹‹ nullità della sentenza gravata per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod . proc. civ. (nel suo combinato disposto con l’art. 1 c.p.v. d.lgs. n. 546/1992), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.: nullità della sentenza e del procedimento ›› . La ricorrente lamenta che il giudice d’appello avrebbe reso una motivazione meramente apparente, che non consente di ricostruire il percorso logico-giuridico seguito per superare tutti i rilievi mossi alla sentenza di primo grado.
5 . L’esame dei motivi non può prescindere da una preliminare disamina della natura della Tariffa integrata ambientale che qui ci occupa -la cd. TIA2 disciplinata dall’art. 238 del d.lgs. n. 152 del 2006 -la quale, a differenza della Tariffa di igiene ambientale che l’ha preceduta, la cd. TIA1, disciplinata dall’art 49 d.lgs. n 22 del 1997, non ha natura tributaria, ma privatistica, anche a fronte del chiaro disposto di ‘interpretazione autentica’ di cui all’ art. 14, comma 33, d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122/2010, a seguito del quale si è ritenuto che essa costituisca ‘corrispettivo’ e sia assoggettabile ad I.V.A., ai sensi degli artt. 1, 3 e 4, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 633/1972.
Questa Corte, già con la sentenza del 21 giugno 2018, n. 16332, ha avuto modo di chiarire che il dato normativo del richiamato art. 238 d.lgs. n. 152/2006 si differenzia in modo significativo da quello che caratterizzava la (soppressa, ancorché con le proroghe) TIA1 (come disciplinata dall’ art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997), in quanto,
da una lato, individua il fatto generatore dell’obbligo del pagamento nella produzione di rifiuti, e dunque nella effettiva fruizione del servizio, commisurando altresì l’entità del dovuto alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti, e, dall’altro, afferma in modo chiaro (ed innovativo) la natura di “corrispettivo” della tariffa.
Nella stessa pronuncia si è pure negato rilievo alla circostanza che il pagamento della TIA2 (come quello della TIA1) sia obbligatorio per legge, atteso che il citato art. 3 del d.P.R. n. 633/1972 prevede che “le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere” costituiscono prestazioni di servizi, “quale ne sia la fonte”. Tale orientamento ha trovato puntualizzazione in numerose successive decisioni (Cass., sez. 5, 23/05/2018, n. 12744; Cass., sez. 6 – 3, 19/02/2019, n. 4876; Cass., sez. 6 -3, 29/05/2019, n. 14753; Cass., sez. 6 -3, 07/06/2019, n. 15529; Cass., sez. 5, 06/08/2019, n. 20972).
La natura privatistica della TIA2 e la sua portata innovativa ed ontologicamente diversa rispetto alla precedente TIA1, già desumibile dal tenore della norma istitutiva, è stata definitivamente ribadita dalle Sezioni Unite di questa Corte. Difatti, con la sentenza n. 1839 del 2020, pronunciando sulla questione della giurisdizione, le Sezioni Unite, anche alla luce della sentenza n. 238 del 2009 della Corte costituzionale, hanno affermato che ‹‹spettano alla cognizione del giudice ordinario le controversie sorte successivamente alla data del 31 maggio 2010 aventi ad oggetto la debenza della tariffa integrata ambientale, cd. TIA2, di cui all’art. 238 del d.lgs. n. 152/2006›› (in senso conforme si sono espresse Cass., sez. U, 29/04/2021, n. 11290; Cass., sez. 6 – 3, 01/06/2021 n. 15288, non massimata).
Con le successive sentenze n. 8631 e n. 8632 del 2020, all’esito
della ricostruzione del quadro normativo concernente la tassazione sul servizio di smaltimento dei rifiuti urbani e della giurisprudenza di questa Corte in materia, le Sezioni Unite hanno anzitutto precisato, in tal modo superando gli argomenti di segno contrario, il carattere di interpretazione autentica della norma dettata dall’art. 14, comma 33, del d.l. n. 78 del 2010, sottolineando che esso ‘ si desume, in modo inequivoco, quale intenzione oggettiva della legge, dal chiaro tenore letterale dell’enunciato che compone il frammento normativo (“Le disposizioni di cui all’articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria”); ed hanno poi attribuito un rilievo significativo al “diritto vivente” formatosi a seguito della citata ordinanza n. 16332 del 2018, che si è mostrato coeso nel ribadirne i principi, tutti convergenti nel senso della natura di corrispettivo della T.I.A.2 e, dunque, della qualificazione in termini di prelievo non tributario (tra le tante, Cass., n. 32250/2018; Cass., n. 4275/2019; Cass., n. 4876/2019; Cass., n. 14195/2019; Cass., n. 14753/2019; Cass., n. 15520/2019, Cass., n. 15529/2019; Cass., n. 16379/2019; Cass., n. 19296/2019, Cass., n. 19329/2019; Cass., n. 23669/2019).
Nell’individuare, inoltre, le differenze tra la TIA2 e la TIA1, hanno riaffermato che ‘l ‘art. 238 del d.lgs. n. 152 del 2006, dunque, a differenza dell’art. 49 del d.lgs n. 22 del 1997, individua il fatto generatore dell’obbligo di pagamento della T.I.A. 2 nella produzione di rifiuti, ancorando il debito all’effettiva fruizione del servizio, e, al tempo stesso, diversamente dal passato, assegna natura di “corrispettivo” alla tariffa, parametrando l’entità del dovuto alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti ‘, aggiungendo che la natura privatistica della tariffa consente di ritenere il prelievo assoggettabile ad i.v.a. ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ciò non trovando ostacolo nella circostanza che «il pagamento della TIA2
(come quello della TIA1) sia obbligatorio per legge.
Il terzo motivo -che, per motivi di priorità logica, viene trattato per primo -è fondato.
6.1. Come riconosciuto dalla stessa parte ricorrente, tra la società che gestisce il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ed il singolo utente, che di tale servizio usufruisce, non intercorre in senso stretto un rapporto la cui fonte è ravvisabile nella volontà contrattuale pienamente libera delle parti, che invece viene intrattenuto tra l’ente locale e l’impresa alla quale viene affidata la gestione del servizio, tanto che la legge non dà alcun sostanziale rilievo, genetico o funzionale, alla volontà delle parti nel rapporto tra gestore ed utente del servizio.
Invero, i servizi concernenti lo smaltimento dei rifiuti devono essere obbligatoriamente istituiti dai Comuni, che li gestiscono sulla base di una disciplina regolamentare da essi stessa unilateralmente fissata, con la previsione di un importo autoritativamente determinato allo scopo di ripartire le pubbliche spese necessarie a garantirli.
6.2. Il rapporto che si instaura -essendo relativo alla fornitura di un pubblico servizio -scaturisce, dunque, da un atto predisposto e disciplinato in maniera unilaterale da parte dell’ente senza possibilità alcuna di apportare modifiche da parte dell’utente, in capo al quale, quando si verifica il presupposto del prelievo coattivo, sorge l’obbligo della prestazione patrimoniale che è sinallagmaticamente correlata a quella dell’erogazione del servizio.
Per quanto qui rileva, la TIA2 integra prestazione patrimoniale di natura privatistica, ma costituisce un importo comunque dovuto e, dunque, ‘imposto’, semplicemente in ragione del possesso e della detenzione di locali o aree atti alla produzione di ‘rifiuti urbani’, normativamente e ragionevolmente parametrata ad una soltanto presuntiva e potenziale produzione di rifiuti, essendo ‘commisurata
‘alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte’ (art. 238, comma 2, d.lgs. n. 152/2006). Tale importo, costituito da una quota fissa, relativa alla sussistenza del servizio, e da una quota variabile, relativa alla produzione di rifiuti presuntiva di ciascuna singola utenza, è, dunque, obbligatorio, come pure evidenziato dalla citata pronuncia a Sezioni Unite di questa Corte (Cass., n. 8631 del 2020), in quanto volto a garantire la completa copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani.
6.3. Ne consegue che il rapporto sinallagmatico, sottostante al pagamento della TIA2, attiene a diritti indisponibili, in considerazione dell’indisponibilità del diritto del Comune al conseguimento (irrinunciabile, una volta emanato il regolamento che lo preveda) del corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti; indisponibilità che discende direttamente dalle finalità di pubblico interesse perseguite dall’Amministrazione e che non è per nulla elisa dalla possibilità di una riduzione o revisione in sede di conciliazione, tanto riguardando la facoltà dell’ente percettore, conferitagli appunto in ragione del pubblico interesse alla sua percezione nella misura corretta, di autodeterminarsi in ordine all’entità della prestazione di esigere.
Proprio l’indisponibilità del diritto impone di escludere che il Giudice di pace si sia pronunciato secondo equità.
In base ad un orientamento che può dirsi consolidato, infatti, la regola del giudizio equitativo non è, invero, compatibile con il carattere indisponibile delle situazioni dedotte in causa, dovendo la disposizione dell’art. 113, secondo comma, cod. proc. civ. essere letta in correlazione con quella del successivo art. 114 cod. proc. civ., secondo la quale in tanto il merito della causa è deciso secondo equità in quanto esso riguardi diritti disponibili delle parti che ne
facciano concorde richiesta (cfr. Cass., sez. 1, 22/03/2007, n. 6990; Cass., sez. 3, 12/06/2002, n. 8375). Si è, al riguardo, precisato che ‹‹la circostanza che la prima norma concerne tutte le cause di competenza del giudice di pace il cui valore non eccede i due milioni di lire e la seconda solo quelle di valore superiore per le quali il giudizio equitativo sia stato domandato, non giustifica una conclusione restrittiva, giacché se la ratio della prevista richiesta delle parti per le cause di valore superiore sta nella finalità di evitare che le regole di diritto possano essere disapplicate in controversie con più rilevanti implicazioni economiche, ed è dunque esclusiva di tali cause, la ratio del limite costituito dalla non indisponibilità del diritto non è in alcun modo collegata alle conseguenze economiche della decisione, ma alle ragioni della indisponibilità, quali che esse siano. È, dunque, indipendente dal valore della causa ed assume identica valenza in entrambe le ipotesi›› (così, Cass., n. 8375/2002, cit.).
La Corte reputa prioritaria, in difetto di evidenti ragioni che militino per una sua rimeditazione o perfino per un suo superamento, l’opportunità di non mutare un orientamento in materia processuale (ove di grande pregnanza è l’esigenza di affidamento nella stabilità delle interpretazioni) che può dirsi consolidato, poiché non contraddetto da tempo, ma soprattutto che garantisce una più piena estrinsecazione del diritto di difesa (consentendo un’impugnazione di merito assai ampia) quando sono coinvolti diritti indisponibili.
Va, dunque, data continuità al principio di diritto, già affermato da Cass. n. 18184/2014 e, ancor prima, da Cass. n. 19531/2004 e, di recente, ribadito da Cass. n. 5782/2025, secondo il quale non può essere decisa dal Giudice di pace secondo equità una causa che, pur rientrando nei limiti della sua competenza per valore, abbia ad oggetto il diritto d i una delle parti di percepire dall’altra l’importo corrispondente ad una prestazione per legge dovuta, quello dovendo
qualificarsi indisponibile.
Ha, dunque, errato il Tribunale di Catania a ritenere inammissibile l’appello proposto dalla odierna ricorrente: difatti, la sentenza del Giudice di pace che decide con riguardo ad intimazione di pagamento relativa al pagamento della T.I.A.2, riguardando un diritto indisponibile del Comune, deve intendersi pronunciata secondo diritto, indipendentemente dal valore della controversia ed è, pertanto, appellabile senza che operino i limiti di cui all’art. 339, ultimo comma, cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis successivo alla modifica introdotta dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.
Va, in conclusione, affermato il seguente principio di diritto:
‹‹in tema di tariffa integrata ambientale disciplinata dall’art. 238 del d.lgs. n. 152 del 2006 (cosiddetta TIA2), l’intimazione di pagamento, avente ad oggetto il diritto di una delle parti di percepire dall’altra l’importo corrispondente ad una prestazione dovuta per legge, ha ad oggetto una prestazione patrimoniale imposta e riguarda, pertanto, un diritto indisponibile. Pertanto, la sentenza del Giudice di pace, che decide su detta intimazione, deve intendersi pronunciata secondo diritto, indipendentemente dal valore della controversia; ed è appellabile senza che operino i limiti di cui all’art. 339, ultimo comma, cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis, successivo alla modifica introdotta dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40››.
7. L’accoglimento del terzo motivo consente di dichiarare assorbiti il primo ed il secondo motivo, con la precisazione che quanto dedotto al paragrafo V del ricorso, intitolato ‹‹riproposizione delle doglianze avverso l’atto di citazione in opposizione››, integra un ‘non motivo’, poiché la ricorrente si limita a reiterare le difese già svolte nel giudizio di merito al fine di paralizzare i motivi di opposizione fatti valere dalla controparte (omessa notifica degli atti presupposti, prescrizione del
diritto, carenza di motivazione della ingiunzione fiscale, mancata partecipazione dell’utente alla formazione dell’atto di riscossione).
Posto ciò, va poi rilevata l’infondatezza del quarto motivo.
Al riguardo, va ricordato che il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto, omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare ed illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata. La motivazione è solo apparente e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass., sez. U, 03/11/2016, n. 22232; Cass., sez. U, 05/04/2016, n. 16599).
Ebbene, la motivazione della sentenza impugnata non rientra paradigmaticamente in una di quelle sole gravi anomalie argomentative individuate dalle Sezioni Unite (cfr. Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054), perché si pone sicuramente al di sopra del cd. ‘minimo costituzionale’. Il Tribunale, seppure con motivazione sintetica, ha adeguatamente esplicitato il percorso argomentativo che lo ha condotto alla declaratoria d’inammissibilità dell’appello, rendendo in tal modo possibile il controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento posto alla base del decisum .
La sentenza impugnata, in accoglimento del terzo motivo, assorbiti il primo ed il secondo e rigettato il quarto, deve essere cassata con rinvio al competente Tribunale, quale giudice d’appello, in
persona di diverso magistrato, che dovrà procedere all’esame nel merito della controversia, nonché provvedere alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo, dichiara assorbiti il primo ed il secondo e rigetta il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Catania, in persona di diverso magistrato, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione