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Diniego di giurisdizione e legittimazione ad agire

Una società di ristorazione, che opera in subingresso all’interno di un impianto sportivo comunale, impugnava un’ordinanza di rimozione di opere abusive. Il TAR dichiarava il ricorso inammissibile per difetto di legittimazione attiva. Il Consiglio di Stato, pur riconoscendo la legittimazione della società, rigettava l’appello nel merito senza rinviare al primo grado. La società ricorreva in Cassazione lamentando un diniego di giurisdizione e un eccesso di potere. Le Sezioni Unite hanno dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che un errore sulla legittimazione ad agire è un vizio procedurale interno alla giurisdizione amministrativa e non costituisce un diniego di giurisdizione che giustifichi il ricorso in Cassazione. La decisione del Consiglio di Stato di non rinviare al TAR rientra nell’ambito della sua autonomia processuale.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Errore sulla legittimazione ad agire: non è diniego di giurisdizione

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, torna a definire i confini del proprio sindacato sulle decisioni dei giudici amministrativi, chiarendo la differenza fondamentale tra un errore procedurale e un vero e proprio diniego di giurisdizione. Con l’ordinanza in esame, viene stabilito che una valutazione errata sulla legittimazione ad agire da parte del giudice di primo grado, anche se corretta in appello, non obbliga al rinvio della causa e non costituisce un motivo valido per ricorrere in Cassazione.

I Fatti di Causa

Una società di ristorazione, operante all’interno di un impianto sportivo di proprietà comunale, si vedeva contestare la realizzazione di opere abusive nel locale destinato alla sua attività. Il Comune emetteva quindi un’ordinanza di demolizione, indirizzata formalmente alla società polisportiva concessionaria dell’impianto.

La società di ristorazione, in qualità di affittuaria del ramo d’azienda e soggetto che di fatto svolgeva l’attività, impugnava il provvedimento davanti al TAR. Quest’ultimo, tuttavia, dichiarava il ricorso inammissibile per difetto di legittimazione ad agire, ritenendo che solo il destinatario formale dell’atto (la polisportiva) avesse titolo per contestarlo.

In appello, il Consiglio di Stato ribaltava la valutazione del TAR, riconoscendo la piena legittimazione ad agire della società di ristorazione. Sosteneva, infatti, che chiunque abbia la disponibilità giuridica e materiale di un bene e subisca un pregiudizio diretto da un provvedimento amministrativo ha il diritto di impugnarlo. Ciononostante, il Consiglio di Stato decideva di non rinviare la causa al TAR e procedeva a esaminare direttamente il merito, rigettando il ricorso. La ragione del rigetto risiedeva nel principio secondo cui qualsiasi mutamento di destinazione d’uso non autorizzato, che alteri il carico urbanistico, costituisce un illecito edilizio che l’Amministrazione ha il dovere di sanzionare.

La Decisione della Cassazione e il concetto di diniego di giurisdizione

La società di ristorazione, insoddisfatta, proponeva ricorso per Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. La violazione delle norme sul giusto processo, sostenendo che l’errata declaratoria di inammissibilità del TAR configurasse un’ipotesi di diniego di giurisdizione, che avrebbe dovuto portare all’annullamento con rinvio da parte del Consiglio di Stato.
2. L’eccesso di potere giurisdizionale, accusando il Consiglio di Stato di aver ‘creato’ una nuova fattispecie di illecito edilizio non prevista dalla legge.

Le Sezioni Unite hanno dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, offrendo chiarimenti cruciali sui limiti del proprio sindacato.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che il concetto di diniego di giurisdizione si applica solo quando un giudice si rifiuta di esaminare una causa, precludendo in astratto la tutela di una posizione giuridica. Nel caso di specie, il TAR non ha negato la giurisdizione in assoluto, ma ha commesso un errore di valutazione su un presupposto processuale: la legittimazione ad agire. Si tratta, secondo la Cassazione, di un errore in procedendo, ovvero un vizio interno al modo in cui è stato esercitato il potere giurisdizionale, non una sua negazione.

Di conseguenza, il Consiglio di Stato, una volta corretto l’errore del TAR, ha legittimamente esercitato i propri poteri decidendo la causa nel merito, in applicazione dell’art. 105 del codice del processo amministrativo. Questa norma prevede il rinvio al primo giudice solo in casi tassativi, tra cui il diniego di giurisdizione, ma non l’errata valutazione sulla legittimazione attiva. La scelta del Consiglio di Stato rientra quindi nell’esegesi di una norma processuale interna alla sua giurisdizione e non è sindacabile dalla Cassazione.

Anche il secondo motivo, relativo all’eccesso di potere, è stato respinto. La Corte ha ribadito che l’eccesso di potere giurisdizionale si configura solo quando il giudice invade la sfera del legislatore, creando norme dal nulla. Non si verifica, invece, quando il giudice si limita a interpretare le norme esistenti, anche se in modo discutibile o errato. Un’eventuale interpretazione estensiva delle norme urbanistiche, come quella lamentata dalla ricorrente, costituisce al massimo un error in iudicando (errore di giudizio), che non rientra tra i vizi denunciabili in Cassazione contro le sentenze del Consiglio di Stato.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito delle controversie amministrative. Il suo compito è vigilare sui limiti esterni della giurisdizione, non correggere gli errori commessi dai giudici amministrativi nell’esercizio delle loro funzioni. La distinzione tra un errore sulla legittimazione ad agire (vizio procedurale) e un diniego di giurisdizione (rifiuto di decidere) è netta: solo il secondo apre le porte del ricorso in Cassazione. Gli operatori del diritto devono quindi attentamente distinguere tra vizi che attengono all’esercizio interno della giurisdizione e quelli che ne mettono in discussione l’esistenza stessa.

Se il TAR nega erroneamente la legittimazione ad agire, il Consiglio di Stato deve sempre rinviare la causa al primo grado?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’erronea dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per difetto di legittimazione attiva non comporta un annullamento con rinvio al TAR. Il Consiglio di Stato può decidere la causa direttamente nel merito, poiché tale errore non rientra nelle ipotesi tassative di rinvio previste dall’art. 105 del codice del processo amministrativo, come il vero e proprio diniego di giurisdizione.

Un errore del giudice amministrativo sulla legittimazione ad agire di una parte può essere considerato un ‘diniego di giurisdizione’ e quindi impugnato in Cassazione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione sulla legittimazione ad agire è una questione che attiene ai requisiti intrinseci della domanda e al modo di esercizio della funzione giurisdizionale. Un errore su questo punto è un vizio procedurale (error in procedendo) e non un diniego di giurisdizione, il quale si verifica solo quando il giudice si rifiuta in toto di decidere, precludendo la tutela di una posizione giuridica.

La Corte di Cassazione può sindacare l’interpretazione di una norma urbanistica da parte del Consiglio di Stato come ‘eccesso di potere giurisdizionale’?
No. L’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera del legislatore si configura solo quando il giudice crea una norma dal nulla. Quando, invece, opera in un ambito interpretativo, anche se l’interpretazione fosse errata o comportasse uno stravolgimento del senso della norma, si tratterebbe di un errore di giudizio (error in iudicando). Tale errore non investe i limiti esterni della giurisdizione e, pertanto, non può essere oggetto di ricorso in Cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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