Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23783 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23783 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16779-2021 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 118/2021 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 23/02/2021 R.G.N. 657/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Differenze retributive
R.G.N. 16779/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 12/06/2025
CC
RILEVATO CHE
NOME COGNOME dipendente della società RAGIONE_SOCIALE in vari periodi tra il 1997 e il 2008, con mansioni di primo ufficiale di coperta e successivamente di comandante, ricorreva al Tribunale di Trapani domandando l’accertamento dell’unicità del rapporto di lavoro, da riqualificarsi in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, e la condanna dell’armatore al pagamento delle differenze retributive maturate e del maggior trattamento di fine rapporto; inoltre, chiedeva l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento, con condanna dell’armatore al pagamento dell’indennità risarcitoria e dell’indennità sostitutiva del preavviso;
il Tribunale, nel contraddittorio delle parti, svolta CTU contabile, accertava la sussistenza di rapporto di lavoro a tempo indeterminato intercorso tra le parti dall’1.7.1997 al 4.8.2008, condannava la società al pagamento in favore del ricorrente della complessiva somma di € 112.824,35 (di cui € 99.510,59 a titolo di differenze retributive, € 2.855,30 a titolo di indennità di preavviso, € 10.458,46 a titolo di differenze sul TFR, oltre accessori, nonché (ritenuto illegittimo il recesso) al pagamento di indennità risarcitoria pari a tre mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto;
la Corte d’Appello di Palermo, pronunciandosi sul gravame principale della società e su quello incidentale del lavoratore, disposta nuova consulenza tecnica, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava la società al pagamento del minor importo rideterminato in € 11.007,37, oltre accessori, e confermava nel resto l’impugnata sentenza;
per la cassazione della sentenza d’appello propone ricorso il comandante COGNOME affidato a quattro motivi, cui resiste
con controricorso, illustrato da memoria, la società armatrice; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione per omessa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per la parte che impone al giudice di pronunciarsi su tutta la domanda; argomenta di avere richiesto, in primo grado e con l’appello incidentale, il pagamento della somma complessiva di € 225.951,41; lamenta che la Corte territoriale, rideterminando la somma oggetto di condanna ai ‘ titoli di cui in parte motiva’ , ha statuito solo in punto di anzianità, riposi compensativi, indennità di mancato preavviso, TFR, e non su tutte le richieste differenze tra quanto dovuto e quanto corrisposto in costanza del rapporto di lavoro
con il secondo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione per errata interpretazione dell’art. 112 c.p.c., per la parte che impone al giudice di non pronunciarsi oltre i limiti della domanda, per erronea individuazione del petitum anche in relazione alla sentenza di primo grado, in quanto l’azione era volta a ricostruire tutti i profili retributivi all’esito del riconoscimento della sussistenza di unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato;
i primi due motivi, da trattare congiuntamente per connessione in quanto entrambi riguardanti dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., non sono fondati;
osserva il Collegio (a parte il rilievo della più appropriata deduzione del vizio quale error in procedendo ai sensi del n. 4 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c.) che ricorre violazione del
principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato nell’ipotesi in cui il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione ( petitum e causa petendi ) e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto ( petitum immediato), ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso ( petitum mediato), cioè quando il giudice pronunci oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori, attribuendo alla parte un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato (v. Cass. n. 455/2011 e successive conformi), mentre non rientra nell’ambito applicativo della norma l’esame esplicito di tutte le argomentazioni difensive, né l’accoglimento solo parziale delle domande;
5. il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, fissato dall’art. 112 c.p.c. non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, nonché in base all’applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata dall’istante, fermo il divieto per lo stesso giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o, comunque, di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nei fatti di causa, ma in elementi di fatto non ritualmente acquisiti in giudizio (v. Cass. n. 18249/2009);
6. nel caso in esame, occorre innanzitutto evidenziare il difetto di specificità delle censure articolate per mancata integrale trascrizione degli atti di riferimento, come necessario a fronte della prospettazione di domanda di condanna sulla base di plurimi e separati titoli; si rileva che, in ogni caso, dalle conclusioni del lavoratore emerge la richiesta di accertamento di rapporto di lavoro a tempo indeterminato e di condanna del
datore di lavoro al pagamento delle differenze retributive (oltre che di illegittimità del recesso), domanda accolta solo in parte quanto al dovuto individuato in base alle fonti collettive e al percepito determinato in base alle prove raccolte nel merito, con elaborazione del quantum riconosciuto in base a consulenza tecnica contabile d’ufficio; si è dunque in presenza di interpretazione della domanda, comunque riservata al giudice di merito, e non di una questione di attribuzione di un bene della vita non richiesto (cfr. Cass. n. 16608/2021);
invero, questa Corte ha chiarito (Cass n. 27181/2023), che la rilevazione e l’interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito, sicché non è deducibile la violazione dell’art. 112 c.p.c., quale errore procedurale rilevante ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., quando il predetto giudice abbia svolto una motivazione sul punto, dimostrando come la questione sia stata ricompresa tra quelle oggetto di decisione, attenendo, in tal caso, il dedotto errore al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte;
quindi, la censura della parte finisce con il richiedere la rivalutazione in fatto (contabile) dei dati valutati dal giudice di merito, esprimendo in sostanza un mero dissenso motivazionale, che non inficia la legittimità della sentenza impugnata, atteso che tale operazione di rivalutazione in fatto fuoriesce dal perimetro del giudizio di legittimità;
con il terzo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 5, c.p.c.) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ossia il fatto che determina l’insorgenza del diritto al pagamento delle indennità sostitutive dei riposi compensativi, per erronea interpretazione dell’art. 50 del CCNL applicato al rapporto in materia di giorni festivi trascorsi in navigazione;
10. il motivo non è fondato;
la Corte di Palermo non ha omesso l’esame della questione, ma ha espresso sul punto congrua motivazione, che resiste, pertanto, alle critiche di parte ricorrente, nel senso che ‘ deve ritenersi corretta la compensazione operata dal CTU: è ben vero che la dicitura utilizzata in busta paga (‘trattamento sabato, trattamento domenica e festività’) non coincide testualmente con quella utilizzata dal CCNL che fa riferimento ai ‘riposi compensativi’ per i giorni di sabato, domenica e festività lavorati. E tuttavia sul dato meramente formale, deve prevalere quello sostanziale. Non può in altri termini tenersi conto esclusivamente del nomen assegnato all’istituto retributivo rispettivamente dal datore di lavoro o dalle parti sociali, dovendo piuttosto aversi riguardo al titolo per il quale tale istituto viene riconosciuto. E non può dubitarsi che, al di là del lieve scostamento semantico, il ‘trattamento’ per sabato, domenica e festività riconosciuto in busta paga sia stato erogato a titolo di indennità per riposi compensativi non goduti in tali giornate’;
12. con il quarto motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., sostenendo nullità della sentenza per motivazione in parte mancante, in parte contradditoria;
il vizio di nullità denunciato (anch’esso più propriamente deducibile quale error in procedendo ) non è apprezzabile nella motivazione della sentenza impugnata;
secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza la loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo,
impossibile il controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105/2017; conf. Cass. n. 20921/2019), restando il sindacato di legittimità sulla motivazione circoscritto alla sola verifica della violazione del cd. minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass. S.U. n. 8053 e 8054/2014, n. 23940/2017, n. 16595/2019); nel caso di specie, la Corte ha esplicitato adeguatamente il percorso logico-argomentativo a base delle proprie statuizioni di merito;
15. in ragione della soccombenza, parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo;
16. al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.500 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 12 giugno 2025.
La Presidente
dott.ssa NOME COGNOME