Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4005 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 4005 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto
Dott. NOME COGNOME – Presidente
VENDITA
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 30/01/2024 P.U.
Dott. NOME COGNOME
NOME. Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
SENTENZA
sul ricorso 28780-2020 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1976/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 24/07/2020.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 30/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Udito il Sostituto Procuratore generale in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati NOME COGNOME per la ricorrente e NOME COGNOME per il controricorrente che hanno concluso come da rispettivi atti.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME citava in giudizio NOME COGNOME deducendo di aver acquistato con atto di compravendita del 28 novembre 2011 la piena proprietà dell’immobile sito in INDIRIZZO INDIRIZZO, per un importo di euro 860.000 e di aver riscontrato, successivamente all’acquisto, che lo stato di fatto dell’immobile compravenduto così come descritto nell’atto di rogito e raffigurato nella mappa catastale ad esso allegato, era difforme da quello risultante dalla scheda catastale nella planimetria allegata all’ultimo titolo abitativo depositato in Comune. L’attore deduceva di aver esperito anche ricorso ex artt. 697 e 697 bis c.p.c. e che nell’ambito del procedimento di accertamento tecnico preventivo era stato chiamato in causa anche il dante causa della convenuta e, in tale sede, era emerso che con sottoscrizione di una scrittura privata tra la convenuta e la sua dante causa, quest’ultima aveva reso edotta la COGNOME delle lamentate difformità urbanistiche, convenendo che era onere di quest’ultima procedere alla loro regolarizzazione.
Il NOME chiedeva la corresponsione della somma di euro 73.210 per l’effettuazione dei lavori necessari a r endere l’immobile rispondente alle destinazioni d’uso riportat e nella scheda catastale nel rispetto delle norme vigenti o in via subordinata per accertare e far dichiarare la nullità dell’atto di compravendita immobiliare con obbligo di restituzione del prezzo corrisposto all’atto di acquisto oltre al risarcimento dei danni.
Si costituiva in giudizio NOME COGNOME resistendo alle domande avverse.
Il Tribunale rigettava le domande attoree.
NOME COGNOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
La C orte d’ Appello di Milano accoglieva il gravame e condannava NOME COGNOME a corrispondere € 73.210 a titolo di risarcimento per le spese relative all’esecuzione dei lavori necessari a vendere l’immobile quanto più possibile rispondente alle destinazioni d’uso riportat e nella scheda catastale; € 6000 quale onere economico per spese di abitazione e trasloco dei mobili per il tempo necessario all’esecuzione dei lavori ; € 199.000 a titolo di minor valore dell’immobile compravenduto ed € 2680 a titolo di sanzione amministrativa per violazione di norme urbanistiche. In particolare, la Corte, dopo aver escluso la nullità della compravendita, riteneva che le lamentate irregolarità edilizie quali vizi della cosa non impedivano una diversa qualificazione giuridica della domanda, dovendosi applicare l’articolo 14 89 del codice civile. A tale riqualificazione giuridica conseguiva l’applicazione della prescrizione decennale dei diritti dell’attore in luogo di quella annuale prevista dall’articolo 1495 c.p.c. e , quindi, l’accoglimento
delle domande proposte di riduzione del prezzo di acquisto e del risarcimento del danno quale conseguenza dell’inadempimento della controparte. Infatti, la consulente tecnica aveva evidenziato che l’immobile sviluppato su quattro piani presentava irregolarità urbanistiche, riguardanti in particolare il piano interrato, di metri quadri 20,25 adibito a cucina, e del sottotetto (quarto piano) di metri quadri 25,20 adibito a stanza da letto oltre al bagno con altezza del tutto insufficiente. Di tali difformità di natura edilizia riconducibili ad una diversa distribuzione degli spazi interni rispetto a quanto riportato nell’unico progetto depositato dalla precedente proprietaria, il CTU aveva quantificato in € 73.210 i costi resi necessari a vendere l’immobile rispondente alle destinazioni d’uso e in € 199.071 il minor valore per le difformità urbanistiche non emendabili. In particolare, con riferimento alla cantina e alla soffitta.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
All’adunanza camerale del 26 ottobre 2021, il collegio vista la proposta di decisione formulata ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., di manifesta infondatezza del ricorso, riteneva che non vi fosse evidenza decisoria e rimetteva la decisione alla pubblica udienza.
In prossimità dell’odierna udienza e ntrambe le parti con memoria hanno insistito nelle rispettive richieste.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo di ricorso si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto applicabile l’art. 1489 c.c.
In particolare, la ricorrente lamenta che le difformità edilizie rinvenute nell’immobile compravenduto siano state qualificate come oneri e diritti altrui gravanti sulla cosa e non come vizi e pertanto assoggettate alla prescrizione decennale. La Corte d’appello non avrebbe tenuto conto che dette difformità non limitano il libero godimento del bene e, dunque, non dovrebbe trovare applicazione l’articolo 1489 c.c.
Infatti, le discrepanze catastali rispetto al progetto iniziale non determinerebbero una destinazione d’uso incompatibile con quella originaria . L’immobile venduto non si sarebbe rilevato inidoneo all’uso di abitazione per il quale era stato acquistato e l’inagibilità riguarderebbe solo il piano interrato e l’ultimo piano , il che non comporta la nullità dell’atto .
Inoltre, NOME COGNOME in qualità di compratore era a conoscenza dell’irregolarità urbanistica dell’immobile. D’altra parte , nel contratto preliminare l’unità immobiliare era stata venduta a corpo e non a misura nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava, infatti, al contratto preliminare al rogito erano allegate le planimetrie dell’immobile e , dunque, il COGNOME poteva conoscere anche le altezze dei piani dello stabile. Inoltre, non sarebbe provato il potere repressivo della pubblica amministrazione rispetto alle irregolarità o difformità edilizie.
In conclusione, nella specie troverebbe applicazione l’articolo 1490 c.c. e dunque l’applicazione della prescrizione annuale per la violazione articolo 1495 in luogo di quella decennale ex articolo 1489 c.c.
2. Il motivo di ricorso è fondato.
La Corte d’Appello ha fatto applicazione dell’art. 1489 c.c. evidenziando che la venditrice ha garantito espressamente la piena libertà dell’immobile da iscrizioni pregiudizievoli come da oneri e pesi di sorta e che, in tal caso, l’acquirente può fare affidamento nella dichiarazione resa dal venditore con la conseguenza che se tale dichiarazione non è veritiera quest’ultimo è responsabile tanto se i pesi sul bene erano dalla controparte facilmente conoscibili, quanto, a maggior ragione, se essi non erano apparenti (Sez. 2, Sentenza n. 976 del 19/01/2006).
La giurisprudenza di questa Corte, tuttavia, ha temperato il suddetto principio precisando che esso non operi allorquando la dichiarazione del venditore che il bene compravenduto è libero da oneri o diritti reali o personali di godimento trovi diretta ed immediata smentita nel modo d’essere del bene percepibile attraverso i sensi, risultando gli oneri o diritti da opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, poiché, in questo caso, non opera il principio dell’affidamento ed il compratore deve subire le conseguenze della sua negligenza (Sez. 2, Sent. n. 14289 del 2018 -RV. 648837; Sez. 2 Sent. n. Sez. 2, Sent. n. 8500 del 2013 – Rv. 626150). In tal caso, non trova applicazione il principio dell’affidamento nell’altrui dichiarazione secondo cui il compratore, nel rispetto del canone della buona fede, ha il diritto di stare alle dichiarazioni dell’alienante.
Inoltre, si è anche precisato che: «In tema di vendita di cosa gravata da diritti o da oneri non apparenti e non dichiarati nel contratto che ne diminuiscano il libero godimento, non può sottrarsi
alla garanzia prevista dall’art. 1489 c.c. il venditore di un immobile non conforme alle norme urbanistiche che tali diritti o oneri abbia taciuti, salvo non dimostri che la controparte ne aveva effettiva conoscenza. Ai fini della condanna del detto venditore al risarcimento del danno non è necessaria la sua malafede, ma è sufficiente che questi versi in colpa» (Sez. 3, Ord. n. 14595 del 2020 – Rv. 658318).
Dalla sentenza non emerge alcuna indagine rispetto ad entrambi gli aspetti sopra richiamati, essendosi la Corte d’Appello limitata ad affermare che risultava pacifico e documentato dagli atti di causa che la COGNOME (venditrice) era a perfetta conoscenza della grave irregolarità urbanistica incidente sull’immobile , avendo redatto un accordo con la sua dante causa in base al quale si impegnava a regolarizzarle ottenendo un prezzo vantaggioso, senza alcuna valutazione rispetto alla effettiva conoscenza in capo alla parte acquirente, tenuto conto anche della tipologia delle difformità riscontrate.
Si impone pertanto la cassazione della sentenza impugnata in accoglimento dell’unico motivo proposto dalla ricorrente con rinvio alla Corte d’Appello , che in applicazione dei principi sopra riportati dovrà procedere ad un nuovo scrutinio al fine di valutare la conoscenza in capo alla parte acquirente delle irregolarità urbanistiche al fine di una corretta applicazione dell’art. 1489 c.c. .
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione