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Dimissioni per giusta causa: quando il ritardo è grave?

Un lavoratore si è dimesso per giusta causa a causa di ritardi nel pagamento di alcune voci retributive. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, negando la sussistenza delle dimissioni per giusta causa. La Corte ha ritenuto decisivo il fatto che il lavoratore avesse atteso oltre quattro mesi dal saldo delle somme per rassegnare le dimissioni, dimostrando così che l’inadempimento non era talmente grave da impedire la prosecuzione del rapporto e rendendo il recesso pretestuoso.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Dimissioni per Giusta Causa: L’Importanza della Reazione Immediata del Lavoratore

Le dimissioni per giusta causa rappresentano uno strumento fondamentale a tutela del lavoratore di fronte a gravi inadempimenti del datore di lavoro. Tuttavia, l’esercizio di questo diritto non è privo di condizioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda un principio cruciale: l’immediatezza. Un lavoratore che attende troppo a lungo prima di reagire a un comportamento illecito del datore di lavoro rischia di veder vanificata la propria pretesa. Analizziamo il caso di un pilota che, dopo aver subito ritardi nei pagamenti, si è visto negare la giusta causa proprio per la sua reazione tardiva.

I Fatti del Caso: Ritardi nei Pagamenti e Dimissioni Tardive

Un pilota, dipendente di una società di servizi elicotteristici, rassegnava le proprie dimissioni adducendo una giusta causa. Il motivo? Il datore di lavoro aveva ritardato e rateizzato unilateralmente il pagamento di alcune voci retributive, come la tredicesima mensilità e l’indennità di volo. Il lavoratore, quindi, richiedeva il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso.

L’azienda, dal canto suo, non solo si opponeva alla richiesta, ma agiva in giudizio per ottenere dal lavoratore il rimborso dei costi sostenuti per un costoso corso di specializzazione per un nuovo modello di elicottero.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello davano ragione all’azienda. I giudici di merito, pur riconoscendo l’inadempimento del datore di lavoro, ritenevano che la reazione del lavoratore fosse stata tardiva. Egli, infatti, aveva atteso oltre quattro mesi dal saldo definitivo delle somme dovute prima di presentare le dimissioni. Questo lasso di tempo, secondo le corti, dimostrava che l’inadempimento non era così grave da impedire la prosecuzione del rapporto, rendendo le dimissioni pretestuose e contrarie a buona fede.

La Decisione della Corte: Niente Giusta Causa senza Immediatezza

Il lavoratore ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione dell’art. 2119 del codice civile. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito.

La Cassazione ha chiarito che il ricorso del lavoratore, pur essendo formalmente presentato come una violazione di legge, mirava in realtà a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità, soprattutto in presenza di una cosiddetta “doppia conforme” (due sentenze di merito con la stessa conclusione).

Le Motivazioni della Cassazione sulle dimissioni per giusta causa

Il cuore della motivazione della Suprema Corte risiede nel principio di immediatezza. Per poter configurare delle dimissioni per giusta causa, non è sufficiente un qualsiasi inadempimento del datore di lavoro, ma è necessario che questo sia talmente grave da ledere il vincolo fiduciario e non consentire la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto. La reazione del lavoratore deve essere conseguente e tempestiva.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente ricostruito i fatti, evidenziando come il pilota avesse atteso un periodo di tempo significativo dopo la risoluzione del problema dei pagamenti prima di dimettersi. Questo comportamento, secondo i giudici, era un chiaro segnale che l’inadempimento, seppur esistente, non era stato percepito dal lavoratore stesso come immediatamente lesivo e intollerabile. La tardività della reazione ha quindi ‘svuotato’ di gravità l’inadempimento datoriale, facendolo apparire come un pretesto per interrompere il rapporto di lavoro, piuttosto che come la vera causa.

Conclusioni: Cosa Imparare da questa Vicenda

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica. Un lavoratore che subisce un grave inadempimento da parte del datore di lavoro, come il mancato o ritardato pagamento dello stipendio, deve agire tempestivamente se intende avvalersi delle dimissioni per giusta causa. Attendere troppo a lungo può essere interpretato dai giudici come una forma di tolleranza verso l’inadempimento, indebolendo la posizione del lavoratore. La decisione sottolinea come il rapporto di lavoro sia governato non solo da norme scritte, ma anche dai principi di correttezza e buona fede, che impongono a entrambe le parti un comportamento coerente e non pretestuoso.

Un ritardo nel pagamento dello stipendio giustifica sempre le dimissioni per giusta causa?
No, non sempre. La Corte ha stabilito che l’inadempimento del datore di lavoro deve essere così grave da non consentire la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto. Un mero ritardo, soprattutto se seguito da un lungo periodo di inazione del lavoratore dopo la regolarizzazione, potrebbe non essere ritenuto una causa sufficientemente grave.

Quanto tempo ha un lavoratore per dimettersi per giusta causa dopo un inadempimento del datore di lavoro?
La sentenza non fissa un termine numerico, ma insiste sul principio di ‘immediatezza’. La reazione del lavoratore deve essere ragionevolmente tempestiva rispetto all’inadempimento subito. Nel caso esaminato, attendere oltre quattro mesi dal saldo delle somme dovute è stato considerato un ritardo eccessivo che ha fatto venir meno il requisito della giusta causa.

Cosa significa che il ricorso è stato dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che la Corte di Cassazione non ha esaminato la questione nel merito perché il ricorso non rispettava i requisiti tecnici previsti dalla legge. Nello specifico, il lavoratore ha tentato di ottenere una nuova valutazione dei fatti (come la gravità del ritardo nei pagamenti), attività che non è permessa in sede di Cassazione, la quale giudica solo la corretta applicazione del diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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