Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 17341 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 17341 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14253/2024 R.G. proposto da :
CASA DI CURA PRIVATA VILLA SERENA DEL DOTT. COGNOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE SOCIO UNICO, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
REGIONE ABRUZZO, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
-controricorrente-
nonché contro
COMMISSARIO AD NOME PER REALIZZAZIONE PIANO RIENTRO DISAVANZI SETTORE SANITARIO REGIONE ABRUZZO-PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;
-intimato- avverso la SENTENZA del CONSIGLIO DI STATO ROMA n. 10652/2023, depositata il 11/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso affidato ad un solo motivo, la RAGIONE_SOCIALE del dottor NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE a socio unico ha impugnato la sentenza del Consiglio di Stato, resa pubblica l ‘ 11 dicembre 2023, che ne rigettava l ‘ appello avverso la sentenza n. 285/2022 del T.A.R. per l ‘ Abruzzo che, a sua volta, ne aveva respinto l ‘ impugnazione del decreto n. 4 del 2014 del ‘ Commissario ad acta per l ‘ attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Abruzzo ‘, con il quale era stata applicata una decurtazione complessiva del 10%, rispetto alla precedente annualità, al tetto di spesa per l ‘ acquisto di prestazioni di assistenza sanitaria in residenze psicoriabilitative in favore dei pazienti residenti nella predetta Regione.
– Il Consiglio di Stato, a fondamento della decisione – nel ribadire la propria giurisprudenza sulla validità della ‘ clausola di salvaguardia ‘ , con cui si stabilisce il tetto massimo per la remunerazione delle prestazioni sanitarie, ai sensi dell ‘ art. 8quinquies , del d.lgs. n. 502 del 1992, nel rapporto tra la struttura privata accreditata e l ‘ azienda sanitaria locale -ha posto in rilievo
che quella clausola, in forza della sottoscrizione del contratto, comporta una accettazione espressa, completa ed incondizionata «del contenuto e degli effetti dei provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, di determinazione delle tariffe» e di «ogni altro atto agli stessi collegato o presupposto, in quanto atti che determinano il contenuto del contratto».
Sicché – ha ancora argomentato il giudice di appello -, sono ricomprese anche le determinazioni concernenti la ripartizione degli importi tra le strutture concorrenti e le tariffe, per ragionevoli esigenze di contenimento della spesa nel settore della sanità pubblica, senza con ciò impedire l ‘ esercizio del diritto di difesa delle strutture sanitarie private in corso di contrattualizzazione.
-Ha resistito con controricorso la Regione Abruzzo.
-Proposta dalla Prima Presidente la definizione accelerata del ricorso, ai sensi dell ‘ art. 380bis c.p.c., in ragione della manifesta infondatezza dell ‘ impugnazione per cassazione, la causa, su tempestiva istanza della società ricorrente, è stata, quindi, fissata, per la decisione in camera di consiglio.
-Il pubblico ministero e la parte ricorrente hanno depositato memoria ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 c.p.c.; il primo ha concluso per l ‘ inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con l ‘unico mezzo, ‘per diniego o rifiuto di giurisdizione’, è denunciata violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 24, 111, comma primo e secondo, Cost., 113 Cost., in relazione agli artt. 111, comma ottavo Cost, 362 c.p.c. e 110 c.p.a., per aver il Consiglio di Stato, nel ritenere assorbite le censure di merito proposte dall ‘appellante in forza della sottoscrizione della ‘clausola di salvaguardia’ e della relativa indiscriminata applicazione ‘a qualsiasi profilo di illegittimità che riguardi gli atti amministrativi a monte dell ‘accordo negoziale’, denegato la propria giurisdizione anche in riferimento alla legittimazione a ricorrere avverso gli atti
‘concernenti la ripartizione degli importi tra le strutture concorrenti’ e ‘anche alle clausole di determinazione delle tariffe’, oggetto dell ‘ impugnativa di essa RAGIONE_SOCIALE dinanzi al T.A.R.
-Il ricorso deve essere rigettato, trovando piena conferma le ragioni a fondamento della prognosi di manifesta infondatezza recata dalla proposta di definizione accelerata del ricorso, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., che neppure la memoria illustrativa depositata dalla ricorrente ha in alcun modo scalfito.
-Va, infatti, ribadito che la negazione in concreto di tutela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall ‘ erronea interpretazione delle norme sostanziali nazionali o dei principi del diritto europeo da parte del giudice amministrativo, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione così da giustificare il ricorso previsto dall ‘ art. 111, comma ottavo, Cost., atteso che l ‘ interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sé sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, che invece si verifica nella diversa ipotesi di affermazione, da parte del giudice speciale, che quella situazione soggettiva è, in astratto, priva di tutela per difetto assoluto o relativo di giurisdizione (tra le altre: Cass., S.U., n. 32773/2018; Cass., S.U., 10087/2020; Cass., S.U., n. 19175/2020, Cass., S.U., n. 18722/2024; Cass., S.U., n. 30605/2024).
Dunque, il controllo del limite esterno della giurisdizione – che l ‘ art. 111, comma ottavo, Cost., affida alla Corte di cassazione non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errores in iudicando o in procedendo , anche per contrasto con il diritto dell ‘ Unione europea o della CEDU, operando al riguardo i limiti istituzionali e costituzionali del controllo devoluto a questa Corte, ‘i quali restano invalicabili, quand ‘ anche motivati per implicito, allorché si censuri il concreto esercizio di un potere da parte del giudice amministrativo, non
potendo siffatta modalità di esercizio integrare un vizio di eccesso di potere giurisdizionale’ (Cass., S.U., n. 12586/2019).
– Nella specie, non si ravvisa un diniego in astratto della giurisdizione del giudice adito, giacché la decisione da esso assunta si fonda su una interpretazione della clausola di salvaguardia, oggetto del contratto sottoscritto dalla società ricorrente, intendendone la portata come comprensiva delle determinazioni concernenti la ripartizione degli importi tra le strutture concorrenti e le tariffe di cui all ‘ impugnato decreto commissariale n. 04/2014.
Si tratta, dunque, di negazione in concreto della tutela azionata, quale risultato dell ‘ esercizio del potere giurisdizionale, non rientrando nel sindacato rimesso a queste Sezioni Unite, ai sensi dell ‘ art. 111, ottavo comma, Cost., se detto esercizio sia stato effettuato più o meno correttamente.
– Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile per le medesime ragioni indicate nella proposta di definizione ex art. 380bis c.p.c.
La società ricorrente deve essere condannata al pagamento, in favore della Regione controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo; non occorre, invece, provvedere alla regolamentazione di dette spese nei confronti della parte rimasta soltanto intimata.
Deve, altresì, trovare applicazione il terzo comma del citato art. 380bis c.p.c., che rinvia ai commi terzo e quarto dell ‘ art. 96 c.p.c.
A tal fine, giova rammentare che queste Sezioni Unite (tra le altre: Cass., S.U., n. 27195/2023; Cass., S.U., n. 30147/2023; Cass., S.U., n. 36069/2023), nell ‘ interpretare l’ art. 380bis c.p.c., hanno osservato che il legislatore delegato ha tipizzato un ‘ ipotesi di abuso del processo, già immanente nel sistema processuale, giacché non attenersi alla delibazione del Presidente o del consigliere delegato che trovi poi conferma nella decisione finale, è
nella normalità indice di una responsabilità aggravata sanzionabile con la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96, terzo comma, c.p.c.) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore a euro 5.000,00 (art. 96, quarto comma, c.p.c.).
Si è, pertanto, precisato che, pur dovendosi escludere una interpretazione della norma che conduca ad automatismi non in linea con una lettura costituzionalmente compatibile del nuovo istituto, affinché il giudice possa legittimamente discostarsi dalla previsione legale è necessario che nel caso concreto sussistano ragioni idonee a giustificare il comportamento processuale della parte.
Ragioni che non è dato ravvisare nel caso in esame, poiché, come già evidenziato (cfr. § 2, che precede), il ricorso e la stessa memoria depositata ex art. 380bis .1 c.p.c. non prospettano argomenti che possano indurre a rimeditare i principi espressi in ordine ai limiti del sindacato di questa Corte rispetto alle decisioni del giudice amministrativo (e contabile), che sono stati anche richiamati nella proposta di definizione accelerata.
La ricorrente va, dunque, condannata anche al pagamento della somma, equitativamente determinata, come liquidata in dispositivo e di una ulteriore somma in favore della Cassa delle Ammende , anch’essa nella misura liquidata in dispositivo .
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.200,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; condanna, altresì, la ricorrente al pagamento della somma di euro 4.200,00 in favore della controricorrente e al pagamento
dell’ulteriore importo di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni