Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23165 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23165 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/08/2025
Oggetto
RETRIBUZIONE PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 12627/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 16/04/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 12627-2021 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
ASSESSORATO RAGIONE_SOCIALE DELLA REGIONE SICILIANA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 961/2020 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 25/11/2020 R.G.N. 530/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
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Con sentenza del 25 novembre 2020 la Corte d’Appello di Palermo, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Palermo, peraltro limitata alla rideterminazione in aumento della condanna risarcitoria già disposta in prime cure da 3 a 5 mensilità della retribuzione globale di fatto corrisposta, nell’ambito del giudizio promosso da NOME COGNOME nei confronti dell’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Sicilia, mentre accoglieva il capo della domanda volto all’accertamento della natura subordinata del rapporto intercorso tra le parti, stante la nullità dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa in virtù dei quali quel rapporto si era svolto, condannando l’Amministrazione, esclusa la conversione a tempo indeterminato del rapporto, al risarcimento del danno quantificato come sopra, rigettava il capo della domanda diretto ad ottenere le differenze retributive tra quanto corrisposto al COGNOME in base ai contratti illegittimamente stipulati e quanto spettantegli in ragione del l’inquadramento nella categoria D, posizione economica tabellare iniziale D3 di cui al vigente CCNL applicabile, parametrata ai valori medi della retribuzione di posizione e di risultato 20% o, in subordine, parametrata al valore minimo delle stesse indennità per il medesimo periodo.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondato il gravame proposto dal COGNOME tanto a fronte del rigetto della domanda relativa alla conversione del rapporto – risultando la pronuncia del primo giudice conforme all’orientamento accolto da questa Corte secondo cui la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni non può comportare la costituzione di rapporti a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni
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risultando la conversione vietata ai sensi dell’art. 97, comma 3, Cost. che sancisce la regola del pubblico concorso -, quanto riguardo alla domanda relativa al riconoscimento delle differenze retributive rispetto al trattamento proprio della categoria D, posizione economica D3, considerata dalla Corte territoriale, diversamente dal primo giudice, ritualmente introdotta in giudizio ai sensi dell’art. 2126 c.c., in quanto le voci retributive indicate quali determinanti le differenze richieste -retribuzione di posizione e retribuzione di risultato, competono al personale della categoria D solo ove sia stata loro conferita una posizione organizzativa o professionale.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, l’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Sicilia;
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del CCNL per il comparto Regioni e Autonomie locali relativo al quadriennio 2002/2005 biennio economico 2002/2003, lamenta a carico della Corte territoriale la contraddit torietà della motivazione dell’impugnata sentenza laddove, mentre riconosce non essere state contestate dall’Amministrazione le specifiche modalità di svolgimento del rapporto, esclude che le stesse diano titolo alla corresponsione delle voci retributive oggetto della domanda sulla base di non ben precisate norme contrattuali, senza tener conto della declaratoria contrattuale della categoria D, viceversa tale da sostenere la pretesa del ricorrente all’inquadramento rivendicato ed al relativo trattamento economico tale da includere le voci non percepite della retribuzione di risultato e della retribuzione di posizione.
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Con il secondo motivo, denunciando il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, il ricorrente ripropone la medesima censura di cui al motivo che precede sotto il profilo dell’omessa considerazione degli elementi in fatto attestanti, in virtù del principio di non contestazione, la spettanza dell’inquadramento rivendicato ed al relativo trattamento economico tale da includere le voci non percepite della retribuzione di risultato e della retribuzione di posizione.
Con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., il ricorrente imputa alla Corte territoriale l’omessa valutazione, motivazione e pronunzia in ordine agli elementi di fatto che assume provati in quanto non contestati, ribadendo la contraddittorietà della motivazione che assume viceversa carenti le allegazioni e prove dedotte dal ricorrente al fine di sostenere la spettanza dell’inquadramento rivendicato ed al relativo trattamento economico tale da includere le voci non percepite della retribuzione di risultato e della retribuzione di posizione.
Tutti gli esposti motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si rivelano inammissibili, non misurandosi le censure mosse con la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, data, non, come assume il ricorrente, dal diniego dello svolgimento di mansioni riconducibili alla categoria D, posizione economica iniziale D3, bensì dall’essere le voci della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato, cui sono limitate le qui rivendicate differenze retributive, non dovute, alla luce della disciplina contrattuale in materia di ‘posizioni organizzative e professionali’, al personale inquadrato nella categoria D che, come il ricorrente, stante la mancata allegazione e prova della contraria circostanza ravvisata dalla Corte territoriale e dal
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ricorrente non smentita, non è mai stato destinatario dei relativi incarichi di posizione organizzativa e professionale.
Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 6.000,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 16 aprile 2025
La Presidente
(NOME COGNOME