Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19342 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19342 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23292/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE (-) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 393/2020 depositata il 24/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/07/2024
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) ha convenuto avanti al Tribunale di Brescia RAGIONE_SOCIALE per chiederne la condanna al risarcimento del danno pari a 5.825,00 euro derivante dall’illegittima negoziazione di un assegno circolare, non trasferibile, tratto sul proprio conto aperto presso Banca SAI, emesso a favore di NOME COGNOME, spedito a mezzo posta ordinaria e incassato da soggetto non legittimato ma apparentemente corrispondente al prenditore indicato sul titolo.
2.- Il Tribunale ha respinto la domanda, accertando che la convenuta aveva provato di aver agito senza colpa poiché aveva identificato il cliente sia a mezzo di carta d’identità sia a mezzo tessera del codice fiscale ponendo in essere tutti i controlli cui è tenuto un operatore bancario in presenza di richiesta di apertura di conto corrente e di versamento di assegno circolare.
3.- RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello censurando la sentenza di primo grado poiché il giudice erroneamente aveva ritenuto che RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avesse assolto all’onere probatorio che le incombeva a proposito di aver agito con la necessaria diligenza nel caso di specie, in quanto (a) l’incasso del titolo era avvenuto a mezzo di versamento sul libretto di risparmio acceso lo stesso giorno di presentazione del titolo, (b) ciò era avvenuto ad opera di un soggetto che era stato identificato a mezzo di un solo documento di identità non potendo considerarsi tale il tesserino del codice fiscale (che non era registrato presso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate, come sarebbe stato facilmente accertabile), (c) che la carta d’identità prodotta in fotocopia non consentiva di verificare l’eventuale
contraffazione del documento, contraffazione che il giudice di prima cure aveva escluso senza adeguata motivazione.
La Corte d’Appello di Venezia con la sentenza resa il 5.10.2020, ha accolto l’appello, riformando la sentenza di primo grado.
In proposito la Corte territoriale -dopo aver escluso l’ammissibilità della ulteriore allegazione relativa alla violazione da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE indicazioni contenute nella circolare ABI 7.5.2001 in quanto nuova, ha ritenuto che nella specie la dedotta osservanza, da parte dell’appellata, della normativa in materia di identificazione, non poteva considerarsi sufficiente al fine di ritenere assolto l’onere incombente su RAGIONE_SOCIALE circa la prova liberatoria della responsabilità contrattuale addebitata; e ciò in quanto il soggetto che ha proceduto alla negoziazione ed incasso del titolo non era cliente né era conosciuto presso l’ufficio postale di Desenzano, ove il medesimo aveva aperto un libretto a risparmio contestualmente alla presentazione dell’assegno. Dette anomale circostanze dell’incasso, unite alla particolare natura dell’assegno negoziato, avrebbero dovuto indurre a verifiche più approfondite, quali l’accertamento della regolarità della carta d’identità mediante consultazione del Comune o anche, più semplicemente, la verifica presso RAGIONE_SOCIALE della regolarità del codice fiscale, che pure la negoziatrice aveva richiesto in sede di identificazione.
5.- Avverso detta sentenza, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso, affidandolo a cinque motivi di cassazione. Ha resistito, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONE_SOCIALE italiane ha depositato nei termini memoria ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Va premesso che i motivi di ricorso non sono inammissibili come reputa la controricorrente -perché il ricorrente non ha indicato in rubrica a quale tra le tipiche e vincolate ipotesi di
cassazione della decisione vadano ricondotte le censure articolate, in quanto detti motivi sono comunque riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad uno dei cinque motivi di impugnazione previsti dall’art. 360, comma 1 c.p.c. , in tal caso all’art. 360 comma.1 n. 3, ciò in conformità all’orientamento di questa Corte per cui «pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di uno dei predetti motivi, è indispensabile che le censure individuino con chiarezza i vizi prospettati, tra quelli inquadrabili nella tassativa griglia normativa (Cass. Sez. U. 8 novembre 2021, n. 32415).
2.-Il primo motivo di ricorso censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 RAGIONE_SOCIALE c.d. preleggi al c.c. in relazione all’articolo 43 del R.D. n. 1736/33 poiché la Corte avrebbe affermato che quest’ultima norma prescrive alla banca negoziatrice, oltre o in aggiunta all’obbligo di verifica dell’identità personale del legittimato cartolare, « un obbligo professionale di protezione operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione » accollandole, così un obbligo preter legem .
2.1- Il motivo è infondato poiché la Corte ha semplicemente richiamato il principio di diritto consolidato ed affermato nella sentenza di questa Corte a S.U. n. 12477/2018 (che sul punto riproduce Cass. S.U. 14712/2007) onde risolvere il contrasto giurisprudenziale interno sulla natura contrattuale o extracontrattuale della responsabilità della banca negoziatrice di un assegno di traenza, sicchè neppure coglie che la ratio decidendi che sorregge la sentenza sul punto non attiene alla violazione dell’ art. 43 predetto, bensì alla violazione dell’art. 1176 comma 2 c.c., dunque la diligenza esigibile nel caso concreto.
Il secondo motivo di ricorso censura la violazione degli artt. 1173, 1174, 1324 e 1346 c.c., nella parte in cui la Corte ha ritenuto che vada valutato « se la mera osservanza della consueta
procedura di identificazione di un nuovo cliente possa ritenersi sufficiente », e ciò in considerazione del fatto che l’articolo 1346 c.c. prescrive che l’oggetto del contratto deve essere determinato, onde la prestazione dovuta dalla negoziatrice di un titolo di traenza cui va commisurato l’inadempimento ex articolo 1218 c.c. consiste soltanto nella verifica della legittimazione cartolare del portatore, ovvero dell’dentità del creditore in base alle risultanze dell’assegno, mentre « sostenere che la negoziatrice debba effettuare altre, diverse e indefinite prestazioni » a tal fine, significherebbe « violare il requisito della determinatezza ex art. 1346 c.c. degli obblighi contrattuali » già fissati dall’art. 43 L.A.
3.1 Il motivo è inammissibile poiché non si confronta con la ratio decidendi. Questa si fonda -come dettosulla violazione dell’art. 1176 comma 2 c.c., ovvero sul fatto che la negoziatrice nella specie non avrebbe assolto all’onere probatorio che le competeva -vista la natura contrattuale della responsabilità addebitata – circa la non imputabilità dell’inadempimento contestato, e quindi non avrebbe provato di aver adempiuto alla obbligazione che le incombeva con la diligenza dovuta che è quella connessa alla sua qualità di « operatore professionale tenuto a rispondere del danno anche in ipotesi di colpa lieve» , come stabilito da Cass. S.U. n 12477/2018 (e ribadito da innumerevoli pronunce di questa Corte). Il motivo del ricorrente attinge, invece, all’interpretazione del contratto e del suo oggetto (1346 c.c. che peraltro il ricorrente confonde con la prestazione che dal contratto sorge, ex art. 1173 e 1174 c.c.) che nulla ha a che vedere con la valutazione dell’elemento soggettivo alla base dell’inadempimento contrattuale vagliato nella sentenza gravata.
4.- Con il terzo motivo e con il quarto motivo il ricorrente deduce:
la «violazione dell’art. 13 co.4 D.L. n. 625/1979 («Misure urgenti per la tutela dell’ordine democratico e della sicurezza
pubblica», ndr ), dell’ art. 6 co.1e 3 D.M. n. 142/2006 («Regolamento in materia di obblighi di identificazione e di conservazione RAGIONE_SOCIALE informazioni per gli intermediari finanziari previsto dall’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 56, recante attuazione della direttiva 2001/97/CE in materia di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita’ illecite») e dell’art. 19 co.1 lett.a) D.Lgs n. 231/2007 («Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, nonchè della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione»,(terzo mezzo)
-la «violazione ancora dell’art. 13 co.4 D.L. n. 625/1979, dell’ art. 6 co.1e 3 D.M. n. 142/2006 oltre alle falsa applicazione dell’art. 38 co.6 D.L. n. 78/2010 («Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica» che, tra l’altro, all’art. 19 ha reso accessibili il codice fiscale registrato nell’Anagrafe tributaria ed i dati anagrafici ad esso correlati, ndr )», (quarto mezzo).
Reputa, cioè, la ricorrente che la Corte abbia errato nel ritenere che le peculiarità del contesto dell’operazione di negoziazione dovesser indurre l’operatore ad una verifica più approfondita (che poteva andare dall’accertamento della regolarità della carta d’identità alla verifica presso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate della regolarità del codice fiscale) poiché l’articolo 43 L.A. « rimanda ad atti e fatti amministrativi tutti tassativamente normati in sede strettamente legislativa »; per cui -sostiene il ricorrente – una volta che la banca negoziatrice ha provato di aver correttamente identificato il cliente nei modi e nei tempi previsti anche dalle legge speciali citate, vale a dire con un documento idoneo e non scaduto « constatandone l’assenza di visibili falsificazioni e la rispondenza del nome riportatovi con quello del creditore risultante dal titolo, altro non
può esserle chiesto »; ed in particolare « non le si può rimproverare ex articolo 1176 comma 2 c.c. il fatto che la persona che ha così correttamente identificato non sia anche il titolare del diritto in base al rapporto sostanziale sottostante il titolo» .
4.1- I motivi, attenendo entrambi alla questione della sufficienza o meno dell’identificazione del prenditore che sia avvenuta come nella specie – per mezzo di un solo documento idoneo (carta NUMERO_DOCUMENTO‘NUMERO_DOCUMENTO) agli effetti di ritenere assolta diligentemente la prestazione di negoziazione del titolo di traenza non trasferibile, possono essere trattati insieme, e lo scrutinio della ragione di censura va opportunamente preceduto da una ricognizione dei principi di legittimità consolidati in materia.
4.2- Sul punto occorre ricordare che:
le S.U. con la sentenza n. 12477 del 2018 hanno ribadito (richiamando la precedente sentenza RAGIONE_SOCIALE stesse Sezioni Unite n. 14712 del 2007) il principio secondo cui la responsabilità della banca negoziatrice per avere consentito, in violazione RAGIONE_SOCIALE specifiche regole poste dall’art. 43 r. d. n. 1736/33, l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, ha – nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, abbiano sofferto un danno natura contrattuale, avendo la banca un obbligo professionale di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto), operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione, di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso;
le S.U. citate hanno, altresì, chiarito: (a) che lo scopo della clausola di intrasferibilità consiste non solo nell’assicurare all’effettivo prenditore il conseguimento della prestazione dovuta, ma anche e soprattutto nell’impedire la circolazione del titolo; (b)
che, al fine di sottrarsi alla responsabilità, la banca è tenuta a provare di aver assolto alla propria obbligazione con la diligenza dovuta, che è quella nascente, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, cod. civ., dalla sua qualità di operatore professionale, tenuto a rispondere anche in ipotesi di colpa lieve.
A detti principi nella specie la Corte d’Appello si è attenuta.
4.3 – Va ancora ricordato che, quanto alla interpretazione e applicazione in concreto dell’art. 1176 comma 2 c.c., con giurisprudenza consolidatasi dopo Cass. sent. 34107/2019 e Cass. sent. 34108/2019 (cfr. tra le tante, Cass. 3649/20121, Cass. n. 15934/2022; Cass. n. 15932/2022; Cass. n. 15833/2022; Cass. n. 15818/2022; Cass. n. 15651/2022; Cass. n. 15643/2022; Cass. n. 15642/2022; Cass. n. 15638/2022; Cass. n. 15616/2022; Cass. n. 14129/2022; Cass. n. 13969/2022, Cass. n. 26866/22, Cass. n. 12861/2023 Cass. 35755/2023, Cass. 11145/2024) questa Corte ha affermato, che, avuto riguardo alla natura di clausola generale dell’art. 1176, comma 2, cod. civ. – nella sua accezione di «norma elastica» integratrice del contenuto contrattuale – il giudizio di diligenza professionale riferito alla banca negoziatrice di un assegno di traenza che compie il giudice di merito per integrare il parametro generale contenuto nella predetta «norma elastica», costituisce una vera e propria attività di interpretazione della norma (e non mera attività di ricostruzione del fatto) in quanto così facendo il giudice dà concretezza a quella «parte mobile» della norma stessa che il legislatore ha voluto tale perché potesse essere adeguata ad un determinato contesto storico-sociale, ovvero a determinate situazioni non esattamente ed efficacemente specificabili a priori (cfr. Cass. n. 8047/2019 ed in senso sostanzialmente conforme le più recenti, già citate);
in quanto giudizio «di diritto», quindi, la valutazione compiuta dal giudice di merito della diligenza dell’ente negoziatore è censurabile in sede di legittimità, ai sensi dell’articolo 360, comma
1, n. 3 cod. proc. civ., quando si ponga in contrasto con i « principi dell’ordinamento, come espressi dalla giurisprudenza di legittimità, e dagli “standards” valutativi esistenti nella realtà sociale che, concorrendo con detti principi, compongono il diritto vivente » (cfr. Cass. n. 3645/99, Cass. 30939/18, richiamate da Cass. 34107/19 cit.), sempre che la contestazione non si limiti ad una censura generica e meramente contrappositiva, ma contenga, invece, una specifica denuncia di incoerenza rispetto a quegli standards , conformi ai valori dell’ordinamento (cfr. Cass. nn. 15638, 15643, 15651, 15818, 16781 e 16782 del 2022, e Cass. n. 12861/2023, Cass. 11145/2024).
In altre parole, spetta al giudice del merito la ricostruzione del «fatto storico», vale a dire la ricostruzione degli accadimenti nei quali si risolve e si sostanzia la vicenda sottoposta al vaglio giudiziale; ma una volta ricostruito il «fatto storico», la valutazione compiuta dal giudice di merito su quest’ultimo, al fine di attribuire o negare a quel fatto l’idoneità a giustificare la sussistenza dell’inadempimento colpevole, in applicazione dell’art. 1176 comma 2 c.c., integra un giudizio di diritto, ovvero un’attività di integrazione giuridica della norma, a cui viene data concretezza ai fini del suo adeguamento ad un determinato contesto storicosociale.
Come tale detta valutazione è sindacabile in sede di legittimità nei termini predetti.
4.4Venendo, dunque, alla fattispecie qui all’esame della Corte, si deve concludere che i motivi di ricorso sono fondati.
4.5 RAGIONE_SOCIALE ha censurato l’interpretazione della Corte d’Appello dell’art. 1176, comma 2, cod. civ., e quindi della diligenza impiegata nella specie nell’identificazione del prenditore di assegno di traenza, per contrasto con le norme del nostro ordinamento, e, segnatamente, con la legislazione speciale che ha provveduto ad indicare in modo specifico; e ciò in quanto il giudice
di merito di secondo grado ha ritenuto sussistente il profilo della colpa della negoziatrice per aver ritenuto insufficienti le operazioni di verifica dell’identità compiute a mezzo di un unico documento di identificazione, dal momento che il soggetto che ha proceduto alla negoziazione ed incasso non era cliente nè era conosciuto presso l’ufficio postale di Desenzano, ove il medesimo aveva aperto un libretto a risparmio contestualmente alla presentazione dell’assegno. Dette anomale circostanze dell’incasso, unite alla particolare natura dell’assegno negoziato, avrebbero dovuto indurre -secondo la Corte di merito – a verifiche più approfondite, quali l’accertamento della regolarità della carta d’identità mediante consultazione del Comune o anche, più semplicemente, la verifica presso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della regolarità del codice fiscale, che la negoziatrice aveva richiesto in sede di identificazione.
Tuttavia, in ragione dei principi dell’ordinamento qui invocati (che richiamano l’art. 35 del D.P.R. 445/2000 per cui ogni documento « di riconoscimento, purché munito di fotografia e di timbro o di altra segnatura equivalente, rilasciate da un’amministrazione dello Stato » è idoneo all’identificazione ed equipollente alla carta d’identità), nonché degli “standards” valutativi esistenti nella realtà sociale all’epoca dei fatti (2005), e del fatto che, secondo la stessa ricostruzione del fatto che emerge dalla sentenza gravata, non risulta che il titolo presentasse alcun segno di alterazione o contraffazione -va ribadito (cfr. Cass. 15616/2022 e 15934/2022, n. 12861/2023) che le particolari circostanze valorizzate dal giudice di merito e che, a suo avviso, avrebbero dovuto indurre RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ad un controllo più accurato nella identificazione del beneficiario dell’assegno (portatore del titolo non noto all’ufficio, concomitanza dell’apertura del libretto postale con la negoziazione dell’assegno) non sono idonee ad imporre prudenzialmente ulteriori accertamenti in sede di identificazione del prenditore/presentatore dell’assegno di
traenza: l’accertamento presso l’anagrafe del comune dichiarato di residenza, o della regolarità del codice fiscale ritenuti necessari dalla Corte territoriale nella specie, costituendo oggetto di un controllo la cui doverosità non è rintracciabile ne’ nell’ordinamento positivo né negli standards valutativi di matrice sociale (quantomeno nel contesto temporale specifico connotato dall’assenza di un sistema informatizzato che renda possibile la verifica in tempo reale dell’autenticità del documento di identità esibito dall’interessato).
4.6- Perciò la sentenza va cassata sul punto e rinviata alla Corte d’appello di Brescia, affinchè, nel riesaminare i fatti e la domanda, faccia applicazione dei predetti principi di diritto.
5.- Il quinto motivo di cassazione, che riguarda la violazione degli artt. 1 e 4 RAGIONE_SOCIALE Preleggi in quanto la Corte ha ritenuto inammissibile la ragione d’appello, sollevata solo in conclusionale, circa la mancata osservanza RAGIONE_SOCIALE indicazioni contenute nella circolare ABI, e non l’ha invece respinta sul piano sostanziale, considerando che essa non ha natura precettiva agli effetti dell’identificazione, è inammissibile per difetto di interesse poiché il ricorrente mira ad un risultato che non ha alcun effetto pratico rispetto alla decisione gravata, non essendo il giudizio di legittimità sulla sentenza o sul procedimento posti a tutela di un interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, bensì a garanzia dell’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal ricorrente in relazione alle domande o eccezioni proposte, come affermato da questa Corte con orientamento consolidato (Cass. n. 12678/20,n. 26262/2018, 20689/2016, 23958/2015).
Parimenti inammissibile il sesto motivo di ricorso che riguarda la violazione dell’art. 115 c.p.c e dell’art. 2697 c.p.c. perché non si confronta con la ratio decidendi, la quale non si fonda sulla non contestazione dei fatti dedotti da RAGIONE_SOCIALE che la ricorrente afferma, invece, aver contestato (ovvero che il prenditore non
fosse il legittimo beneficiario e che il documento d’identità recasse tracce di falsificazione), ma semplicemente richiama la circostanza che RAGIONE_SOCIALE non aveva preso posizione sull’attestazione negativa del Comune di residenza e sul responso dell’ Agenzie RAGIONE_SOCIALE entrate, invocati da RAGIONE_SOCIALE all’esito RAGIONE_SOCIALE verifiche compiute.
7.Il ricorso va perciò accolto limitatamente ai motivi terzo e quarto, e la sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso; dichiara inammissibili il primo, il secondo, il quinto e il sesto motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10/07/2024.