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Diligenza banca assegno: quando basta un solo documento?

Una compagnia assicurativa ha citato in giudizio un operatore finanziario per il pagamento di un assegno non trasferibile a un soggetto non legittimato. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19342/2024, ha chiarito i limiti della diligenza della banca nell’assegno. Ha stabilito che l’identificazione del presentatore tramite un solo documento d’identità valido, in assenza di evidenti segni di falsificazione, è sufficiente a escludere la colpa dell’operatore, anche in presenza di circostanze come l’apertura contestuale di un conto. La Corte ha ritenuto eccessiva la pretesa di verifiche ulteriori, come controlli anagrafici o presso l’Agenzia delle Entrate, annullando la decisione di secondo grado.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Bancario, Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Diligenza banca assegno: la Cassazione fissa i limiti dei controlli

L’ordinanza n. 19342 del 15 luglio 2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto bancario: la diligenza della banca nell’incasso di un assegno non trasferibile. La decisione chiarisce fino a che punto un operatore finanziario debba spingersi nei controlli per identificare il presentatore del titolo, specialmente in circostanze considerate ‘anomale’. La sentenza stabilisce che, in assenza di palesi irregolarità, l’identificazione tramite un valido documento d’identità è sufficiente, senza la necessità di ulteriori e più complesse verifiche.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da una compagnia di assicurazioni contro un operatore finanziario. La compagnia lamentava l’illegittima negoziazione di un assegno circolare non trasferibile, da essa emesso, che era stato incassato da un soggetto non legittimato. Quest’ultimo, per poter incassare il titolo, aveva aperto un libretto di risparmio presso l’operatore finanziario lo stesso giorno in cui aveva presentato l’assegno, identificandosi tramite carta d’identità e tessera del codice fiscale.

Il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda, ritenendo che l’operatore avesse agito senza colpa, avendo effettuato tutti i controlli standard. La Corte d’Appello, invece, aveva riformato la sentenza, condannando l’operatore. Secondo i giudici di secondo grado, le circostanze ‘anomale’ del caso (soggetto non cliente che apre un conto e versa contestualmente un assegno) avrebbero dovuto indurre l’operatore a svolgere verifiche più approfondite, come consultare il Comune di residenza per la validità della carta d’identità o l’Agenzia delle Entrate per il codice fiscale. Contro questa decisione, l’operatore finanziario ha proposto ricorso in Cassazione.

La Valutazione della diligenza della banca nell’assegno secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’operatore finanziario, cassando la sentenza d’appello. Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 1176, comma 2, del codice civile, che disciplina la diligenza del professionista. La Corte ha stabilito che la valutazione della diligenza deve essere ancorata agli ‘standard’ normativi e sociali esistenti al momento dei fatti (in questo caso, il 2005).

I giudici supremi hanno chiarito che la responsabilità della banca per il pagamento di un assegno non trasferibile a persona diversa dal beneficiario ha natura contrattuale. Di conseguenza, per liberarsi da tale responsabilità, la banca deve provare di aver agito con la diligenza richiesta, che è quella dell’operatore professionale accorto. Tuttavia, questo standard non può essere esteso fino a imporre obblighi ‘preter legem’, ovvero non previsti dalla legge.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse errato nell’imporre all’operatore finanziario oneri di verifica eccessivi. Secondo la Cassazione, le circostanze valorizzate dai giudici di merito – il fatto che il presentatore non fosse cliente e l’apertura contestuale di un rapporto – non sono di per sé sufficienti a imporre controlli supplementari e gravosi come la verifica presso l’anagrafe comunale o quella tributaria. Questo soprattutto considerando che, all’epoca dei fatti, non esistevano sistemi informatici per una verifica in tempo reale e che il documento d’identità presentato non mostrava segni visibili di contraffazione.

La Cassazione ha richiamato il D.P.R. 445/2000, secondo cui un documento di riconoscimento munito di fotografia è idoneo all’identificazione. Pertanto, aver verificato l’identità del presentatore tramite un documento formalmente valido e in assenza di palesi alterazioni costituisce un adempimento diligente dell’obbligo di identificazione. Imporre ulteriori controlli significherebbe creare un onere sproporzionato, non previsto da alcuna norma e non giustificato dagli standard operativi del tempo.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza fornisce un importante punto di riferimento per definire i confini della diligenza della banca nell’assegno. La Corte di Cassazione ribadisce che la diligenza professionale deve essere valutata con concretezza, tenendo conto del contesto normativo e tecnologico del momento. Non si possono imporre retroattivamente agli intermediari obblighi di controllo che all’epoca dei fatti non erano né legalmente richiesti né tecnicamente agevoli.

In conclusione, la sentenza afferma un principio di ragionevolezza: la banca adempie al suo dovere di diligenza se identifica il cliente con un documento valido e senza alterazioni evidenti. Le cosiddette ‘circostanze anomale’, se non accompagnate da concreti e specifici indizi di frode, non possono da sole far sorgere un obbligo di compiere indagini complesse e non normate, che andrebbero a gravare eccessivamente sull’operatività del sistema dei pagamenti.

È sufficiente un solo documento per identificare chi incassa un assegno non trasferibile?
Sì, secondo questa ordinanza, l’identificazione compiuta a mezzo di un unico documento di riconoscimento valido (come la carta d’identità), purché munito di fotografia e non palesemente contraffatto, è sufficiente a soddisfare l’obbligo di diligenza dell’operatore finanziario, in linea con gli standard normativi e sociali dell’epoca dei fatti.

Cosa si intende per ‘circostanze anomale’ che potrebbero richiedere controlli aggiuntivi?
La Corte d’Appello aveva identificato come ‘anomale’ circostanze quali il fatto che il soggetto non fosse cliente e avesse aperto un libretto di risparmio contestualmente alla presentazione dell’assegno. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha stabilito che queste circostanze, da sole, non sono idonee a imporre prudenzialmente ulteriori e più approfonditi accertamenti, come la verifica presso il Comune o l’Agenzia delle Entrate.

La banca è sempre responsabile se paga un assegno alla persona sbagliata?
No, non sempre. La responsabilità della banca è di natura contrattuale e si fonda sulla colpa. Per essere esente da responsabilità, la banca deve provare di aver agito con la diligenza professionale richiesta dall’art. 1176, comma 2, c.c. Se la banca dimostra di aver correttamente identificato il presentatore secondo le norme e gli standard vigenti, e in assenza di evidenti indizi di frode, può essere liberata dalla responsabilità per l’errato pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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