Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26334 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26334 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15026/2022 R.G. proposto da:
NOME, domiciliato ex lege in INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti e ricorrenti incidentali-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 3076/2021 depositata il 10/12/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 8/7/2024 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che: 15026/2022
NOME COGNOME, avvocato del foro di Rimini, conveniva davanti al Tribunale di Modena NOME COGNOME -direttore responsabile del giornale settimanale telematico ‘RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE‘ – e RAGIONE_SOCIALE, poi divenuta RAGIONE_SOCIALE, per ottenerne il risarcimento dei danni derivati dalla diffamazione che gli avrebbe arrecato un articolo pubblicato da tale testata settimanale telematica il 16 gennaio 2012, intitolato ‘ Affari in odore di camorra, 28 arresti a Rimini: arrestate una sfilza di persone, tra cui imprenditori, avvocati, un ex carabiniere e un finanziere ‘, ove si rinveni va la seguente frase: ‘ altro nome noto finito in cella è quello di NOME COGNOME, avvocato di Rimini ‘.
Entrambi i convenuti si costituivano, resistendo.
Il Tribunale, con sentenza n. 1027/2018, rigettava la domanda, ritenendo che sussistesse verità putativa essendo stato diffuso il fatto sul telegiornale regionale della Rai.
Il COGNOME proponeva appello, cui resistevano le controparti, e che la Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 10 dicembre 2021, accoglieva, condannando solidalmente gli appellati a risarcire un danno non patrimoniale nella misura di euro 2000 oltre accessori e alle spese di lite dei due gradi.
Il COGNOME ha presentato ricorso principale, composto di cinque motivi; le controparti si sono difese con un unico controricorso, includente anche ricorso incidentale basato su un unico motivo, da cui il COGNOME si è difeso con controricorso.
Sia il ricorrente principale, sia i ricorrenti incidentali hanno depositato memoria.
Considerato che:
In termini logici, in quanto attiene alla sussistenza dell’illecito, va preliminarmente esaminato l’unico motivo del ricorso incidentale.
1.1 Il motivo è rubricato come denunciante omesso esame di fatto decisivo e discusso.
L’articolo del settimanale telematico si era riferito a un tale NOME COGNOME, e non a NOME COGNOME: ciò era stato ‘discusso e segnalato’ dagli attuali ricorrenti nella comparsa di risposta di primo grado, nella memoria di cui all’articolo 183, sesto comma, n.2 c.p.c., nella memoria ex articolo 183, sesto comma, n.3 c.p.c., nella comparsa conclusionale di primo grado e nella relativa replica; era stato poi riproposto, sempre dagli attuali ricorrenti, nella comparsa di costituzione in appello, e nelle succ essive conclusionale e replica del giudizio d’appello.
Il giudice d’appello non avrebbe considerato tale ‘fatto decisivo’ in quanto il reato di diffamazione riguarda una persona determinata; d’altronde nell’articolo telematico non si riscontravano ‘altri elementi identificativi’.
1.2 Il motivo è manifestamente fondato.
Invero, il suddetto fatto era stato specificamente addotto dagli attuali ricorrenti in tutti i gradi, negli atti sopra indicati, ed era palesemente decisivo per la identificazione del soggetto che sarebbe stato diffamato; essendo stato appunto introdotto negli atti, devesi ritenere messo in discussione, e quindi idoneo a costituire la fattispecie dell’articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c.
Nonostante questo, il giudice d’appello non lo ha preso nella minima considerazione, pur giungendo a riformare la sentenza di primo grado nel senso della ricorrenza dell’illecito diffamatorio.
1.3 Ciò comporta, assorbendo il ricorso principale, la cassazione della sentenza impugnata, cui può far seguito, per l’agevole evidenza risolutiva appena rimarcata come propria dell’elemento fattuale non esaminato dalla corte territoriale, la decisione nel merito, nel senso del rigetto della domanda
risarcitoria, dal momento che la mancata identificazione del soggetto che sarebbe stato vittima di diffamazione conduce, ictu oculi , a escludere che sia stata commessa alcuna diffamazione. Invero, il nome ‘NOMENOME non può certo valere (ed è notorio) neppure come diminutivo del nome ‘NOMENOME, per cui la condanna pronunciata dal giudice d’appello si trova priva di una elementare base fattuale l’identificazione mediante la condotta che si ad duce diffamatoria della persona che verrebbe appunto diffamata -, il che ovviamente tutto il resto assorbe.
In conclusione, il ricorso incidentale deve essere accolto, venuto meno così ogni fondamento del ricorso principale, e, decidendo nel merito, va rigettata la domanda risarcitoria attorea.
La soccombenza comporta la condanna del COGNOME a rifondere a controparte le spese processuali dei due gradi di merito – che si liquidano per il primo grado in euro 11.810, oltre accessori di legge, e per il secondo grado nella misura di euro 8000, oltre accessori di legge – nonché le spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso incidentale, conseguentemente disattendendo quello principale, e decidendo nel merito rigetta la domanda attorea, condannando l’attore NOME COGNOME a rifondere alla controparte le spese processuali dei due gradi di merito – che si liquidano per il primo grado in euro 11.810, oltre accessori di legge, e per il secondo grado nella misura di euro 8000, oltre
accessori di legge – e le spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in un totale di € 2000, oltre agli accessori di legge.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma in data 8 luglio 2024