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Diligenza professionale assegno: la Cassazione chiarisce

Una compagnia assicurativa ha citato in giudizio un operatore postale per l’errato pagamento di un assegno non trasferibile. L’operatore aveva identificato il presentatore tramite patente e codice fiscale. I tribunali di merito avevano condannato l’operatore, ritenendo insufficiente tale controllo. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che la diligenza professionale assegno è soddisfatta dall’identificazione tramite un unico documento valido, come la patente, in assenza di evidenti segni di alterazione del titolo. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Bancario, Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Assegno Non Trasferibile: Basta la Patente per l’Identificazione?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un tema cruciale per banche e istituti finanziari: qual è il livello di diligenza professionale assegno richiesto nell’identificazione di chi presenta un titolo non trasferibile per l’incasso? La risposta del Supremo Collegio è netta: un solo documento di identità valido, come la patente di guida, è di norma sufficiente, a meno che non vi siano palesi segni di contraffazione.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da una compagnia assicurativa nei confronti di un operatore postale. La compagnia lamentava che l’operatore avesse pagato un assegno di traenza non trasferibile, da essa emesso a favore di un proprio cliente, a una persona diversa dal legittimo beneficiario. L’operatore si era difeso sostenendo di aver correttamente identificato il presentatore del titolo tramite l’esame della patente di guida e del codice fiscale, che non presentavano irregolarità.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia il Giudice di Pace che, in appello, il Tribunale avevano dato ragione alla compagnia assicurativa. Secondo i giudici di merito, l’operatore postale era venuto meno ai suoi obblighi di diligenza professionale. L’identificazione, basata solo su patente e codice fiscale di un soggetto non cliente abituale, era stata ritenuta insufficiente e superficiale, configurando così una responsabilità contrattuale per l’errato pagamento.

La corretta diligenza professionale assegno secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la prospettiva, accogliendo il ricorso dell’operatore postale. I giudici di legittimità hanno chiarito che la valutazione della diligenza professionale, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, del codice civile, non è una mera ricostruzione dei fatti, ma un’attività di interpretazione della norma giuridica. Pertanto, è soggetta al sindacato della Corte quando si pone in contrasto con i principi dell’ordinamento e con gli standard valutativi consolidati nella società.

Nel caso specifico, la patente di guida è a tutti gli effetti uno strumento di identificazione personale riconosciuto dall’ordinamento. Contrariamente a quanto affermato dal giudice d’appello, non esiste una norma di legge o uno standard sociale che imponga all’istituto negoziatore di compiere attività ulteriori, come richiedere un secondo documento o effettuare indagini presso il comune di nascita del presentatore. Anche la normativa antiriciclaggio prevede modalità di identificazione che non includono il ricorso a “ogni possibile mezzo”.

L’Irrilevanza delle Circolari ABI

Un punto fondamentale toccato dalla Corte riguarda il valore delle circolari interne, come quelle dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI). La sentenza impugnata aveva fatto riferimento a una raccomandazione che suggeriva di richiedere due documenti d’identità. La Cassazione ha specificato che tali prescrizioni non hanno portata precettiva, ovvero non sono legalmente vincolanti. Costituiscono mere regole prudenziali che non si ritrovano negli standard valutativi richiesti dall’ordinamento.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che l’impostazione del Tribunale era errata. Ritenere non liberatoria la prova dell’identificazione tramite un singolo documento valido, in assenza di qualsiasi segno di alterazione o contraffazione del titolo, si pone in contrasto con i principi generali dell’ordinamento. La diligenza richiesta all’operatore professionale deve essere valutata sulla base di standard oggettivi e legali, non su un astratto e indeterminato obbligo di massima prudenza. Imporre controlli più gravosi significherebbe creare un obbligo non previsto dalla legge, appesantendo inutilmente le procedure e andando oltre la normale prassi operativa, che considera sufficiente il riscontro di un solo documento d’identità personale.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha cassato la sentenza e rinviato la causa al Tribunale per un nuovo esame, che dovrà attenersi al seguente principio di diritto: l’istituto negoziatore che paga un assegno non trasferibile adempie al proprio obbligo di diligenza professionale se identifica il presentatore tramite un documento di riconoscimento valido e in corso di validità, a condizione che il titolo non presenti segni evidenti di alterazione. Questa ordinanza fornisce un’importante linea guida per tutti gli operatori del settore, definendo con chiarezza i confini della responsabilità nell’attività di pagamento dei titoli di credito.

È sufficiente un solo documento, come la patente, per identificare chi incassa un assegno non trasferibile?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, l’identificazione del presentatore tramite un singolo documento di riconoscimento valido (come la patente di guida) è sufficiente per adempiere all’obbligo di diligenza professionale, a patto che l’assegno non mostri evidenti segni di alterazione o contraffazione.

L’istituto che paga l’assegno è sempre responsabile se il presentatore non è il vero beneficiario?
No, non è sempre responsabile. La sua responsabilità è esclusa se dimostra di aver agito con la diligenza professionale richiesta, che consiste nell’identificare correttamente il presentatore attraverso un documento valido. Non è tenuto a compiere indagini ulteriori o a utilizzare “ogni possibile mezzo” se non ci sono sospetti concreti.

Le circolari dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI) che suggeriscono di chiedere due documenti sono legalmente vincolanti?
No, la Corte ha chiarito che tali circolari hanno valore di mera raccomandazione e non possono essere considerate norme legalmente vincolanti. Pertanto, la mancata richiesta di un secondo documento non può, di per sé, costituire una violazione dell’obbligo di diligenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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