Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 34 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/01/2024
Oggetto
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOME COGNOME
Presidente
PROPRIETA’
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 07/12/2023
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Rel. Consigliere
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20438/2021 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente – nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in CATANIA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv.to COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO CATANIA n. 1206/2021 depositata il 31/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Sostituto Procuratore generale in persona della dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto di tutti i motivi di ricorso;
uditi gli avvocati NOME COGNOME per parte ricorrente e NOME COGNOME per i controricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno insistito nelle rispettive conclusioni di cui agli atti.
FATTI DI CAUSA
1. I coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio dinanzi il Tribunale di Catania, NOME COGNOME e il rappresentante legale della società RAGIONE_SOCIALE per ottenere una sentenza costitutiva degli effetti del contratto preliminare di compravendita dell’unità immobiliare sita in Riposto, facente parte del complesso edilizio sito sul terreno identificato al foglio 2 particelle 1098, 1099, 1100, 1092, 1093, 1097 contratto stipulato il 21 luglio 2007 e parzialmente modificato con scrittura privata del 24 ottobre 2008.
Gli attori deducevano di aver versato la complessiva somma di euro 496.500 e che l’immobile non era stato ancora completato per
cui chiedevano la condanna dei convenuti al pagamento delle somme necessarie a completare la villetta e ad acquisire la necessaria certificazione catastale nonché il risarcimento del danno dovuto al mancato godimento del bene.
Si costituivano i convenuti e chiedevano il rigetto della domanda evidenziando che il bene oramai era diverso rispetto a quello oggetto del preliminare.
Il Tribunale di Catania accoglieva la domanda attorea e trasferiva il bene immobile, condannava, inoltre, i convenuti in solido a pagare agli attori euro 61. 514 per completare l’immobile secondo le previsioni contrattuali, oltre ai danni derivanti dall’inadempimento.
NOME COGNOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
3.1 La società europea e RAGIONE_SOCIALE proponeva appello incidentale.
Gli originari attori resistevano all’appello chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
La C orte d’appello di Catania , accoglieva solo in parte l’appello principale proposto da NOME COGNOME in relazione alla condanna al pagamento delle forniture e della posa in opera dei materiali e confermava nel resto l’impugnata sentenza.
In particolare, la C orte d’ A ppello evidenziava che dall’articola ta e dettagliata consulenza tecnica era emerso che l’immobile era stato realizzato sulla base della concessione edilizia rilasciata il 22 maggio 2007 che era scaduta il 19 giugno 2010, non avendo il costruttore completato il fabbricato a quella data. Tuttavia, era possibile presentare richiesta di rinnovo della concessione, ai sensi
della l. n. 10 del 1977, vi erano, infatti, solo delle lievi difformità interne del fabbricato rispetto alle tavole di progetto iniziale e che tale difformità potevano essere regolarizzate con la presentazione di una variante in corso d’opera ai sensi dell’articolo 15 della l. n. 47 del 85 e dell’articolo 1 della legge regionale n. 37 del 85. Dunque, era possibile acquisire il nulla osta della soprintendenza per i beni ambientali e culturali con riferimento alle varianti che riguardavano le modifiche delle parti esterne ed era possibile regolarizzare le modifiche al progetto anche presso l’ufficio del genio civile, mediante l’avvio della procedura ex art. 110 della legge regionale n. 4 del 2003. Solo le difformità relative agli scarichi della cantina e del sottotetto non erano suscettibili di regolarizzazione mediante variante. Pertanto, conformemente a quanto affermato dal consulente, non vi era una variazione essenziale rispetto al progetto originario e, tantomeno, opere realizzate in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire.
L’unic a variante era quella dell’impianto idrico e di scarico che, tuttavia, poteva essere eliminata sicché, conformemente al giudice di primo grado, non poteva ritenersi sussistente una totale difformità, non essendo mai stati messi in servizio gli impianti e potendo gli stessi essere eliminati agevolmente. Non era dunque utilmente richiamabile l ‘ articolo 46 del d.p.r. n. 380 del 2001 e poteva procedersi alla sentenza ex articolo 2932 c.c. in luogo del preliminare. La società appellante incidentale deduceva altresì l’impossibilità di applicare l’articolo 2932 c.c. a seguito della mancata acquisizione in corso di causa della dichiarazione di coerenza catastale di cui alla legge n. 52 del 1985. Anche tale
doglianza non era fondata alla luce della pacifica non contestazione circa il fatto che la villetta oggetto del trasferimento era ancora in corso di costruzione e, dunque, doveva essere accatastata in un secondo momento dopo il completamento dell’immobile. La Corte poi esaminava i motivi di appello relativi alla ultrapetizione in relazione ad alcuni capi di condanna. Questa parte della sentenza non rileva nel presente giudizio non essendo oggetto di impugnazione.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
La società RAGIONE_SOCIALE ha resistito anch’essa con controricorso , ma in senso adesivo al ricorso principale e concludendo per il suo accoglimento.
Su proposta del relatore, ai sensi degli artt. 391-bis, comma 4, e 380-bis, commi 1 e 2, c.p.c., che ravvisava la manifesta inammissibilità o infondatezza del ricorso, il Presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte per la trattazione della controversia in camera di consiglio nell’osservanza delle citate disposizioni.
Il collegio all’esito dell’udienza camerale del 17 marzo 2022 ha rinviato la trattazione del ricorso alla pubblica udienza.
Entrambe le parti, con memoria depositata in prossimità dell’udienza, hanno insistito nelle rispettive richieste .
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione di legge per falsa e/o mancata applicazione dell’art. 2932 c.c. e dell’art. 12 comma 1, lett. a) della L.R. Sicilia n. 16/2016 in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c., nonché violazione di legge per mancata applicazione dell’art. 23 ter , comma 1, del D.P.R. n. 380/2001 in relazione all’art . 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Il ricorrente sostiene che non sia possibile procedere al trasferimento coatto ai sensi dell’art.2932 cod. civ. in quanto il bene immobile trasferito con la sentenza è del tutto diverso da quello che i promissari acquirenti si erano obbligati a traferire nel contratto preliminare di vendita sottoscritto in data 21 luglio 2007 come integrato dalla scrittura privata del 24 ottobre 2008.
Infatti, le modifiche apportate alla villetta rispetto al progetto originario hanno determinato un ” cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante” del piano interrato da “Cantina” a locale “abitabile” e del piano Locale Tecnico a locale “abitabile”, che rientrano nell’ambito degli interventi edilizi previsti nell’art.16, comma 1, lett. a) l. r. Sicilia n.16/2016 rubricato sotto il titolo “Variazioni essenziali”, avendo determinato un mutamento della destinazione d’uso che implica variazioni degli standard previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968.
Nel caso di specie, in considerazione del fatto che il cambiamento di destinazione d’uso è avvenuto tra categorie funzionalmente diverse rispetto alla destinazione d’uso originaria (cantina e locale tecnico vasche) prevista nella Concessione Edilizia n. AS- 0570 del 22 maggio 2007, il cambio di destinazione d’uso sarebbe possibile solo attraverso la presentazione del permesso di costruire, stante che tali interventi edilizi rientrano nell’ipotesi
normativa prevista nell’art.12, comma 1, lett a), della l.r. Sicilia n.16 del 2016 rubricato sotto il titolo “Variazioni Essenziali” che prevede tra le ipotesi di variazioni essenziali gli interventi consistenti nel mutamento della destinazione d’uso che implichi variazioni degli standard previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968.
In sostanza, secondo il ricorrente, le v el caso
di specie, la trasformazione del locale tecnico in locale abitabile nonché la trasformazione del locale cantina in locale abitabile, comportando un radicale mutamento di destinazione d ‘ uso, un mutamento di categoria edilizia, peraltro con aumento volumetrico e incremento del carico urbanistico, per espressa qualificazione di legge, costituirebbero ” mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante ” che per essere regolarizzati necessiterebbero del permesso di costruire.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione di legge per mancata applicazione dell’art. 46 e dell’art. 15 del DPR 380/2001 in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c.
Il giudice di merito nel disporre il trasferimento coatto dell’immobile in questione ai sensi dell’art.2932 cod. civ. avrebbe fatto erronea applicazione dell’art.46 del D.P.R. 380/2001 che richiede, a pena di nullità, anche che per ottenere la sentenza ex art.2932 cod. civ di un preliminare di vendita di un immobile la verifica della regolarità urbanistica del bene oggetto del preliminare.
Nel caso di specie, il CTU sotto il profilo della regolarità urbanistica ha evidenziato che il titolo edilizio era “scaduto” e che pertanto occorreva procedere prima alla richiesta di rinnovo della concessione edilizia scaduta e successivamente, alla presentazione di una variante in corso d’opera.
La decadenza del permesso di costruire, intervenuta per il superamento dei termini previsti per la realizzazione della costruzione, comporterebbe l ‘ impossibilità di realizzare la parte non eseguita dell’opera a suo tempo assentita e la necessità del rilascio di un nuovo titolo edilizio per le opere ancora da eseguire. (cfr. Consiglio di Stato 25/09/2019 n.6424).
3. La proposta di definizione ex art. 380 bis c.p.c. è stata la seguente: «Manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso. Con il primo motivo il ricorrente, allorché prospetta che ‘la trasformazione del locale tecnico in locale abitabile nonché la trasformazione del locale cantina in locale abitabile” (cosi ricorso, pag. 10), ha determinato un “mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante” (cosi ricorso, pag. 10), in realtà censura il giudizio “di fatto” cui ha atteso la Corte etnea. Nondimeno il giudizio di fatto operato dalla Corte di Catania (cfr. pagg.7-12) sulla scorta dell’articolata e dettagliata c.t.u. risulta esente da qualsivoglia forma di ‘anomalia motivazionale” rilevante alla luce della pronuncia delle sezioni unite n. 8053/2014 (la corte d’appello ha condiviso il giudizio espresso dal c.t.u. “di non essenzialità delle variazioni rispetto al progetto originario”: cfr. sentenza d’appello, pag. 8). Manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso. La censura veicolata dal secondo motivo di ricorso non si giustifica, siccome la corte d’appello ha dato atto che
dalla c.t.u. si evince che è possibile presentare richiesta di rinnovo della concessione edilizia (cfr. sentenza d’appello, pag. 7). Inammissibilità della richiesta di cassazione formulata dalla ”RAGIONE_SOCIALE.l Non risultano formulati motivi a sostegno di tale richiesta in ossequio alla previsione del n. 4 dell’art. 366 C.P.C. ».
4. Il Procuratore Generale ha concluso per l’infondatezza dei motivi poiché in realtà la Corte, sulla scorta della CTU espletata, ha accertato che le opere realizzate in difformità dal permesso di costruire, erano consistite in ‘modesti e limitati aumenti della superficie coperta di ciascun piano per pochi mq, assenza e/o diversa posizione dei tamponamenti interni e parziali modifiche delle aperture esterne’ ed ha disposto l’eliminazione degli allacci idrici e di scarico che avrebbero consentito l’abusiva t rasformazione dei locali cantina e sottotetto in vani abitabili (vedi pagg.9-11).
La Corte, secondo il P.G., si è dunque attenuta all’indirizzo giurisprudenziale, anche di recente confermato secondo cui: «In tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi dell’art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, non può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 cod. civ. non solo qualora l’immobile sia stato costruito senza licenza o concessione edilizia (e manchi la prescritta documentazione alternativa: concessione in sanatoria o domanda di condono corredata della prova dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione), ma anche quando l’immobile sia caratterizzato da totale difformità della concessione e manchi la sanatoria. Nel caso in cui, invece, l’immobile, munito di regolare concessione e di permesso di abitabilità, non annullati né revocati, abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia
della parziale difformità rispetto alla concessione (nella specie, per la presenza di un aumento, non consistente, della volumetria fuori terra realizzata, non risolventesi in un organismo integralmente diverso o autonomamente utilizzabile), non sussiste alcuna preclusione all’emanazione della sentenza costitutiva, perché il corrispondente negozio di trasferimento non sarebbe nullo ed è, pertanto, illegittimo il rifiuto del promittente venditore (nella specie, a sua volta acquirente dello stesso immobile in base a precedente rogito notarile) di dare corso alla stipulazione del definitivo, sollecitata dal promissario acquirente» (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20258 del 18/09/2009, Rv. 609669; in senso conforme, cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11659 del 14/05/2018, Rv. 648396).
Non ogni difformità urbanistica, pertanto, comporta l’impossibilità di emettere sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., ma soltanto la conclamata assenza del titolo autorizzativo dell’edificazione (licenza o concessione edilizia) o della documentazione alternativa (concessione in sanatoria o domanda di condono corredata dai prescritti allegati). La difformità parziale, infatti, non implica necessariamente la preclusione del rimedio di cui all’art. 2932 c.c., quando la divergenza sia solo parziale e non implichi la realizzazione di un manufatto totalmente diverso da quello autorizzato’ (Cass. civ. n° 7849/22, vedi anche Cass. civ. 11636/23).
Tutto ciò premesso, osserva il P.G. che il cambio di destinazione d’uso dei due locali in questione, peraltro , scongiurato dalle modifiche, in corso d’opera, imposte dalla sentenza e le modeste difformità ivi pure descritte, non sono tali da integrare la
violazione degli standards urbanistici di cui al DM 2/4/1968, poiché sono in linea con la destinazione residenziale dell’immobile, di cui non modificano le caratteristiche tipologiche e volumetriche.
Infine, quanto alla scadenza della concessione edilizia, sempre nelle conclusioni dell’ufficio di Procura, si legge che la Corte, con apprezzamento di fatto non suscettibile di sindacato in sede di legittimità, ha accertato che le opere ancora da completare sono suscettibili di regolarizzazione attraverso la segnalazione di inizio attività e relativa comunicazione a fine lavori con attestazione di un professionista (vedi pag. 8). Infatti al momento della pronuncia di primo grado, resa a seguito dell’udienza di precisazione delle conclusioni in data 12/02/2019, era entrata in vigore la legge della Regione Sicilia n° 16 del 2016 che ha disposto il ‘ Recepimento del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380’ e che all’art. 6 ‘Recepimento con modifiche dell’articolo 15 ‘Efficacia temporale e decadenza del permesso di costruire’ del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380′ stabilisce ‘ 1. Nel permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori. 2. Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo abilitativo e quello di ultimazione entro il quale l’opera deve essere comp letata non può superare tre anni dall’inizio dei lavori. I termini che precedono sono prorogati di due anni rispettivamente di inizio e ultimazione, previa comunicazione motivata dell’interessato da notificarsi prima della scadenza dei medesimi termini, a condizione che i lavori da eseguirsi non risultino in contrasto con nuovi strumenti urbanistici, approvati o adottati, salvo comunicazione
della dichiarazione di inizio lavori. 3. La proroga dei termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori è comunque accordata qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per iniziative dell’amministrazione o dell’autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate. 4. La realizzazione della parte dell’intervento non ultimata nel termine stabilito è subordinata al rilascio di nuovo permesso per le opere ancora da eseguire, salvo che le stesse non rientrino tra quelle realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività ‘.
L’art. 10 LR Sicilia, ‘Recepimento con modifiche dell’articolo 22 ‘Segnalazione certificata di inizio attività e denuncia di inizio attività’ del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380′ al comma 3 prevede che ‘Sono realizzabili media nte segnalazione certificata d’inizio attività e comunicate a fine lavori con attestazione del professionista, le varianti a permessi di costruire che non configurino una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate dopo l’acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore’.
Pertanto, non essendo necessario richiedere un nuovo permesso di costruire per le opere ancora da realizzare, non sussiste la preclusione di cui all’art. 46 D .P.R. 380/01 all’applicazione dell’art. 2932 c.c.
Il collegio condivide le conclusioni della proposta formulata ex art. 380 bis c.p.c. così come le conclusioni conformi del P.G.
Nel corso del giudizio di merito si è svolta una approfondita consulenza tecnica sulla cui base tanto il giudice di primo grado che la Corte d’Appello hanno fondato l’accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. degli originari attori evidenziando come nella specie non vi fossero gli estremi per considerare il bene non trasferibile.
Nella giurisprudenza di questa Corte il problema si è posto prevalentemente rispetto ai beni immobili costruiti in difformità dal permesso di costruire mentre nel caso in esame il promittente venditore ha sostenuto l’impossibilità di procedere alla domanda ex art. 2932 c.c. perché il bene promesso in vendita sarebbe diverso da quello realizzato e, dunque, di valore superiore (pag. 3 sentenza impugnata).
Si legge nella sentenza impugnata, infatti, che, secondo NOME COGNOME gli attori dopo la stipula dei patti aggiuntivi avrebbero chiesto alla società costruttrice di mutare la destinazione d’uso della cantina e dei locali siti al secondo piano trasformandoli in zona residenziale e a seguito delle modifiche apportate il valore dell’immobile sarebbe aumentato ad euro 1.002.200, sicché non avendo gli attori corrisposto le somme necessarie alla realizzazione delle modifiche richieste l’immobile non sarebbe stato completato e la mancata consegna sarebbe conseguente ad un accordo fra le parti per le difficoltà incontrate dagli attori nell ‘ eseguire i pagamenti.
5.1 Il COGNOME con l’appello ha poi dedotto che il bene immobile presentava delle irregolarità urbanistiche che lo rendevano non trasferibile.
5.2 Ciò precisato, deve osservarsi come la Corte d’Appello abbia fatto corretta applicazione dei principi di diritto che regolano la materia.
In particolare, la valutazione di sola parziale difformità del bene da trasferirsi rispetto a quello pattuito con il preliminare è corretta per quanto sopra evidenziato nella proposta e nelle conclusioni del P.G. con riferimento alla legislazione statale e regionale. Le variazioni effettuate in corso d’opera, peraltro, non hanno comportato variazioni essenziali ai sensi dell’art. 12 della legge regionale siciliana n. 16 del 2016 tali da rendere necessario un nuovo permesso di costruire alla scadenza di quello già rilasciato.
5.3 Il Collegio intende dare continuità al seguente orientamento consolidato: In tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi dell’art. 40 l. n. 47 del 1985, può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c. nel caso in cui l’immobile abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione (Sez. 2, Sent. n. 11659 del 14/05/2018, Rv. 648396 – 01).
Deve distinguersi, infatti, tra ipotesi di abuso relativo a beni immobili edificati o resi abitabili in assenza di concessione e alienati in modo autonomo rispetto all’immobile principale di cui in ipotesi facevano parte e abuso caratterizzato dalla circostanza che solo una parte di unità immobiliare già esistente abbia subito modifica o mutamento di destinazione d’uso.
D’altra parte anche le sezioni unite di questa Corte hanno confermato la suddetta distinzione evidenziando che: La nullità
comminata dall’art. 46 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dagli artt. 17 e 40 della l. n. 47 del 1985 va ricondotta nell’ambito del comma 3 dell’art 1418 c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità “testuale”, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile. Pertanto, in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato (Sez. U – , Sentenza n. 8230 del 22/03/2019, Rv. 653283 – 01).
Deve ribadirsi, pertanto, che nel caso l’irregolarità urbanistica non oltrepassi la soglia della parziale difformità dalla concessione può procedersi con l’accoglimento della domanda di una sentenza ex art. 2932 cod. civ., perché il corrispondente negozio di trasferimento non sarebbe nullo (Sez. 2, Sentenza n. 8081 del 07/04/2014).
5.4 Anche con riguardo alla necessità di indicare i dati catastali deve condividersi l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui l’accatastamento deve seguire al completamento dei lavori di costruzione e ciò, pertanto, non impedisce il trasferimento, non potendosi impedire la circolazione giuridica di immobili in costruzione.
Quanto alla impossibilità di identificare con esattezza il bene compravenduto deve richiamarsi il seguente principio di diritto: Ai fini della determinabilità dell’oggetto del contratto preliminare di compravendita immobiliare (e in funzione della conseguente adottabilità della pronuncia ex art. 2932 c.c.), è necessario avere riguardo all’ indicazione e descrizione degli elementi identificativi del bene che ne costituisce l’oggetto, restando irrilevanti eventuali successive modifiche dei dati catastali del bene stesso, in quanto elementi esterni non incidenti sulla relativa identificazione (Sez. 2 – , Sentenza n. 16078 del 28/07/2020, Rv. 658476 – 01). Infine anche con riferimento al mutamento di destinazione di uso del bene deve richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte che ha evidenziato come: In tema di esecuzione specifica di un contratto preliminare, il mutamento della destinazione urbanistica del terreno promesso in vendita (nella specie, da agricola ad edificatoria e residenziale), incidendo unicamente, senza mutarne la natura, sulla attitudine del bene ad una diversa utilizzazione o sfruttamento e, quindi, sulla utilità che da esso intende trarre il futuro proprietario, non costituisce ostacolo alla pronuncia ex art. 2932 c.c., a meno che non sia il promissario acquirente a dolersi della modifica (Sez. 2, Sent. n. 9314 del 2017).
6. Il controricorso della La RAGIONE_SOCIALE poiché contiene una autonoma domanda di annullamento della sentenza deve qualificarsi come ricorso incidentale e deve essere dichiarato inammissibile perché tardivo.
Questa Corte ha avuto modo più volte di ripetere che qualora un atto, anche se denominato controricorso, non contesti il ricorso principale ma aderisca ad esso, deve qualificarsi come ricorso
incidentale di tipo adesivo, con conseguente inapplicabilità dell’articolo 334 c.p.c. in tema di impugnazione incidentale tardiva; ciò non esclude che, nell’ipotesi di non contestazione del ricorso principale, quello incidentale possa contenere la richiesta di cassazione della sentenza impugnata per ragioni diverse da quelle fatte valere dal ricorrente in via principale, bastando in tal caso che il medesimo abbia rispettato per la sua proposizione il termine ordinario di impugnazione di cui agli artt. 327, comma 1, c.p.c. o, in caso di notifica della sentenza di cui all’art. 325 c.p.c ., (Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 2017;Sez. 3, Sent.n. 26505 del 1 7/12/2009 i precedenti richiamati riguardano solo il termine lungo ex art. 327, comma 1, c.p.c. ma il principio trova applicazione anche con riferimento al termine breve ex art. 325 c.p.c. in caso di notifica della sentenza impugnata alla parte che propone il controricorso adesivo al ricorso principale).
In altri termini, il ricorso incidentale, sostanzialmente adesivo al ricorso principale, proposto a tutela di un interesse della parte che sia da ritenere sorto non già per effetto dell’impugnazione altrui, non diretta contro di essa, ma in conseguenza della emanazione della sentenza, non si sottrae cioè all’onere dell’osservanza dei termini ordinari di impugnazione, con la conseguenza che, per tale tipo di ricorso, non trovano applicazione i termini previsti dall’articolo 334 c.p.c. per l’impugnazione incidentale tardiva (Cass. 21 marzo 2007, n. 6807, Cass. 21 gennaio 2014, n. 1120; Cass. 7 ottobre 2015, n. 20040).
Nel caso di specie la RAGIONE_SOCIALE chiede in accoglimento delle ragioni esposte nel controricorso di annullare la sentenza resa dalla Corte d’appello di
Catania e, nel l’ipotesi in cui fosse riconosciuta una qualche sua responsabilità, di ridurre il risarcimento del danno in relazione al grado di colpa a lei imputabile ed in proporzione agli effettivi danni riportati dai coniugi COGNOME scaturenti dalla mancata cessione della comproprietà della strada ad uso condominiale.
Si tratta, pertanto, di un controricorso da qualificarsi come ricorso incidentale adesivo a quello principale, essendo l’interesse alla proposizione del l’impugnazione sorto non già, neppure indirettamente, dalla proposizione del ricorso principale, bensì, con tutta evidenza, dalla pronunzia della sentenza.
Una volta chiarita la natura dell’atto come ricorso incidentale sostanzialmente adesivo deve affermarsi la sua tardività in quanto notificato alla controparte in data 29 settembre 2021 allorché era spirato il termine ordinario per proporre l’impugnazione tenuto conto che la sentenza impugnata è stata notificata alla B & RAGIONE_SOCIALE in data 31 maggio 2021.
Si tratta in definitiva di ricorso incidentale adesivo, cui non è applicabile l’articolo 334 c.p.c., e che è stato proposto dopo il decorso del termine per l’impugnazione.
Il ricorso principale è rigettato e quello incidentale adesivo è inammissibile.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
9 . Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e di quello incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale dichiara inammissibile quello incidentale e condanna NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE in solido tra loro al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della parte controricorrente che liquida in euro 8500 più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e di quello incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione